Nel 2012 è stata introdotta l'incompatibilità tra eletti e incarichi professionali retribuiti nelle pubbliche amministrazioni. Ma in Commissione Bilancio si riapre il capitolo delle consulenze. Unico limite: non potranno essere affidate dallo stesso ente in cui si è eletti. Ma basta andare nel comune a fianco o in un'altra regione. Ecco come hanno resuscitato il doppio lavoro degli eletti.
Zac e zac, un colpo di forbici e una penna. E 143mila politici locali di tutta Italia hanno riacquistato di colpo il diritto al “doppio incarico”, quello di consigliere per il quale ricevono emolumenti e rimborsi dal proprio ente d’elezione e quello di consulente geometra, avvocato, progettista o ingegnere collaudatore. Unico limite: non farlo nell’amministrazione in cui occupano la poltrona. Ma basta andare in quella a fianco e l’incompatibilità, come d’incanto, non c’è più. E’ una delle sorprese della “manovrina” che in fase emendativa sta funzionando come una macchina del tempo che sposta le lancette della legge secondo i desiderata del momento.
Il Tar ha bocciato le nomine dei nuovi direttori dei musei? L’indomani spunta l’emendamento ad hoc che reinterpreta la legge 16 anni dopo, annullando il divieto. La stessa cosa succede oggi per consiglieri di 6mila comuni e 20 regioni d’Italia cui il governo Monti, cinque anni fa aveva messo un freno. A garanzia del risparmio e del buon andamento delle pubbliche amministrazioni, agli eletti venne vietato per legge di svolgere incarichi professionali remunerati. Al massimo, potevano percepire il rimborso delle spese sostenute e gettoni di presenza non superiori a 30 euro ma limitatamente a quelli obbligatori per legge, come il revisore dei conti. Per il resto, niente incarichi.
Quell’impiccio, evidentemente, dà fastidio a molti. Così nella prima versione della manovrina l’incompatibilità è stata rimossa per i 1.117 consiglieri regionali, purché la pubblica amministrazione conferente operi in ambito territoriale diverso da quello dell’ente presso il quale è rivestita la carica elettiva. Per i soli consiglieri comunali la limitazione era estesa all’area provinciale o metropolitana in cui esercita la carica elettiva. Troppo, deve aver pensato il deputato Pd Giuseppe Sanga. Ed ecco che l’onorevole si fa promotore in Commissione Bilancio di un emendamento ad hoc all’articolo 22 che riduce il divieto al solo comune d’elezione.
Così il consigliere o assessore che volesse svolgere incarichi di progettista per un’amministrazione pubblica potrà farlo semplicemente in quella a fianco. Ad esempio un consigliere regionale del Lazio che svolge la professione d’avvocato potrà essere remunerato nel caso in cui sia chiamato ad assistere legalmente in una causa (o incaricato per una consulenza) un ente locale di qualsiasi livello in Liguria o in una qualunque altra Regione diversa dal Lazio. Idem per il consigliere comunale di Forlimpopoli che potrà esercitare la sua professione al servizio del comune di Ospedaletto con cui la sua amministrazione confina.
Il blitz a favore del doppio lavoro dei consiglieri passa, ma non inosservato. Attaccano, ad esempio, i deputati di Alternativa Libera: “La scelta del Partito Democratico di cancellare il divieto per le pubbliche amministrazioni di dare incarichi professionali retribuiti a quanti sono già titolari di cariche elettive in enti locali è un vero e proprio insulto ai tanti professionisti, soprattutto giovani, che, in un periodo di crisi come quello attuale, si vedono ridurre le opportunità lavorative e di guadagno in favore dei rappresentati dei partiti”.
Va anche detto che dal 2012 ad oggi molti consiglieri avevano fatto ricorso e sollevato eccezioni contro la legge. I ricorsi erano poi andanti però a sbattere sul portone della Corte Costituzionale che giusto l’anno scorso si è espressa in difesa dei vincoli riferiti a tutte le ipotesi di incarico. Perché la ratio della legge, spiegava la Corte, non era la “preclusione dello svolgimento degli incarichi in favore delle pubbliche amministrazioni da parte dei titolari di carica” elettiva bensì “escludere che il titolare di tali cariche potesse percepire ulteriori emolumenti”. In pratica che gli incarichi venissero subordinati a logiche politiche anziché di garanzia della buon andamento dell’amministrazione. Con la manovrina quegli incarichi non saranno più vietati ma facoltativi. Basterà spostarsi di qualche chilometro per uscire dal perimetro dei divieti. Magari coperti con rimborso della benzina. E i consiglieri d’Italia, fin d’ora, ringraziano.