giovedì 12 novembre 2015

De Luca, ne vogliamo parlare?




Anna Scognamiglio (il giudice che deve decidere sul ricorso di De Luca contro la legge Severino, la legge che gli impedirebbe di diventare Presidente della Campania in quanto condannato) manda un SMS a suo marito:

«Abbiamo finito, è fatta»

Guglielmo Manna, marito del giudice Scognamiglio scrive immediatamente un SMS a Carmelo Mastursi, capo segreteria di De Luca nonché vice segretario del PD campano:

«E’ andata come previsto»

2 AGOSTO 2015 (VENTI GIORNI DOPO LA DECISIONE DEL GIUDICE CHE SALVA DE LUCA)

Manna informa la moglie di esser stato convocato in Regione Campania. Il motivo? La sua nomina in una ASL. Ecco lo scambio di SMS:

- Lui a lei: «Sono stato chiamato»
- Lei a lui: «In Regione?»
- Lui a lei: «Sì, in Regione»
- Lei a lui: «Se dovesse essere quello te ne vai in ferie e parti»

Adesso Manna entra nel vivo della “trattativa”

- Lui a lei: «Dovrebbe essere Napoli1, gira voce. Non ho chiesto Napoli, ma Avellino, Caserta, Benevento».

Ricordo a tutti che Vincenzo De Luca, già condannato in I grado per abuso d'ufficio è indagato per concussione. In pratica Manna fece sapere a De Luca che o lo nominavano ai vertici dell'ASL oppure la moglie avrebbe fatto decadere De Luca da governatore applicando la legge Severino. Un politico onesto va in Procura e denuncia tutto. De Luca, secondo l'inchiesta, si è accordato promettendo la nomina.

I politici del PD sostengono che noi “diciamo sempre NO”. Noi diciamo che loro dicono sempre SI', agli inciuci, alle mazzette, a Buzzi, ai lobbisti....e anche ai ricatti!


https://www.facebook.com/dibattista.alessandro/photos/a.310988455679892.65829.299413980170673/783880688390664/?type=3&theater

Enna, la Procura sequestra locali dell'università romena. Cinque indagati.



Sigilli ai locali dell'ospedale Umberto I "per impedire una occupazione senza alcun presupposto legale": sparito il protocollo con cui l'Asp concedeva i locali alla Fondazione Proserpina. I 54 studenti iscritti hanno già versato la prima rata. L' ex senatore Pd Crisafulli, fra gli indagati: "Troveremo un'altra sede".

Rischia di finire nelle aule di Tribunale il "caso Enna" dopo che il ministero della Pubblica istruzione ha dichiarato illegittimi i corsi di lingua romena organizzati dalla facoltà di Medicina e Professioni Mediche dell'Università Dunarea de Jos, in partnership con la "Fondazione Prosperpina", la Srl che tra i soci ha l'ex senatore del Pd, Vladimiro Crisafulli. L'ex parlamentare ora indagato dalla Procura, che ha aperto una inchiesta, con l'accusa di abuso d'ufficio e occupazione di edificio, assieme all'ex commissario straordinario dell'Asp, Giuseppe Termine, l'attuale direttore generale, Giovanna Fidelio e il direttore sanitario, Emanuele Cassarà, e a un funzionario dell'Asp accusato di falso.

Enna, sotto sequestro i locali della facoltà romena di Medicina.

I magistrati hanno disposto il sequestro dei locali dell'ospedale "Umberto I" dove si svolgono i corsi di lingua romena, propedeutici ai test di ingresso per la facoltà di Medicina. Il prossimo 14 dicembre sarebbero dovuti cominciare i corsi di laurea. Ieri era arrivata la diffida della Regione, attraverso l'assessorato alla Salute, che seguiva quelle del ministero dell'Istruzione e della prefettura ennese. L'indagine è stata svolta dalla Guardia di Finanza che ha eseguito il provvedimento "per impedire la continuazione di una occupazione di cui non si trova alcun presupposto legale". I corsi di romeno erano iniziati lo scorso 12 ottobre, i 54 studenti iscritti, che hanno già versato la prima rata dei 2.200 euro previsti, hanno frequentato a ritmo serrato le lezioni. Stamattina, però, dopo il blitz delle Fiamme gialle le aule sono rimaste vuote.

Via alle lezioni all'università romena di Enna.

A marzo dell'anno scorso il commissario straordinario pro-tempore dell'Asp di Enna, Giuseppe Termine, aveva siglato un protocollo con la Fondazione Proserpina, poi trasformata in Fondo Proserpina srl, che prevedeva la consegna di 28 stanze adibite ad aule. Ma la Procura ha accertato che quel protocollo non esiste agli atti dell'Asp , che ora non trova neanche l' originale. Il nuovo direttore generale Giovanna Fidelio, al momento del suo insediamento, ha fatto sgomberare i locali al quarto piano ma non quelli del "piano 0", che erano e sono rimasti occupati fino ad oggi dalla "Fondazione Proserpina". Soci della Srl, oltre a Crisafulli, risultano il presidente della società che gestisce l'acqua nel capoluogo AcquaEnna, Franz Bruno, fedelissimo di Crisafulli, Filippo Cancarè, ex presidente provinciale della Federconsumatori, e l'ex sindaco di Centuripe, Giuseppe Arena.

