sabato 20 febbraio 2016

Addio a Umberto Eco, "pazzo" enciclopedico e diga "contro gli imbecilli" (del web). Dal Nome della Rosa alla Nave di Teseo. - Giuseppe Fantasia

Morto lo scrittore Umberto Eco. Ci mancherà il suo sguardo sul mondo

La notizia (improvvisa) della morte di Umberto Eco lascia di stucco il mondo della cultura e dell’editoria, italiana ed internazionale, oltre ai milioni di lettori che lo amavano in tutto il mondo e va ad aggiungersi a quella della scomparsa (annunciata) della scrittrice statunitense Harper Lee che trasformerà quest’ultimo 20 febbraio in una data triste, ma a suo modo indimenticabile. Già quando era in vita, Umberto Eco era una ‘leggenda’ e si sapeva benissimo che andandosene ce ne avrebbe solo dato conferma.
Del resto, chi in Italia ha studiato, scritto e analizzato tutto quello che ha fatto lui, grande appassionato e dispensatore a trecentosessanta gradi di cultura attraverso le sue lezioni, i suoi convegni, i suoi seminari e le (poche) presentazioni dei suoi (tanti) libri? Saggi di estetica medievale, di linguistica e di filosofia perlopiù, ma soprattutto romanzi, molti dei quali veri e propri cult letterari, da Il nome della Rosa - uscito nel 1980, uno dei più venduti e tradotti al mondo, Il Pendolo di Foucault, da Diario Minimo a L’isola del giorno prima e Il cimitero di Praga, tradotti in oltre 46 lingue, per un totale di 10 milioni di copie vendute di cui 7 solo in Italia.
L'ultimo, Numero Zero, pubblicato (come gli altri, da Bompiani) nel 2015, proprio il giorno del suo compleanno, è un libro giallo, pieno di ironia e di colpi di scena, ambientato nel 1992 che parla di una immaginaria redazione di un giornale, con forti riferimenti alla storia politica, giornalistica, giudiziaria e complottistica italiana, da Tangentopoli a Gladio, passando per la P2 e il terrorismo rosso. In quelle pagine, poco più di duecento, si legge che il giornalismo è “una macchina del fango”, che non occorre inventare le notizie “perché basta riciclarle" e che il quotidiano è destinato ad "assomigliare sempre di più ad un settimanale".
Avrebbe continuato, sicuramente, a scriverne tanti altri, vista la sua decisione di abbandonare Bompiani e il gruppo Mondadori-Rcs, da lui ribattezzato ‘Mondazzoli’, per dare vita, insieme ad altri ‘coraggiosi’ guidati da Elisabetta Sgarbi, alla Nave di Teseo, una nuova realtà editoriale finanziata, tra gli altri, anche da lui (con due milioni di euro), un ottantaquattrenne che continuava a fare progetti con lo stesso entusiasmo di un giovane, perché – come disse a Repubblica – “il progetto è l'unica alternativa alla Settimana Enigmistica, il vero rimedio contro l'Alzheimer". Siamo dei velleitari? Peggio, siamo pazzi”.
Ieri sera, subito dopo la sua scomparsa, gli amici della sua nuova casa editrice lo hanno salutato con un tweet dall’account ufficiale ("La nave di Teseo saluta il suo capitano. Grazie Umberto"). Ironica, a volte, la sorte, visto che lui, proprio riguardo a Twitter, aveva dichiarato, qualche mese fa (dopo aver ricevuto all’Università di Torino la laurea honoris causa in ‘Comunicazione e Cultura dei media’) che "i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”, a quelli che “prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino rosso, senza danneggiare la collettività e che venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l'invasione degli imbecilli".
Ma Eco era così, “un mio grande amico, un uomo straordinario che amava stupire, anche per cose molto lontane da quell’immagine che aveva”, ha spiegato un addolorato Gianni Vattimo all’HuffPost, ed è lui stesso a ricordare, come ha scritto anche nella sua autobiografia, Non Essere Dio (Ponte alle Grazie), che oltre ad essere stato per lui il suo “ultimo padre”, nel privato era un uomo di grande spirito: “mi ha insegnato tante cose, principalmente le barzellette, un repertorio di barzellette da far invidia a Berlusconi”, si legge, “se si comportasse un po’ meno da monumento sarebbe meglio, ma nessuno è perfetto”.
Più passerà il tempo e più quell’uomo di ampie vedute - grande filosofo, medievista, semiologo e scrittore che amava definirsi “fabbricante di parole” – ci mancherà, eccome se ci mancherà. Peccato che non potrà sapere come andrà a finire la questione del riconoscimento dei matrimoni gay e delle coppie di fatto, ma lui questo lo aveva – a suo modo – anticipato già in ‘Tre racconti’, una raccolta del 1962 ripubblicata in versione economica prima di Natale, in cui si legge: “Avevano capito che sulla terra, come sugli altri pianeti, ciascuno ha i propri gusti, ma è solo questione di capirsi a vicenda”.

