mercoledì 19 luglio 2017

DNA e RNA differenze.



Tra DNA ed Rna ci sono differenze sia strutturali che funzionali. 

L'acido desossiribonucleico o deossiribonucleico (in sigla DNA, dall'inglese DeoxyriboNucleic Acid; meno comunemente ADN, secondo la sigla italiana equivalente[1][2]) è un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi.[3]
Dal punto di vista chimico, il DNA è un polimero organico costituito da monomeri chiamati nucleotidi (deossiribonucleotidi). Tutti i nucleotidi sono costituiti da tre componenti fondamentali: un gruppo fosfato, il deossiribosio (zucchero pentoso) e una base azotata che si lega al deossiribosio con legame N-glicosidico. Le basi azotate che possono essere utilizzate nella formazione dei nucleotidi da incorporare nella molecola di DNA sono quattro: adeninaguaninacitosina e timina mentre nell'RNA, al posto della timina, è presente l'uracile. Il DNA può essere più correttamente definito come una doppia catena polinucleotidica (A,T,C,G), antiparallela, orientata, complementare, spiralizzata, informazionale.
L'ordine nella disposizione sequenziale dei nucleotidi costituisce l'informazione genetica, la quale è tradotta con il codice genetico negli amminoacidi corrispondenti. La sequenza amminoacidica prodotta, detta polipeptide, forma le proteine. Il processo di traduzione genetica (comunemente chiamata sintesi proteica) è possibile solo in presenza di una molecola intermedia di RNA, che è generata per complementarità con le quattro basi dei nucleotidi del DNA in un processo noto come trascrizione. Tale processo non genera solo filamenti di RNA destinati alla traduzione, ma anche frammenti già in grado di svolgere svariate funzioni biologiche (ad esempio all'interno dei ribosomi, dove l'RNA ha una funzione strutturale). L'informazione genetica è duplicata prima della divisione cellulare, attraverso un processo noto come replicazione del DNA, che evita la perdita di informazione nel passaggio tra diverse generazioni cellulari.
Negli eucarioti, il DNA si complessa all'interno del nucleo in strutture chiamate cromosomi. Negli altri organismi, privi di nucleo, esso può essere organizzato in cromosomi o meno (nei batteri è presente un'unica molecola di DNA circolare a doppia catena, mentre i virus possono avere genomi a DNA oppure ad RNA). All'interno dei cromosomi, le proteine della cromatina come gli istoni, le coesine e le condensine, organizzano il DNA e lo avvolgono in strutture ordinate. Queste strutture guidano l'interazione tra il codice genetico e le proteine responsabili della trascrizione, contribuendo al controllo della trascrizione genica. (Wikipedia)



    Risultati immagini per Dna   formula di strutturaTimina


L'acido ribonucleico, in sigla RNA (dall'inglese RiboNucleic Acid), meno comunemente ARN (sigla italiana equivalente[1][2]), è una molecola polimerica implicata in vari ruoli biologici di codificadecodificaregolazione e l'espressione dei geni. L'RNA e il DNA sono acidi nucleici, e, insieme con proteine e carboidrati, costituiscono le tre principali macromolecole essenziali per tutte le forme di vita conosciute.
Come il DNA, l'RNA è assemblato come una catena di nucleotidi, ma a differenza del DNA è più frequente in natura come un singolo filamento ripiegato su sé stesso, piuttosto che un doppio filamento accoppiato. Gli organismi cellulari utilizzano l'RNA messaggero (mRNA) per trasmettere le informazioni genetiche (mediante le lettere G, U, A, e C per indicare guaninauracileadenina e citosina) che dirigono la sintesi di proteine specifiche. Molti virus codificano le loro informazioni genetiche utilizzando un genoma a RNA.
Alcune molecole di RNA svolgono un ruolo attivo all'interno delle cellule al fine di catalizzare le reazioni biologiche, di controllo dell'espressione genica o per percepire e comunicare le risposte a segnali cellulari. Uno di questi processi attivi è la sintesi proteica, una funzione universale per cui molecole di mRNA dirigono l'assemblaggio delle proteine nei ribosomi. Questo processo utilizza le molecole di RNA di trasferimento (tRNA) per fornire gli amminoacidi al ribosoma, dove l'RNA ribosomiale (rRNA) collega insieme gli amminoacidi per formare le proteine. (wikipedia)

Risultati immagini per Rna              formula di struttura Uracile      

Una nuova specie di Homo? - Andrea Romano



Il DNA mitocondriale estratto da un dito rinvenuto in Siberia e risalente a 40.000 anni fa indica la possibile presenza in quell’epoca di una nuova specie di Homo.

