giovedì 31 maggio 2018

Quando un buco nero sbrana una stella. - Marco Malaspina



Ai buchi neri supermassicci piace il sapore dell’idrogeno e dell’elio. Ma cosa accade esattamente quando azzannano una stella? Uno studio uscito su ApJ Letters propone un modello unificato, basato su simulazioni numeriche, per spiegare ciò che gli astronomi osservano. Ne parliamo con un esperto dell’Inaf di Brera, l’astrofisico Gabriele Ghisellini. 

Accade di rado. In una galassia tipica, una volta ogni diecimila anni. Ma quando accade è uno spettacolo di quelli che apocalittici è dir poco: una stella smembrata e divorata dall’attrazione gravitazionale del buco nero supermassiccio al centro della galassia stessa. Uno spettacolo che va sotto il nome tecnico di evento di distruzione mareale (Tde, dalle iniziali dell’inglese tidal disruption event). Uno spettacolo al quale gli astrofisici hanno potuto assistere poche volte, almeno fino a oggi (con i telescopi del prossimo futuro dovremmo vederne centinaia di migliaia). Poche ma sufficienti a mettere in luce alcune variazioni nel tipo di emissione registrata.
Variazioni ancora senza spiegazione. Ma uno studio uscito ieri su ApJ Letters – firmato da ricercatori del Niels Bohr Institute di Copenhagen e delle università statunitensi del Maryland e di Santa Cruz – riconduce le differenze osservate nei Tde all’interno di un singolo schema interpretativo: un modello unificato in grado di rendere conto di tutte le variazioni. Per capire di che si tratta, Media Inaf ha intervistato un esperto (non coinvolto nello studio) a livello mondiale di Tde, Gabriele Ghisellini, astrofisico alla sede di Merate dell’Inaf di Brera.
Quale tipo di emissione si osserva, durante questi eventi di distruzione mareale?
«Quando una stella si avvicina troppo a un buco nero, le forze di marea riescono a distruggerla, e il materiale della stella forma un disco di materia che cade rapidamente sul buco nero. In pochi anni abbiamo rivelato decine di questi eventi, ma le osservazioni non sembrano dipingere un quadro unico, con delle caratteristiche comuni. Per esempio, ci sono sorgenti che emettono tanto in ottico, e altre che invece emettono molto nei raggi X».
A cosa sono dovute queste differenze?
«Una possibilità potrebbe essere la rotazione e la massa del buco nero, ma gli autori di questo lavoro preferiscono un’altra idea».
Cioè?
«Nonostante le apparenze, assumono che tutti i sistemi Tde abbiano una struttura simile, formata da un disco di accrescimento, due getti – perpendicolari al disco – di materia che viaggia verso l’esterno a velocità vicina a quella della luce e altra materia che si muove verso l’esterno, ma più lentamente, in direzioni radiali. La materia del getto è molto rarefatta, mentre l’altra, più lenta, è più densa, e riesce a bloccare la radiazione – sia ultravioletta che ottica – prodotta dalle zone centrali del disco. In queste condizioni, un osservatore posto lungo l’asse del getto vedrebbe un sacco di radiazione X e Uv (proveniente dall’interno del disco e dal getto, entrambi non oscurati), mentre un generico osservatore ad angoli maggiori non riuscirebbe a vedere le zone interne (no X, no Uv, poco ottico) mentre vedrebbe la radiazione riprocessata dalla materia lenta, e quindi un bel po’ di infrarosso. Questa struttura è analoga a quella che si pensa esistere in un nucleo galattico attivo (Agn)».
Differenze, dunque, dovute al punto di vista di noi osservatori. Non si tratta di un’ipotesi del tutto inedita. Qual è dunque la novità di quest’ultimo studio?
«È di essere riusciti non a postulare questa struttura, ma a ricavarla con simulazioni numeriche complesse. E questo è un altro passo avanti non solo nella comprensione delle Tde, ma nel provare che il fenomeno di accrescimento di materia su un buco nero è un fenomeno con caratteristiche comuni, presenti negli Agn, nei Tde, nelle binarie galattiche e nei Grb, i lampi di raggi gamma».

mercoledì 30 maggio 2018

Alitalia, indagati tre ex amministratori delegati Cassano, Montezemolo e Cramer per bancarotta.

Alitalia, indagati tre ex amministratori delegati Cassano, Montezemolo e Cramer per bancarotta

La settimana scorsa la Guardia di Finanza aveva perquisito la sede e acquisito la documentazione degli ultimi bilanci. La gestione Etihad è finita nel mirino della procura di Civitavecchia che indaga sul buco da 400 milioni che ha portato la compagnia al commissariamento.

