Pila "eterna", il brevetto è italiano. - Alessandro Crea

Pila "eterna", il brevetto è italiano

Gianni Lisini, ricercatore dello Iuss-Eucentre, ha brevettato una speciale pila "eterna", green e attualmente in grado di durare tra i 15 e i 20 anni, ma che può essere ulteriormente migliorata.

Nel 1799 l'italiano Alessandro Volta riusciva per la prima volta a realizzare una pila elettrica, evolvendo gli studi di un altro compatriota, Luigi Galvani. Oggi, a 218 anni di distanza, è un altro italiano a "reinventarla", risolvendo uno dei principali problemi di questo dispositivo: la sua durata.

Gianni Lisini, ingegnere elettronico di Voghera e ricercatore presso lo Iuss-Eucentre di Pavia, ha infatti depositato qualche anno fa un brevetto su una speciale batteria che ha diversi vantaggi: anzitutto è green, non facendo uso di metalli pesanti, e poi è in grado di durare tra i 15 e i 20 anni, anche se secondo lo stesso Lisini, con determinati accorgimenti si può facilmente incrementarne ulteriormente la vita operativa.

Ma com'è riuscito Lisini a ottenere questi risultati? La batteria "è composta da un accumulatore chimico affiancato a un supercapacitore, un condensatore di recente costruzione che ha la caratteristica di poter accumulare fino a 5mila Farad" spiega lo stesso Lisini, "con il vantaggio di avere un numero elevatissimo di possibilità di cariche e scariche, milioni contro le poche centinaia delle comuni batterie chimiche". L'accumulatore chimico utilizza nanotubi in carbonio, ma in realtà il lavoro svolto dall'ingegnere riguarda più che altro il modo di mettere assieme questi due sistemi, che presi da soli non costituiscono una novità, al fine di "gestirli insieme e trarre vantaggi da entrambi".

Presentata durante il Jotto Fair di Pisa, la pila "eterna" è stata già realizzata in diversi prototipi e, a detta di Lisini, sarebbe già al vaglio di diverse aziende, di cui però ovviamente non svela il nome. Una batteria di questo tipo del resto, com'è facile capire, è assai appetibile, ad esempio, nel settore automotive, sia per alimentare i mezzi privati che quelli di trasporto pubblico. Inoltre, anche se il costo iniziale è maggiore rispetto a quello delle batterie attuali, può essere più facilmente ammortizzato nel tempo grazie alla maggior durata che limita gli interventi di manutenzione e al fatto che non richiede particolari procedure di smaltimento.

Ora non resta che attendere ulteriori sviluppi nella speranza di vederla in futuro, magari su un'auto elettrica.

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Gianni Lisini

Favorì il figlio dell’ex ministro Zecchino al concorso universitario, indagato il rettore del Suor Orsola.

Favorì il figlio dell’ex ministro Zecchino al concorso universitario, indagato il rettore del Suor Orsola

Lucio d’Alessandro dovrà rispondere di abuso di ufficio. Dovranno invece rispondere dell’accusa di falso Giovanni Coppola, Anna Giannetti e Alessandro Viscogliosi, membri della commissione chiamata a valutare i candidati.


E’ accusato di abuso di ufficio Lucio d’Alessandro, rettore dell’università Suor Orsola Benincasa. Secondo la Procura di Napoli, che ha gli ha inviato un avviso di chiusura delle indagini preliminari, avrebbe favorito un figlio dell’ex ministro Ortensio Zecchino nell’assegnazione di un posto di ricercatore alla facoltà di Lettere. Oltre al magnifico rettore, risultano indagati Giovanni Coppola, Anna Giannetti e Alessandro Viscogliosi, membri della commissione chiamata a valutare i candidati in lista per quel posto: per i tre docenti è ipotizzata anche l’accusa di falso. La notizia, ironia della sorte, si è diffusa mentre il professore d’Alessandro era ospite di Bruno Vespa a “Porta a Porta”, per commentare l’inchiesta della Procura di Firenze sullo scandalo relativo alla spartizione delle cattedre universitarie. D’Alessandro sarebbe il regista morale di una operazione finalizzata ad assicurare un posto di ricercatore al figlio dell’ex ministro della pubblica istruzione Ortensio Zecchino ma, va precisato, ne l’ex ministro né suo figlio Francesco sono indagati.

La vicenda risale al 2004.

Secondo la ricostruzione fatta dal pm Graziella Arlomede, che indaga con il coordinamento del procuratore aggiunto Alfonso D’Avino, 13 anni fa, quando d’Alessandro era prorettore, avrebbe formato una commissione specificatamente costituita per agevolare Francesco Zecchino, figlio di Ortensio, docente del Suor Orsola e pochi anni prima ministro dell’Università e della Ricerca scientifica. La commissione era composta da Coppola, Giannetti e Viscogliosi, ritenuti dalla Procura “molto vicini all’allora prorettore” e allo stesso  Zecchino. “Coppola – scrivono i pm - è fondatore e componente del consiglio direttivo del Cesn, Centro europeo di studi normanni di Ariano Irpino, istituto a cui partecipano il contro interessato Francesco Zecchino ed il padre di questi Ortensio, fondatore anch’egli e presidente del Consiglio di amministrazione dell’ente”. Comunque sia il posto di ricercatore andò al figlio del politico.

La notizia creò immediate polemiche.

