lunedì 23 marzo 2020

CAZZARI E ASSENTEISTI. - Bruno Fusco

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Sono giorni che non si vedono parcheggiatori abusivi in giro, anche gli extracomunitari sono scomparsi dai semafori e dall'esterno dei supermercati, personalmente, non mi hanno mai dato fastidio, quelli fuori ai supermercati, lo spaccio di droga si è rallentato, l'inquinamento è diminuito, le strade sono pulite, il traffico è scomparso, i fiumi respirano, il canto degli uccellini si sente limpido, soprattutto alle cinque del mattino, non bastavano quelli dei balconi! (scherzo) Scippi, rapine, omicidi e stupri, sembrano essere diminuiti, almeno per strada, e il mio proprietario di casa ha smesso di telefonarmi! E non è cosa da poco!
Se questa epidemia ha tantissimi lati negativi, come il sacrificio di tanti concittadini, e ai familiari va il mio abbraccio e le mie più sentite condoglianze, voglio cogliere almeno un lato positivo da questa quarantena: l'assoluta scomparsa di tante assurdità.
Rimangono ancora delle persone a rompere i coglioni, i soliti nullafacenti che disturbano la quiete pubblica, non hanno mai fatto un caxxo in vita loro, e oggi hanno voglia di lavorare, proprio oggi che bisognerebbe stare fermi come bradipi sul ramo, mi riferisco, ovviamente, a un certo Salvini Matteo, noto molestatore citofonico, ultracaxxaro cosmico, assenteista per tradizione, e l'altra, anche lei assenteista instancabile, una certa Meloni Giorgia, che farebbe fallire i migliori venditori di patacche per concorrenza sleale.
Questi due, difficilmente raggiungibile per cazzarite acuta, incredibilmente, vengono oscurati da un altro grande cazzaro, mai saturo di puttanate, all'anagrafe di Firenze ancora piangono dal 1975, quando i genitori si presentarono, increduli, gli addetti comunali si chiedevano: “ma veramente lo volete registrare?”
Dai primi passi era evidente che il babbui.., il bambino era scollegato dalla realtà che lo circondava, correva come un pazzo e sbatteva contro i pali, non contento, si rialzava, e come nulla fosse, ci sbatteva di nuovo, i postumi di tali traumi sono stati evidenti con il passare degli anni, fino a quando ha sbattuto contro un vaffanculo enorme, dopo il referendum costituzionale del 2015, eppure, la botta non sembra averlo scalfito, ha insistito, e ha preso una capata micidiale alle politiche del 2018, che Arnold Schwarzenegger non si sarebbe più rialzato, invece lui, stoico, continua, a sputazzelle e dentini, si tiene in piedi, è la prova provata che le teste di cazzo sono piene di nulla!
Tornando al duo delle meraviglie, Salvamelon, se proprio hanno tanta voglia di lavorare, ci sarebbero da scaricare milioni di mascherine arrivate dalla Cina e dalla Russia, ci sarebbe da pulire le scarpe ai medici cubani arrivati per aiutare l'Italia, almeno questo lo potreste fare?
O sapete solo fare patti vergognosi per diamanti, petrolio, diplomi, pale eoliche, nascondere 49 milioni di euro, altro che grande lavoratore, tu si 'na granda lota! (fanghiglia fognaria)
E la meloncina, che ha votato leggi per salvare il culo a Berlusconi, leggi Fornero, scudi fiscali, falso in bilancio, nipoti di Mubarak, bavaglio intercettazioni, svuota carceri, tagli all'istruzione, che cazzo parla ancora!?

Andate a fare in culo prima di parlare di Conte e Di Maio, e se il rispetto per l'Italia è tornato di moda, non è certamente per due come voi, assenteisti e caxxari!


