venerdì 20 settembre 2019

Open, indagato il presidente della cassaforte renziana. - Valeria Pacelli



Traffico di influenze: è il reato contestato ad Alberto Bianchi per alcune consulenze Perquisito l’ufficio di Firenze: sequestrati bilanci e l’elenco dei finanziatori...

Nuove grane tra i renziani della prima ora. L’ avvocato Alberto Bianchi è indagato dalla Procura di Firenze per traffico di influenze per alcune prestazioni professionali che ieri il suo legale ha definito “perfettamente legittime”. Sessantacinque anni, pistoiese d’ origine e fiorentino d’ adozione, è stato presidente della Fondazione Open, chiusa oltre un anno fa, per anni cassaforte del renzismo dove confluivano le donazioni dei finanziatori.
Due giorni fa la Guardia di Finanza ha perquisito l’ ufficio di Bianchi acquisendo i rendiconti e l’elenco dei finanziatori della fondazione. Sembra quindi che il pm Luca Turco, titolare dell’ inchiesta, voglia fare chiarezza su una serie di donazioni alla Open. La fondazione ha accompagnato il senatore di Rignano nella sua ascesa politica, raccogliendo anche i più fedeli all’ ex premier.
Oltre a Bianchi presidente, tra i membri del cda c’ erano gli ex ministri Luca Lotti e Maria Elena Boschi e l’ amico Marco Carrai. Nata nel 2012, prima con il nome di Big Bang, la Fondazione Open ha raccolto – secondo quanto riportato tempo fa dal Corriere della Sera – in sei anni 6,7 milioni di fondi. In base alle cifre finite invece in un report di OpenPolis, nel solo 2016 sono arrivati nelle casse della Fondazione 1,9 milioni di euro tra donazioni da privati, quote associative e contributi dai soci.
Quando il sito era attivo, vi era anche una sezione dedicata ai nomi, con relative somme versate, dei donatori che davano il consenso alla pubblicazione della propria identità. Il fondatore del fondo Algebris, Michele Serra, era tra i più generosi con 225 mila euro donati. Altri 110 mila euro sono stati versati dalla British American Tobacco. Il denaro finito nelle casse della fondazione veniva quindi poi usato per organizzare eventi (in primis la kermesse renziana, Leopolda, quest’ anno alla sua decima edizione) e per altre spese legate alla politica.
Adesso quindi arriva l’ inchiesta di Firenze, che la Procura sta cercando di condurre nel massimo riserbo. “Alberto Bianchi – commenta il suo legale, l’ avvocato Nino D’ Avirro – è indagato per una ipotesi di reato fumosa qual è il traffico di influenze per prestazioni professionali, a mio avviso perfettamente legittime”. “L’ avvocato Bianchi – continua D’ Avirro – ha messo a disposizione degli inquirenti la documentazione richiesta nella convinzione di poter chiarire al più presto questa vicenda che lo sta profondamente amareggiando”.