Ci furono innumerevoli ricorsi e alla fine la questione finì sotto la lente della magistratura amministrativa con sentenze non favorevoli a Zecchino. La vicenda si è dunque conclusa? Niente affatto. Il rettore del Suor Orsola non cambiò orientamento e Francesco Zecchino è tuttora ricercatore al corso di laurea in Conservazione e restauro dei Beni culturali, facoltà di Lettere. Gli anni passano, e si arriva così al 2008. Uno dei candidati presenta un nuovo ricorso, che stabilisce la necessità di procedere a una nuova valutazione dei titoli dei candidati ma “da parte di una diversa commissione”. Ed è proprio su questa fase che si concentrano le attenzioni della magistratura.

D’Alessandro è il regista morale.

D’Alessandro, evidenziano dalla Procura, avrebbe a questo punto assunto il ruolo di “regista”, individuando lui stesso “il commissario di nomina interna nel professor Coppola”. La nuova commissione avrebbe “reiterato la svalutazione dei titoli” degli aspiranti docenti confermando ancora una volta Zecchino come vincitore. Fin qui la ricostruzione della Procura che ha formalmente chiuso l’inchiesta passando la parola alla difesa che avrà 20 giorni di tempo per chiedere interrogatori, depositare memorie o proporre supplementi investigativi.

Il rettore: "Sono sereno, confido nella magistratura".

Il professore d’Alessandro, difeso dall’avvocato Vittorio Manes, non intende entrare nello specifico ma si limita a dire che si tratta di “una vicenda molto vecchia e risalente nel tempo, sulla quale mi sento davvero sereno. Quando sono stato eletto rettore, il professor Zecchino era ricercatore già da anni. Ho trovato situazione pienamente in essere che non avevo motivo di ritenere illegittima. E comunque, i miei atti sono stati sempre improntati alla massima correttezza e trasparenza”.

Residenze spostate da Roma ad Amatrice per incassare bonus fino a 900 euro al mese: 120 indagati a Rieti.

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Trasferimenti a ridosso del terremoto, considerati da subito sospetti, per ottenere l'erogazione dei contributi Cas.


Sono 120 gli indagati della Procura di Rieti che indaga sulle erogazioni del Contributo di Autonoma Sistemazione (Cas). Secondo le ipotesi dei magistrati, i beneficiari non avevano né i requisiti né il diritto di percepire l'indennità economica a sostegno dei residenti nei Comuni devastati dal terremoto del 2016. In pratica questi 120 soggetti avrebbero trasferito la residenza ad Amatrice per ottenere il bonus.
Le indagini dei magistrati si erano da subito concentrate su un incremento dei cambi di residenza nei Comuni di Amatrice e Accumoli a ridosso del terremoto, considerati da subito "sospetti". Cambi operati da cittadini residenti in altri territori (prevalentemente a Roma) i quali, secondo l'ipotesi degli investigatori, avrebbero tentato di spostare la residenza nei due Municipi devastati dal sisma proprio per poter percepire i contributi economici stanziati dallo Stato in sostegno delle popolazioni residenti.
La Procura ha vagliato le tante domande di accesso al sostegno economico - da un minimo di 400 euro al mese, per i nuclei familiari composti da una sola persona, a un massimo di 900 per le famiglie numerose - anche con il supporto dei sindaci dei Comuni interessati, riscontrando centinaia di anomalie. Nomi per i quali, ora, potrebbe scattare l'accusa di truffa e falso da parte della Procura di Rieti.

Trovato in Turchia l’equivalente di un “computer tablet” di 1200 anni fa.



Gli archeologi impegnati nello scavo dell'antico sito di Yenikapı, Turchia, hanno portato alla luce quello che hanno definito l'equivalente di un “computer tablet” moderno. L'oggetto, una tavoletta di legno probabilmente del 9° secolo, è stato rinvenuto nei resti di una nave affondata nell'antico Porto di Teodosio, nell'antica Costantinopoli, e probabilmente apparteneva al comandante della nave.

Gli scavi di Yenikapı sono iniziati quasi 10 anni fa, permettendo di portare alla luce un patrimonio storico che copre circa 8500 anni della storia di Instanbul.
Nel corso degli scavi, i ricercatori hanno appreso informazioni sorprendenti sulla cultura e gli usi alimentari dell’antico popolo turco.
La scoperta di resti biologici sopravvissuti al passare dei secoli ha notevolmente impressionato il mondo scientifico. Quello di Yenikapı è davvero uno dei progetti archeologici più importanti del nostro tempo.
Recentemente, gli archeologi hanno trovato una nave affondata, in quello che una volta era conosciuto come il porto bizantino di Teodosio, nell’antica Costantinopoli. Secondo il professor Ufuk Kocabas dell’Università di Instanbul si tratta di una scoperta molto rara: il 60 per cento della nave è praticamente rimasta intatta nonostante il passare dei secoli. Questa è solo una delle 37 navi affondate ritrovate a Yenikapı.

Tenendo presenti le anfore in essa contenute, la nave era probabilmente diretta verso il Mar Nero. I ricercatori stimano che l’imbarcazione risalga al 9° secolo d.C. Al suo interno sono stati trovati alcuni oggetti molto interessanti, tra cui un oggetto in legno che i ricercatori hanno paragonato ai nostri tablet computer.
“In una delle navi abbiamo trovato qualcosa di simile ad un notebook di oggi”, spiega Kocabas sull’Herriyet Daily News. “È fatto di legno e può essere aperto come un notebook. Ha poche pagine e serviva per prendere appunti sulla cera”. L’oggetto era in grado di offrire altre funzioni che al momento non si è in grado di svelare. “Lo abbiamo chiamato ‘Il Miracolo di Yenikapı’”, rivela Kocabas.