Come si sa da una settimana c’è un’indagine per bancarotta sull’era Etihad di Alitalia. Oggi La Stampa e Il Secolo XIX scrivono che nel registro degli indagati sono indagati gli ultimi tre amministratori delegati della compagnia di bandiera: Silvano CassanoLuca Montezemolo e Mark Ball Cramer. La settimana scorsa la Guardia di Finanza aveva perquisito la sede e acquisito la documentazione degli ultimi bilanci. La gestione Etihad è finita nel mirino della procura di Civitavecchia che indaga sul buco da 400 milioni che ha portato la compagnia al commissariamento.
La “visita” delle Fiamme Gialle è stata decisa dalla magistratura sulla base dalla sentenza del Tribunale di Civitavecchia che l’11 maggio 2017 ha dichiarato l’insolvenza dell’ex compagnia di bandiera. Dall’analisi dei documenti depositati, secondo la procura, sono, infatti, emerse una serie di criticità e anomalie nella vecchia gestione Alitalia in cui Etihad, fra il primo gennaio 2015 e il 2 maggio 2017, aveva un ruolo di primo piano con 49% del capitale, ma il controllo era in mano ai soci della Cai-Midco (51%) fra cui Unicredit, Intesa, Mps, Poste e altri azionisti privati come Atlantia.
In particolare nel provvedimento del tribunale di Civitavecchia viene preso come punto di partenza “l’ultimo bilancio depositato che registra una perdita d’esercizio pari 408 milioni di euro e un rapporto di 1 a 2 tra attivo circolante e debiti”. Inoltre si tiene conto di una “situazione patrimoniale aggiornata al 28.2.2017 che riporta un patrimonio netto negativo di 111 milioni di euro, perdite – solo nel periodo che va dall’ 1 gennaio 2017 al 28 febbraio 2017 – per 205 milioni di euro e un rapporto di 2 a 5 tra attività e passività correnti, evidenziando il perdurare di una situazione di oggettiva impotenza economica di natura non transitoria”. Quando un anno fa i commissari avevano messo le mani sui conti della ex compagnia di bandiera, subito era partita una segnalazione su presunte irregolarità. La responsabilità, secondo gli inquirenti, di questa situazione “non transitoria e di oggettiva impotenza economica” era da attribuire agli amministratori.
I militari hanno sequestrato documenti ma anche computer con migliaia di file che dovrebbero fare luce sui conti degli ultimi anni e su alcune operazioni non chiare come la cessione di diversi slot (le finestre di tempo entro i quali l’aeromobile ha il permesso di decollo) pregiati che sarebbero stati ceduti alla casa madre dell’epoca, Etihad.
“Premesso che non sono al corrente di nulla”, è il commento di Montezemolo, “posso dire che nel breve periodo di interregno tra i due amministratori, nel quale ho dovuto svolgere le funzioni di a.d., l’ho fatto sempre con grandissima attenzione e senso di responsabilità”.
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Palermo capitale più dei rifiuti che della cultura, e se usassimo i ‘dissociatori molecolari’ per distruggerli? - Stefano Cirillo

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Ogni mattina, uscendo da casa in una città che si fregia del titolo di città della cultura 2018, mi chiedo perché non siamo stati nominati Città dei rifiuti permanenti e Capoluogo di una Regione di indecisi.

I cumuli sui marciapiedi sono una costante. Si cercano soluzioni per risolvere un problema che nel resto del mondo hanno trasformato in risorsa. Un ciclo di incompetenza che parte dal Comune e arriva in Regione per ripartire in un rimbalzo di responsabilità che lega tutti quelli che governano alla stessa verità “incapacità decisionale “. Il tutto con la collaborazione attenta a “non differenziare “di tutti i cittadini che ogni mattina buttano i loro rifiuti ovunque capita.

Otto anni fa mentre ero alla guida Dell’Ospedale di Cefalù, per alcuni mesi utilizzammo in via sperimentale un impianto di smaltimento rifiuti di dissociazione molecolare.
I dissociatori Molecolari utilizzano una Tecnologia all’avanguardia efficiente che permette lo smaltimento dei rifiuti senza emissioni e con la produzione finale di energia. L’Agenzia Regionale per l’ambiente non riuscì a misurare le emissioni in atmosfera dell’impianto perche di fatto sono inesistenti. Ospitammo il Dissociatore Molecolare per evidenziare il legame strettissimo tra ambiente e Patologie che colpiscono chiunque, più inquiniamo più aumentano soprattutto le malattie oncologiche.
Risultato dopo otto anni ancora il vuoto assoluto, in Sicilia i rifiuti fanno più chilometri di tutti i turisti e la politica brancola nel buio.

Oggi malgrado gli impianti di produzione di energia mediante i processi di smaltimento rifiuti con la dissociazione Molecolare o la Piroscissione siano tra le tecnologie più rispettose dell’ambiente e della salute , si continua a parlare di termovalorizzatori.
Anche i più moderni termovalorizzatori emettono nanoparticelle finiscono sul territorio aumentando il rischio sulla salute della popolazione.
La storia dimostra che in Sicilia con i Poli industriali di Gela , Milazzo e Priolo non si è minimamente tenuto conto dell’ambiente e della Salute della gente,ma si è preferito tutelare interessi di altro tipo , con una ricaduta nel medio lungo termine dannosa per tutti.

L’aumento delle malattie oncologiche per scelte inappropriate danneggia tutti indistintamente e il ciclo di smaltimento rifiuti se non gestito con attenzione incide sulla salute danneggiando chiunque. Guardare alle tecnologie innovative che rispettano l’ambiente e tutelano le persone è un dovere che non può essere più rimandato.
La politica smetta di girare attorno ai problemi rimandando scelte importanti, le soluzioni esistono bisogna invertire la tendenza privilegiando e tutelando ambiente e salute .
Nel frattempo un po’ di civiltà in più aiuterebbe a capire che non basta avere il titolo di città della cultura per vivere meglio.


