Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 14 ottobre 2017
GIUSTIZIA ALL’ITALIANA – BONIFAZI, TESORIERE PD, INDAGHERA’ SUL MANCATO SUOCERO.. - Mattia Feltri per la Stampa
GIUSTIZIA ALL’ITALIANA – BONIFAZI, TESORIERE PD, INDAGHERA’ SUL MANCATO SUOCERO: IL PADRE DI MARIA ELENA BOSCHI, PIERLUIGI, NONCHE’ GENITORE DI UN SUO SOCIO DI STUDIO – E’ NELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE SULLE BANCHE CHE DOVRA’ FARE LUCE SULLA BANCA ENTRURIA.
Sono un po' tutti cascati dal pero. Ma come, davvero? Davvero ve la siete presa? Eh, pare di sì, accidenti. Ecco che è successo: nella commissione d' inchiesta sulle banche è stato inserito Francesco Bonifazi.
Magari non tutti sanno chi è Bonifazi, quindi si produrrà una breve biografia prefessional-politico-sentimentale. Francesco Bonifazi, fiorentino, quarantuno anni, tesoriere del Partito democratico, è amico di vecchia data di Maria Elena Boschi con la quale lavorò, nel decennio scorso, allo studio dell' avvocato Tombari.
Maria Elena Boschi è figlia di Pier Luigi Boschi, ex vicepresidente di Banca Etruria, ora fallita, e per il cui fallimento sono stati chiesti 576 milioni di risarcimento, quindici dei quali (quasi sedici) al medesimo Pier Luigi Boschi. Bonifazi a Firenze ha uno studio legale di cui è socio Emanuele Boschi, fratello di Maria Elena e pertanto figlio di Pier Luigi. Dunque, se vi foste persi per strada, Bonifazi indagherà sul padre del socio, nonché padre dell' amica e compagna di partito.
Questa mirabolante serie di coincidenze ha leggermente contrariato (ma come, davvero? Davvero ve la siete presa?) i risparmiatori-investitori di Etruria che l' altra notte hanno affisso uno striscione sullo facciata dello studio di Bonifazi: «Babbo amico fratello, Etruria al macello». A questo punto a perdere le staffe è stato proprio Bonifazi, che ha annunciato querela perché, dice, non c' è nessun mistero, è tutto alla luce del sole. Ed è proprio questo il problema: alla luce del sole si vede meglio.
Marco Travaglio - Freghiamoli così. FQ - 14/10/2017
Daniele Luttazzi, ai tempi di B., coniò un’immagine che rendeva bene l’idea: il “golpe al rallentatore”. Se alziamo lo sguardo e ripercorriamo la storia di quest’ultima legislatura, proprio questo vediamo: un golpe al rallentatore. Dove però B. non c’entra se non di straforo: i veri golpisti sono tutti targati Pd.
Il Parlamento dei nominati con una maggioranza estrogenata da una legge elettorale poi dichiarata illegittima, che dunque è una minoranza, si è permesso di fare cose mai viste neppure ai tempi di B.: rieleggere il capo dello Stato per cacciare all’opposizione l’unica forza politica che ha vinto le elezioni (i 5Stelle) e mandare al governo chi le ha perse;
riformare la legge elettorale a colpi di fiducia per iniziativa del governo (Italicum, incostituzionale anche quello); tentare di cambiare un terzo della Costituzione a botte di canguri e tagliole per strozzare il dibattito in Parlamento, addirittura rimpiazzando i senatori non allineati;
comprare pezzi di centrodestra per annetterli al centrosinistra; ricattare chi non ci sta con la minaccia di non ricandidarlo; incoraggiare il trasformismo fino a 550 cambi di casacca (su 945 seggi parlamentari) in quattro anni e mezzo;
e ora truccare un’altra volta le regole del voto a pochi mesi dalle urne per drogare gli scarsi consensi di chi aveva perso nel 2013 e si appresta a riperdere nel 2018 eliminando chi potrebbe rivincerle), ancora una volta a colpi di fiducia e con la complicità dei poteri di controllo: il Quirinale del silenzio-assenso, i giornaloni e le tv di regime, gran parte del mondo intellettuale, giuridico e artistico ieri sulle barricate, ora allineato e coperto.