Lo scavo di Yenikapı, più in generale, ha permesso di aggiungere preziose informazioni sul tempo in cui i primi insediamenti umani a Instanbul. Fino a pochi anni fa, infatti, si pensava che i primi gruppi umani si fossero stabiliti intorno a 2700 anni fa, quando i coloni greci provenienti da Megara si insediarono a Calcedoni (oggi Kadikoy), intorno al 675 a.C.
Tuttavia, grazie ai lavori per la realizzazione della metropolitana di Yenikapi, sono stati scoperti diversi insediamenti neolitici che mostrano che gli insediamenti più antichi nei pressi di Instanbul risalgono al 6700 a.C., molto prima di quanto si pensasse. Il valore della scoperta è da considerasi soprattutto per aver contribuito a riscrivere la storia antica della capitale turca.

Terremoto: procuratore Rieti, fondi sms? Una bolla di sapone.

Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi © AP
Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi

Il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi è in Procura a Rieti.

"Secondo quanto abbiamo appreso dai giornali si va, secondo me, verso l'insussistenza della notizia di reato perché, se i fondi raccolti sono confluiti nelle casse della Protezione Civile, il fatto si rivelerà una grossa bolla di sapone". Così al Tg regionale del Lazio della Rai il procuratore di Rieti Giuseppe Saieva sul caso dei fondi raccolti per Amatrice e Accumoli con gli sms solidali. "Abbiamo aperto un fascicolo modello 45 nell'ambito del quale possiamo fare una ricerca della notizia criminis", ha detto Saieva che sentirà il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi - secondo il quale i fondi non sono mai arrivati a destinazione -, convocato come persona informata sui fatti. 
Sindaco Amatrice, ora mi aspetto contraerea  - "Sabato ad Atreju ho fatto un discorso molto più ampio e ho detto che era stata tradita la volontà degli italiani perché in quei giorni facendo quel numero intendevano dare i soldi alle popolazioni che hanno avuto la distruzione. Poi le scelte sono state altre e secondo me non si è tenuto conto della volontà popolare. Punto". 
E' quanto afferma, in un'intervista a Intelligonews.it in merito alla vicenda degli sms solidali, il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi. "Adesso io mi aspetto la contraerea. Basterebbe dire - aggiunge Pirozzi - 'abbiamo utilizzato i soldi per altri comuni', non c'è niente di male. Poi si vuol fare passare che è stata fatta la consulta dei sindaci, ma così non è. La Regione Lazio ha inserito la ristrutturazione di una scuola di un Comune che non è inserito nel cratere, che è Collevecchio. Con tutto il rispetto per Collevecchio che è un comune che ho nel cuore e ha dato anche i natali a un campione del mondo come Alessandro Nesta. E' chiaro - conclude il sindaco di Amatrice - che adesso mi aspetto il fuoco".

lunedì 25 settembre 2017

Documenti della NASA confermano l’esistenza del Pianeta X. Il suo approssimarsi alla Terra non è ora!! - Massimo Fratini


Concorsi truccati, arrestati 7 docenti universitari. Indagato anche ex ministro Fantozzi. Il legale: 'Del tutto estraneo'

Un'aula universitaria in una foto di archivio © ANSA

Altri 22 interdetti dalle funzioni, in tutto 59 indagati.


Sette docenti universitari sono stati arrestati per reati corruttivi dalla Guardia di Finanza di Firenze, nell'ambito di un'inchiesta su concorsi truccati. Le misure sono scattate a seguito di un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari, disposta dal gip su richiesta dei pm fiorentini Luca Turco e Paolo Barlucchi. Altri 22 sono stati colpiti dalla misura dell'interdizione dalle funzioni di professore universitario e da quelle connesse ad ogni altro incarico accademico per la durata di 12 mesi.
Tra i docenti accusati anche l'ex ministro Augusto Fantozzi che rischia l'interdizione dalla professione di docente, in merito alla quale il gip di è riservato di decidere dopo l'interrogatorio. "Il professor Augusto Fantozzi è completamente e indubitabilmente estraneo ai fatti in contestazione", afferma l'avvocato Antonio D'Avirro, difensore di Fantozzi. "In primo luogo - argomenta il legale - perché era già andato in pensione all'epoca degli avvenimenti oggetto di indagine. La sua integrità è altresì testimoniata da una limpida e unanimemente apprezzata carriera accademica. Il professore - prosegue l'avvocato - sarà lieto di fornire tutti i chiarimenti necessari nell'incontro con i magistrati, che auspica possa avvenire il prima possibile".
Ai domiciliari sono finiti Fabrizio Amatucci, docente alla Federico II di Napoli, Giuseppe Maria Cipolla (Università di Cassino), Adriano di Pietro (Università di Bologna), Alessandro Giovannini (Università di Siena), Valerio Ficari (Università di Roma 2), Giuseppe Zizzo (Università Carlo Cattaneo di Castellanza, Varese), Guglielmo Fransoni (Università di Foggia).
 Nell'inchiesta, che riguarda tutto il territorio nazionale, risultano indagate complessivamente 59 persone. Secondo quanto spiegato, le indagini sono partite dal presunto tentativo da parte di alcuni professori universitari di indurre un ricercatore, candidato al concorso per l'abilitazione scientifica nazionale all'insegnamento nel settore del diritto tributario, a ritirare la propria domanda, allo scopo di favorire un altro ricercatore, in possesso di un curriculum notevolmente inferiore, promettendogli in cambio l'abilitazione nella tornata successiva.
Le indagini, spiega la GdF in una nota, hanno consentito di accertare "sistematici accordi corruttivi tra numerosi professori di diritto tributario", - alcuni dei quali pubblici ufficiali poiché componenti di diverse commissioni nazionali nominate dal Miur -, finalizzati a rilasciare abilitazioni "secondo logiche di spartizione territoriale e di reciproci scambi di favori", per soddisfare "interessi personali, professionali o associativi". Questa mattina i finanzieri hanno eseguito oltre 150 perquisizioni domiciliari in uffici pubblici, abitazioni private e studi professionali. Per 7 docenti che figurano tra gli indagati il gip Antonio Pezzuti si è riservato la valutazione circa la misura interdittiva dalla professione all'esito dell'interrogatorio.
Secondo quanto risulta da una delle intercettazioni, venivano scelti con una "chiamata alle armi" tra i componenti della commissione giudicante, e non in base a criteri di merito, i vincitori del concorso nazionale per l'abilitazione scientifica all'insegnamento nel settore del diritto tributario.  In una intercettazione uno dei docenti, componente della commissione giudicante, affermerebbe di voler favorire il suo candidato, contrapposto a quello di un collega, esercitando la sua influenza con una vera e propria "chiamata alle armi" rivolta agli altri commissari a lui più vicini. 