Luigi Di Maio e i due cazzari. - Tommaso Merlo



Luigi di Maio ammette che non è stato affatto facile per lui passare in pochi giorni dalla cooperazione con la Lega a quella col Pd. Eppure il capo politico del Movimento lo ha fatto. E questo perché Luigi non è il padrone del Movimento 5 Stelle ma è al suo servizio. Luigi è un cittadino come gli altri che si è assunto la responsabilità di guidare il Movimento, ma non decide solo lui. Scoppiata la crisi di governo, Luigi ha ascoltato i portavoce in parlamento, Beppe Grillo e tutti gli amici storici del Movimento e soprattutto ha preso atto del voto su Rousseau. In un bivio così cruciale, la direzione del Movimento è stata decisa dal voto di migliaia di attivisti. Non da uno solo. È successo prima di firmare il contratto con la Lega, è successo prima di provare a governare col Pd. Un’innovazione storica, un salto epocale per la nostra democrazia che i Benpensanti del vecchio regime si ostinano a ricoprire di fango. Hanno paura. Della propria fine. E mentre il vecchio regime resiste testardamente, il Movimento si muove. Come dice la parola e come dice Luigi Di Maio. E dopo Roma, migliaia di cittadini si esprimono sul nuovo assetto in Umbra. Il tutto mentre sostenitori ed iscritti degli altri partiti vengono cagati solo quando devono votare o riempire qualche piazza per far fare bella figura ai loro idoli. Vecchia politica. A Roma come in Umbria, Luigi Di Maio seguirà la volontà del Movimento e non viceversa. Perché lui è il capo politico ma non il padrone. Oggi c’è lui, domani chissà. Tra le innovazioni che il Movimento sta introducendo nella politica italiana, una è proprio questa. La fine del leaderismo e cioè della politica che si riduce a corti di fedelissimi leccapiedi raccolti attorno a qualche ducetto di cartapesta coi cittadini rilegati a tifosi da aizzare alla bisogna. Una politica in balia dell’ego dei soliti megalomani arrivisti. Come la Lega di Salvini a cui in queste ore si aggiunge la deprimente gang renziana. Salvini, Renzi, due facce dello stesso cazzume. Tutto il potere nelle mani di uno solo. La politica come palcoscenico dove sfogare le proprie meschine velleità. La politica come carriera, come rissa comunicativa a fini di potere. Il nuovo governo è appena partito e i due cazzari già si cercano. Hanno bisogno uno dell’altro. Di un match televisivo, di slogan con cui scatenare le loro curve. Renzi sbava per riciclarsi e ricominciare a esibirsi davanti al grande pubblico. Salvini ha invece bisogno di riprendersi dalla ciucca estiva e gli fa comodo un nemico così sputtanato. Deve rinnovare il repertorio, deve ricominciare ad azzeccarne una. Anche perché Conte è troppo popolare e gli elettori del Movimento gli potrebbero venire comodi in futuro. Vecchie logiche leaderistiche, vecchia politica, le solite cazzate. Nel frattempo il Movimento prova a rimboccarsi le maniche e riprendere il lavoro interrotto. Ha in mano una lista di cose da fare e vuole riuscire a realizzarle. Lo vogliono i cittadini, lo vogliono i portavoce e lo vuole Luigi Di Maio. Tutti al servizio di un progetto collettivo e del sogno di una democrazia all’altezza.

Il Fuorista - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 20 Settembre:

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Alessandro Di Battista è un politico anomalo, e questo non è un difetto: è un pregio. Chi lo conosce davvero e non va dietro alla black propaganda sa che crede in ciò che dice, e ciò che dice non dipende dalla sete di poltrone. Poteva ottenere quelle che voleva e ha rinunciato a tutte. Ieri ha scritto un post con critiche in parte fondate al governo giallo-rosa (che però ignorano i primi cambiamenti del Pd e del fronte europeo). Ma con una frase sbagliata: “da fuori si vedono le cose in modo più limpido”. Eh no: chi sta “fuori” può snobbare alcuni dettagli che chi sta “dentro” deve considerare. 
1) I 5Stelle sono arrivati primi alle elezioni, hanno un parlamentare su tre (condizione difficilmente ripetibile), dunque hanno il diritto e il dovere di governare con chi accetta gran parte del loro programma. 
2) La svolta pro alleanze (o “contratti”) fu decisa dal vertice M5S, Di Battista incluso, dopo il ritorno al proporzionale e prima del voto del 2018, e approvata plebiscitariamente dagli iscritti. 
3) Un anno fa il M5S, col consenso di Di Battista, propose un contratto al Pd, allora sì renziano, che rifiutò; Salvini invece lo firmò e poi lo tradì ben prima dell’8 agosto; a quel punto il Pd di Zingaretti, a trazione non più renziana ma su istigazione di Renzi, cambiò idea e accettò un governo col premier Conte indicato dal M5S e un programma (per quanto vago) che ingloba tutti e 20 i loro punti. 
4) Le alternative al Conte 2 erano due: a) il ritorno dei 5Stelle con Salvini, che li avrebbe spaccati, staccati da Grillo e Conte ed esposti al ridicolo e all’ennesimo tradimento; b) le elezioni chieste da Salvini per governare con “pieni poteri” e cancellare le buone riforme targate M5S. 
5) Il Conte 2 è stato plebiscitato dal 79,6% degli iscritti.