L’irresistibile ascesa dei rampolli Mattarella. Figlio e nipote, tra poltrone al top e salottini che contano. - Stefano Sansonetti

30 gennaio 2015
La famiglia, si sa, è importante. In questo caso non soltanto per una ragione di legami affettivi, ma anche per la rilevanza dei ruoli professionali ricoperti nella vita di tutti i giorni. All’interno della famiglia di Sergio Mattarella sembrano esserne più che consapevoli. Nella cerchia che ruota intorno al giudice costituzionale ed ex ministro Dc, ora impegnato nella difficile corsa al Colle, sono almeno due i discendenti celebri. A cominciare da uno dei 3 figli, Bernardo Giorgio Mattarella, che tra le tante poltrone occupa anche quella di capo dell’ufficio legislativo del ministro per la semplificazione, Marianna Madia. In più, al suo attivo, ha un fitta rete di contatti. Poi c’è il quasi omonimo Bernardo Mattarella, cugino del primo e nipote di Sergio, con all’attivo un incarico di capo della divisione finanza e impresa di Invitalia, società pubblica controllata al 100% dal ministero dell’economia.
LE POSIZIONI
A fare più effetto, però, è la fila indiana di incarichi inanellati nel tempo da Bernardo Giorgio, come detto figlio del candidato presidente della repubblica. Attualmente fa parte dello staff della Madia in qualità di capo dell’ufficio legislativo con un emolumento di 125.010 euro, di cui 75.600 come trattamento economico fondamentale e 49.410 come indennità di diretta collaborazione. Corposo il suo curriculum accademico, se si considera che è ordinario di diritto amministrativo all’università di Siena (in aspettativa) e professore della stessa materia alla Luiss. I suoi contatti con l’ateneo confindustriale sono certificati anche dal fatto che è direttore del master in management e politiche delle Pubbliche amministrazioni, organizzato dalla stessa università. Fitto il suo network di contatti istituzionali, dal momento che il figlio di Mattarella fa parte di Astrid, il think tank guidato dal presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, con dentro ex giudici costituzionali come Giovanni Maria Flick,Valerio Onida ed Enzo Cheli. E proprio Cheli introdusse all’epoca un giovanissimo Bernardo Giorgio nel palazzo della Consulta, dal momento che nel 1996 lo reclutò nella veste di assistente. Lo stesso ruolo che l’illustre rampollo ha avuto con altri giudici costituzionali come Guido Neppi Modona (1997) e Sabino Cassese (2007-2009).
GLI ALTRI CONTATTI
In Astrid, peraltro, siede anche Giulio Napolitano, figlio dell’ex capo dello Stato. E il destino dei due famosi figli si incrocia pure all’interno dell’Irpa, di cui entrambi sono soci. Si tratta dell’Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione fondato nel 2004 dallo stesso Cassese. Tra le altre cose il figlio di Mattarella è stato dal 2008 al 2013 docente alla Scuola nazionale dell’amministrazione, un ente dove spesso e volentieri trovano una sistemazione “dorata” grand commis di Stato. Ed è stato consulente della Civit, all’epoca inutile Authority di valutazione della Pubblica amministrazione successivamente trasformata nell’attuale Autorità anticorruzione. Poi c’è il Bernardo Mattarella nipote. Il suo nome assurse agli onori della cronaca nel 2008, quando l’allora Sviluppo Italia (oggi Invitalia), allora come ora guidata da Domenico Arcuri, lo imbarcò come consulente, per poi promuoverlo a dirigente. Al punto che oggi il medesimo Bernardo Mattarella è il capo della divisione finanza della società pubblica.
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Popolo, democrazia, queste parole ormai svuotate, desuete, private di ogni fascino.

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Noi siamo il popolo, quello sovrano, lo sancisce la Costituzione nel primo articolo che recita: "L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione." "La democrazia (dal greco antico: δῆμος, démos, "popolo" e κράτος, krátos, "potere") etimologicamente significa "governo del popolo", ovvero sistema di governo in cui la sovranità è esercitata, o indirettamente, dal popolo, generalmente identificato con l'insieme dei cittadini che ricorrono ad una votazione." (wikipedia) Ciò che è successo in questi giorni in Italia è estremamente grave perché poche persone si sono arrogate il diritto di decidere, in base a chissà quali criteri, ciò che ritengono sia necessario fare per il popolo che dovrebbe essere, invece, sovrano e, quindi, decidere da chi essere governato, come essere governato e che cosa ritiene sia necessario che venga messo in pratica per la propria sopravvivenza. Chi governa, in altri termini, dovrebbe tradurre in realtà ciò che il popolo vuole. Ma in Italia, da un po' di tempo a questa parte, la parola democrazia viene liberamente interpretata e trasformata in una forma poco soft di "governo oligarchico, tecnocratico", sono in pochi, infatti, a decidere, a torto o a ragione, che cosa sia giusto fare, caricando, oltretutto, sulle spalle del popolo tutti gli oneri derivati dalla loro libera interpretazione sfociata in errori macroscopici dagli effetti devastanti. Stare o meno in Europa, in ogni caso, è una decisione che avremmo dovuto prendere noi, ma l'hanno presa loro; uscire o restare in Europa è una decisione che dovremmo prendere noi, è un nostro diritto sancito dalla Costituzione che ci definisce popolo sovrano. Ma una piccola parte delle Istituzioni, pressata da chissà chi o che cosa, ha deciso, con arroganza inaudita, che non è una nostra prerogativa scegliere un ministro a noi gradito perché di parere opposto a quello degli oligarchi di turno, ed ha invalidato il nostro sacrosanto diritto esercitato legalmente alle urne. Quello che è successo in questi giorni è gravissimo, inammissibile ed inaccettabile. Ieri ci hanno espropriato del nostro unico potere, hanno reso nullo l'ultimo diritto rimastoci: quello del voto alle urne. By Cetta

Governo, Di Maio-Salvini: “Realizziamo contratto in Parlamento”. Leader Lega: “Al voto con Forza Italia? Ci ragionerò”


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Se l'esecutivo guidato da Carlo Cottarelli nasce con quasi nessuna possibilità di ottenere la fiducia alla Camera e al Senato, i leader del Carroccio e dei 5 stelle hanno spiegato di voler trasformare in proposte di legge il programma siglato nei giorni scorsi: "Via alle commissioni. Finché non si va al voto c'è un’unica maggioranza", hanno detto dopo essersi incontrati. Dopo l'aut aut del numero uno del Carroccio, Berlusconi fa sapere che non voterà la fiducia a Cottarelli.