giovedì 21 settembre 2017

Nuovi gruppi per "evitare" le firme Le manovre di Crocetta e Orlando. - Accursio Sabella

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Rinasce il Megafono, spunta Arcipelago. Più facile la presentazione delle liste per le Regionali.

PALERMO - Per un motivo o per un altro, meglio evitare quel passaggio. Evitare, cioè, la raccolta delle firme necessaria per la presentazione delle liste alle prossime elezioni regionali. E così, Crocetta, Orlando e l’Udc di Cesa si stanno muovendo, in queste ore e “last minute” per dare vita a nuovi gruppi parlamentari all’Ars o per riesumare gruppi che nel frattempo si sono sciolti: la presenza di una forza politica in parlamento, infatti, esonera la lista corrispondente dalla necessità di raccogliere le firme in vista delle prossime elezioni Regionali.

Nelle prossime ore e in occasione dell’ultima seduta utile dell’Assemblea regionale, potrebbero saltare fuori tre nuovi gruppi parlamentari. E con essi, un colorito valzer di deputati, gli ultimi, clamorosi cambiamenti di casacca. Solo un fatto “tecnico” spiegano tutti. Ma ovviamente la manovra potrebbe rivelare una debolezza: il gruppo del Megafono, così come quello di Orlando, non sono forse così certi di poter raccogliere il numero necessario di adesioni degli elettori siciliani. Così, meglio la strada più breve che passa dal Palazzo. A questi "nuovi gruppi" si aggiungeranno quelli che hanno semplicemente modificato la propria denominazione, legando il nuovo nome alla prossima competizione elettorale: si tratta di Ap-centristi per Micari; Centristi per Micari; DiventeràBellissima.

Uno dei nuovi-vecchi gruppi, invece, era stato ampiamente annunciato. Nell’Udc di Cesa infatti nei giorni scorsi sono arrivati diversi deputati regionali, provenienti da altri schieramenti: è il caso di Mimmo Turano, Gaetano Cani, Vincenzo Figuccia, Totò Lentini ai quali, proprio in questi minuti, potrebbe aggiungersi Margherita La Rocca Ruvolo. “Formalizzeremo la richiesta di creazione del gruppo” aveva annunciato Turano già un paio di settimane fa.

Molto più recenti sono le manovre che riguardano Crocetta e Orlando. A Palazzo dei Normanni, infatti, si registrano movimento vorticosi, caotici, di deputati pronti a lasciare il proprio gruppo per confluire nel ricostituito Megafono (gruppo che si era squagliato dopo gli addii in serie dei fedelissimi di Crocetta) e nel gruppo “Arcipelago Sicilia” che fa capo alla lista per le Regionali guidata da Leoluca Orlando.

E in poche ore, nel gruppo di Orlando ecco sei adesioni. Una in più rispetto a quelle necessarie per la formazione del gruppo stesso. Ad “Arcipelago”, salvo sorprese dell’ultima ora, aderiranno Concetta Raia e Antonella Milazzo provenienti dal Pd, Gianluca Micciché dai Centristi, Michele Cimino e Nicola D’Agostino da Sicilia Futura e Antonio Venturino dal Partito socialista.

Quasi definita la composizione del “risorto” gruppo del Megafono. Il gruppo del Pd infatti si riunirà poco prima dell’Aula, prevista per le 16. Si dice pronto al “transito” nel gruppo, il deputato catanese Gianfranco Vullo che si aggiungerà, ovviamente, allo stesso Rosario Crocetta. Una situazione paradossale, visto che fu proprio il Pd a chiedere al governatore di lasciare il gruppo del “Megafono” per aderire a quello dei Dem. Quasi certamente, poi, tra gli altri nomi c’è quello del messinese Filippo Panarello e dell’assessore alla Funzione pubblica Luisa Lantieri: “Si tratta di un transito puramente tecnico – spiega l’assessore – per dare un supporto alle liste della coalizione di centrosinistra. Io – precisa- sarò candidata tra le fila del Pd”. L’ultimo nome è quello del deputato ragusano e presidente della commissione Salute all'Ars, Pippo Digiacomo.