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Divanisti alla riscossa. - Marco Travaglio



Purtroppo abbiamo disgrazie più gravi di cui preoccuparci. Quindi il ritorno degli sciacalli da divano, che in tempi normali farebbe schifo, in quest’apocalisse fa soltanto pena. Ieri, mentre l’Italia (e soprattutto la Lombardia) contava altri 651 morti e 4 mila nuovi contagiati, uno stormo di avvoltoi si levava in volo per azzannare Giuseppe Conte, reo nientemeno che di aver comunicato i contenuti del nuovo Dpcm con un breve messaggio su Facebook alle 23.20 di sabato. Il più lesto a speculare è stato l’Innominabile, che in tre righe è riuscito a infilare tre baggianate sesquipedali. “Noi rispettiamo le regole del Governo sulla quarantena” (e che pretende, una medaglia?); “Ma il Governo rispetti le regole della democrazia. Si riunisca il Parlamento” (che c’entra il governo se il Parlamento non si riunisce? Forse Conte-Tejero ha schierato i carrarmati dinanzi a Montecitorio e a Palazzo Madama per impedire l’ingresso a una folla di parlamentari ansiosi di entrare?); “Si facciano conferenze stampa, non show su Facebook: è una pandemia, non il Grande Fratello” (in che senso quei 7 minuti su Fb sono uno show o un reality? Chi è stato, fra Conte e l’Innominabile, a esibirsi ad Amici da Maria De Filippi col chiodo alla Fonzie?).
Poi si sono aggiunti Salvini e Meloni, che almeno non fanno parte della maggioranza. La Meloni delira di “intollerabili i metodi da regime totalitario” (qui la battuta si scrive da sé), “dichiarazioni trasmesse in orari improbabili” (lei preferiva le 22,51 o le 23.08), “con continui ritardi” (rispetto a cosa? A che ora esattamente la dichiarazione sarebbe arrivata in orario?), “attraverso la pagina personale su Facebook, come se in Italia non esistessero le Istituzioni, la televisione di Stato e la stampa” (in questi giorni tutti i capi di stato e di governo del mondo si rivolgono alle proprie nazioni in diretta, anziché affidarsi a freddi comunicati). Salvini tiene subito a precisare di essere rimasto, anche nell’ora più buia, il cazzaro di sempre: “Meglio tardi (troppo tardi) che mai, ieri notte ci hanno dato retta” (parola di quello che solo il 27 febbraio strillava “Riaprire tutto, negozi, discoteche, musei, gallerie, bar”); “non è questo il modo di agire e dare certezze agli Italiani” (parola di uno che ha “governato” in diretta Fb per un anno e mezzo, anche in piena emergenza Papeete). Al coro degli alti lai si unisce l’Ordine dei giornalisti, improvvisamente allergico alle comunicazioni dirette del premier (sempre esistite in tutto il mondo da che mondo è mondo), dopo decenni di silenzi sui “colleghi” che facevano domande-assist concordate o applaudivano B. e l’Innominabile.
Anche stavolta, non si capisce quale peccato mortale avrebbe commesso il premier. Non certo sospettabile di sfuggire alle domande, visto che quasi ogni giorno rilascia interviste ai quotidiani. Sabato, mentre era collegato con sindacati, Confindustria, 20 presidenti di Regione, Protezione civile, ministri e capi-delegazione giallorosa per decidere quali settori industriali e commerciali chiudere o lasciare aperti, a Otto e mezzo il solito tromboncino da divano strillava come un ossesso che era una vergogna il silenzio di Conte, dopo averlo accusato per settimane di parlare troppo. Finita la maratona di riunioni, il premier ha messo giù il discorso e poi l’ha letto, anticipando un Dpcm molto dettagliato, che è stato limato e integrato fino a ieri pomeriggio. Siccome tutti sapevano, per l’enorme numero dei soggetti coinvolti, che cosa grosso modo bolliva in pentola, ha chiarito appena possibile (cioè alle 23.20) la sostanza delle nuove restrizioni, rinviando i dettagli al testo uscito ieri e in vigore oggi. Non c’era tempo per convocare in extremis una conferenza stampa, che peraltro sarebbe andata deserta come le ultime (i cronisti lavorano in gran parte da casa). E occorreva evitare nuove fughe di notizie (e di persone) come quelle che gli erano state rinfacciate sul Dpcm dell’8 marzo. Ma qualunque cosa faccia Conte è sempre sbagliata: sia che parli sia che taccia, sia che anticipi le fughe di notizie sia che le insegua. Come se il dramma fossero le forme, i mezzi, gli orari delle sue comunicazioni. E come se fosse lui a deciderne i tempi per biechi motivi che peraltro nessuno spiega, e non le circostanze eccezionali. Per fortuna gli italiani sanno distinguere chi lavora da chi specula. Ed è questo che manda ai matti sciacalli e avvoltoi.
