venerdì 9 agosto 2019

Giuseppe Conte

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1. Non spetta al Ministro Salvini convocare le camere del parlamento;

2. Non spetta al Ministro Salvini decidere i tempi di una crisi politica cui intervengono ben altri attori istituzionali;

3. Al Ministro Salvini nella veste di Senatore e Leader della Lega spetterá invece spiegare al paese e giustificare agli elettori che hanno creduto nella prospettiva del cambiamento le ragioni che lo inducono ad INTERROMPERE anticipatamente e bruscamente le azioni di GOVERNO;

4. In Parlamento e quindi a tutti gli italiani dovremo dire la verità e non potremo nasconderci dietro dichiarazioni retoriche e slogan mediatici;

5. Non permetterò più che si alimenti la narrativa di un GOVERNO CHE NON OPERA . QUESTO GOVERNO NON ERA IN SPIAGGIA! Era nelle sedi istituzionali a lavorare dalla mattina alla sera.

6. Non accetterò più, quindi, che vengano sminuiti la dedizione e la passione con cui gli altri MINISTRI hanno affrontato l’impegno di governo insieme a me;

7. È certo non posso accettare che sia svilito il COSPICUO LAVORO fin qui svolto dai PARLAMENTARI nelle rispettive commissioni e nelle aule.

8. Salvini mi ha anticipato l’intenzione di andare a votare per capitalizzare il consenso di cui gode. Farò in modo che questa crisi da lui innescata sia la più trasparente della vita repubblicana.


GIUSEPPE CONTE
Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana


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Senza un perché. - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 9 Agosto

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Riuniti davanti a un treno di mojito, Salvini e i suoi social-geni simpaticamente ribattezzati “Bestia” compulsano lo scusario leghista alla ricerca di un motivo valido e comprensibile per spiegare al popolo la crisi del governo più popolare del decennio. Per giunta, a Ferragosto.

Salvini: “Dico che si vota perchè qualcosa si è rotto”.

Bestia: “Occhio, qualcuno sui social potrebbe risponderti: ‘Sì, le nostre palle’”.

S.: “Dico che è venuta meno la fiducia del Parlamento”.

B.: “Ma se lunedì l’abbiamo avuta persino su quella boiata del Sicurezza-bis”.

S.: “Ah già, allora dico che i 5Stelle dicono troppi no”.

B.: “Ma se dicono solo sì!”.

S.: “Ho trovato: i 5Stelle sono No Tav!”.

B.: “Bella scoperta, lo sono da sempre. Lo sapevi anche un anno fa quando hai firmato il Contratto col no alla Tav. A parte che pure noi eravamo No Tav. E poi la Tav, grazie agli amici del Pd, è passata”.

S.: “Ok, senti qua: via il governo perché c’è Toninelli”.

B.: “Matteo, buttiamo giù il governo ad agosto e alziamo lo spread per Toninelli? Dai, non se la beve nessuno”.

S.: “Già, meglio dire che sennò a settembre ci tocca tagliare 345 parlamentari”.

B.: “Ma è nel Contratto! E poi con che faccia difendiamo le poltrone della casta?”.

S.: “Uffa. Attacco lo stop alla prescrizione?”.

B.: “A parte che sta nel Contratto pure quello e l’abbiamo votato, lascia perdere: la prescrizione ha appena miracolato Bossi e mezzo miracolato Belsito. Sennò poi la gente si ricorda dei 49 milioni che abbiamo fatto sparire”.

S.: “Perfetto, allora dico che sono il politico più popolare e quindi devo fare il premier. Suona bene, c’è scritto pure sul logo della Lega e sul mio braccialettino”.

B.: “Non per contraddirti, ma nei sondaggi Conte sta sopra di te”.

S.: “Ah già, maledetta zecca. Allora dico che le Europee le ho vinte io, quindi si vota”.

B.: “Sì, Matteo, ma le hai vinte due mesi e mezzo fa e subito dopo hai giurato che il governo andava avanti, senza nemmeno un rimpastino. Ci vorrebbe qualcosa di più efficace, che scaldi il cuore del grande popolo sovranista”.

S.: “Ho trovato: si vota perchè fa caldo!”.

B.: “Matteo, metti giù il mojito: qui rischiamo di non spiegarci bene, così poi la gente crede che non siamo capaci di governare e pensiamo solo alla cadrega. Ci vuole una scusa inconfutabile”.

S.: “Eureka! Mi è apparsa la Madonna di Medjugorje e mi ha chiesto di far cadere il governo per il sacro cuore di Gesù!”.

B.: “Matteo, senza offesa: ti è apparsa a che ora?”.

E Conte sparò su Salvini: “Tu in spiaggia, io lavoro”. - Luca De Carolis e Fabrizio d’Esposito

E Conte sparò su Salvini: “Tu in spiaggia, io lavoro”

Verso il voto - Il premier, benedetto da Mattarella, rifiuta il diktat del Carroccio e non si dimette. 
Sarà alle Camere probabilmente il 20 agosto, poi le consultazioni.