Come detto, poi, ecco l’Udc. Che si chiamerà per l'esattezza Udc-Rete democratica Sicilia Vera. Una presenza già ampiamente annunciata, pochi giorni fa, alla presenza anche del segretario nazionale Lorenzo Cesa. Del nuovo gruppo faranno parte molti ex “Centristi”, ossia eletti con l’Udc che hanno poi seguito Gianpiero D’Alia. Negli ultimi mesi, invece, ecco il passaggio con lo Scudo Crociato a sostegno di Nello Musumeci. A farne parte saranno Mimmo Turano, Gaetano Cani, Vincenzo Figuccia, Pietro Alongi e molto probabilmente e Margherita La Rocca Ruvolo, che sarebbe stata ‘convinta’ dallo stesso Cesa nelle ultime ore. È l’ultimo valzer della legislatura.


http://livesicilia.it/2017/09/19/ars-gruppi-firme-liste-regionali-crocetta-orlando_889479/

La partita doppia di Renzi: passare il «cerino» e arginare i 5 Stelle.


C’è chi racconta che questo nuovo tentativo sulla riforma elettorale – nato un po’ a sorpresa due giorni fa – sia partito dopo aver sentito il clima che si respirava al Quirinale. E cioè una forte preoccupazione di dover sciogliere le Camere mandando gli italiani alle urne con due leggi disomogenee e soprattutto con quella per il Senato fortemente lacunosa e quindi fortemente esposta al rischio di nuovi ricorsi anche nella prossima legislatura. Insomma, un caos e non solo perché l’attuale Consultellum ha come scenario più probabile quello dell’ingovernabilità politica ma in un certo senso pure tecnica, che investirebbe ancora la Corte Costituzionale. 

E quando in Transatlantico si è sparsa la voce che al Colle circolava perfino l’ipotesi di un decreto o di attendere fino all’ultimo giorno utile della scadenza della legislatura per indire elezioni a maggio (e non a marzo), è diventata più forte l’esigenza per il Pd di mettere sul tavolo un ennesimo tentativo – l’ultimo – per aprire la strada alle urne il prima possibile.

Retroscena politici, appunto, che non suscitano commenti dal Quirinale dove invece si guarda a questa ennesima prova con grande attenzione e pure con un po’ di speranza. Detto questo, domani è attesa la proposta del Pd che si profila come una “partita doppia” per Renzi e i suoi. 
Da un lato passare il cerino sulla legge elettorale alle altre forze politiche – a Forza Italia in primo luogo – dall’altro offrire a Silvio Berlusconi un “patto” su un sistema che punta ad arginare i 5 Stelle. 
L’effetto pratico di queste nuove regole è infatti piuttosto chiaro: quello di favorire i partiti in grado di fare alleanze (o desistenze) e svantaggiare chi – come i grillini – le escludono per “costituzione”. 
Non solo. 
La logica dei collegi maggioritari è anche quella di privilegiare chi ha un radicamento territoriale e può selezionare più facilmente le personalità politiche più forti in quella zona. E anche questo è un punto debole del Movimento che con fatica sta costruendo una propria base politica “fedele” ai requisiti imposti da Grillo e Casaleggio.

È vero che potrebbe non bastare. Che l’obiettivo di arginare l’onda grillina non sia così primario rispetto agli interessi di singoli partiti come Forza Italia che al suo interno ha una forte contrapposizione tra gli esponenti del Sud e quelli del Nord. E che le divergenti convenienze tra i berlusconiani potrebbero - poi - portare ad affossare la legge, pur con un via libera dall’alto. Se sulla carta ci sono tra gli 80 e i 90 voti di scarto, si sa che nell’Aula di Montecitorio con i voti segreti tutto può saltare. Del resto, è saltato perfino quel patto sul simil-tedesco che avevano stretto ben quattro partiti principali – Pd, Forza Italia, Lega e 5 Stelle – figurarsi ora che il Movimento è fuori.
Dunque, questa ennesima prova nasce con moltissimi “se” ed è ancora appesa al via libera formale di Berlusconi e del centrodestra che dovrà ufficializzare la propria posizione in Commissione Affari Costituzionali della Camera domani. Però, dal punto di vista di Renzi ha un pregio. Che è quello di togliergli di dosso l’accusa di non voler fare nulla. E di voler andare al voto con un sistema elettorale contraddittorio e disomogeneo solo perché lui vuole mantenere un “comando” sul partito per via delle liste bloccate. Con questo tentativo last minute, invece, può scaricare su altri la responsabilità di consegnare la prossima legislatura a un prevedibile caos.

Nelle Filippine l'eco-resort fatto di materiali riciclati.

NAUTILUS ( CREDIT PHOTO: Vincent Callebaut Architectures, Paris) © ANSA
NAUTILUS ( CREDIT PHOTO: Vincent Callebaut Architectures, Paris)

Progetto di un architetto francese, è a emissioni e rifiuti zero.