Se fosse confermata potrebbe essere la scoperta paleontologica più importante del nuovo millennio, comparabile solamente al ritrovamento sull’isola di Flores dei resti dell’Homo floresiensis: si tratta di un dito, in particolare un mignolo, appartenente, a quanto sembra, ad una specie del genere Homo finora sconosciuta.

La scoperta è avvenuta in Siberia, nella Grotta di Denisova sui Monti Altai, ed è stata diffusa dalla prestigiosa rivista Nature, che dedica alla vicenda due interessanti articoli (12). Un gruppo di ricercatori guidati da Svante Pääbo, già noto per aver sequenziato il genoma mitocondriale dell’uomo di Neanderthal (Pikaia ne ha parlato qui), ha analizzato e comparato il DNA mitocondriale estratto dal dito rinvenuto con quello della nostra specie e dei Neanderthal. I risultati sono a dir poco sorpendenti: come si può vedere in quest’immagine, tratta dall’articolo originale, il genoma mitocondriale di questo individuo (di sesso femminile) non è in alcun modo comparabile nè con quello dell’uomo moderno nè con quello espresso da H. Neanderthalensis. Per dare un’idea della possibile lontananza filogenetica si pensi che la differenza media tra i genomi mitocondriali di sapiens e neanderthalensis è di 202 nucleotidi, mentre l’individuo di Denisova differisce in media dalla nostra specie di 358 coppie di basi! Sulla base del tasso di mutazione nei diversi rami dell’albero filogenetico, Pääbo e colleghi hanno calcolato il periodo in cui le diverse linee evolutive, Neanderthal e H. sapiens da un lato e questa nuova specie dall’altro, si sono separate. L’antenato comune, affermano, visse circa 1 milione di anni fa.

Fino ad ora, nella descrizione della scoperta, ho omesso l’aspetto che ritengo più interessante: la datazione del ritrovamento. Il dito rinvenuto a Denisova risale, infatti, ad un periodo compreso tra 48.000 e 30.000 anni (probabilmente circa 40.000), quando H. sapiens aveva già colonizzato tutti i continenti ad eccezione delle Americhe. Se lo status di specie a parte venisse confermato, e la cautela è assolutamente d’obbligo in casi del genere (Pääbo e colleghi, infatti, non si sono spinti a nominarla), anche perchè non sono finora stati rinvenuti altri resti umani nè manufatti, saremmo di fronte ad uno scenario che vedeva almeno 4 diverse specie del genere Homo convivere sulla Terra. La specie di Denisova si aggiungerebbe, infatti, ad H. sapiensH. neanderthalensis e il piccolo H. floresiensis, il cui status di specie non sembra più in discussione.

La presenza di questa potenziale nuova specie in Eurasia implica, secondo gli autori, almeno un ulteriore importante episodio di radiazione al di fuori del continente africano che si aggiunge a quello dell’H. erectus, il primo ominide che colonizzò altri continenti già 1,9 milioni di anni fa, quello che ha portato all’origine dei Neanderthal, probabilmente ad opera di H. heidelbergensis, e l’ultimo che ha riguardato la nostra specie.

Ma ciò che più conta è che la scoperta dimostra ancora una volta quanto la visione dell’unicità della nostra specie sia tutt’altro che conforme alla realtà. Non una serie di specie che si modificano l’una nell’altra con un’intrinseca tendenza al miglioramento e al perfezionamento, bensì un cespuglio la cui speciosità è in continuo incremento: ecco il vero ritratto del genere Homo. E noi, siamo solo una delle numerose specie originatesi nel corso del tempo, l’unica, questo sì, che è riuscita a sopravvivere alcune migliaia di anni oltre le altre.

Riferimenti:
Johannes Krause, Qiaomei Fu, Jeffrey M. Good, Bence Viola, Michael V. Shunkov, Anatoli P. Derevianko, Svante Pääbo. The complete mitochondrial DNA genome of an unknown hominin from southern Siberia. Nature, 2010; DOI: 10.1038/nature08976

Terence A. Brown. Human evolution: Stranger from Siberia. Nature, 2010; DOI: 10.1038/nature09006


http://pikaia.eu/una-nuova-specie-di-homo/



Risultati immagini per uomo di denisova


L'Homo di Denisova o donna X è il nome dato ad un ominide i cui scarsi resti sono stati ritrovati nei Monti Altaj in Siberia. La scoperta è stata annunciata nel marzo 2010, quando al termine della completa analisi del DNA mitocondriale è stato ipotizzato che possa trattarsi di una nuova specie. Questo esemplare di ominide è vissuto in un periodo compreso tra 70.000 e 40.000 anni fa[1] in aree popolate principalmente da sapiens e in parte da neanderthal; ciononostante, la sua origine e la sua migrazione apparirebbero distinte da quelle delle altre due specie,[2][3] e il mtDNA del Denisova risulterebbe differente dai mtDNA di H. neanderthalensis e H. sapiens.[4]

