L’irresistibile ascesa dei rampolli Mattarella. Figlio e nipote, tra poltrone al top e salottini che contano. - Stefano Sansonetti

30 gennaio 2015
La famiglia, si sa, è importante. In questo caso non soltanto per una ragione di legami affettivi, ma anche per la rilevanza dei ruoli professionali ricoperti nella vita di tutti i giorni. All’interno della famiglia di Sergio Mattarella sembrano esserne più che consapevoli. Nella cerchia che ruota intorno al giudice costituzionale ed ex ministro Dc, ora impegnato nella difficile corsa al Colle, sono almeno due i discendenti celebri. A cominciare da uno dei 3 figli, Bernardo Giorgio Mattarella, che tra le tante poltrone occupa anche quella di capo dell’ufficio legislativo del ministro per la semplificazione, Marianna Madia. In più, al suo attivo, ha un fitta rete di contatti. Poi c’è il quasi omonimo Bernardo Mattarella, cugino del primo e nipote di Sergio, con all’attivo un incarico di capo della divisione finanza e impresa di Invitalia, società pubblica controllata al 100% dal ministero dell’economia.
LE POSIZIONI
A fare più effetto, però, è la fila indiana di incarichi inanellati nel tempo da Bernardo Giorgio, come detto figlio del candidato presidente della repubblica. Attualmente fa parte dello staff della Madia in qualità di capo dell’ufficio legislativo con un emolumento di 125.010 euro, di cui 75.600 come trattamento economico fondamentale e 49.410 come indennità di diretta collaborazione. Corposo il suo curriculum accademico, se si considera che è ordinario di diritto amministrativo all’università di Siena (in aspettativa) e professore della stessa materia alla Luiss. I suoi contatti con l’ateneo confindustriale sono certificati anche dal fatto che è direttore del master in management e politiche delle Pubbliche amministrazioni, organizzato dalla stessa università. Fitto il suo network di contatti istituzionali, dal momento che il figlio di Mattarella fa parte di Astrid, il think tank guidato dal presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, con dentro ex giudici costituzionali come Giovanni Maria Flick,Valerio Onida ed Enzo Cheli. E proprio Cheli introdusse all’epoca un giovanissimo Bernardo Giorgio nel palazzo della Consulta, dal momento che nel 1996 lo reclutò nella veste di assistente. Lo stesso ruolo che l’illustre rampollo ha avuto con altri giudici costituzionali come Guido Neppi Modona (1997) e Sabino Cassese (2007-2009).
GLI ALTRI CONTATTI
In Astrid, peraltro, siede anche Giulio Napolitano, figlio dell’ex capo dello Stato. E il destino dei due famosi figli si incrocia pure all’interno dell’Irpa, di cui entrambi sono soci. Si tratta dell’Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione fondato nel 2004 dallo stesso Cassese. Tra le altre cose il figlio di Mattarella è stato dal 2008 al 2013 docente alla Scuola nazionale dell’amministrazione, un ente dove spesso e volentieri trovano una sistemazione “dorata” grand commis di Stato. Ed è stato consulente della Civit, all’epoca inutile Authority di valutazione della Pubblica amministrazione successivamente trasformata nell’attuale Autorità anticorruzione. Poi c’è il Bernardo Mattarella nipote. Il suo nome assurse agli onori della cronaca nel 2008, quando l’allora Sviluppo Italia (oggi Invitalia), allora come ora guidata da Domenico Arcuri, lo imbarcò come consulente, per poi promuoverlo a dirigente. Al punto che oggi il medesimo Bernardo Mattarella è il capo della divisione finanza della società pubblica.