Di Battista scrive di essere “sempre stato contrario a un governo col Pd”: quindi lo era anche nel 2018, quando il M5S propose un governo al Pd renziano? E perché non lo disse? Se invece quel “sempre” è limitato all’ultimo mese, perché dare tanto peso al partitucolo di Renzi, che un anno fa era il padrone del Pd? Cosa sia il Pd lo sappiamo da sempre e l’ha confermato il voto salva-Sozzani. Ma, in un sistema proporzionale e tripolare, o si sceglie il male minore, o si guardano governare gli altri coi popcorn in mano. E il male minore, per il M5S, non è forse un governo Conte con ministri M5S agli Esteri, alla Giustizia, al Lavoro, all’Ambiente, al Mise, alla PA, all’Innovazione, all’Istruzione e allo Sport? Chi sta “fuori” dovrebbe dire non solo cosa non farebbe, ma anche cosa farebbe al posto di chi sta “dentro”. Altrimenti continuerà a sognare un monocolore 5 Stelle e poi si sveglierà con un bel tricolore Salvini-Meloni-Berlusconi.


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“Navi francesi bloccavano aiuti umanitari allo Yemen", il caso che imbarazza Parigi“.



Nel Paese la carestia minaccia milioni di civili ma l'Arabia Saudita non accenna ad allentare il blocco, secondo una inchiesta anche utilizzando armamenti provenienti dall'Europa.

L'Arabia Saudita starebbe utilizzando navi e supporto francese per implementare l'embargo contro lo Yemen, un embargo che è stato criticato dalle Nazioni Unite perché contribuirebbe alla morte di migliaia di persone nel Paese falcidiato dalla guerra civile dal 2014. A mettere in imbarazzo Parigi un'inchiesta del media indipendente di giornalismo investigativo Discolose, che insieme a Radio France aveva già rivelato che una corvetta venduta dalla Francia all'Arabia Saudita ha partecipato al blocco marittimo nello Yemen.

Questa settimana i due media hanno anche portato prove visive delle loro accuse, e hanno anche rivelato l'esistenza di un contratto di manutenzione delle fregate del Paese stipulato con una società francese. Come racconta Le Nouvel Observateur in un video, risalente all'ottobre 2015, la corvetta degli Emirati "Al Dhafra", prodotta dall'industria delle armi francese, intercetta una nave commerciale indiana nello stretto Bab-el-Mandeb, nello Yemen sudoccidentale. Al 2017 risalgono invece altre immagini mostrano le fregate "Al-Dammam 816" e "Al-Madinah 702", fornite dalla Francia alla marina saudita, che ispezionano una petroliera che veniva a rifornire lo Yemen, vicino al porto di Hodeida, luogo in cui transita la maggior parte degli aiuti umanitari.




I contratti per la manutenzione delle navi.
L'inchiesta ha anche pubblicato le prove di un contratto con cui la società francese CMN (Constructions mécaniques de Normandie) ha assicurato la manutenzione della flotta degli Emirati, nonché dei contratti di manutenzione per fregate saudite firmate nel 2013 da Naval Group, una società in cui lo Stato francese è l'azionista di maggioranza, e i cui benefici sono continuati dopo lo scoppio del conflitto nello Yemen e almeno fino alla fine del 2018.

La crisi umanitaria.
Nel paese il conflitto iniziato nel 2014 come guerra civile si è internazionalizzato nel 2015 con l'intervento della coalizione guidata dall'Arabia Saudita. Lo Stato è colpito da una carestia che minaccia milioni di civili tra cui molti bambini. Per le Nazioni Unite, è "una delle crisi umanitarie più gravi al mondo".


http://europa.today.it/attualita/francia-embargo-yemen.html?fbclid=IwAR0FsaQGM3YeQOh-0Ttc_LzWncIAKiz9RQGm9jToVr2_Jmx23mlH2ahsVww

Marina Usa, video degli Ufo? Sono autentici.