Pensioni di reversibilità, si spacca il Pd. Le rassicurazioni del Governo non convincono, fronda per ottenere dietrofront. - Giuseppe Colombo

PENSIONI DI REVERSIBILIT

Una “razionalizzazione” che spacca il Pd. Altro che rassicurazioni del Governo: sull’ipotesi di un intervento relativo alle pensioni di reversibilità, una parte dei dem non ci sta ed è pronta a dare battaglia e sfidare Matteo Renzi in Parlamento.
Il tam-tam in queste ore sta correndo velocemente a Montecitorio tra le diverse anime non renziane del partito. L’obiettivo è fissato: l’esecutivo deve fare dietrofront e cancellare dal testo del disegno di legge delega per il contrasto alla povertà quel passaggio che fa riferimento a interventi di razionalizzazione “anche di natura previdenziale”. Il nocciolo duro della protesta è tra i deputati della commissione Lavoro della Camera, capitanati dal presidente, Cesare Damiano, pronto a presentare un emendamento, che sarà condiviso con altri esponenti del partito, per sbarrare la strada all’esecutivo. “Proporrò lo stralcio, dalla delega del Governo, della parte in cui si parla di previdenza, perché io la voglio cancellare, non vogliono che ci siano equivoci”, ha dichiarato l’ex ministro.
Il Governo, dal canto suo, non sembra intenzionato a cambiare linea dopo le smentite dei ministri del Lavoro, Giuliano Poletti, e dell’Economia, Pier Carlo Padoan. “Al momento non pensiamo di modificare il testo della delega perché nel testo si parla di una razionalizzazione di anomalie e sovrapposizioni, non di un intervento sulle pensioni di reversibilità”, spiega una fonte del ministero del Lavoro.
Il pomo della discordia sono quattro parole: “anche di natura previdenziale”. Ma è tutt’altro che un formalismo. Nel Pd, monta il disagio di chi non si sente rassicurato dalle precisazioni del Governo e, soprattutto, di chi non si sente affatto sereno per la presenza nel testo della delega di quelle espressioni, cioè “anomalie” e “sovrapposizioni”, che per alcuni esponenti del partito potrebbero prefigurare interventi futuri proprio sulle pensioni di reversibilità. “Il testo per come è scritto si presta a legittime preoccupazioni: la cosa migliore è stralciare la parte sulle pensioni e toglierla di mezzo dalla discussione”, afferma l’ex capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza, raggiunto dall’Huffington Post. “Secondo me le parole di Poletti e di Padoan devono trovare coerenza nel testo della delega”, aggiunge.
Per Dario Ginefra, deputato del Pd, è necessario che il Governo vada fino in fondo rispetto a quanto dichiarato dai due ministri: “È inutile tergiversare lasciando nel testo la possibilità di un possibile intervento: dato che tutti si affrettano a dichiarare che le pensioni di reversibilità non si possono toccare allora è meglio togliere qualsiasi riferimento nel testo, tagliando la testa al toro”. Per Ginefra “è inutile andare avanti per settimane: se c’è un sentire di contrarietà alla riforma delle pensioni non si capisce perché dobbiamo mantenere questo testo, prestando il fianco a una serie di letture che rischiano di generare panico sociale”.
L’ipotesi di un intervento sulle pensioni di reversibilità apre un fronte interno al Pd e all’ala oltranzista strizza l’occhio la Cgil. La leader del sindacato di corso d’Italia, Susanna Camusso, si dice molto contenta dell’iniziativa assunta da Damiano e sposa la linea di una parte del Pd che ora è in subbuglio: “Le smentite (del Governo, ndr) non bastano se non si cambiano i testi della delega che è stata presentata in Parlamento”.
Il clima nel Pd è tutt’altro che sereno e compatto: le pensioni di reversibilità rappresentano ora una nuova spina nel fianco del partito. “Non siamo mica in pochi a voler stralciare quella norma: noi non ci arrenderemo fino a che non passeranno sui nostri corpi”, afferma con un filo di ironia una deputata del Pd. La “razionalizzazione” del Governo non convince e ora una parte del Pd vuole arrivare fino in fondo.