Scoperta.
Un team di scienziati dell'Istituto Max Planck di antropologia di Lipsia guidati da Svante Pääbo sequenziò il DNA mitocondriale (che si eredita solo per linea materna), estratto dal frammento osseo di un dito mignolo di un giovane individuo di età stimata tra i 5 e i 7 anni e di sesso incerto nonostante gli fosse stato attribuito il soprannome di donna X. Il reperto venne alla luce nel 2008 nelle grotte di Denisova sui Monti Altaj in Siberia. Nello stesso strato di terreno apparvero piccoli oggetti lavorati riconducibili all'Homo di Denisova.
L'analisi del mtDNA ha inoltre suggerito che questa nuova specie di ominidi sia il risultato di una migrazione precoce dall'Africa, distinta dalla successiva migrazione dall'Africa associata a uomini di Neanderthal e umani moderni, ma anche distinta dal precedente esodo africano di Homo erectus.[5] Pääbo ha rilevato l'esistenza di questo ramo lontano che crea un quadro molto più complesso del genere umano durante il tardo Pleistocene.[6]
Nel 2010, un secondo documento del gruppo di Svante Pääbo ha riferito di una prima scoperta del 2000, di un terzo molare superiore di un giovane adulto, risalente a circa lo stesso periodo (il dito era nel livello 11 della sequenza della grotta, il dente nel livello 11.1). Il dente differiva in diversi aspetti da quelli di Neanderthal pur avendo caratteristiche arcaiche, simili ai denti dell'Homo erectus. Il gruppo eseguì nuovamente l'analisi del DNA mitocondriale sul dente e rilevò che la sequenza era diversa, ma simile a quella dell'osso del dito, indicando un tempo di divergenza di circa 7500 anni, e suggerendo che appartenesse ad un individuo differente della stessa popolazione.[7]
Nel 2011 un osso del dito di un piede è stato scoperto nello strato 11 della grotta, quindi contemporaneo all'osso del dito della mano. La caratterizzazione preliminare del DNA mitocondriale del midollo suggerisce che appartenesse ad un uomo di Neanderthal e non ad un Denisovano[8]. La grotta Altai contiene anche reperti ossei e strumenti di pietra fatti da esseri umani moderni e Pääbo ha commentato: " L'unico posto in cui siamo sicuri che tutte e tre le forme umane hanno vissuto anche se in diversi periodi temporali, è qui nella grotta Denisova ".[8]

Ibridazione con Homo sapiens.
Lo stesso argomento in dettaglio: Ibridazioni tra esseri umani arcaici e moderni.
Studi genetici indicano che approssimativamente il 4% del DNA dell'Homo sapiens non africano è lo stesso trovato nell'Homo neanderthalensis suggerendo una origine comune.[9] I test che mettano in comparazione il genoma dell'Homo di Denisova con quello di 6 differenti Homo sapiens come ǃKung dal SudAfrica, un nigeriano, un francese, un Papua della Nuova Guinea, un abitante dell'isola di Bouganville e uno della stirpe Han, dimostrano che dal 4 al 6% del genoma dei melanesiani (rappresentato dagli uomini dell'isola di Bouganville), derivano dalla popolazione di Denisova. Questi geni sono stati verosimilmente introdotti durante la prima migrazione umana degli antenati dei melanesiani nel Sud est asiatico.[9] Quindi concludendo, è verosimile ipotizzare un'ibridazione tra Homo di Denisova e Homo Sapiens, che ha interessato le popolazioni del sud-est asiatico antico e quelle, loro dirette discendenti, australiane. L'apporto genetico denisoviano alle altre popolazioni asiatiche è limitato e, come in quelle europee e amerinide, deriva in buona parte per via dell'ibridazione, avvenuta in precedenza, con i Neanderthal (che a loro volta si erano ibridati con i Desinova)
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Aspetto fisico[modifica. 
Non si sa nulla sulle caratteristiche fisiche di questi individui data l'estrema limitatezza del reperto dal quale si estrasse il materiale genetico. Si spera che future analisi del DNA nucleare chiarifichino definitivamente l'esistenza di questa specie o viceversa la smentiscano, dimostrando che questo è il risultato di un incrocio tra Neanderthal e Sapiens. Secondo Pääbo non sarebbe comunque corretto definirlo specie, sia per le sue resistenze ad applicare la nomenclatura binominale linneiana all'evoluzione umana sia perché l'uomo di Desinova si poteva incrociare e riprodurre (magari in modo imperfetto) con l'uomo moderno, rendendo l'ipotesi di segregazione riproduttiva falsificata.
Dalle ultime analisi del mtDNA e del DNA nucleare risulta che l'Uomo di Denisova si sarebbe separato dal comune antenato di Neanderthal e uomo moderno circa 1.000.000 di anni fa e che in seguito si sarebbe incrociato con l'Homo sapiens progenitore dei moderni abitanti della Papua Nuova Guinea, con i quali condivide il 4-6% del genoma;[10] provando così (come già con l'uomo di Neanderthal) l'Ipotesi multiregionale di interscambio genetico tra antichi e moderni Homo sapiens[11].