Sorgerà nelle Filippine un resort ecologico progettato non solo per limitare l'impatto sull'ambiente, ma per dare un contributo positivo alla salute degli ecosistemi. Chiamato Nautilus, il complesso si estenderà per 27mila metri quadrati sull'isola di Palawan. Il progetto, scrive l'architetto francese Vincent Callebaut che lo ha ideato, persegue "un eco-turismo a tre zeri: zero emissioni, zero rifiuti e zero povertà".

Il resort sarà costruito al 100% con materiali riutilizzati e riciclati già presenti nell'arcipelago.
E' concepito per essere autosufficiente dal punto di vista energetico e alimentare, nonché in grado di riciclare tutti i rifiuti prodotti per mettere in pratica l'economia circolare. L'eccesso di elettricità prodotta da fonti verdi sarà distribuito alla comunità locale, che verrà coinvolta nella costruzione e nelle operazioni del resort.

Il complesso ospiterà un centro di ricerca scientifica, una scuola elementare, una base nautica e un centro sportivo. A disposizione dei turisti ci saranno 12 hotel a forma di conchiglia e 12 torri rotanti fatte a spirale che ospitano gli appartamenti e seguono il corso del sole.

Callebaut definisce il progetto "un eco-resort all'avanguardia per turisti responsabili nei confronti dell'ambiente, etici e uniti", che punta a "ottimizzare la rivitalizzazione e la protezione di un ecosistema degradato come quello delle Filippine", dove turismo di massa, pesca in eccesso, rifiuti di plastica e prodotti tossici, insieme al cambiamento climatico, stanno compromettendo e minacciando la salute dell'ambiente.(ANSA).

lunedì 18 settembre 2017

Consip, altro che colpo di Stato: ecco tutta la storia dell’inchiesta. Marco Lillo

Negli uffici  –  Carabinieri e Gdf nella sede  della  Consip.

Dall’intercettazione tra l’ex premier e il generale Adinolfi pubblicata dal “Fatto” alle dichiarazioni del procuratore Musti sugli incontri con i Noe - 2015-2017.