Il nuovo attacco a efficienza e fotovoltaico nascosto nel Milleproroghe.



Una norma della legge di conversione dal decreto dispone che gli oneri di sistema per tutti gli utenti non domestici vengano spostati, almeno in parte, dalla componente variabile a quella fissa della bolletta. Una riforma che penalizzerebbe autoproduzione e risparmio energetico.

Tra le varie novità in arrivo per il mondo dell'energia, con la conversione in legge del decreto Milleproroghe, ce n'è una che porterà un danno alle imprese che investono o hanno investito per risparmiare energia elettrica o per prodursela in casa, magari con un impianto fotovoltaico o un cogeneratore.
La versione della legge di conversione arrivata al Senato (in allegato in basso) dispone che gli oneri di sistema per tutti gli utenti non domestici (e non solo per quelli in alta e altissima tensione come nella versione del decreto della quale avevamo scritto) vengano spostati almeno, in parte, dalla componente variabile a quella fissa.
Alla lettera b, comma 2 dell'articolo 3 del testo all'esame del Senato, infatti, si dà mandato all'Autorità per l'Energia “ad adeguare, con decorrenza dal 1° gennaio 2016, in tutto il territorio nazionale, la struttura delle componenti tariffarie relative agli oneri generali di sistema elettrico applicate ai clienti dei servizi elettrici per usi diversi da quelli domestici ai criteri che governano la tariffa di rete per i servizi di trasmissione, distribuzione e misura in vigore alla medesima data, tenendo comunque conto dei diversi livelli di tensione e dei parametri di connessione, oltre che della diversa natura e delle peculiarità degli oneri rispetto alla tariffa”.
Tradotto: l'Autorità dovrà far sì che gli utenti non domestici paghino gli oneri di sistema in bolletta nello stesso modo in cui pagano i costi di rete, ossia in parte sulle componenti fisse e in parte su quella variabile.
Quando la riforma sarà completata, per le aziende ridurre i prelievi dalla rete con efficienza e/o autoproduzione in loco sarà certamente meno convenienteguadagna l’utente che consuma più energia prelevata dalla rete e perde l’utente che ne consuma meno, perché i costi fissi sono indipendenti dal consumo di energia prelevata dalla rete.
Quanto cambieranno i conti per le aziende dipenderà dall'entità dello spostamento, ma è difficile non vedere nella nuova norma l'ennesimo attacco a generazione distribuita e autoconsumo.
"Una nuova tegola contro le numerose imprese che hanno investito nella produzione e nell'autoconsumo di energia in gran parte da fonte rinnovabile. Con questo provvedimento si favoriranno i produttori e i distributori di energia elettrica da fonti fossili e, conseguentemente, le emissioni in atmosfera causa principale dello smog, degli effetti del cambiamento climatico e dei pericoli verso la salute dei cittadini", denuncia il Senatore M5S Gianni Girotto.
