giovedì 31 gennaio 2019

L’anello mancante nell’evoluzione dei pianeti.

Rappresentazione artistica del corpo celeste scoperto ai confini del Sistema Solare, anello mancante nell’evoluzione dei pianeti. (fonte: Ko Arimatsu) © Ansa
Rappresentazione artistica del corpo celeste scoperto ai confini del Sistema Solare, anello mancante nell’evoluzione dei pianeti. (fonte: Ko Arimatsu)

Si trova ai confini del Sistema Solare.


Scoperto l’anello mancante nell’evoluzione dei pianeti: è un corpo celeste dal raggio di 1,3 chilometri che si trova nella culla degli asteroidi al confine del Sistema Solare, la fascia di Kuiper, vicino l’orbita di Plutone. L’esistenza di corpi celesti di queste dimensioni era stata prevista 70 anni fa, ma è la prima volta che uno di essi viene rilevato direttamente. I dettagli di questo oggetto lontano sono descritti sulla rivista Nature Astronomy da un gruppo dell’Osservatorio astronomico nazionale del Giappone, coordinato da Ko Arimatsu.
Gli astronomi lo hanno scovato grazie a due piccoli telescopi di 28 centimetri basati sull’isola giapponese di Miyako, nella Prefettura di Okinawa. Hanno, in particolare, studiato 2.000 stelle, fino a quando la luce di una di esse non è stata in parte oscurata, come una piccola eclissi, dal passaggio del corpo celeste. Secondo gli autori della ricerca, oggetti come quello scovato nella fascia di Kuiper rappresentano una fase di transizione nell’evoluzione dei pianeti, una tappa intermedia tra l’inizio della loro formazione, a partire da una nube di gas e polveri, e i pianeti finali come quelli che osserviamo nel Sistema Solare.
La fascia di Kuiper è una collezione di piccoli corpi celesti ghiacciati localizzati oltre l’orbita di Nettuno, e risalenti agli albori del nostro sistema planetario. Il più famoso dei suoi abitanti è il pianeta nano Plutone. Secondo i ricercatori in questa regione periferica del Sistema Solare oggetti della dimensione di poco più di un chilometro, come quello appena individuato, potrebbero essere più numerosi del previsto.

Il franco Cfa e quella lunga scia di sangue in Africa. - Giancarlo Mazzucca

Luigi di Maio e sullo sfondo Emmanuel Macron (Imagoeconomica)
Luigi di Maio e sullo sfondo Emmanuel Macron (Imagoeconomica)


Dalla Tav ai gilet gialli, dall'Europa all'Onu: in questo momento pare proprio che, anziché il Monte Bianco, ci sia un oceano che divida l'Italia dalla Francia. Tra gialloverdi e dintorni, sembra che tutto faccia brodo per poter criticare Macron e i “cugini”. Dopo i ripetuti “J' accuse” di Salvini, ecco, dunque, i “grillini” Di Maio e Di Battista che hanno tirato in ballo il franco Cfa, la moneta che circola in 14 Stati del continente nero. Secondo loro, Parigi starebbe sfruttando la sua posizione di ex potenza coloniale per continuare a controllare l'Africa sul piano geopolitico. Tutto grazie, appunto, al “franc de la Communauté financière africaine”, il franco Cfa. L'affermazione del vicepresidente del Consiglio e del suo compagno di partito non sembra, però, avvalorata dalle statistiche che parlano di un “trend” in costante calo per la Francia: basti pensare che, tra il 2000 e il 2017, l'export transalpino a sud del Mediterraneo si è dimezzato tanto da essere scavalcato da quello tedesco.
Ma, dati economici a parte, le vicende degli ultimi decenni dimostrano, comunque, che la coesistenza valutaria francese con le ex-colonie non è stata indolore: è sufficiente ripercorrere, al riguardo, alcuni episodi significativi. Cominciamo dal 1963: Sylvanus Olympio, primo presidente eletto del Togo, si rifiuta di sottoscrivere il patto monetario con Parigi e stabilisce che il Paese avrebbe battuto una divisa nazionale. Appena tre giorni dopo, Olympio viene rovesciato e assassinato in un “golpe” condotto da ex militari dell'esercito coloniale francese. 1968: Modioba Keita, primo presidente della Repubblica del Mali, annuncia l'uscita dal franco Cfa che considera una trappola economica ma è subito vittima di un colpo di Stato guidato da un ex legionario francese.
Arriviamo al 1987: Thomas Sankara, primo presidente del Burkina Faso indipendente, viene detronizzato ed ucciso subito dopo aver dichiarato la necessità di liberarsi dal giogo del franco Cfa. Ancora: nel 2011 il presidente della Costa d'Avorio, Laurent Gbagbo, decide anche lui di abolire il Cfa sostituendolo con la Mir, Moneta ivoriana di resistenza. Mal gliene incolse perché le forze speciali francesi l' arrestano dopo aver bombardato il palazzo presidenziale. Per non parlare della deposizione, sempre nel 2011, di Gheddafi: secondo una fonte confidenziale, a provocare la reazione dell'allora capo dell'Eliseo Sarkozy sarebbe stata la volontà del dittatore di creare una nuova valuta panafricana, il dinaro libico, sostenuta dalle ingenti riserve auree di Tripoli, proprio in alternativa al franco Cfa. Insomma, la storia parla chiaro: il pugno di ferro ha spesso prevalso sul dialogo . Ma, al di là delle opinioni, “grillini” o non “grillini”, un fatto è certo: fino a ieri il franco Cfa era in Italia un oggetto misterioso o quasi, adesso lo conosciamo tutti.
https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-01-27/il-franco-cfa-e-quella-lunga-scia-sangue-africa--092859.shtml?uuid=AFq1DG&refresh_ce=1

***************
L'ironia del giornalista sembrerebbe alquanto sterile visto che anche su wiky si legge:              
"fondo comune di riserva di moneta estera a cui partecipano tutti i paesi del CFA (almeno il 65% delle posizioni in riserva depositate presso il Tesoro francese, a garanzia del cambio monetario); qui il link: https://it.wikipedia.org/wiki/Franco_CFA#Storia

ONG, finanza e migranti. Il caso Jacques Attali. - Ilaria Bifarini




“MA COSA CREDE, LA PLEBAGLIA EUROPEA: CHE L’EURO L’ABBIAMO CREATO PER LA LORO FELICITÀ?”