Per smontare il teorema del ‘complotto’ contro Matteo Renzi costruito dal Noe dei Carabinieri con la complicità del pm Henry John Woodcock e del Fatto è molto utile una semplice cronologia.
Quando il capitano Gianpaolo Scafarto, ai primi di settembre del 2016, avrebbe fatto alla pm di Modena Lucia Musti la confidenza generica su un’indagine non meglio precisata (“Scoppierà un casino, arriviamo a Renzi”) erano già accaduti alcuni fatti. In particolare un signore toscano amico di Tiziano Renzi di nome Carlo Russo era già entrato più volte nell’ufficio di Alfredo Romeo per parlare degli appalti che interessavano all’imprenditore. Non solo in Consip ma anche in Grandi Stazioni e in Inps. Stando alle informative di Gianpaolo Scafarto di quel periodo erano già accaduti questi eventi: il 3 agosto Romeo aveva chiesto a Russo di incontrare il padre del premier di allora perché aveva problemi con il suo amico amministratore di Consip, Luigi Marroni, per una serie di appalti del valore di centinaia di milioni di euro. Russo aveva proposto allora di fare una bisteccata a casa di Tiziano Renzi con lo stesso Marroni. Il 31 agosto Romeo era tornato alla carica e Russo aveva riferito così la risposta di Tiziano: “gli ho detto che … dobbiamo fare sto passaggio con Marroni! M’ha detto dice: ‘Fammi finire sto casino prossima settimana ci mettiamo’”.
Quando Scafarto avrebbe fatto la sua profezia, Romeo aveva già proposto a Russo il famoso ‘accordo quadro’ che poi sarà precisato meglio il 14 settembre nel famoso foglio che – secondo l’interpretazione dei Carabinieri – reca l’offerta di 30 mila euro al mese per Tiziano Renzi in cambio di un incontro al mese con Luca Lotti e con Luigi Marroni per propiziare un occhio di riguardo su Romeo da parte della Consip guidata da Marroni.
La confidenza di Scafarto (‘scoppierà un casino arriviamo a Renzi’) quindi non è la prova del movente delle sue macchinazioni contro Tiziano e Matteo ma un annuncio abbastanza prevedibile (e certamente scorretto se vero) sulla base di indizi già raccolti.
Prima però ricordiamo come è nata la teoria che piace tanto ai grandi giornali, alla politica e ai membri del Consiglio Superiore della Magistratura vicini a Renzi.
Il teorema (ben descritto ieri in un pezzo di Carlo Bonini su Repubblica) vuole connettere due fatti che non c’entrano nulla: lo scoop del Fatto del luglio 2015 sulla telefonata di Matteo Renzi con il generale Michele Adinolfi e lo scoop del Fatto del 2016-2017 sul caso Consip. Ebbene il teorema è delineato nel libro del segretario del Pd Avanti.
Renzi ricorda così il nostro scoop della telefonata tra lui e il generale della GdF Adinolfi, nella quale i due sparlavano di Enrico Letta, intercettata nel 2014 e pubblicata dal Fatto il 10 luglio 2015. “È la prima volta – scrive Renzi – in cui faccio la conoscenza del Noe, Nucleo operativo ecologico dell’Arma dei carabinieri, che su incarico di un pm di Napoli, il dottor Woodcock, mi intercetta. Apprenderò dell’intercettazione mentre sono presidente del Consiglio, grazie a uno scoop del Fatto Quotidiano firmato da un giornalista che si chiama Marco Lillo. Segnatevi mentalmente questo passaggio: Procura di Napoli, un certo procuratore, il Noe dei carabinieri, il Fatto Quotidiano, un certo giornalista. Siamo nel 2014, non nel 2017, sia chiaro. Che poi i protagonisti siano gli stessi anche tre anni dopo è ovviamente una coincidenza, sono cose che capitano”.
L’insinuazione che Il Fatto abbia ottenuto le notizie per i due scoop nel 2015 e nel 2016-7 sempre grazie al Noe e al pm Woodcock è falsa e diffamatoria ma trova subito una grancassa nelle istituzioni.
Il libro esce il 12 luglio e sembra il canovaccio delle domande poste al pm Lucia Musti di Modena appena cinque giorni dopo dal presidente della prima commissione del Csm. L’avvocato Giuseppe Fanfani, ex sindaco Pd di Arezzo, amico di Maria Elena Boschi e già legale del padre, ascolta con i suoi colleghi del Csm il procuratore di Modena nell’ambito del procedimento contro Henry John Woodcock finalizzato a capire se il pm di Napoli che ha osato intercettare il padre del leader Pd debba essere trasferito per incompatibilità.
La pm Lucia Musti ha ricevuto per competenza nell’aprile del 2015 le carte del fascicolo Cpl Concordia, istruito da Woodcock, nel quale era contenuta l’intercettazione di Matteo Renzi con il generale Adinolfi. La telefonata è divenuta pubblica nel luglio 2017 perché non era più segreta e Il Fatto – come la Procura di Napoli ha ricostruito già nel 2016 – l’ha avuta da fonti non investigative in modo pienamente lecito. E non era più segreta per una svista non del pm Woodcock ma degli uffici dei pm dell’antimafia che l’avevano ricevuta per competenza di materia da Woodcock proprio come la dottoressa Musti l’aveva avuta a Modena.
I pm di Napoli nel 2015-2016 indagarano i carabinieri del Noe che avevano aiutato il personale di segreteria, oberato di lavoro, a effettuare la scansione delle pagine senza avvedersi che l’informativa depositata non era quella omissata ma la versione precedente, che non conteneva gli omissis. Così quelle due pagine così delicate con i giudizi sprezzanti di Renzi su Letta sono finite nel computer della Procura accessibile a tutti gli avvocati del procedimento. Tre avvocati (almeno) ne vennero in possesso e così Il Fatto ha potuto acquisire tutte le carte pubbliche del fascicolo, compresa quella che doveva restare segreta. Questo tragitto è stato accertato con certezza dai pm e dai loro periti informatici grazie anche alle perquisizioni ai danni dei giornalisti del Fatto e in particolare al sequestro e all’analisi del computer del collega Vincenzo Iurillo che ha firmato quello scoop con chi scrive questo articolo.
I carabinieri del Noe furono indagati e interrogati ma i pm Alfonso D’Avino e Giuseppe Borrelli ne chiesero l’archiviazione a febbraio 2016 perché “E’ da escludersi che la scansione integrale della informativa del 15.10.2014 sia stata intenzionalmente effettuata dai militari al fine di renderla ostensibile attraverso il suo inserimento al TIAP (il sistema informatico della Procura, Ndr)”; 2) “la pubblicazione degli atti era avvenuta ad opera del cancelliere (incolpecole anche lui, Ndr) addetto alla segreteria del pm dell’antimafia Cesare Sirignano”.