Prima si sono incontrati nel day after dello stop al governo M5s -Lega per decidere che l’alleanza tra le due forze politiche continuerà in Parlamento. Poi sono andati a sedersi sulla poltrona di Barbara D’Urso a pochi minuti l’uno d’altro. Se l’esecutivo guidato da Carlo Cottarelli nasce con quasi nessuna possibilità di ottenere la fiducia alla Camera e al SenatoLuigi Di Maio e Matteo Salvini hanno spiegato di voler trasformare in proposte di legge il contratto siglato nei giorni scorsi. Nessuno dei due esclude a priori un’alleanza in vista delle prossime elezioni, ma anzi il leader della Lega non conferma l’ipotesi di presentarsi in campagna elettorale in coalizione con Forza Italia: “Mi hanno insultato. Ci ragionerò“, dice.
Di Maio e Salvini: “Via a commissioni con contratto di governo” – Il primo a parlare, dopo il summit è invece Di Maio e lo per attaccare “Mattarella che al governo ha deciso di mettere dei tecnici che non hanno mai preso un voto, guidati da Carlo Cottarelli, con la sicurezza che non avranno nessuna maggioranza in Parlamento. Quindi avremo un governo non solo non votato dal popolo, ma nemmeno dal Parlamento: un vergognoso unicum nella storia della Repubblica”, ha detto il capo politico del leader del M5s. “Lavoriamo per far partire le commissioni parlamentari e iniziare a realizzare il contratto di governo dal Parlamento. Finché non si va al voto il Parlamento ha un’unica maggioranza, M5S-Lega, e un contratto di governo da realizzare. Chi sarà la maggioranza e chi l’opposizione? Ci divertiremo, perché visto che si sta stravolgendo l’assetto istituzionale quelli responsabili saremo noi”, ha aggiunto Di Maio. “È stato un incontro produttivo e costruttivo per trasformare in fatti il contratto di governo tramite le commissioni parlamentari. Quello che non può fare il governo perché nasce zoppo proveremmo a realizzarlo tramite il Parlamento”, conferma Salvini alla fine del vertice. Per domani è dunque previsto l’incontro tra i capigruppo di Lega e M5s che concorderanno come fare partire le commissioni parlamentari.
Alleanza M5s-Lega a elezioni? “Prematuro” – Quella che si delineerà sarà quindi una situazione abbastanza inedita: da una parte un nuovo esecutivo nato già sfiduciato, dall’altra una maggioranza parlamentare che lavorerà a un programma di riforme. Tutto questo in attesa di tornare alle urne. “Chiediamo di andare al voto il prima possibile“. Anche ad agosto? “Prima possibile”, dice Di Maio che non esclude un’eventuale alleanza con il Carroccio: “È prematuro parlarne, adesso ci stiamo occupando di far partire le commissioni”, spiega il capo del M5s. Non smentisce un’ipotesi simile neanche Salvini: “Non so, so che per tre settimane abbiamo lavorato seriamente ora vediamo di trasformare il contratto in due, dieci progetti di legge”.
Salvini: “Insultato da Fi. Coalizione? Ci ragionerò” – E a proposito di alleanze, lo stesso Salvini – intervistato a Pomeriggio 5 da Barbara D’Urso – è tornato a lamentarsi dell’atteggiamento di Forza Italia. “Ho letto che sono brutto, traditore, irresponsabile, razzista, e lo dicevano non da sinistra, ma i miei alleati. C’erano Tizio, Caio e Sempronio di Forza Italia che vomitavano insulti”, ha detto il leader della Lega, spiegando che sul futuro della coalizione di centrodestra “ci ragionerò”. Per la verità, in un primo momento Salvini aveva subordinato l’alleanza con Forza Italia all’eventuale fiducia votata dal partito di Berlusconi a Cottarelli. E proprio oggi l’ex cavaliere è intervenuto per annunciare che il suo partito non sosterrà il nuovo presidente del consiglio.
Di Maio: “Berlusconi buttato già dallo spread” – E riferendosi all’ultimo esecutivo di Silvio Berlusconi, invece, Di Maio – ospite poco prima di Salvini sempre di Pomeriggio 5 – ha detto: “È stato l’ultimo governo votato in Italia ed è stato butato giù dallo spread. Ora hanno usato la stessa scusa e lo spread sale ancora“. Durante la sua comparsata televisiva, poi, il capo politico del M5s ha raccontato di aver fatto al Quirinale “nomi alternativi a Paolo Savona, come Alberto Bagnai o Armando Siri, nomi della Lega peraltro, ma non andavamo bene perché nel loro passato avevano espresso posizioni critiche sull’Ue e mi è stato detto che per questo le agenzie di rating o la Germania non le gradisce”. Circostanza smentita ufficialmente dall’ufficio stampa della presidenza della Repubblica e non confermata nemmeno da Salvini: ” Non lo so, non c’ero, non ero nella stanza con Di Maio e Mattarella”. Il capo politico del M5s, però, conferma di aver fatto quei due nomi al Colle per “uscire dall’impasse sulla nomina del ministro dell’Economia del governo”.
Di Maio: “Se Lega c’è, avanti con impeachment” – Poi Di Maio è tornato a parlare di impeachment che dal suo punto di vista andrebbe esteso anche ai consiglieri del Qurinale, colpevoli di aver diffuso la notizia che Paolo Savona fosse favorevole all’uscita dall’euro. “Più che il Presidente andrebbero messi in stato di accusa i suoi consiglieri. Non credeteci. Sono balle. Un’altra bufala è quella per cui Mattarella ha tutto il diritto di scegliersi il ministro dell’Economia. Ma quando mai? Ma dove sta scritto? Quando dei ministri sono stati rifiutati c’erano dei motivi oggettivi. Gratteri era un magistrato in funzione, Previti era l’avvocato di Berlusconi (non si può trattare la cosa pubblica come un affare privato), Maroni non andò alla Giustizia perché aveva dei problemi giudiziari. Ma Savona che ha fatto? Ha scritto un libro? Esistono reati di opinione in Italia”, attacca Di Maio, prima di rilanciare la proposta di mettere in stato d’accusa il capo dello Stato. “Il governo del cambiamento era pronto ed è stata un atto ignobile non aver consentito che partisse. Siamo convinti ad andare avanti con l’impeachment, obbligheremo il Parlamento a discutere di quanto successo ma soprattutto faremo in modo che alle prossime elezioni non ci sia lo stesso Presidente“, ha detto il leader del M5s. “Se la Lega non fa passi indietro – ha aggiunto – qui parliamo di una certezza assoluta. Non facciamo questa cosa a cuor leggero ero un estimatore di Mattarella ma la scelta di ieri è stata incomprensibile”. Il numero uno del Carroccio, interpellato sul tema, usa invece toni molto più morbidi. Prima ha detto semplicemente: “Devo studiare“.  Poi, dalla D’Urso, ha spiegato: “Io faccio una cosa se ne sono convinto. Non è una guerra Salvini-Mattarella. Dico solo che il presidente della Repubblica si è preso una grossa responsabilità”.

