mercoledì 3 febbraio 2016

I Boschi hanno venduto le proprie azioni prima del crac di Banca Etruria.

I Boschi hanno venduto le proprie azioni prima del crac di Banca Etruria


Le cifre le ha fornite a memoria, senza nemmeno leggere gli appunti che si era preparata la notte prima, la stessa Maria Elena Boschi il giorno in cui si è difesa alla Camera dalla mozione di sfiducia presentata su Bancopoli dal Movimento 5 stelle. «Come è noto», ha spiegato il ministro dei Rapporti con il Parlamento, «io posseggo, o sarebbe meglio dire possedevo, 1.557 azioni di Banca Etruria che ho acquistato. Mio padre possiede, o meglio possedeva, 7.550 azioni di Banca Etruria, mia madre 2.013, mio fratello Emanuele 1.847 e mio fratello Pierfrancesco 347».

Titoli schizzati a +60% dopo la decisione del governo di trasformare l’istituto in una Spa

In quel discorso – si legge su “Libero” – c’era di sicuro un passaggio non corrispondente alla verità: la legge non consentiva a nessun membro della famiglia Boschi di nascondere le informazioni su quelle azioni. Non perché familiari di un membro del governo (lì possono invocare la legge sulla privacy), ma perché componenti il nucleo familiare di un «soggetto che svolge funzioni di amministrazione, di controllo o di direzione in un emittente quotato». Quindi quelle azioni non avrebbe dovuto rivelarle la Boschi in aula solo una volta messa spalle al muro sullo scandalo. Ma era obbligatorio rendere pubblico ogni acquisto e ogni vendita compiuto fra il 2011 quando papà Boschi è entrato nel consiglio di amministrazione della Banca popolare dell’Etruria.

In 15 giorni il titolo dell’Etruria mise a segno un rialzo record del 68%

Il momento della vendita di quelle azioni non è indifferente, al di là del fatto che nessuno può essere diventato ricco con quello. Ma in quel periodo ci sono stati due rialzi extra dei titoli. Il primo in seguito alla presentazione di un’offerta pubblica di acquisto dell’Etruria ufficializzato dalla Banca popolare di Vicenza a un euro per azione. Fu proprio il cda di cui Boschi era vicepresidente a respingere quella proposta senza mai motivarne le ragioni, e senza convocare una assemblea degli azionisti per fare approvare la decisione. Il titolo crollò. Si è poi ripreso solo nella seconda metà di gennaio 2015 proprio grazie alle prime voci sul decreto Renzi che trasformava in società per azioni le banche popolari. In 15 giorni il titolo dell’Etruria mise a segno un rialzo record del 68%, doppio a quello registrato dalla migliore delle altre banche popolari coinvolte.

Ryanair contro il Governo: "Scelte illogiche, costretti a tagliare 600 posti di lavoro per pagare la cassa integrazione di Alitalia"