Tutt’intorno, un’opinione pubblica per metà disinformata dalle balle del potere che non trovano mai smentita e per metà consapevole, ma troppo mitridatizzata o stremata o rassegnata dopo anni di vergogne ogni giorno più gravi per trovare la forza per reagire. Anche noi del Fatto, nati proprio per dare la sveglia e scrivere ciò che gli altri non dicono, ci domandiamo spesso che hanno fatto di male i lettori per sorbirsi ogni giorno un attentato al fegato e alle coronarie per effetto delle nostre cronache e delle nostre analisi delle cose come stanno. Poi naturalmente continuiamo, perché un giornale che non dice pane al pane e non racconta i fatti nudi e crudi non è un giornale. E perché ogni tanto le nostre battaglie partono in beata solitudine, ma poi col tempo coinvolgono milioni di persone e addirittura riescono a strappare una vittoria. Come nel referendum del 4 dicembre 2016. È da lì che dobbiamo ripartire, per capire che cosa accade e che cosa possiamo fare noi.
Il progetto dei golpisti al rallentatore è semplice, anche perché è sempre lo stesso: quello cacciato a furor di popolo dalla porta del referendum e ora rientrato dalla finestra del Rosatellum-Fascistellum. Un progetto di pseudo-democrazia verticale, centralizzata, oligarchica e dunque incostituzionale, dove pochissime persone – tutte controllabili dai poteri forti italiani e soprattutto internazionali – decidono il destino di tutti i cittadini ridotti a sudditi. Fallito il tentativo di ridurre il Parlamento a un’aula sorda e grigia alle dipendenze del premier-padrone (come previsto dall’incrocio mostruoso della controriforma Boschi e dell’Italicum), ci riprovano con la nuova legge elettorale, anzi anti-elettorale: il giorno delle elezioni tutti i giochi saranno già fatti, quasi tutti i parlamentari saranno già stati decisi da tre o quattro capi-partito che nomineranno tutti quelli della quota proporzionale (due terzi) e anche di quella maggioritaria (l’altro terzo), col divieto del voto disgiunto e il via libera alle finte coalizioni a geometria variabile da collegio a collegio. Così il prossimo Parlamento sarà ancor più servo di questo, senza più nemmeno l’esigenza di comprare voltagabbana (a parte qualche leghista, qualche fratello d’Italia e qualche grillino in libera uscita). E quando la Consulta, come per il Porcellum e l’Italicum, ci comunicherà ciò che sappiamo fin da oggi, e cioè che pure il Rosatellum è incostituzionale, lorsignori faranno spallucce: invocando il principio di continuità, seguiteranno a comandare con una maggioranza truccata per tutta la legislatura. E così via, all’infinito.
Intanto lo stesso modello vertical-oligarchico darà i suoi frutti in tutti quelli che nelle vere democrazie si chiamano “contrappesi” (check and balance). Nella magistratura, una circolare del Csm si appresta a centralizzare vieppiù le Procure nelle mani del capo, selezionato da un Csm ipercontrollato dai partiti e dalle loro proiezioni correntizie, con poteri di vita e di morte sui singoli pm, un tempo esclusivi e intangibili titolari dell’azione penale e ora ridotti a passacarte e camerieri di un procuratore onnipotente (che, se poi fa il bravo, viene premiato con incarichi ministeriali e persino con proroghe ad personam dell’età pensionabile). Nell’informazione che conta, il modello è lo stesso: i giornaloni, a parte qualche trascurabile sfumatura, sono tutti governativi; la Rai non è più nemmeno lottizzata, ma controllata dal partito unico di governo sotto la dittatura di un dg-ad che fa il bello e il cattivo tempo anche sul segnale orario; su Mediaset, inutile sprecare fiato; e il web sarà sempre screditato come sentina di fake news e magari imbavagliato da “regole” di bon ton a immagine e somiglianza del sistema.
Prima di spararci un colpo alla nuca, dobbiamo sapere che questo quadro terrificante non è scontato. Dipende da noi, se faremo finalmente buon uso della scheda elettorale: alle Regionali siciliane e alle Politiche. Come? Votando per quelli che hanno votato no l’altro ieri alla Camera. Il Fascistellum almeno un merito ce l’ha: dirci per chi non dobbiamo votare mai più.
http://direttanfo.blogspot.it/2017/10/marco-travaglio-non-ha-dubbilegge.html?m=1