Siccome non c’è limite al peggio, un sedicente “Patto trasversale per la scienza”, ultimo travestimento di Burioni&C., diffonde una “diffida legale” alla virologa Maria Rita Gismondo invitandola ad abiurare pubblicamente alle sue convinzioni che costituirebbero il reato di “notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico”. In attesa che si allestiscano le pire per la nuova caccia alle streghe, segnaliamo a Burioni un cazzaro che il 2 e l’11 febbraio dichiarava: “In Italia il rischio è 0. Il virus non circola”, “Dobbiamo avere paura del coronavirus così come abbiamo paura dei fulmini”. Il suo nome è Burioni: al rogo anche lui.

Remain Italian. - Francesco Ersparmer



È normale che quando a essere minacciata è la nostra esistenza e a essere stravolte sono le nostre consuetudini, il pericolo sembri molto maggiore e di conseguenza esploda la nostra ansietà. Non è normale che si stia perdendo completamente il senso delle proporzioni e che troppi italiani si stiano abbandonando a una visione cupa del futuro o addirittura apocalittica: che è il modo migliore per esentarsi dalla responsabilità di agire, la facile giustificazione per evitare di doversi rimboccare le maniche, smetterla di adorare le solite celebrity e di guardare i soliti programmi televisivi, fare una seria e onesta autocritica per capire come mai ci si trovi in questa situazione. All’apocalisse, per definizione, non c’è rimedio e dunque è inutile contrastarla: molto comodo. Gente che per decenni non è andata a votare e adesso si lamenta della politica; lombardi e veneti che per pagare meno tasse e potersi comprare il SUV hanno preteso la “razionalizzazione” della sanità pubblica (la Lombardia, quattro mandati a Formigoni e poi, non pentita, a Maroni e Fontana; il Veneto, tre mandati a Galan per poi passare a Zaia) e adesso sono indignati per le sue carenze; milioni di italiani che in cambio di qualche gadget di plastica hanno accettato e sostenuto privatizzazioni, delocalizzazioni e globalizzazione e adesso recriminano per la debolezza dello Stato.
I popoli hanno i governi che si meritano e anche le epidemie che la loro disattenzione ha favorito. Tanti italiani in questi giorni si stanno sacrificando, stanno tenendo in piedi il paese, come hanno sempre fatto. Tanti stanno dimostrando generosità, partecipazione, abnegazione a anche immaginazione – le immagini dei cittadini che cantano insieme sui balconi hanno fatto il giro del mondo e sono riuscite a ridare credito al nostro paese, un credito di cui avrà enorme bisogno fra qualche mese, annullando l’effetto negativo provocato dalle interviste anti-italiane di Renzi e Salvini e mostrando l’Italia che gli stranieri ammirano e invidiano, capace di una solidarietà diffusa, un mosaico di vere comunità. Ma non avrebbe dovuto essere necessario che tanti dessero tanto. Sarebbe bastato che tutti facessero la loro parte; sarebbe stata sufficiente un po’ di vigilanza contro gli stronzi e i pagliacci che hanno gradualmente occupato le posizioni di potere nelle istituzioni, nell’economia, nella televisione. Cos’altro credete che fossero la Milano da bere di craxiana e berlusconiana memoria, i vincenti della Leopolda, i rampanti leghisti? Come avete potuto pensare che una minoranza (ma vasta) abituata a infrangere impunemente il codice della strada (protetta dai garantisti liberal e radicali) si sarebbe dimostrata disciplinata e avrebbe obbedito alle limitazioni alla sua sacra libertà (individuale) di fare quello che le pare?