RYANAIR

Ryanair chiuderà da ottobre le basi di Alghero e Pescara, taglierà alcune rotte e chiuderà tutti i voli di Crotone. Lo ha annunciato la compagnia spiegando che la decisione è presa "a seguito dell'illogica decisione del governo italiano di aumentare ancora le tasse municipali". Con questa decisione, è stato spiegato durante una conferenza stampa, vengono chiuse 16 rotte, persi 800 mila clienti e tagliati 600 posti di lavoro.
"Dopo un anno da record per il turismo in Europa e un altro anno importante davanti - sono parole del direttore commerciale dell'aviolinea low cost irlandese, David O'Brien - il governo italiano ha deciso di darsi la zappa sui piedi aumentando le tasse sui passeggeri di circa il 40% per gonfiare il Fondo per la cassa integrazione degli ex piloti Alitalia. Quale compagnia aerea più grande in Italia, volando su 26 aeroporti e trasportando 27 milioni di clienti all'anno da e per l'Italia - ha aggiunto - a Ryanair non è stata lasciata altra scelta se non quella di chiudere due delle sue 15 basi italiane (Alghero e Pescara) e spostare i suoi aeromobili, piloti ed equipaggi verso Paesi con costi più bassi per il turismo. Interromperemo anche tutti i nostri voli all'aeroporto di Crotone e saremo costretti ad effettuare ulteriori tagli alle rotte sui nostri aeroporti regionali italiani".
"Il Governo italiano ha aumentato di 2,50 euro la tassa municipale senza preavviso e senza giustificazione dal primo gennaio per sussidiare il fondo per la cassa integrazione degli ex piloti Alitalia", ha spiegato O'Brien, definendo questa una "cattiva notizia per gli aeroporti regionali: il Piano di Alitalia-Etihad di distruggere gli aeroporti regionali sta funzionando". "Il nostro non è un attacco diretto ad Alitalia - ha però puntualizzato O'Brien - riteniamo che non ci sia ragione d'essere di questa tassa".
"Questo aumento della tassa - ha detto ancora - danneggerà seriamente il turismo italiano, particolarmente negli aeroporti regionali dove la Ryanair porta milioni di visitatori ogni anno, contribuendo all'economia locale per milioni di euro attraverso turisti che spendono molto, supportando migliaia di posti di lavoro". Ricordando poi che in questo momento la disoccupazione giovanile supera il 40% e "il turismo è uno dei pochi settori che può stimolare la rapida creazione di posti di lavoro per i giovani delle regioni d'Italia", O'Brien ha fatto presente che "l'Italia si è resa poco competitiva e meno attrattiva per le compagnie aeree ed i turisti e poichè sempre più clienti evitano quest'anno il Medio Oriente ed il nord Africa per prenotare vacanze nel Mediterraneo, l'Italia consegnerà una opportunità d'oro di crescita ad altre destinazioni in spagna, Portogallo e Grecia che hanno minori costi per il turismo".
A fronte di tale analisi, Ryanair "rivolge un appello al governo italiano affinchè elimini questo dannoso aumento della tassa", richiedendo un urgente incontro con l'esecutivo proprio per "salvare il turismo, il traffico e i posti di lavoro in Italia".
Riguardo al potenziamento delle rotte sulla capitale, la low cost irlandese ha annunciato quattro nuove rotte per Lanzarote, Norimberga, Praga e Sofia e nuovi collegamenti invernali per Alicante, East Midlands, Malaga e Trapani e più voli per Atene, Bari, Berlino, Bruxelles, Budapest, Edimburgo e Manchester che "permetteranno - secondo una nota dell'aviolinea - di trasportare oltre 9 milioni di clienti all'anno e sosterranno 6.900 posti di lavoro presso gli aeroporti romani di Ciampino e Fiumicino".

Pd Sicilia, tesseramento targato Cuffaro. In Sicilia il Pd cambia pelle. Gli uomini dell'ex governatore si iscrivono in massa con la regia di Faraone.