L'immagine di un presunto Ufo (Archivio)


Una serie di filmati declassificati che mostrano oggetti volanti misteriosi senza ali che si muovono veloci sullo schermo sono "autentici" e non sono spiegabili: è quanto rivela, citata da media americani fra cui la Cnn, la Marina americana, che li classifica come "Fenomeni aerei non identificati".
    
I presunti Ufo in questione, ha spiegato il portavoce della Us Navy Joe Gradisher, sono stati ripresi in aria con sensori a raggi infrarossi nel 2015 e studiati e diffusi dalla Stars Academy of Arts & Sciences. In un altro filmato, ripreso nel 2004, un altro oggetto oblungo e senza ali attraversa lo schermo e sparisce troppo velocemente per poter essere poi reinquadrato.
Il portavoce ha spiegato alla Cnn che la trasparenza della Us Navy sugli avvistamenti di Ufo ha lo scopo di incoraggiare soprattutto le reclute a riprendere i 'fenomeni aerei non identificati' quando vengono avvistati in prossimità di aeroporti, minacciando l'incolumità dei piloti. 

Stop al contante, arriva la card unica per identità e pagamenti elettronici. - Marco Mobili e Giovanni Parente

Risultati immagini per lotta all'evasione

Allo studio un progetto di tessera unica. Il sottosegretario al Mef, Alessio Villarosa (M5S): ci saranno carta d’identità, tessera sanitaria, identità digitale e possibilità di attivare un conto di pagamento presso qualsiasi sportello bancario o postale.

Nel nome della lotta all’evasione si prepara un progetto di semplificazione che potrebbe rendere meno complicato l’utilizzo dei pagamenti elettronici anche alle fasce di popolazione meno in confidenza, come ad esempio i più anziani. Si chiama «carta unica» il progetto allo studio del Governo ed è il sottosegretario al ministero dell’Economia, Alessio Villarosa (M5S), ad anticipare al Sole 24 Ore che cosa conterrà e come funzionerà. In pratica sarà una tessera che svolgerà più funzioni e che potrà anche essere utilizzata per pagamenti elettronici.

Le alternative al contante.
Gli strumenti di pagamento diversi dal contante nel 2018. Tra parentesi la variazione % sul 2017 - Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia.

LE ALTERNATIVE AL CONTANTE
Un’operazione simile richiede un lavoro di messa a punto sotto vari aspettti. Il primo da un punto di vista tecnologico. «Stiamo al momento lavorando sul layout - continua Villarosa - perché deve garantire gli standard internazionali sui quali ci si è accordato con gli altri Paesi ma siamo certi troveremo la quadra». Poi, c’è un aspetto non secondario che è quello del rispetto della protezione dei dati personali perché si concentrerebbero tutta una serie di dati sensibili in un’unica tessera.

La capillarità della distribuzione.
Nel dibattito che si è aperto negli ultimi giorni sull’impulso ai pagamenti tracciabili per ridurre l’utilizzo del contante in chiave antievasione, la «carta unica» potrebbe essere una sorta di «killer application» perché raggiungerebbe tutti e in tutta Italia e allo stesso tempo concentrebbe in sé una serie di funzioni: dall’utilizzo per visite sanitarie e farmaci (tra l’altro la tessera sanitaria già oggi contiene il codice fiscale di ogni cittadino) all’accesso per i servizi delle pubbliche amministrazioni.

L’obbligo per le Pa di accettare i pagamenti elettronici. 
Un progetto che si inserisce in uno scacchiere più ampio di mosse per spingere ulteriormente la moneta elettronica. Oltre al sistemi di incentivi fiscali su cui si sta studiando per esercenti e consumatori (come spiega Il Sole 24 Ore in edicola venerdì 20 settembre), la carta unica consentirebbe di procedere in modo meno indolore e più rapido all’introduzione dell’obbligo per la Pa di accettare solo pagamenti elettronici. In molte città gli sportelli dell’anagrafe già oggi accettano pagamenti solo elettronici e l’obbligo potrebbe essere generalizzato a tutta la Pubblica amministrazione, incluse le società che forniscono servizi pubblici.


https://www.ilsole24ore.com/art/stop-contante-arriva-card-unica-identita-e-pagamenti-elettronici-ACpgTcl