La tolleranza nei confronti del male produce il male. Gli italiani non sono dei puritani e neppure dei tedeschi; il nostro modello di società consente eccezioni, trasgressioni, pentimenti. Ma entro certi limiti: l’Italia è sempre stata anche una società morale, in cui le abitudini, le tradizioni e i legami familiari supplivano a una autorità centrale abbastanza debole. Poi sono arrivati i liberisti alla Berlusconi, alla Veltroni, alla Renzi, alla Salvini, alla Bonino, a diffondere il modello americano, l’omogeneizzazione senza responsabilità e identità, passiva, indotta dalla pubblicità, fondata sul mero consumismo.
Il coronavirus è una prova e un’occasione, esso segna un momento epocale, il momento in cui abbiamo la possibilità di scegliere, e se non scegliamo vincerà per default la posizione dei ricchi e dei corrotti: se tornare a essere quello che siamo sempre stati riscoprendo la nostra cultura e rigettando trent’anni di edonismo liberista, o se completare la trasformazione e diventare la brutta copia (tutti i difetti, nessuna virtù) degli Stati Uniti. Altro che “stay human”, un’astrazione. Si tratta di rimanere italiani.

Altro che buongoverno: le 12 Regioni di destra tra guai e impresentabili. - Dario De Luca, Lorenzo Giarelli, Giuseppe Pietrobelli, Paola Pintus e Giacomo Salvini



DA NORD A SUD – AMMINISTRAZIONI BLOCCATE, SCANDALI, SPESE PAZZE E LEGGI VERGOGNA.
La retorica del “buongoverno” viene spesso sventolata da destra in contrapposizione a chi invece saprebbe dire soltanto di “No” e bloccare cantieri, opere, nomine. Su questo dualismo Matteo Salvini ha rovesciato il governo gialloverde, gridando al complotto perché non riusciva a imporre temi come l’autonomia differenziata o il Tav. Adesso che la Lega non è più al governo il meccanismo è ancora possibile se il focus si sposta sulle Regione, dove il centrodestra conta 13 presidenze su 20 (in Calabria la giunta si è appena insediata) e dove Salvini e soci garantiscono che le cose vanno a meraviglia. Eppure non è proprio così. Il presunto rinnovamento ha portato la coalizione a sbancare in nove regioni al voto negli ultimi due anni, ma per il momento si è tradotto in un immobilismo diffuso e in parecchi scivoloni, con tanto di ripetuti tentativi di riesumare prebende per la politica locale (in Piemonte pochi giorni fa la maggioranza stava per alzare di 1.000 euro lo stipendio alla giunta). Ecco allora una guida – giocoforza incompleta – del suddetto “buongoverno” e delle sue imprese peggiori.
- Sicilia - Quattro assessori sotto inchiesta Per i vitalizi solo un taglio soft. La bussola del governatore Nello Musumeci punta verso la Lega, fresca d’ingresso all’Ars e con cui il movimento del presidente potrebbe federarsi. Ma il matrimonio resterebbe vincolato all’ingresso in giunta di un assessore. Naufragato il taglio dei vitalizi (è stato approvato un taglio soft, contro le indicazioni del governo), la Regione ha tirato un sospiro di sollievo evitando il default grazie al salvagente da Roma che spalma in dieci anni un disavanzo da miliardi di euro. E poi ci sono i 14 indagati che affollano i banchi del Parlamento. Quattro gli esponenti dell’esecutivo mentre due i presidenti di commissione: Riccardo Savona (Forza Italia) e Luca Sammartino (IV). Il resto sono semplici deputati, come Luigi Genovese, eletto a 21 anni raccogliendo il testimone del padre Francantonio, condannato in primo grado per corruzione e adesso sotto processo col figlio per evasione fiscale.
Dario De Luca.