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Noi siamo il popolo, quello sovrano, lo sancisce la Costituzione nel primo articolo che recita: "L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione." "La democrazia (dal greco antico: δῆμος, démos, "popolo" e κράτος, krátos, "potere") etimologicamente significa "governo del popolo", ovvero sistema di governo in cui la sovranità è esercitata, o indirettamente, dal popolo, generalmente identificato con l'insieme dei cittadini che ricorrono ad una votazione." (wikipedia) Ciò che è successo in questi giorni in Italia è estremamente grave perché poche persone si sono arrogate il diritto di decidere, in base a chissà quali criteri, ciò che ritengono sia necessario fare per il popolo che dovrebbe essere, invece, sovrano e, quindi, decidere da chi essere governato, come essere governato e che cosa ritiene sia necessario che venga messo in pratica per la propria sopravvivenza. Chi governa, in altri termini, dovrebbe tradurre in realtà ciò che il popolo vuole. Ma in Italia, da un po' di tempo a questa parte, la parola democrazia viene liberamente interpretata e trasformata in una forma poco soft di "governo oligarchico, tecnocratico", sono in pochi, infatti, a decidere, a torto o a ragione, che cosa sia giusto fare, caricando, oltretutto, sulle spalle del popolo tutti gli oneri derivati dalla loro libera interpretazione sfociata in errori macroscopici dagli effetti devastanti. Stare o meno in Europa, in ogni caso, è una decisione che avremmo dovuto prendere noi, ma l'hanno presa loro; uscire o restare in Europa è una decisione che dovremmo prendere noi, è un nostro diritto sancito dalla Costituzione che ci definisce popolo sovrano. Ma una piccola parte delle Istituzioni, pressata da chissà chi o che cosa, ha deciso, con arroganza inaudita, che non è una nostra prerogativa scegliere un ministro a noi gradito perché di parere opposto a quello degli oligarchi di turno, ed ha invalidato il nostro sacrosanto diritto esercitato legalmente alle urne. Quello che è successo in questi giorni è gravissimo, inammissibile ed inaccettabile. Ieri ci hanno espropriato del nostro unico potere, hanno reso nullo l'ultimo diritto rimastoci: quello del voto alle urne. By Cetta

Governo, Di Maio-Salvini: “Realizziamo contratto in Parlamento”. Leader Lega: “Al voto con Forza Italia? Ci ragionerò”


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Se l'esecutivo guidato da Carlo Cottarelli nasce con quasi nessuna possibilità di ottenere la fiducia alla Camera e al Senato, i leader del Carroccio e dei 5 stelle hanno spiegato di voler trasformare in proposte di legge il programma siglato nei giorni scorsi: "Via alle commissioni. Finché non si va al voto c'è un’unica maggioranza", hanno detto dopo essersi incontrati. Dopo l'aut aut del numero uno del Carroccio, Berlusconi fa sapere che non voterà la fiducia a Cottarelli.

Prima si sono incontrati nel day after dello stop al governo M5s -Lega per decidere che l’alleanza tra le due forze politiche continuerà in Parlamento. Poi sono andati a sedersi sulla poltrona di Barbara D’Urso a pochi minuti l’uno d’altro. Se l’esecutivo guidato da Carlo Cottarelli nasce con quasi nessuna possibilità di ottenere la fiducia alla Camera e al SenatoLuigi Di Maio e Matteo Salvini hanno spiegato di voler trasformare in proposte di legge il contratto siglato nei giorni scorsi. Nessuno dei due esclude a priori un’alleanza in vista delle prossime elezioni, ma anzi il leader della Lega non conferma l’ipotesi di presentarsi in campagna elettorale in coalizione con Forza Italia: “Mi hanno insultato. Ci ragionerò“, dice.
Di Maio e Salvini: “Via a commissioni con contratto di governo” – Il primo a parlare, dopo il summit è invece Di Maio e lo per attaccare “Mattarella che al governo ha deciso di mettere dei tecnici che non hanno mai preso un voto, guidati da Carlo Cottarelli, con la sicurezza che non avranno nessuna maggioranza in Parlamento. Quindi avremo un governo non solo non votato dal popolo, ma nemmeno dal Parlamento: un vergognoso unicum nella storia della Repubblica”, ha detto il capo politico del leader del M5s. “Lavoriamo per far partire le commissioni parlamentari e iniziare a realizzare il contratto di governo dal Parlamento. Finché non si va al voto il Parlamento ha un’unica maggioranza, M5S-Lega, e un contratto di governo da realizzare. Chi sarà la maggioranza e chi l’opposizione? Ci divertiremo, perché visto che si sta stravolgendo l’assetto istituzionale quelli responsabili saremo noi”, ha aggiunto Di Maio. “È stato un incontro produttivo e costruttivo per trasformare in fatti il contratto di governo tramite le commissioni parlamentari. Quello che non può fare il governo perché nasce zoppo proveremmo a realizzarlo tramite il Parlamento”, conferma Salvini alla fine del vertice. Per domani è dunque previsto l’incontro tra i capigruppo di Lega e M5s che concorderanno come fare partire le commissioni parlamentari.