SICILIA

L’ultimo sfregio è accaduto ieri, giorno in cui si è chiuso il tesseramento del Pd in Sicilia. Dalla piccola sezione di Realmonte, in provincia di Agrigento, è arrivata alla federazione di Palermo l’amara telefonata di un vecchio compagno: “Quelli che stavano con Cuffaro ci stanno sfrattando, si sono tesserati in massa col Pd. Si iscrivono come fanno loro, pacchetti di tessere e moduli fotocopiati. Fate qualcosa: compagni come me hanno paura per questo andazzo, se ne vanno”.
Agrigento e la sua provincia sono la culla del cuffarismo, dal nome dell’ex governatore della Sicilia che ha appena finito di scontare una condanna per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. I cuffariani sono stati berlusconiani, centristi, si sono contaminati e riciclati per lustri pur di stare al governo dell’Isola. Ora aderiscono in massa al Pd di Matteo Renzi, con la regia di Davide Faraone, il potente sottosegretario che prepara così la sua candidatura al dopo Crocetta. Fu proprio Faraone ad annunciare trionfante l’adesione di Michele Catanzaro, delfino agrigentino di Cuffaro, all’associazione renziana Big Bang: “È con immenso piacere – dichiarò Faraone - che comunichiamo l’adesione al movimento Big Bang del giovane Michele Catanzaro, del suo gruppo politico e di quei rappresentanti delle istituzioni locali che a loro si ispirano”.
Il “gruppo politico” è quello che si precipitò sotto Palazzo D’Orleans quando Totò vasa vasa fu condannato, per un caloroso abbraccio di solidarietà: “Abbiamo voluto testimoniare la nostra vicinanza al Presidente” disse l’allora segretario del gruppo universitario Udc, Michele Catanzaro. Oggi il giovane delfino è un politico consumato. Ha orchestrato l’operazione tesseramento ad Agrigento, ha coinvolto mondi estranei alla sinistra diventando incontrastato dominus renziano della Valle dei Templi, soprattutto dopo l’incidente in cui è incappato Marco Zambuto, costretto alle dimissioni da presidente (in quota Pd) dell’Assemblea regionale dopo che andò a trovare Berlusconi ad Arcore. Zambuto, altro enfant prodige del cuffarismo fu eletto sindaco di Agrigento nel 2007 col centrosinistra. Dopo un anno entrò nel Pdl di Berlusconi per poi tornare nel Pd renziano come colonnello di Faraone, una volta capito che nell’Isola era sinonimo di restaurazione più che di rottamazione.
Il vecchio compagno di Realmonte, dietro garanzia di anonimato, spiega: “A me questi fanno paura, li abbiamo combattuti una vita. Ora vengono come padroni a casa nostra e dicono: noi non siamo cambiati, è il Pd che con Renzi è cambiato”. Il tesseramento è appena concluso ma al “regionale” sono state già segnalate parecchie anomalie. Cerchiate in rosso pure le zone del catanese, come Bronte e Paternò, dove l’assalto dei personaggi del precedente sistema è vissuto con preoccupazione anche nel mondo renziano. In più di una riunione il sindaco di Catania Enzo Bianco si è detto allarmato per quella che vede come una mutazione genetica del Pd. E ha trovato alleati, nell’opera di contrasto a Faraone, nell’assessore regionale Baldo Gucciardi e nel parlamentare Giovanni Burtone, un cattolico di sinistra stimato nel mondo renziano.
Proprio nella provincia di Catania sono stati molto attivi nel tesseramento i nuovi ras locali, transitati dal centrodestra al Pd già da mesi. Sono i parlamentari regionali del movimento politico Articolo 4, cui dedicò una trasmissione lo scorso autunno Riccardo Iacona, ricostruendo i loro legami col sistema di potere cuffariano. A partire da Valeria Sudano, eletta nel centrodestra e nipote del famoso macinapreferenze Mimmo Sudano. Presa diretta si soffermò proprio sui coi rapporti tra i Sudano e i Proto, il gruppo titolare dell’azienda Oikos che gestisce la discarica di Motta Sant’Anastasia, oggi commissariata dopo che Mimmo Proto è stato arrestato a seguito di un’indagine per corruzione. Alle telecamere di Iacona il patriarca della famiglia Proto, padre di Mimmo, disse candidamente: “Qui tutti vengono a chiedere soldi e posti di lavoro. Che ne sa lei?”. Il sistema di potere di Sudano e Proto per diversi lustri è stato il bersaglio della sinistra pre-Renzi. A benedire il loro ingresso nel Partito della Nazione c’erano invece da un lato Faraone dall’altro Lorenzo Guerini. Assieme alla Sudano sono entrati altri deputati regionali di quel territorio. Tra loro Luca Sammartino, eletto nell’Udc, che Faraone avrebbe voluto capogruppo del Pd all’assemblea regionale siciliana. E c’è Pippo Nicotra, sindaco democristiano di un comune, Aci Catena, poi sciolto per mafia, poi Nuovo Psi, Udc (con Cuffaro), Movimento delle autonomie nel 2006, poi Pdl, indagato per falso e tentata truffa: “Il nuovo si costruisce con l’esperienza” era il suo slogan ai tempi del cuffarismo trionfante, quando il suo faccione era sui manifesti dell’Udc.
A Trapani invece il tesseramento dirà che il Pd è stato conquistato dal gruppo di Paolo Ruggirello, il deputato regionale ex Udc che, dal suo feudo, negli anni ha stretto accordi prima con Raffaele Lombardo poi con Nello Musumeci. Mister 6.639 preferenze” ha avuto la benedizione di Faraone e Guerini. Rugirello non è indagato, ma il suo nome compare in diverso procedimenti giudiziari dai quali emerge il profilo del classico dominus meridionale del territorio, che governa ampi settori della società trapanese, dall’informazione alle imprese al volontariato. C’è dunque un intero mondo che si sta spostando e che ha colto l’occasione del tesseramento come un biglietto autostradale in direzione Pd. Al Nazareno, chi monitora, fa finta di non sapere perché in verità l’operazione è costruita a tavolino: “Più volte – sussurra una fonte del Nazareno – Renzi ha detto che vuole rivedere i regolamenti e che le primarie si fanno solo con gli iscritti. Lotti e Guerini in quest’ottica stanno facendo entrare tutti. Così Renzi ha una maggioranza schiacciante anche tra gli iscritti”.
Per favorire questa operazione a Palermo Faraone gioca in prima persona, con un asse di ferro con Totò Cardinale, già ministro dei governi di centrosinistra poi transitato in vari partiti. Di fatto messa ai margini la sinistra del parlamentare regionale Cracolici, fuori dagli incarichi di partito, in ingresso i mondi che avevano un punto di riferimento nell’ex deputato regionale Gaspare Vistrano, condannato a sette anni di reclusione in un processo per tangenti sul fotovoltaico. Dice una fonte del Pd palermitano: “I dati diranno che il Pd ha cambiato pelle, soprattutto nel Sud. Le polemiche che scatteranno poi sono un altro discorso. Ci raccontano episodi di gente che si va a iscrivere senza sapere il perché o di pacchetti di tessere acquisitati da un’unica carta di credito”. Fuori dall’elenco ci sono pure quelli che sono ancora formalmente di destra, ma in infinite dichiarazioni pubbliche lodano il “nuovo corso del Pd renziano”.