- Piemonte - La gaffe dell’aumento alla giunta e un referendum pro-Salvini. Il passo indietro è di ieri, ma la maggioranza giura che ci riproverà quando le acque si saranno calmate. La Lega aveva infatti presentato un provvedimento per aumentare di circa 1.000 euro al mese gli stipendi della giunta di Alberto Cirio. A essere rimpolpato sarebbe stato il fondo per i rimborsi: a oggi, chi accetta di utilizzare l’auto blu e l’autista rinuncia a quei 1.000 euro, che invece secondo i leghisti dovrebbero essere concessi. Se ne riparlerà più avanti. Intanto però la giunta ha perso pezzo. A dicembre è finito in manette l’assessore Roberto Rosso (FdI): secondo la Procura, aveva chiesto voti alla ’ndrangheta in occasione delle ultime elezioni regionali. Insieme ad altri sette consigli a maggioranza leghista, poi, il Piemonte aveva chiesto di indire un referendum per trasformare la legge elettorale in un maggioritario puro. Richiesta spedita indietro dalla Consulta, che ha dichiarato il referendum inammissibile.
- Abruzzo - Un bando da 225 mila euro va al fedelissimo della Meloni. “Due delle quattro Asl abruzzesi sono ancora senza direttore generale, le altre sono sprovviste del direttore sanitario o amministrativo”. La fotografia arriva da Cgil, Cisl e Uil, unite nel denunciare l’immobilismo della giunta guidata da Marco Marsilio (Fdi). Per la verità, nella Sanità qualcosa è stato fatto: nei mesi scorsi la Regione ha alzato gli stipendi dei dirigenti degli ospedali, portando da 115 mila euro l’anno a 149 mila i compensi dei dg e alzando di circa 30 mila anche quelli dei direttori sanitari e amministrativi, quando saranno nominati. Ma Marsilio pensa anche ai “suoi”: per la giunta è stato infatti ripristinato il rimborso relativo alle trasferte istituzionali, abolito nel 2015. Curiosa poi la gestione del trasporto pubblico Tua: in autunno un bando da 225 mila euro per alcune attività di comunicazione è stato vinto alla Mirus. Il proprietario della Mirus è Michele Russo, a lungo collaboratore di Giorgia Meloni e in passato vicino alla candidatura.
- Basilicata - Bilancio bloccato, ospedali in tilt: da mesi è stallo sulle nomine. Come la Sardegna e l’Umbria, anche la Basilicata non è riuscita a chiudere in tempo il bilancio per il 2020 ed è entrata in esercizio provvisorio. Ultimo sintomo di una giunta a lungo bloccata da dissidi interni. Paradossale è la situazione della Sanità, che tra gli altri problemi deve gestire il caso dell’Ospedale San Carlo di Potenza. La nomina del dg Massimo Barresi fu fatta dall’uscente ex governatore Pittella nel 2018. Da allora la situazione dell’Ospedale è rimasta gravissima, con la stessa Lega che a dicembre parlava di un rosso da 13 milioni. Per mesi il centrodestra si è scagliato contro Barresi, ma a un anno dall’elezione di Vito Bardi il dirigente è ancora al suo posto, in attesa che si trovi un nome alternativo. E a Termoli le cose non vanno meglio: in autunno sono scadute le Commissioni mediche sanitarie per le disabilità e la Giunta avrebbe dovuto provvedere a nuove nomine. Lo stallo di diversi mesi ha invece provocato centinaia di pratiche inevase.
- Molise - In ginocchio le imprese edili che si occupano del post-sisma. L’ultima lamentela nei confronti del governatore Donato Toma arriva dall’Acem Ance, ovvero il Collegio costruttori edili. Le aziende denunciano la grave situazione delle imprese impegnate nella ricostruzione post-terremoto: i pagamenti sono in ritardo da tempo e la tranche di fine 2019 non è ancora arrivata. L’associazione afferma di aver chiesto più volte un incontro con Toma, senza successo. Ma il destino della giunta non è affatto scontato. A dicembre la maggioranza è andata sotto sulla riforma del trasporto pubblico, una delle urgenze della Regione insieme alla Sanità. Tre consiglieri di destra hanno votato insieme alla opposizioni bocciando la linea Toma. Sembrava l’inizio di una crisi, invece per il momento il presidente è riuscito a ricompattare la truppa. Ma ci sono malumori anche sulla promozione del turismo: la Regione ha infatti rinunciato a partecipare alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano, provocando l’ira del settore.