La società con capitale sociale di 7,700 euro, 1.950 euro versati da ciascuno socio, ha nell'oggetto sociale "la promozione del diritto allo studio e la prestazione di servizi alle attività formative di qualsiasi ordine e grado". Crisafulli però continua a ripetere che tutto è in regola. "Andremo avanti, se il problema sono i locali ne reperiremo subito altri", dice l'ex parlamentare.

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/11/11/news/enna_sequestrati_locali_universita_romena-127092542/

Caso Saguto: nelle carte dell’inchiesta spunta il nome del sottosegretario Davide Faraone. - Ilaria Proietti

Caso Saguto: nelle carte dell’inchiesta spunta il nome del sottosegretario Davide Faraone


L'esponente siciliano del Pd risulta citato in una pagina di intercettazioni dell'indagine sulla gestione dei beni sequestrati alla mafia. Coperta da omissis. Mentre al Csm si continuano a studiare gli atti che vedono coinvolti alcuni magistrati. Non senza imbarazzo.

Il caso non è chiuso. Anzi. Lo scandalo della gestione palermitana dei beni confiscati alla mafia continua a tracimare dai confini degli uffici giudiziari dei magistrati coinvolti. Cosa accadrà dopo gli ultimi avvenimenti e cioè l’addio del prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, ritenuta troppo vicina a Silvana Saguto, (ex presidente della sezione misure cautelari di Palermo da pochi giorni sospesa dalla magistratura), è difficile dirlo. Anche perché l’onda lunga dello scandalo siciliano sembra destinata a creare qualche ulteriore imbarazzo all’esecutivo di Matteo Renzi.
NOMI ECCELLENTI – L’inchiesta è ancora in corso, infatti. Ma dalle carte della procura di Caltanissetta spunta a sorpresa un altro esponente del governo, oltre a  Cosimo Maria Ferri, sottosegretario alla Giustizia, di cui si è già parlato nelle scorse settimane. Di chi si tratta? Nella nota 66 del file 31 del fascicolo delle intercettazioni si legge il nome di Davide Faraone (nella foto con il presidente del Consiglio Matteo Renzi). Già deputato all’Assemblea regionale siciliana, Faraone uscì sconfitto, nel 2012, alle primarie per la candidatura a sindaco di Palermo nonostante uno sponsor d’eccezione e cioè Matteo Renzi. Fortissimo fin dalla prima ora il legame con l’ex rottamatore: Faraone è infatti stato uno degli organizzatori più attivi della Leopolda. Il resto è storia recente. Eletto alla Camera nel 2013, dal 2014 è sottosegretario al Miur dopo essere entrato nella segretaria del Pd a guida renziana come responsabile di Welfare e Scuola. La nota in questione rimanda ad un testo coperto da omissis, come del resto larga parte del materiale contenuto nel fascicolo a salvaguardia della prosecuzione delle indagini. Per questa ragione probabilmente il nome risulta stampato in chiaro ma i motivi per i quali vi si riferisce restano sconosciuti. Per saperne di più, ilfattoquotidiano.it ha provato a contattare il sottosegretario Faraone. Non è stato possibile parlarci. Quanto a Ferri, capo indiscusso della corrente di Magistratura indipendente e sottosegretario alla Giustizia dal 2013, il ruolo che Saguto e i suoi sodali speravano potesse svolgere è in parte desumibile dalle conversazioni captate dagli inquirenti.
CALDA ESTATE In questo senso il 28 luglio 2015 per l’inchiesta sui beni sequestrati è una data da cerchiare con la matita rossa. E’ il giorno in cui il Consiglio superiore della magistratura (Csm) approva il nuovo testo unico della dirigenza e il ministro della Giustizia, Andrea Orlando è a Palazzo dei Marescialli per testimoniare l’importanza dei nuovi criteri appena varati dal plenum che promettono più meritocrazia e meno correnti per la scelta dei vertici degli uffici giudiziari italiani. Intanto alla Camera gli animi sono surriscaldati almeno come la temperatura che fa toccare, dentro e fuori il Palazzo, picchi africani: in aula è in corso uno scontro durissimo sulla riforma delle intercettazioni che finirà con un rinvio dopo l’ostruzionismo del Movimento 5 Stelle (M5S).
FERRI E FUOCO Silvana Saguto non è a Palermo quel martedì, ma è a Roma, di nuovo. Una settimana prima è stata nella Capitale per sollecitare al presidente della sezione misure cautelari Guglielmo Muntoni (che per questo rischia di finire nei guai) incarichi per suo marito Lorenzo Caramma. Il 28 luglio invece è a Roma, presumibilmente al ministero di via Arenula, per incontrare il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri e parlargli – dice la donna – “sempre delle nostre vicende”. Ha bisogno, sembra, di una sponda che la metta al riparo da possibili iniziative dopo che le inchieste giornalistiche sulla gestione dei beni confiscati alla mafia hanno travalicato i confini siciliani e sono approdate in maniera prepotente sui media nazionali.
TEMPESTA IN ARRIVO Si intuisce che per il magistrato è un momento particolarmente drammatico e deve essere tentato di tutto affinchè il sistema regga alla tempesta che invece si abbatterà su di lei fino a travolgerla: il pressing della sua banca, per esempio, è scandito dagli sms che la angosciano sulla situazione dei suoi bilanci domestici, mentre le richieste incessanti dei figli non le lasciano scampo: “Non potete farmi spendere 12, 13, 14 mila euro al mese. La situazione nostra economica è arrivata al limite totale”, si sfoga il 9 luglio per telefono col figlio Elio, il più piccolo dei tre rampolli a cui però non sa dire di no. Lo stesso figlio diletto a cui racconta la sera del 28 luglio alle 21:09 l’esito dell’incontro con Ferri. “Bene, bene, è andata bene. Gli ho detto tutte cose, vuole mandato pure tutto lui, dice che dobbiamo organizzare… vediamo che fa Natoli (presidente della Corte d’Appello di Palermo, ndr)… poi vediamo di organizzare un’intervista, però non con me. Dice: ‘deve essere qualcun altro che parla, non tu che sei già abbastanza esposta’”.
IMBARAZZO AL CSM L’incontro a Roma tra Ferri e Saguto è stato organizzato da Tommaso Virga, a cui la procura di Caltanissetta contesta in questa inchiesta il reato di induzione alla concussione. E che ancora oggi siede nella commissione ministeriale sulla riforma del Csm (di cui è stato in un recente passato consigliere). La commissione di cui fa parte Virga è stata istituita con decreto del 12 agosto dal ministro Orlando che allo stato non ha ritenuto di esercitare l’azione disciplinare nei suoi confronti.  A rivelare la genesi dell’incontro a Roma con Ferri è un’intercettazione ambientale del 17 luglio. Nell’ufficio del presidente Saguto, Tommaso Virga (padre di Walter uno degli amministratori favoriti da Saguto nonostante la giovane età, secondo gli inquirenti per garantirsi gli uffici del padre) racconta di aver parlato con il sottosegretario Ferri della situazione delle misure di prevenzione oggetto di attenzione da parte dei media chiedendogli la possibilità che sia la stessa Saguto, accompagnata da lui, a raccontare personalmente la vicenda a Roma. I due, Saguto e Virga padre, parlano liberamente in ufficio a Palermo e non sanno che il nucleo della polizia tributaria li sta ascoltando: Virga cerca di rassicurare Silvana Saguto e afferma di aver già parlato del suo caso ad alcuni consiglieri del Csm ritenuti vicini a Ferri. Circostanza quest’ultima che imbarazza da settimane, e non poco, Palazzo dei Marescialli.