Conosciuto come l’eminenza grigia della politica francese dai tempi di Mitterand e noto per il suo ultraeuropeismo, JacquesAttali è l’uomo che ha scoperto Macron, presentandolo al presidente Hollande del quale è diventato consigliere. A lui viene attribuita la paternità di una frase molto esplicativa sul sentimento elitarista : “Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?”. Meno nota è invece un’altra affermazione dell’illustre economista, professore, finanziere e a lungo consigliere di fiducia dell’Eliseo: “La forma di egoismo più intelligente è l’altruismo”.
La filantropia, questo vezzo umanitarista che sembra contagiare gli uomini di maggiore successo, non ha risparmiato Jacques Attali, che nel 1998 fonda l’associazione no profit Planet Finance. Certo, il nome tradisce un po’ da subito quello che dovrebbe essere il fine umanitario di questa organizzazione che opera in 60 Paesi e offre servizi e consulenze di tipo finanziario, microfinanza per l’esattezza. Finita nell’occhio del ciclone per il trattamento economico “schiavistico” riservato agli stagisti cui si richiedevano requisiti di prim’ordine, la società cambia nome e diventa Positive Planet, evocando nel nome la positività del modello economico di cui si fa portatrice.

Immagini dal Positive Planet Forum a San Patrignano
Tra i suoi obiettivi ci sono “l’inclusione economica, sociale e ambientale in tutto il mondo in modo sostenibile ed equo.” Come? Rendendo possibile l’accesso ai servizi finanziari da parte dei Paesi più poveri. La sua mission è infatti quella di “combattere la povertà attraverso lo sviluppo della microfinanza.” Per realizzarla si serve di otto unità specializzate, compresa un’agenzia di rating di microfinanza. L’organizzazione è così efficiente da aver ricevuto un premio per l’80a migliore ONG del mondo secondo il Global Journal nel 2013. Nello stesso anno ha realizzato un fatturato (chiffre d’affaires) di 2 251 000,00 €.
Gli organi societari annoverano nomi di grande peso sul piano politico ed economico mondiale. Da Jacques Delors al ministro degli Affari esteri dell’Oman, passando per partner di colossi della consulenza come Ernst & Young e Bain, fino al presidente di Microsoft International.
Dulcis in fundo, il cofondatore di questa ramificatissima Ong è il bengalese Muhammad Yunus, il padre del microcredito moderno. Grazie all’appoggio di illustri sostenitori, come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca mondiale, nei primi anni Ottanta creò in Bangladesh la Grameen Bank, un istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito. Come già riscontrato in uno studio condotto sulla Cambogia, in cui analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione è emersa una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero, anche qui i prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale. Il Bangladesh è infatti paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10 mila nel solo 2017). Ed è proprio qui che è nato il business dei cosiddetti “migration loans”, i prestiti per finanziare i viaggi dei migranti, gestiti dalla BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore e la più grande ONG al mondo, che opera anche in Asia e in Africa.
Una commistione molto fruttuosa quella tra ONG, migranti e finanza, un vaso di Pandora ancora da scoperchiare del tutto e che ci riserverà incredibili sorprese.

Attali, economista, saggista e banchiere francese.

L'immagine può contenere: 1 persona, testo


Seguendo la sua tesi, sarebbe il caso di cominciare da lui....

Usa: ritrovato bimbo di 3 anni, 'per 2 giorni in bosco con un orso'.

Foto d'archivio © ANSA

E' sopravvissuto al freddo. Era stata mobilitata anche l'Fbi.

Un bimbo di tre anni è stato trovato miracolosamente vivo dopo essersi perso in un bosco in nord Carolina. Casey Lynn Hathaway ha vagato per due giorni prima di venir individuato dai soccorritori e, secondo il suo racconto, a fargli compagnia, scaldandolo, è stato un amico orso.
Il bambino era scomparso dopo essersi allontanato dal cortile di casa della nonna mentre giocava con altri bambini. Non essendo tornato immediatamente è stato dato l'allarme e centinaia di persone tra soccorritori e volontari si sono mobilitati nella sua ricerca. Si era mobilitato anche l'Fbi. Si temeva per la sua vita a causa del freddo polare e delle condizioni pericolose nel bosco.
Casey è stato trovato dopo due giorni grazie ad un telefonata in cui si segnalava un bambino che piangeva. Era aggrovigliato in un cespuglio spinoso e chiedeva della madre. "Questo bambino - ha scritto la zia su Facebook - si era perso nei boschi con temperature gelide, la pioggia, il buio e il vento, ci ha detto che il suo migliore amico è stato un orso che lo ha tenuto al sicuro".
Il bambino avrebbe raccontato la stessa storia anche alle autorità, le quali ancora non si spiegano come Casey sia stato trovato in buone condizioni dopo essere stato nei boschi per due giorni senza cibo e senza acqua. "Non ci ha detto come ha fatto a sopravvivere - ha detto lo sceriffo della contea di Craven, Chip Hughes in una conferenza stampa - ci ha detto che aveva un amico nel bosco, un orso che e' stato con lui".