Un team internazionale di ricercatori ha svolto uno studio sugli addensamenti di materia oscura più piccoli, alla ricerca di nuove risposte alle domande sul tema.
È incredibile constatare che tutte le leggi della fisica che siamo riusciti a elaborare, si possono applicare solo al 4% dell’universo, così come noi lo conosciamo. La maggior parte della massa dell’universo non è stata ancora rilevata, nascosta dietro qualche forma, particolare e ancora indistinguibile dalla materia visibile che costituisce le galassie, le stelle, i pianeti e lo stesso essere umano.
Secondo la NASA, quella della massa mancante è una questione che va al di là di un semplice problema. Rappresenta una sorta di imbarazzo, un ostacolo alla completa comprensione di situazioni, come la struttura delle galassie, l’evoluzione di aggregati (cluster) di galassie, oltre che il futuro dello stesso universo.
Con grande sorpresa, oltre che costernazione, da parte degli astronomi, da quando le osservazioni radio e ottiche hanno esteso le misurazioni di velocità delle stelle e dei gas anche alle regioni esterne alle galassie a spirale, si è capito che quelle stelle e galassie si muovono alla stessa velocità di quelle che stanno all’interno, con una sostanziale parte di massa della galassia che non risulta essere concentrata verso il centro della galassia, ma deve essere distribuita in un alone oscuro, invisibile, che circonda la galassia visibile.
È all’interno di queste regioni esterne di galassie che potrebbe essere contenuta la maggior parte della materia. Margaret e Geoffrey Burbidge – la prima direttrice del Kitt Peak National Observatory in Arizona, e il secondo uno dei più eminenti astronomi del dopoguerra, colui che ha scoperto che la vita conduce alla polvere di stelle – hanno svelato un universo differente e più violento di quanto ci si possa immaginare: radiogalassie e quasar che eruttano con incredibile quantità di energia, stelle pulsar e buchi neri che perforano il cosmo e catene di galassie che corrono indefinitamente verso l’eternità.
Aloni di dimensioni terrestri.
Mentre gli aloni di materia oscura di dimensioni maggiori contengono enormi quantità di galassie, con un peso superiore di 10^24 volte quello del Sole, e sono ben documentati, le masse degli aloni di materia oscura più piccoli – le cui dimensioni sono ritenute essere simili a quelle della Terra – sono riportati in lavori, quasi sconosciuti, effettuati da un team di ricerca guidato da Wang Jie, del National Astronomical Observatories della Chinese Academy of Sciences (NAOC).
Ingrandimento più profondo – 500 volte le dimensioni del nostro sistema solare.
Il gruppo di ricerca ha strutturato una mappa della densità della materia oscura utilizzando una simulazione che misura 2,4 miliardi di anni luce per ogni lato della mappa stessa. La cella intermedia di questa mappa ha una larghezza media di poco meno di un milione di anni luce. La cella più piccola è riferita all’ingrandimento più profondo: è ampia solo 783 anni luce, equivalente a 500 volte le dimensioni del sistema solare. Nella cella intermedia gli aloni di materia oscura più ampi hanno una massa simile a quella di un abbondante aggregato di galassie (10^15 volte la massa del Sole). Nella cella più piccola gli aloni più piccoli chiaramente visibili, hanno invece una massa simile a quella terrestre (0,000003 volte la massa solare).
Il gruppo di ricerca, costituito, oltre che dal NAOC, anche dalla Durham University, dal Max Planck Institute for Astrophysics in Germania, e dal Center for Astrophysics della Harvard University, ha impiegato cinque anni per sviluppare, testare e ingrandire una specifica regione dell’universo, come se si dovesse ingrandire l’immagine della Luna per vedere una pulce sulla sua superficie.
Le simulazioni sono state effettuate utilizzando il supercomputer Cosmology Machine, parte della struttura DiRAC High-Performance Computing di Durham, e i supercomputer della Chinese Academy of Sciences.
Secondo lo studio, questi aloni più piccoli sono estremamente numerosi, e contengono una frazione sostanziale della materia oscura presente nell’universo. In ogni caso, queste strutture hanno poca rilevanza per la storia cosmica, perché le stelle e le galassie crescono solo all’interno di aloni con dimensioni milioni di volte superiori a quelle del Sole. Questi aloni più piccoli possono essere studiati solo simulando l’evoluzione dell’universo attraverso i supercomputer.
Aloni troppo piccoli per contenere le stelle
Carlos Frenk, della Durham University, afferma che attraverso l’ingrandimento di questi aloni di materia oscura relativamente piccoli, è possibile calcolare la quantità di radiazione che ci si aspetta possa pervenire da aloni di dimensioni diverse. La maggior parte di questa radiazione dovrebbe essere emessa da aloni di materia oscura troppo piccoli per contenere stelle, e quindi gli osservatori a raggi gamma di prossima generazione dovrebbero essere in grado di rilevare queste emissioni, facendo in modo che questi oggetti, di piccole dimensioni, siano visibili individualmente o come gruppi. Ciò andrebbe a confermare la natura, precedentemente ipotizzata, della materia oscura, la quale non deve essere, a ogni costo, tutta oscura.
Ci sarebbe la possibilità di studiare la struttura degli aloni di materia oscura di tutte le masse comprese tra quella terrestre e quella di un grande aggregato di galassie. In termini numerici, l’ingrandimento copre un intervallo di massa che va da 10 a 10^30, che è equivalente ai chilogrammi del Sole.
Un universo virtuale in un dettaglio microscopico.
Attraverso questo ingrandimento dell’universo virtuale, con tale microscopico dettaglio, i ricercatori sono riusciti a studiare la struttura degli aloni di materia oscura, con un intervallo di valori della massa che va da quello terrestre a quello dei grandi cluster di galassie.
Con sorpresa, i ricercatori hanno scoperto che, qualunque sia la loro dimensione, gli aloni di massa oscura presentano tutti la stessa struttura interna, ovvero sono estremamente densi al centro, si diffondono sempre di più, e hanno degli ammassi più piccoli che orbitano attorno alle loro regioni esterne. Senza una scala di misura era quasi impossibile descrivere l’immagine di un alone di materia oscura di una galassia di grandi dimensioni, da uno la cui massa è una frazione di quella solare.
Le particelle di materia oscura possono collidere nelle zone vicine ai centri degli aloni, e, secondo alcune teorie, possono annichilarsi generando un’esplosione di radiazione gamma ad alta energia.
Secondo Simon White, un componente del gruppo di ricerca, appartenente al Max Planck Institute of Astrophysics, ci si aspetta che gli aloni di materia oscura di dimensioni inferiori siano abbastanza numerosi, e che contengano una frazione non irrilevante di tutta la materia oscura dell’universo. Questa particolare ricerca cerca di fare luce su questi aloni più piccoli, mentre si tenta di capire qualcosa in più sulla materia oscura e sul ruolo che essa gioca nell’evoluzione dell’universo.
Fonte: dailygalaxy.com
https://www.reccom.org/2020/09/28/ce-qualcosa-che-ci-stiamo-perdendo-sulluniverso/?fbclid=IwAR2nOYcytVmXAGV_M7xiOJlwuQNNmLXYfIqng74NMECQF_zmAdOmL8pYtVw