lunedì 28 maggio 2018

Bannon: 'Italia non sovrana, disgustoso'

Bannon: 'Italia non sovrana, disgustoso'


(ANSA) - ROMA, 28 MAG - Quanto successo in Italia a livello politico nelle ultime 48 ore è "disgustoso" ma anche "fascista e antidemocratico": è l'opinione dell'ex stratega di Donald Trump Steve Bannon, intervenuto a un incontro a Roma. "Poteri, capitali e media stranieri hanno preso la sovranità dell'Italia", sostiene Bannon, che punta il dito contro "il partito globalista di Davos". Quanto al premier incaricato Cottarelli, secondo Bannon si tratta di "un altro tecnocrate dal Fmi".

https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/bannon-italia-non-sovrana-disgustoso/ar-AAxVzob?li=BBqfUd8

Il comunicato di Paolo Savona: «Voglio un’Europa diversa, più forte ma più equa»



Il testo integrale della lettera del professore candidato ministro dell’Economia.

Il professor Paolo Savona, indicato come ministro dell’economia del nuovo governo Lega-M5S ma sulla cui nomina si è acceso uno scontro con il Quirinale, ha diffuso una nota in cui chiarisce le sue posizioni. Il documento è comparso sul sito scenarieconomici.it. Eccone il testo integrale.

«Non sono mai intervenuto in questi giorni nella scomposta polemica che si è svolta sulle mie idee in materia di Unione Europea e, in particolare, sul tema dell’euro, perché chiaramente espresse nelle mie memorie consegnate all’Editore il 31 dicembre 2017, circolate a stampa in questi giorni, in particolare alle pagine 126-127. Per il rispetto che porto alle Istituzioni, sento il dovere di riassumerle brevemente:

– Creare una scuola europea di ogni ordine e grado per pervenire a una cultura comune che consenta l’affermarsi di consenso alla nascita di un’unione politica.
– Assegnare alla BCE le funzioni svolte dalle principali banche centrali del mondo per perseguire il duplice obiettivo della stabilità monetaria e della crescita reale.
– Attribuire al Parlamento europeo poteri legislativi sulle materie che non possono essere governate con pari efficacia a livello nazionale.
– Conferire alla Commissione Europea il potere di iniziativa legislativa sulle materie di cui all’art. 3 del Trattato di Lisbona.
– Nella fase di attuazione, prima del suo scioglimento, assegnare al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo compiti di vigilanza sulle istituzioni europee per garantire il rispetto degli obiettivi e l’uso dei poteri stabiliti dai nuovi accordi.

Per quanto riguarda la trasposizione di questi miei convincimenti nel programma di Governo non posso che riferirmi al contenuto del paragrafo 29, pagine 53-55, del Contratto stipulato tra la Lega e il M5S, nel quale vengono specificati gli intenti che verranno perseguiti dal Governo che si va costituendo “alla luce delle problematicità emerse negli ultimi anni“; queste inducono a chiedere all’Unione Europea “la piena attuazione degli obiettivi stabiliti nel 1992 con il Trattato di Maastricht, confermati nel 2007 con il Trattato di Lisbona, individuando gli strumenti da attivare per ciascun obiettivo” che nel testo che segue vengono specificati.