Alleanza M5s-Lega a elezioni? “Prematuro” – Quella che si delineerà sarà quindi una situazione abbastanza inedita: da una parte un nuovo esecutivo nato già sfiduciato, dall’altra una maggioranza parlamentare che lavorerà a un programma di riforme. Tutto questo in attesa di tornare alle urne. “Chiediamo di andare al voto il prima possibile“. Anche ad agosto? “Prima possibile”, dice Di Maio che non esclude un’eventuale alleanza con il Carroccio: “È prematuro parlarne, adesso ci stiamo occupando di far partire le commissioni”, spiega il capo del M5s. Non smentisce un’ipotesi simile neanche Salvini: “Non so, so che per tre settimane abbiamo lavorato seriamente ora vediamo di trasformare il contratto in due, dieci progetti di legge”.
Salvini: “Insultato da Fi. Coalizione? Ci ragionerò” – E a proposito di alleanze, lo stesso Salvini – intervistato a Pomeriggio 5 da Barbara D’Urso – è tornato a lamentarsi dell’atteggiamento di Forza Italia. “Ho letto che sono brutto, traditore, irresponsabile, razzista, e lo dicevano non da sinistra, ma i miei alleati. C’erano Tizio, Caio e Sempronio di Forza Italia che vomitavano insulti”, ha detto il leader della Lega, spiegando che sul futuro della coalizione di centrodestra “ci ragionerò”. Per la verità, in un primo momento Salvini aveva subordinato l’alleanza con Forza Italia all’eventuale fiducia votata dal partito di Berlusconi a Cottarelli. E proprio oggi l’ex cavaliere è intervenuto per annunciare che il suo partito non sosterrà il nuovo presidente del consiglio.
Di Maio: “Berlusconi buttato già dallo spread” – E riferendosi all’ultimo esecutivo di Silvio Berlusconi, invece, Di Maio – ospite poco prima di Salvini sempre di Pomeriggio 5 – ha detto: “È stato l’ultimo governo votato in Italia ed è stato butato giù dallo spread. Ora hanno usato la stessa scusa e lo spread sale ancora“. Durante la sua comparsata televisiva, poi, il capo politico del M5s ha raccontato di aver fatto al Quirinale “nomi alternativi a Paolo Savona, come Alberto Bagnai o Armando Siri, nomi della Lega peraltro, ma non andavamo bene perché nel loro passato avevano espresso posizioni critiche sull’Ue e mi è stato detto che per questo le agenzie di rating o la Germania non le gradisce”. Circostanza smentita ufficialmente dall’ufficio stampa della presidenza della Repubblica e non confermata nemmeno da Salvini: ” Non lo so, non c’ero, non ero nella stanza con Di Maio e Mattarella”. Il capo politico del M5s, però, conferma di aver fatto quei due nomi al Colle per “uscire dall’impasse sulla nomina del ministro dell’Economia del governo”.
Di Maio: “Se Lega c’è, avanti con impeachment” – Poi Di Maio è tornato a parlare di impeachment che dal suo punto di vista andrebbe esteso anche ai consiglieri del Qurinale, colpevoli di aver diffuso la notizia che Paolo Savona fosse favorevole all’uscita dall’euro. “Più che il Presidente andrebbero messi in stato di accusa i suoi consiglieri. Non credeteci. Sono balle. Un’altra bufala è quella per cui Mattarella ha tutto il diritto di scegliersi il ministro dell’Economia. Ma quando mai? Ma dove sta scritto? Quando dei ministri sono stati rifiutati c’erano dei motivi oggettivi. Gratteri era un magistrato in funzione, Previti era l’avvocato di Berlusconi (non si può trattare la cosa pubblica come un affare privato), Maroni non andò alla Giustizia perché aveva dei problemi giudiziari. Ma Savona che ha fatto? Ha scritto un libro? Esistono reati di opinione in Italia”, attacca Di Maio, prima di rilanciare la proposta di mettere in stato d’accusa il capo dello Stato. “Il governo del cambiamento era pronto ed è stata un atto ignobile non aver consentito che partisse. Siamo convinti ad andare avanti con l’impeachment, obbligheremo il Parlamento a discutere di quanto successo ma soprattutto faremo in modo che alle prossime elezioni non ci sia lo stesso Presidente“, ha detto il leader del M5s. “Se la Lega non fa passi indietro – ha aggiunto – qui parliamo di una certezza assoluta. Non facciamo questa cosa a cuor leggero ero un estimatore di Mattarella ma la scelta di ieri è stata incomprensibile”. Il numero uno del Carroccio, interpellato sul tema, usa invece toni molto più morbidi. Prima ha detto semplicemente: “Devo studiare“.  Poi, dalla D’Urso, ha spiegato: “Io faccio una cosa se ne sono convinto. Non è una guerra Salvini-Mattarella. Dico solo che il presidente della Repubblica si è preso una grossa responsabilità”.