L’audizione della dottoressa Musti al Csm doveva essere diretta ad appurare le responsabilità dei magistrati in quella fuga di notizie. Woodcock in questo caso non aveva alcuna responsabilità ma il pm Musti ne approfitta per fare due dichiarazioni contro la polizia giudiziaria preferita dal pm napoletano: i carabinieri del Noe.
La prima riguarda il fascicolo Cpl Concordia del 2015 e l’allora vicecomandante del Noe dei Carabinieri Sergio De Caprio, alias Ultimo.
Questa è la ‘la seconda versione’ del verbale pubblicata dal quotidiano Repubblica (diversa da quella del giorno precedente) riguardo all’incontro Ultimo-Musti per le carte dell’indagine Cpl Concordia del 2015: “Il presidente Fanfani chiede: «Chi glielo disse?». Musti: «Il colonnello De Caprio mi disse: “Lei ha una bomba in mano, se vuole la può fare esplodere”». Fanfani: «Ma in riferimento a cosa?». Lei: «Ma cosa ne so? Cioè, io non lo so perché erano degli agitati. Io dovevo lavorare su Cpl Concordia, punto, su quest’episodio di corruzione. Dissi ai miei, “prima ci liberiamo di questo fascicolo meglio è”».
Musti quindi sta dicendo al Csm che Ultimo quando consegnò il fascicolo Cpl Concordia a Modena disse che era una bomba. Il fascicolo non era centrato su Renzi ma sulla coop emiliana e conteneva intercettazioni del 2014 riguardanti: 1) i rapporti tra Massimo D’alema e la Cpl Concordia; 2) la Fondazione Icsa fondata da Marco Minniti ma lasciata dall’ex sottosegretario nel 2013; 3) intercettazioni su altri personaggi del Pd tra cui anche Matteo Renzi ma non solo lui.
Dal testo del secondo (e probabilmente vero) verbale pubblicato da Repubblica ieri si evince chiaramente che il pm Lucia Musti non dice e nemmeno insinua mai che ‘la bomba’ a cui faceva riferimento Ultimo fosse l’intercettazione di Renzi con Adinolfi.
La seconda cosa che dice il pm Lucia Musti al Csm riguarda il fascicolo che nel 2016 vedeva il solito Noe, sempre sotto la direzione del pm Woodcock, impegnato sul versante Consip. Così sempre Repubblica (sempre nella seconda versione del verbale ieri) riferisce la versione del pm Lucia Musti su un suo incontro con il capitano Scafarto ai primi di settembre del 2016: «Lui mi ha parlato del caso Consip, un modo di fare secondo me poco serio, perché un capitano, un maresciallo, un generale sono vincolati al segreto col loro pm, non devi dire a me che cosa stai facendo con un altro. Quindi, quando lui faceva lo sbruffone dicendo che sarebbe “scoppiato un casino”, io dentro di me ho detto “per l’amor di Dio”. Una persona seria non viene a dire certe cose, quell’ufficiale non è una persona seria». Fanfani vuole dettagli: «De Caprio ha detto “Ha una bomba in mano”, mentre Scafarto “succederà un casino”?». Musti risponde: «Scoppierà un casino, arriviamo a Renzi».
E’ evidente dalla lettura di questa versione del verbale l’inesattezza di quanto pubblicato il giorno prima. Lucia Musti non ha mai dichiarato che Ultimo e Scafarto le dissero: ‘Dottoressa, lei, se vuole, ha una bomba in mano. Lei può far esplodere la bomba. Scoppierà un casino. Arriviamo a Renzi’.
Una cosa è la bomba Cpl Concordia di cui parla Ultimo senza alcun riferimento a Renzi e alla sua conversazione con Adinolfi poi pubblicata dal Fatto.
Altra cosa è quel generico “scoppierà un casino arriviamo a Renzi” che sarebbe stato detto nel settembre 2016 dal capitano Scafarto quando aveva già in mano indizi pesanti su Tiziano Renzi.
La scorretta rappresentazione della realtà fatta dai grandi quotidiani insinua che la bomba di cui parlava Ultimo a Lucia Musti nel 2015 fosse l’intercettazione Adinolfi-Renzi. Non basta. la grande stampa e il Pd al seguito forzano anche il senso della frase di Scafarto per insinuare un intento complottistico del Noe contro Renzi nel 2016.
Scrive sul punto Il Corriere della Sera di venerdì “Il fatto che l’ex capitano del Noe abbia detto a Musti, quattro mesi prima di consegnare l’informativa e anche prima che fosse registrata la famosa frase «Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato» falsamente attribuita a Romeo («assume straordinario valore e consente di inchiodare alle sue responsabilità il Renzi Tiziano», scrisse Scafarto nel rapporto), potrebbe far immaginare che l’obiettivo dei carabinieri fosse proprio il padre dell’ex premier. Come se fosse un possibile movente della successiva manipolazione dell’intercettazione. E chi volesse ipotizzare che quello fosse lo scopo dei falsi contestati a Scafarto (…) ora avrebbe un motivo in più per sostenerlo”.
La rappresentazione di un colloquio in cui Scafarto parla con Musti prima di avere nelle mani gli indizi e le registrazioni che inguaieranno Tiziano Renzi ha permesso al Pd Michele Anzaldi di presentare un’interrogazione al Governo e ha fatto parlare di ‘fatti di gravità inaudita’ all’ex segretario Pd Dario Franceschini e di “complotto” al capogruppo Pd Luigi Zanda. Grazie a questo modo di fare informazione non è apparsa ridicola la visita di Matteo Renzi a Rignano così raccontata in un pezzo dal titolo “Consip, Renzi subito a Rignano dal padre. Con lui il faccia a faccia della pace”.
Il pezzo è uscito il 14 settembre, proprio nel primo anniversario del giorno del famoso pizzino. Il 14 settembre 2016 infatti Alfredo Romeo scrisse su un foglietto ritrovato il giorno dopo nella spazzatura dal Noe e interpretato come un’offerta nero su bianco al ‘compare di Tiziano Renzi, Carlo Russo, di 30 mila euro al mese, destinati a ‘T.’ che secondo la tesi accusatoria sarebbe Tiziano Renzi.
Al di là delle conseguenze politiche della strumentalizzazione delle frasi della pm Musti, c’è una conseguenza giudiziaria di non poco conto. Alla Procura di Roma sono state trasmesse dal Csm le dichiarazioni della pm di Modena perché i pm Paolo Ielo e Mario Palazzi valutino se inserirle nel fascicolo contro Woodcock. Non solo. Lunedì prossimo la solita prima commissione del Csm presieduta dal solito Giuseppe Fanfani convocherà i due pm di Napoli, Giuseppe Borrelli e Alfonso D’avino, che si sono occupati del’indagine sulla pubblicazione da parte del Fatto dell’intercettazione Renzi-Adinolfi.
In pratica il presidente della commissione del Csm convoca i procuratori aggiunti di Napoli e trasmette carte alla Procura di Roma perché finalmente si indaghi a fondo nella direzione del collegamento tra i due scoop del Fatto, proprio la direzione auspicata dal leader Matteo Renzi nel suo libro.

Nibiru-Planet X, un pianeta errante che si trova ai margini del nostro sistema solare!