Analisi del DNA mitocondriale.
Il DNA mitocondriale (mtDNA) proveniente dall'osso del dito è diverso da quello degli esseri umani moderni per 385 basi (nucleotidi), nel filamento del DNA mitocondriale è di circa 16.500 basi, mentre la differenza tra gli esseri umani moderni ed i Neanderthal è di circa 202 basi. Considerando che la differenza tra scimpanzé e gli esseri umani moderni è di circa 1462 paia di basi del DNA mitocondriale[12], ciò suggerisce un tempo di divergenza di circa un milione di anni. L'mtDNA di un dente portava una somiglianza elevata a quella dell'osso del dito indicando che entrambi appartenevano alla stessa popolazione[13]. È stata recuperata una sequenza di mtDNA su un secondo dente che ha mostrato un numero inaspettatamente elevato di differenze genetiche rispetto a quella riscontrata nell'altro dente e nel dito, suggerendo un elevato grado di diversità mtDNA. Questi due individui rinvenuti nella stessa grotta hanno mostrato una diversità tra loro maggiore di quella rilevata campionando gli uomini di Neanderthal di tutta l'Eurasia. Un tasso di diversità paragonabile a quello che distingue gli esseri umani moderni provenienti da diversi continenti[14].

Analisi del DNA nucleare.
Nello stesso studio del 2010, gli autori hanno effettuato l'isolamento e il sequenziamento del DNA nucleare dell'osso del dito del Denisova. Questo esemplare ha mostrato un insolito grado di conservazione del DNA ed un basso livello di contaminazione. Sono stati in grado di raggiungere quasi il completo sequenziamento genomico, consentendo un confronto dettagliato con i Neanderthal e gli umani moderni. Da questa analisi hanno concluso, nonostante l'apparente divergenza della loro sequenza mitocondriale, che gli uomini di Denisova ed i Neanderthal hanno condiviso un ramo comune ancestrale che porta ai moderni esseri umani africani. Il tempo medio stimato di divergenza tra le sequenze dei Denisoviani e dei Neanderthal è di circa 640 000 anni fa, mentre il tempo di divergenza tra le sequenze di ciascuno di essi e le sequenze degli africani moderni è di 804 000 anni fa. Ciò suggerisce che la divergenza dei risultati mitocondriali del Denisova derivi o dalla persistenza di un lignaggio epurato dagli altri rami attraverso deriva genetica oppure da un'introgressione di un lignaggio di un ominide più arcaico[15]. Nel 2013, la sequenza di mtDNA prelevata dal femore di un Homo heidelbergensis di 400.000 anni fa proveniente dalla Grota Sima in Spagna è risultata essere simile a quella di Denisova[16].


Leggi anche: 

Nuove ipotesi sull’ibridazione tra uomo e Neanderthal. - Dario Iori

Nuove ipotesi sull’ibridazione tra uomo e Neanderthal

Risultati di analisi effettuate sul DNA mitocondriale appartenente ad alcune specie di Homo fanno supporre che un gruppo di antenati dell’uomo moderno migrò dall’Africa all’Europa incrociandosi con i Neanderthal molto prima di quanto si supponesse in precedenza, contribuendo a fare luce sui loro complicati rapporti.

Alcuni ominidi, presumibilmente appartenenti alla specie Homo sapiens, circa 270.000 anni fa si spostarono dall’Africa all’Europa e si incrociarono con i Neanderthal. Ad affermarlo sono alcuni scienziati del Max Planck Institute for the Science of Human History di Lipsia e dell’Università di Tübingen (entrambe in Germania), che hanno pubblicato i risultati della loro ricerca su Nature communication. Le loro conclusioni derivano dall’analisi del DNA mitocondriale ottenuto dal femore di un neanderthaliano, rinvenuto nel 1937 all’interno della grotta di Hohlenstein- Stadel (HST) in Germania sud-occidentale. Tali resti, secondo le stime risalgono a 124.000 anni fa, ben prima dell’arrivo precedentemente stimato di Homo sapiens (45.000 anni fa) sul continente europeo.