- Trentino Alto Adige - Alzata l’Irpef per i più poveri. Qui i sindaci più pagati d’Italia. Questione di soldi. Quelli dei cittadini e quelli della Ue: utilissimi a finanziare la politica i primi, rifiutati i secondi. È la storia dell’ultimo anno leghista in Trentino Alto Adige, guida Maurizio Fugatti. L’estate scorsa la giunta ha decretato un aumento del 7 per cento dello stipendio dei sindaci della Regione, portando l’indennità del primo cittadino di Trento a superare di circa 1.500 euro gli 8.000 percepiti dai sindaci di Milano, Napoli e Roma. Curioso invece quanto successo a settembre: la giunta ha rinunciato a un milione di euro di fondi europei. Il motivo? Erano destinati a progetti per l’integrazione, come corsi di lingua italiana per stranieri e progetti di socializzazione. Alla ricerca di finanziamenti, meglio pescare in casa: a Trento Fugatti ha alzato la soglia minima di esenzione Irpef a 20.000 euro rispetto ai 15.000 previsti in precedenza. Una tassa da circa 300 euro in più all’anno per chi dunque si trova in una delle fasce di reddito più basse.
- Veneto - Gare su misura, sanità privata e hotel tra i vigneti del Prosecco. Luca Zaia è pronto per un’altra rielezione. Eppure a guardare più da vicino l’affresco leghista le crepe ci sono. Cominciamo dal limite dei due mandati: grazie alle deroghe, Zaia potrà correre per il terzo. La sanità è inciampata su un appalto da 300 milioni per le forniture di pasti negli ospedali, gara annullata dal Consiglio di Stato e bacchettata dall’Anac perché su misura per un gruppo vicentino. Altro inciampo, le liste d’attesa chilometriche che spingono dai privati. Infatti, il settore convenzionato (2,8 miliardi) e quello totalmente privato (3 miliardi) assorbono quasi 6 miliardi l’anno. Le colline del prosecco sono patrimonio Unesco? Ecco la legge che consente di costruire alberghi diffusi tra i vigneti. Zaia ottiene i Mondiali di sci Cortina 2021 e le Olimpiadi 2026? Ambientalisti sul piede di guerra perché la montagna è stata sbancata a colpi di dinamite. E, per finire, la Pedemontana, opera da 2,5 miliardi in ritardo di anni e che rischia di ingoiare un mare di soldi.
Giuseppe Pietrobelli
Friuli-Venezia Giulia - La geniale idea di Fedriga: un muro anti-migranti al confine. Un muro anti-migranti lungo il confine con la Slovenia. Era l’idea – poi, pare, tramontata – del governatore Massimiliano Fedriga, che pensava così di sistemare i flussi migratori provenienti dall’Est Europa. Di pochi giorni fa invece è la commemorazione durante il Consiglio Regionale di Bettino Craxi, di cui ricorre il ventennale dalla morte: la 127esima seduta d’Aula s’è aperta col ricordo dell’assessore alla Cultura Tiziana Gibelli, che poi avrebbe anche definito l’ex leader Psi “uno statista”. Nei prossimi mesi dovrebbe poi arrivare una decisione della Corte Costituzionale in merito a una legge di Fedriga e soci, impugnata a settembre dal governo. Il provvedimento prevedeva di togliere fondi all’inclusione sociale per destinarli ai rimpatri (che però sono di competenza statale) e al contempo di limitare gli incentivi occupazionali esclusivamente a chi assume persone già residenti da 5 anni nella Regione.