Girotto e altri colleghi hanno presentato un emendamento per stralciare la disposizione (allegato in basso), nel quale si prevede che almeno il 75% degli oneri debba continuare ad essere proporzionale ai prelievi dalla rete e che i costi di rete debbano comunque avere una componente commisurata al consumo di energia.
Desta perplessità anche il fatto che una misura del genere sia stata inserita in un provvedimento come il Milleproroghe: “La misura, oltre che essere in contrasto con la normativa europea per diversi aspetti, appare discutibile perché è stata introdotta d’imperio in un provvedimento avente finalità del tutto diverse - il Milleproroghe - attraverso lo strumento del Decreto Legge, senza che risultino esserci le relative esigenze di urgenza e senza che la maggior parte degli operatori interessati si siano resi conto di tale norma, alla quale non è stata data alcuna pubblicità”, commenta l'avvocato Emilio Sani.
Gli fa eco Girotto: "Abbiamo sollevato in Commissione Affari Costituzionali gli aspetti che inquadrano la norma, tra l'altro pure estranea al provvedimento in oggetto, e al novero degli elementi che un decreto legge potrebbe prendere in considerazione. Si presenta, infatti, del tutto incoerente col Milleproroghe non essendo riferito ad alcun termine da prorogare, e manca completamente dei requisiti di necessità e urgenza richiesti dall'articolo 76 della Costituzione".
Secondo Italia Solare, che scrive sulla questione anche al Presidente della Repubblica Mattarella, in sede di conversione il Governo non ha stralciato tale norma come avrebbe dovuto doverosamente fare, ma addirittura ne ha esteso la portata alle tariffe elettriche su tutti i livelli di tensione anche in mancanza di un qualsiasi effettivo contraddittorio parlamentare. Con questa norma - commentano dall'associazione - si sgancia il costo dell’elettricità rispetto al consumo di elettricità e si mina gravemente la convenienza di interventi di efficienza energetica e di autoproduzione, che andrebbero invece incentivati.
“Includere in un decreto legge sul quale verrà chiesta la fiducia, scelte chiave di politica energetica per le quali non vi è alcuna necessità e urgenza è una grave violazione delle prerogative del Parlamento e un assalto alla Costituzione, oltre che, nel merito, l’ennesima dimostrazione che il Governo Renzi si preoccupa solo ed esclusivamente degli interessi delle lobby dell’energia da fonte fossile continuando a penalizzare rinnovabili, fotovoltaico in primis, ed efficienza energetica”, ha detto Paolo Rocco Visocntini, presidente di Italia Solare.

Corte dei Conti incrina le certezze di Renzi sulla finanza pubblica. "Il quadro è cambiato, il futuro è incerto". - Carlo Renda