CARA SAGUTO Finora a pagare il prezzo più alto dell’inchiesta è stato l’ex presidente della sezione misure cautelari di Palermo Silvana Saguto. E’ stata sospesa dalle funzioni e dalla stipendio, su richiesta del ministro della Giustizia e del pg di Cassazione titolari dell’azione disciplinare. Il Csm ha ritenuto nei suoi confronti ravvisabile “il mercimonio della funzione pubblica” in cambio di utilità personali. Nel mirino, come detto, c’è però anche il presidente della sezione misure cautelari di Roma Guglielmo Muntoni a cui la Saguto fece visita per procacciare lavoro a suo marito avendo a stretto giro conferma del suo interessamento. Particolarmente evocativo un sms datato 11 agosto: “Puoi mandarmi il cellulare di tuo marito? Potrebbe interessargli un incarico per il Cara di Mineo?”.  E gli altri? I magistrati coinvolti nell’inchiesta sono stati auditi dal Csm e hanno respinto ogni addebito come ha fatto la scorsa settimana per quattro ore Tommaso Virga che è presidente di sezione a Palermo. I magistrati che invece afferivano alla sezione misure cautelari del tribunale di Palermo guidata da Saguto attendono l’esito della richiesta di trasferimento che hanno fatto  al Csm: Fabio Licata e Lorenzo Chiaromonte ambiscono a rimanere sull’isola a Termini Imerese, Trapani o Marsala. Un altro, Dario Scaletta si è visto revocare nel frattempo dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo la designazione quale componente della locale DDA.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/11/caso-saguto-nelle-carte-dellinchiesta-spunta-il-nome-del-sottosegretario-davide-faraone/2208322/