Lombardia - Fontana è indagato insieme a un assessore e un consigliere. A maggio la Dda di Milano ha condotto una maxi-operazione (43 misure cautelari) che ha coinvolto i piani alti della politica lombarda, Regione compresa. Anche il governatore Attilio Fontana ha di che preoccuparsi, con i pm che lo accusano di abuso d’ufficio per la nomina di un suo ex socio in Regione. Nell’indagine è coinvolto pure il consigliere di FI Fabio Altitonante, per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio. Ma i guai sono anche per un assessore: Stefano Bruno Galli, responsabile dell’Autonomia e della Cultura, è indagato nell’inchiesta sul presunto riciclaggio dei 49 milioni di euro della Lega. In tutto ciò, la Lombardia ha anche grane politiche: il mese scorso il consiglio ha dovuto votare due volte “contro” la giunta, che aveva approvato un taglio del sostegno a circa 7.000 famiglie con disabili gravi. Negli stessi giorni, la Regione ha rinnovato per nove anni senza gara il contratto per il trasporto regionale a Trenord. La concorrenza può attendere.
Liguria - Meno parchi, meglio il cemento. Bankitalia chiede lumi su Toti. Gli ultimi guai di Giovanni Toti riguardano il suo movimento politico Cambiamo. Bankitalia ha infatti trasmesso un fascicolo alla Procura di Genova – senza indagati – per far luce su alcuni finanziamenti all’associazione Change, oltre 200.000 euro finiti in parte anche sui conti del presidente. Ora Toti si prepara alla campagna elettorale, ma dovrà fare attenzione agli sgambetti degli alleati. L’estate scorsa, ai tempi del governo gialloverde, fu tramite la ministra Irene Stefani che l’esecutivo spedì alla Consulta una legge della giunta ligure, la cosiddetta sfascia-parchi: 540 ettari sottratti ai più grandi parchi della Regione e 42 aree protette cancellate, oltre all’annullamento del progetto del nuovo parco del Finalese. D’altra parte la Corte Costituzionale si era già occupata di Toti e soci: nel 2018 bocciò la legge con cui la Regione aveva cambiato le regole per l’assegnazione delle case popolari, escludendo gli stranieri non residenti da almeno 10 anni in Italia.
Sardegna - Cemento libero sulle coste. E ora c’è anche la grana Air Italy. L’addio di Air Italy e l’incertezza sul futuro della continuità territoriale in Sardegna, a rischio di mancata proroga, sono solo le ultime immagini di un’isola alla deriva dopo dieci mesi sardo-leghisti. Christian Solinas va verso il secondo mese di esercizio provvisorio e non ha ancora presentato la Finanziaria 2020, ma ha trovato il tempo di esitare il nuovo piano casa, che se consentirebbe aumenti di volumetrie dal 20 al 30 % anche nelle cosiddette zone “F”, le aree costiere tutelate in modo stringente dal piano paesaggistico. Gli unici altri atti legislativi prodotti finora riguardano la moltiplicazione di incarichi e di enti, come le otto nuove Asl sorte dalle ceneri dell’Azienda sanitaria unica. Vengono poi resuscitati i Cda nelle agenzie e nelle società, aboliti nella scorsa legislatura. Infine, una legge ad hoc ha allargato a dismisura i requisiti per l’accesso agli incarichi dirigenziali fiduciari esterni all’amministrazione. 
Paola Pintus
Umbria - Da mesi in esercizio provvisorio. Ma sale la spesa per Tesei&C. Uno dei primi atti dell’éra Donatella Tesei porta la data del 4 dicembre: è approvato il bilancio provvisorio. Dopo un mese di screzi continui per la formazione della giunta, la presidente ha deciso di rinviare la patata bollente a fine febbraio. A dicembre era anche emerso il caso dell’ assessore alla Sanità, il veneto Luca Coletto, in passato condannato a due mesi di reclusione per il reato di “propaganda di idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale”. E a gennaio il presidente del Consiglio Regionale di FdI, Marco Squarta, ha polemizzato con Coletto invitandolo ad “attivarsi” per non aver ripristinato i fondi a favore dei disabili. La nuova giunta non ha cambiato nulla sui costi della politica, anzi. Secondo il riepilogo degli stanziamenti consultati dal Fatto , per i tre nuovi assessori esterni nel 2020 la giunta Tesei spenderà quasi il 50% in più: 381.600 euro contro i 254.400 dell’anno passato. 
Giacomo Salvini