Il premier lo guarderà di nuovo negli occhi, ma in aula. Lo costringerà a votargli contro in Senato, a macchiarsi della caduta del suo governo. “Oggi Matteo Salvini mi ha detto che vuole la crisi per capitalizzare il consenso, ma ora dovrà spiegare al Paese questa brusca interruzione” accusa il presidente del Consiglio Giuseppe Conte da Palazzo Chigi poco prima delle 23. In completo blu, Conte certifica che la crisi approderà in Parlamento. Lo dovranno sfiduciare lì. Ma il quando non potrà deciderlo Salvini. “Non è il ministro dell’Interno a convocare le Camera, non spetta a lui” morde il premier. Perché ormai è la guerra. Dichiarata, dopo l’incontro tra il premier e il leader leghista di ieri pomeriggio a Palazzo Chigi, un duello finale. E la premessa è la svolta del mattino al Quirinale: il colloquio tra il capo dello Stato e Conte e la mossa di questi per contrastare l’offensiva salviniana. Ossia: non cedere al diktat del vicepremier, che vorrebbe dimissioni di Conte e urne anticipate, bensì andare avanti con la parlamentarizzazione della crisi. Tradotto, riapriamo le Camere e la Lega mi voti la sfiducia. È il senso della sfida nel palazzo del governo.
Novanta minuti di faccia a faccia. Riassunti dallo scambio più significativo e drammatico tra i due. Con Salvini che insiste, pretende: “Ti devi dimettere, così non possiamo più andare avanti”. E Conte che fa muro: “No, andiamo in Parlamento e sfiduciatemi”. Evidente la strategia del premier, concordata con il presidente Sergio Mattarella: far assumere al ministro dell’Interno la responsabilità della fine. “L’ho detto a Salvini, questa crisi sarà la più trasparente della storia repubblicana, tornerò davanti ai parlamentari che rappresentano tutti i cittadini” chiarisce in serata da Palazzo Chigi Conte. La rotta che Conte aveva già indicato in aula al Senato lo scorso 24 luglio, dove andò a riferire sul Rubligate al posto proprio di Salvini: “Da questo consesso ho ricevuto la fiducia che mi ha investito dell’incarico di presidente del Consiglio, e a questo concesso tornerò ove dovessero maturare le condizioni per una cessazione anticipata dal mio incarico”. Non a caso il ministro dell’Interno s’infuriò, e replicò in diretta su Facebook contro “i giochetti di Palazzo”. Aveva fiutato la strategia e il messaggio. Ossia che gli avrebbero lasciato in mano il cerino. Non a caso, solo a sera inoltrata la Lega fa il primo atto concreto da mercoledì: una nota per confermare la parlamentarizzazione di questa crisi d’agosto. Per la prima volta il Carroccio mette nero su bianco la volontà di stroncare il contratto di governo dell’estate di un anno fa. E lo fa all’indomani del voto sul Tav, preceduto dalla fiducia al decreto sicurezza bis che non poche lacerazioni ha prodotto nel M5S.
Lo scontro tra premier e vicepremier è il sequel di quello dell’altro giorno, dopo le divisioni della maggioranza sulle mozioni del Tav. Un colloquio in cui Salvini non ha chiesto rimpasti di sorta, ma è andato dritto al punto: il voto a ottobre. Ieri, infine, il redde rationem. E adesso la partita che si apre è soprattutto sulle procedure e sui tempi. Conte sfiderà la Lega a Palazzo Madama, la prima Camera a dargli la fiducia quando è stato nominato premier e che ora dovrà sfiduciarlo. Ma è prematuro, fanno sapere dal Colle, avanzare ipotesi su quale governo gestirà la fase elettorale. Non solo: la vera questione che agita il Quirinale è la sessione autunnale di bilancio. Presumibilmente la sfiducia andrà in aula non prima del 20 agosto, di martedì, non si sa ancora se come voto su una mozione oppure connessa alle comunicazioni del premier. Conte dovrà deciderlo con i presidenti delle due Camere.
Due, massimo tre giorni di dibattito, poi le consultazioni, quindi lo scioglimento del Parlamento intorno al 25 agosto. A quel punto i 65 giorni per indire il voto, tra l’ultima settimana di ottobre, domenica 27, e la prima di novembre. E qui s’innestano le gravi preoccupazioni del capo dello Stato: il nuovo governo non entrerà in carica prima di dicembre. Chi farà la manovra, allora?
Ma questo è solo uno degli aspetti della guerra che Conte, benedetto dal Colle e sostenuto dal M5S, muoverà alla Lega. Per la serie: sarà Salvini ad assumersi la responsabilità dell’esercizio provvisorio del bilancio? Sarà Salvini a dire no al taglio dei parlamentari che i grillini proporranno in Parlamento? Il leader leghista dovrà combattere da solo contro tutti. Con un’ulteriore consapevolezza maturata al Quirinale: Mattarella farà di tutto per non avere Salvini come ministro dell’Interno che gestisce tutta la fase elettorale.