CORTE CONTI

Il quadro è cambiato "bruscamente", ora il futuro è di nuovo incerto. 
Il risanamento della finanza pubblica resta "impegnativo", anche perché i margini di flessibilità "sono esauriti", la spending review non produce risultati positivi e mancano investimenti pubblici che stimolino la crescita. Lo afferma il presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri, aprendo l'Anno Giudiziario 2016, in una relazione che evidenzia i timori sul risanamento della finanza pubblica, legate da un lato alla frenata nella riduzione del deficit e dall'altro dall'insuccesso delle strategie di riduzione della spesa.
QUADRO CAMBIATO, FUTURO INCERTO. Il 2015 "si era aperto con prospettive straordinariamente favorevoli per le economie europee", proprio "un anno fa, in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario", ma "il quadro è cambiato, piuttosto bruscamente, fin dall'estate scorsa, generando nuovamente incertezza sul futuro". La "combinazione sfavorevole" di crescita debole e inflazione quasi a zero penalizza particolarmente l'Italia, impegnata in uno sforzo di risanamento dei conti pubblici. Raffaele Squitieri sottolinea che l'incertezza "sì è accentuata in queste ultime settimane per i timori del ripetersi di scenari che sembravano superati di forti tensioni sui mercati. In una fase così delicata per il nostro paese, è fondamentale fornire impulso alla crescita e all'occupazione, pur nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica". Allo stesso modo è importante "rinsaldare la fiducia nello stato e la credibilità del paese".
FLESSIBILITÀ ESAURITA "I margini di flessibilità acquisiti in sede europea sono interamente utilizzati nella manovra di finanza pubblica per il 2016" ha notato il presidente della magistratura contabile, "in tal modo si mantiene il profilo discendente del deficit dei conti pubblici che, tuttavia, assume una cadenza più rallentata. Una scelta che assegna un ruolo importante alla maggiore espansione del prodotto nominale". Secondo i magistrati, "per i prossimi anni il profilo programmatico di riequilibrio della finanza pubblica resta impegnativo"
SERVONO INVESTIMENTI PUBBLICI NELLE OPERE "Recuperare adeguati livelli di intervento pubblico nel campo delle opere non rappresenta solo una condizione chiave per il rispetto della clausola europea sugli investimenti richiesta dal Governo, ma costituisce anche e soprattutto la condizione per ottenere adeguati livelli di crescita, riassorbendo un ritardo nelle dotazioni infrastrutturali che rischia di incidere sul potenziale competitivo del paese".
BOCCIATA LA SPENDING REVIEW . La strategia di riduzione della spesa pubblica ha riportato "un parziale insuccesso imputabile a una non ottimale costruzione di basi conoscitive". Secondo la Corte dei Conti, che entro marzo stilerà un rapporto per il Parlamento, "dai tagli è derivato un progressivo offuscamento delle caratteristiche dei servizi che il cittadino può e deve aspettarsi dall'intervento pubblico cui è chiamato a contribuire". Squitieri sottolinea che "i margini di risparmio lato spese potrebbero rivelarsi limitati, in un quadro di finanza pubblica che impone ancora di trovare spazi di correzioni non marginali della spesa, anche allo scopo di affrontare la questione complessa del carico fiscale".
SANITÀ COMPROMESSA DAI TAGLI. "Al netto di quanto destinato alla spesa sanitaria, si evidenzia come il progressivo taglio delle risorse disponibili si sia tradotto in una modifica di rilievo delle funzioni svolte, con caratteristiche diverse tra Regioni, e come ciò stia progressivamente portando a delineare particolari modelli territoriali e diversità d'acesso dei cittadini ai servizi" ha detto la Corte dei Conti.
LEGGI COMPLESSE, ILLEGALITÀ DIFFUSA. "Le illegalità trovano nella complessità e nella moltiplicazione delle leggi spazi più fertili per fare presa piuttosto che presidi od ostacoli al loro diffondersi" afferma il presidente della Corte dei Conti. "L'efficiente funzionamento della macchina della giustizia, quale strumento principe di contrasto delle illegalità, costituisce un elemento decisivo per contribuire allo sviluppo e alla crescita del Paese", spiega. "Occorrono a tal fine norme chiare e non stratificate in apparati complicati, alla cui mancanza spesso deve supplire l'impegno dei magistrati nell'individuare soluzioni, anche organizzative, atte a rendere più snella e rapida l'applicazione processuale".
CRITICITÀ SULLE SOCIETÀ PARTECIPATE. La Corte dei Conti torna ad affrontare il tema delle società partecipate, citando alcuni dati: meno del 20% dei Comuni ha dichiarato di non possedere partecipazioni; di queste, poco più di un terzo riguarda i servizi pubblici locali, pur rappresentando una parte significativa del valore della produzione (più del 70% dell'importo complessivo); netta è la prevalenza degli affidamenti in house, essendo risultato irrisorio il numero di servizi affidati con gara (meno di 100 a impresa terza e 400 a società mista su un totale di 26 mila). La magistratura contabile torna a chiedere perciò "di sopperire a lacune che provocano incertezze e oscillazioni giurisprudenziali". Dunque, di intestare la giurisdizione in materia in via esclusiva alla Corte.