In passato, alcune indagini bastate sul confronto del DNA nucleare di Homo neanderthaensis e di Homo sapiens avevano portato i ricercatori a stimare che la separazione tra i due avvenne tra i 765.000 e i 550.000 anni fa, e a concludere che i Neanderthal fossero strettamente imparentati con l’uomo di Denisova, specie ancora poco nota, i cui resti furono rinvenuti per la prima volta nel 2008 all’interno della Grotta di Denisova in Siberia (Pikaia ne ha già parlato qui). In questo scenario, i Denisoviani costituirebbero il sister group dei Neanderthal, a seguito della separazione dal gruppo che avrebbe portato all’uomo moderno.

Ma il DNA nucleare non è l’unico portatore di materiale genetico presente all’interno della cellula: tralasciando l’RNA, c’è anche il DNA contenuto nei mitocondri, che viene a ragione definito DNA mitocondriale (mtDNA). Tale componente del patrimonio genetico è di eredità esclusivamente materna e può essere un utile strumento per ricostruire il lignaggio materno e, utilizzando come riferimento il tasso di mutazione ( ovvero il numero medio di mutazioni che avvengono per unità di tempo), stimare il lasso di tempo intercorso dal momento in cui due individui hanno condiviso un progenitore comune.

Ebbene, il mtDNA racconta un’altra storia: gli studi effettuati su di esso indicano infatti che i Neanderthal e l’uomo moderno si separarono all’incirca 400.000 anni fa, molto più recentemente quindi rispetto ai risultati ottenuti dall’analisi del DNA nucleare. Il DNA mitocondriale di Homo neanderthalensis inoltre risulta molto più simile a quello di Homo sapiens che a quello appartenente ai Denisoviani. Come è possibile che le analisi del DNA nucleare e di quello mitocondriale diano risultati così diversi? In un certo momento della storia, i due gruppi devono essere venuti a contatto mescolando i propri corredi genetici. Ciò in realtà è già stato ampiamente dimostrato ed è risaputo che abbiano avuto luogo eventi di ibridazione tra la nostra specie ed i Neanderthal (Pikaia ne ha già parlato qui qui ad esempio). Tale incontro però sarebbe stato di molto antecedente rispetto a quelli già noti agli scienziati.

Per verificare questa ipotesi, i ricercatori del Max Planck Institute,guidati da Johannes Krause, hanno confrontato il mtDNA proveniente dal femore di HST con quello di altri 17 esemplari di Neanderthal più antichi, 3 denisoviani e 54 uomini moderni. I risultati ottenuti mostrano che il DNA mitocondriale proveniente da Hohlenstein- Stadel è decisamente molto diverso rispetto a quello dei primi neandertaliani presenti in Europa 430.000 anni fa.

Gli scienziati hanno dunque ipotizzato che un gruppo di primitivi H. sapiens uscì dall’Africa tra 470.000 e 220.000 anni fa (ben prima quindi di quanto precedentemente ipotizzato), introducendo il proprio DNA mitocondriale nella popolazione europea dei Neanderthal. Il gruppo non doveva essere sufficientemente numeroso per avere un profondo impatto sul DNA nucleare, ma abbastanza ampio per rimpiazzare il DNA mitocondriale dei cugini europei.

I risultati della ricerca non sono definitivi, e sarà necessario analizzare i DNA nucleari e mitocondriali di altri Neanderthal, provenienti da Hohlenstein- Stadel e da altri siti, per avere maggiori informazioni riguardo la storia delle popolazioni neanderthaliane europee. Ciò che è certo però è che la storia del genere umano è una vicenda complessa, fatta di migrazioni, incroci e vicende ancora ampiamente da chiarire.


Riferimento:Cosimo Posth, Christoph Wißing, Keiko Kitagawa, Luca Pagani, Laura van Holstein, Fernando Racimo, Kurt Wehrberger, Nicholas J. Conard, Claus Joachim Kind, Hervé Bocherens, Johannes Krause. Deeply divergent archaic mitochondrial genome provides lower time boundary for African gene flow into NeanderthalsNature Communications, 2017; 8: 16046 DOI:10.1038/NCOMMS16046
Immagine da Wikimedia Commons


http://pikaia.eu/luomo-migro-dallafrica-incrociandosi-con-i-neanderthal-270-000-anni-fa/