Anche per le preoccupazioni espresse nel dibattito sul debito pubblico e il deficit il riferimento d’obbligo è il paragrafo 8 di pagina 17 del Contratto in cui è chiaramente detto che “L’azione del Governo sarà mirata a un programma di riduzione del debito pubblico non già per mezzo di interventi basati su tasse e austerità – politiche che si sono rivelate errate ad ottenere tale obiettivo – bensì per il tramite della crescita del PIL, da ottenersi con un rilancio della domanda interna dal lato degli investimenti ad alto moltiplicatore e politiche di sostegno del potere di acquisto delle famiglie, sia della domanda estera, creando condizioni favorevoli alle esportazioni.”

Spero di aver contribuito a chiarire quali sono le mie posizioni sul tema dibattuto e quelle del Governo che si va costituendo interpretando correttamente la volontà del Paese. Sintetizzo dicendo: Voglio un Europa diversa, più forte, ma più equa».

venerdì 25 maggio 2018

“Berlusconi ha dato 3 milioni alla moglie di Dell’Utri durante la detenzione”. La Finanza segnala versamenti ‘anomali’.

Dell'Utri con Berlusconi

Tra il novembre 2016 e il febbraio 2017, mentre il fondatore di Forza Italia era già rinchiuso nel carcere di Parma, Berlusconi ha "donato" oltre 3 milioni in pochi mesi ai familiari dell'ex senatore. La segnalazione arrivata da Bankitalia e analizzata dai finanzieri - scrive La Stampa - ha prodotto una "relazione tecnica" inviata alla procura di Milano.


Silvio Berlusconi ha “donato” oltre 3 milioni di euro alla famiglia di Marcello Dell’Utri tra il novembre 2016 e il febbraio 2017, mentre il fondatore di Forza Italia ed ex senatore era già rinchiuso nel carcere di Parma per scontare la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa“Prestiti infruttiferi”, è scritto nella causale dei versamenti analizzati dall’Ufficio informazioni finanziarie di Bankitalia e dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza che hanno segnalato “l’operatività sospetta” alla procura di Milano.
“L’anomala operatività registrata su tre conti correnti intestati a Ratti Miranda Anna“, la moglie dell’amico ed ex socio di Berlusconi, scrive La Stampa, è finita nel mirino degli investigatori durante un fascicolo aperto a carico di Dell’Utri per bancarotta, senza che quel filone portasse a iscrizioni nel registro degli indagati per i pagamenti ora nuovamente nel mirino degli inquirenti. Tre milioni e 328mila euro, a tanto ammontano, solo per il periodo in esame, le “donazioni” fatte dall’ex cavaliere alla moglie e ai tre figli del fondatore di Forza Italia. Solo il 9 dicembre 2016, la moglie di Dell’Utri ha ricevuto due bonifici da “150mila e 100mila euro”provenienti da conti di Berlusconi, che nelle scorse settimane ha “rotto” il protocollo istituzionale durante le consultazioni al Quirinale per parlare a Sergio Mattarella delle condizioni di salute del suo amico.
Quella somma, nel giro di pochi giorni, è finita sui conti di uno degli avvocati dell’ex senatore con causale “spese legali”. Nella relazione firmata dall’Uif e dai finanzieri, però, si legge che in quei mesi “la provvista sul rapporto in argomento risulta costituita da due bonifici per complessivi 2,5 milioni di euro, disposti da Berlusconi Silvio, nonché da numero sei bonifici per un importo complessivo di 828mila euro disposti dalla stessa Ratti da altro rapporto alla stessa intestata”. E tra i beneficiari – scrive La Stampa – non c’è solo la moglie, perché anche i figli di Dell’Utri hanno ricevuto corpose donazioni. Sul conto della figlia Marina vengono segnalati come “anomali” nove bonifici nel 2016 per oltre un milione di euro disposti dalla moglie di Dell’Utri nuovamente come “prestiti infruttiferi”. A loro volta, quei soldi, stando alla relazione inviata in procura, sono poi finiti per “finanziamento soci” nel conto di una società con sede operativa a Santo Domingo che “risulterebbe inattiva”.
Con un “giro” simile alla vigilia della sentenza della Cassazione, che annullò con rinvio il processo d’appello in cui Dell’Utri era stato condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, furono 15 i milioni transitati prima dal conto di Berlusconi a quello della moglie dell’allora senatore Pdl, e poco dopo gran parte di quella cifra, 11 milioni, sarebbe stata spostata da lì a un altro conto in una banca sempre a Santo Domingo. Gli investigatori rintracciarono i pagamenti nel corso di un’indagine, poi archiviata, per una presunta estorsione da parte del fondatore di Forza Italia ai danni dell’ex premier.
“Prestiti infruttiferi” come quelli concessi alla famiglia Dell’Utri furono disposti da Berlusconi anche agli ospiti delle “cene eleganti” ad Arcore e sono al centro di più indagini e processi– spacchettati in sette procure, da Torino a Siena – per corruzione in atti giudiziari che vedono coinvolto l’ex premier. E altri 27 milioni di euro arrivati da Publitalia ad Alberto Bianchi, amico di Berlusconi e Dell’Utri, sono finiti al centro di un’altra inchiesta della procura di Milano. Soldi ricevuti nell’arco di 14 anni, fino al 2013, e fatturati come provvigioni per la vendita di spazi pubblicitari per le reti del Biscione.
Grazie alle intercettazioni – svelate da FqMillenniuM di febbraio– e alle testimonianze dirette dei funzionari della concessionaria, però, l’indagine ha documentato che Bianchi non ha mai procacciato neppure un singolo cliente. Da qui è partita l’inchiesta sulla reale natura di quei pagamenti. I pm hanno chiesto l’archiviazione per Berlusconi perché non è emersa la prova che fosse lui il demiurgo dei pagamenti. Restano però le intercettazioni di Bianchi, in cui lui stesso, coetaneo del leader di Forza Italia, sostiene di avere ricevuto bonifici a sei zeri in cambio del suo silenzio sui rapporti tra Dell’Utri e la mafia. Un concetto ribadito più volte: “Sai fino a quando mi pagheranno? Fin quando c’è vivo Dell’Utri. Quando muore Dell’Utri non mi pagano più. Perché la loro paura è che io vada a cantare le canzoni di Dell’Utri e di lui con la mafia“.
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mercoledì 23 maggio 2018

Paolo Savona all’economia, Mattarella a casa. - di Piemme - sollevazione.blogspot.it

comedonchisciotte controinformazione alternativa Paolo Savona

Siamo stati facili profeti. Scrivevo il 16 maggio:
«La campagna di paura è solo l’antipasto. Il peggio deve ancora venire. Lorsignori, usando Mattarella, tenteranno di uccidere nella culla il tentativo di un governo dei “populisti antieuropei”. Nel caso non vi riuscissero, nei prossimi mesi, forse già nelle prossime settimane, scateneranno l’inferno. Il precedente del 2011 è noto. Noto è l’assedio a cui sottomisero la Grecia».

 Non è servito smussare il “contratto”. Non hanno giovato i ghirigori linguistici di Di Maio e Salvini. Né le rassicurazioni che “L’Europa non ha nulla da temere”. Le élite eurocratiche avendo messo nel conto possibili dissimulazioni aspettavano i “populisti” al varco del Ministro dell’economia, che considerano, più ancora del Presidente del Consiglio, la cartina di tornasole per saggiare il grado di sudditanza e di fedeltà all’Unione europea, un presidio inespugnabile.
Mattarella (sulla disonestà di costui aveva ben detto Mazzei) non solo non “gradisce” Conte come Presidente del Consiglio (è già partita questa mattina la campagna di sputtanamento), ha posto il veto su Paolo Savona, che non è un sovversivo marxista, e nemmeno un autentico keynesiano. E’ anzi un boiardo di stato che tuttavia non ha mai cessato di sostenere che la Terra è tonda, ovvero che l’euro è una “moneta sbagliata”, che l’Unione europea, se non cambia radicalmente, è destinata a miglior vita, che è destituito di fondamento il dogma neoliberista per il cui il mercato capitalistico va lasciato a sé stesso.
Delle posizioni del Savona abbiamo dato conto, al tempo, su questo blog: LETTERA A VAROUFAKIS E…. di Giulio Tremonti e Paolo Savona (gennaio 2015);  “NON CEDIAMO ALLA UE LA NOSTRA SOVRANITÀ FISCALE” di Paolo Savona (agosto 2015);  PAOLO SAVONA: “L’EURO? COSÌ È FALLITO” (maggio 2016);
Questo è Savona e tuttavia, l’eurista Congregazione per la dottrina della fede che ha Mattarella come primate, lo ritene pericoloso, poiché non è un euroinomane, perché il suo tasso di europeismo non è sufficiente per guidare il Ministero. La “casta”? Altro che “casta”, qui verifichiamo che c’è una vera e propria cosca di illuminati fuorilegge che vaglia e quindi decide chi debba guidare il Paese. Ove il criterio decisivo per assurgere alla guida non è la fedeltà all’interesse nazionale, né tantomeno alla Costituzione, bensì il grado di sudditanza all’euro-germania.
Si apre, ove Mattarella non recedesse dal suo veto e Di Maio e  Salvini non capitolassero, una crisi istituzionale gravissima e senza precedenti nella storia repubblicana. Il potere di “nomina” dei ministri da parte del Quirinale, siccome non siamo in un regime presidenziale, non significa che i ministri li scelga Mattarella. La composizione del governo, essendo esso un organismo strumentale del Parlamento (che rappresenta la volontà popolare)  è decisa dai partiti che hanno al suo interno la maggioranza. Il Presidente della Repubblica, in quanto garante dell’ordinamento costituzionale, può sindacare se e solo riscontri, nel programma di governo o nella lista dei ministri, profili di palese incostituzionalità. Qui abbiamo l’opposto, il paradosso per cui proprio il Quirinale, in quanto garante del “vincolo esterno” e delle oligarchie eurocratiche, si pone in aperto conflitto del dettato costituzionale. Mattarella compirebbe un gesto ancor più grave del suo sodale e mentore Napolitano.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento, quest’ultimo può e deve rimuoverlo ove esso si metta di traverso alla volontà popolare, ove cioè si ponga come eversore del principio cardinale della Costituzione.
Salvini e Di Maio hanno non solo il dovere ma l’obbligo di resistere ai veti del Quirinale. C’è di mezzo, oltre allo loro dignità politica, la democrazia in questo Paese, il principio della sovranità popolare e nazionale. Se chineranno il capo, se accetteranno il veto di Mattarella, questo sarà il segnale che sono dei pagliacci, che il nostro Paese resterà un protettorato. Questo esito va evitato, se serve con una grande mobilitazione popolare affinché Mattarella se ne vada.
Nessun dorma!
Ps.Voglio essere sincero: temo, come è stato scritto su questo blog, che il Di Maio sia “il problema”, che sia il lato arrendevole della coalizione giallo-verde. Ove Di Maio si dimostrasse lo Tsipras italiano, ove la partita del governo fosse vinta da Mattarella, sarebbe una sconfitta per tutti i patrioti democratici. Grama consolazione che ciò sarebbe anche la fine del Movimento Cinque Stelle.
Piemme
22.05.2018

domenica 20 maggio 2018

UN PARTITO ALLO SBANDO. - Andrea Carugati per www.lastampa.it



UN PARTITO ALLO SBANDO - VIDEO: FISCHI E URLA ALL'ASSEMBLEA PD. ALL'ULTIMO SECONDO CAMBIA L'ORDINE DEL GIORNO, NIENTE PIÙ VOTO SUL SEGRETARIO, MA UNA ''DISCUSSIONE SULL'ATTUALITÀ''. MA CHE È, LA DOMANDA A PIACERE? IL TEMA DI CULTURA GENERALE? A CHE SERVE CONVOCARE CENTINAIA DI PERSONE ALL'ERGIFE DI ROMA PER NON FARE UNA CIPPA?

Caos calmo all’assemblea nazionale del Pd all’Hotel Ergife di Roma. Caos perché sono volati fischi, quando il presidente Matteo Orfini ha annunciato la proposta di cambiare l’ordine del giorno: non più elezione del nuovo segretario, ma discussione sull’attualità, e cioè la nascita del governo Lega-M5s. Calmo perché alla fine è successo quello che i renziani chiedevano da venerdì: rinviare le decisioni calde a una prossima assemblea. 

ASSEMBLEA NAZIONALE PD












La riunione è iniziata a mezzogiorno, con due ore di ritardo, dopo una mattinata di frenetiche trattative e raccolte firme tra i renziani e i ribelli di Andrea Orlando, Dario Franceschini, Maurizio Martina e Michele Emiliano. Alla fine Martina e Franceschini hanno deciso di accettare la proposta dei renziani, e di cambiare l’ordine del giorno. In cambio, Renzi ha lasciato la scena al reggente, rinunciando ad aprire la riunione. Al momento del voto, però, i delegati di Orlando e Emiliano hanno votato no. Risultato: 397 sì, 221 no e 6 astenuti. La conta c’è stata, seppur solo sull’inversione dell’ordine del giorno.  

Andrea Orlando e anche Luigi Zanda hanno votato contro. Così come altri delegati dell’area Franceschini che non hanno rispettato l’ordine di scuderia. E l’area renziana è arrivata al 57% dei 700 presenti, un netto calo rispetto al 70% di un anno fa, sostengono gli antirenziani. Di fatto però l’obiettivo di non eleggere un nuovo segretario è stato centrato da Renzi. In cambio Orfini ha ribadito all’assemblea che le dimissioni dell’ex segretario sono “irrevocabili”.

ASSEMBLEA NAZIONALE PD

























Formule e bizantinismi che danno l’idea della fatica del Pd a superare la stagione renziana. Anche per le divisioni e i tentennamenti del composito fronte dei ribelli. I numeri contano: prima di arrivare alle votazioni ufficiali le varie anime dem avevano fatto partire delle raccolte firme informali, con i renziani che erano arrivati intorno a 400 voti. Numeri che avrebbero fatto passare la richiesta di indire subito il congresso, cancellando Martina e passando tutti i poteri fino alle primarie al presidente Orfini.

 “Chiedo di poter lavorare insieme a tutti voi per portare in maniera unitaria, forte, il Pd al congresso, senza la fatica dei detti e non detti che hanno generato ambiguità”, ha detto Martina nella sua relazione. “Non ho l’arroganza di fare questo lavoro da solo. Ma se tocca a me, anche se per poche settimane, tocca a me”. E ancora: “Non credo che il Pd debba essere superato, che si debba andare oltre o indietro. Chiedo in un nuovo centrosinistra alternativo a Lega e M5s e alternativo a Forza Italia”. Su questo ultimo passaggio, il no a Berlusconi, dai delegati più a sinistra è arrivata una ovazione. Dagli stessi banchi sulla sinistra della sala alla fine è arrivato un coro “Segretario, segretario”, rivolto a Martina. 


ORFINI MARCUCCI MARTINA DELRIO













Gelo nelle prime file, con tutto lo stato maggiore del partito, a partire da Renzi. Accanto alle critiche al contratto di governo Lega-M5s, Martina infatti ha criticato la formazione delle liste Pd. “Abbiamo sbagliato sulla formazione delle liste. Mettiamo a fuoco il problema per evitare di tornare a commettere quegli errori. Diciamolo”. E ancora: “Abbiamo perso male, abbiamo sbagliato noi, io penso che ci sia mancato il contatto con il bisogno. Abbiamo pensato che la crescita portasse con sé più uguaglianza, e invece no, la forbice delle disuguaglianze si allargava”.

ORFINIORFINI











“Tutto questo - ha detto il reggente - non smarrisce l’importanza dell’impegno di tutti noi, dei nostri governi, le tante cose buone vanno rivendicate”. Parole, quelle sulla sconfitta e sulle liste Pd, che hanno acuito le distanze tra Martina i renziani. Tanto che alla fine solo Orlando e Francesco Boccia hanno lodato la relazione. E chiesto un voto finale. Ma i renziani meditano di far mancare il numero legale, per far mancare a Martina l’incoronazione a segretario. Intanto, per il pranzo Gentiloni e il suo predecessore a palazzo Chigi hanno lasciato l’Ergife.  



http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/partito-sbando-video-fischi-urla-all-39-assemblea-pd-174153.htm