lunedì 25 maggio 2020

Amazzonia in fiamme per la crisi da Covid. - Nicola Borzi

Amazzonia in fiamme per la crisi da Covid

Da inizio anno l’Amazzonia e altre foreste tropicali in Sudamerica, Africa e Asia sono tornate a bruciare a ritmi che non si erano mai visti negli ultimi tre decenni. A inquietare gli studiosi e le associazioni per la difesa dell’ambiente è il fatto che questo periodo nelle aree tropicali segna la stagione delle piogge, durante la quale in passato la deforestazione frenava. Anche la causa che alimenta i roghi è del tutto nuova: a spingere l’aggressione dell’uomo contro l’ecosistema è la crisi economica scatenata dalla pandemia.
La pressione dell’uomo sull’ambiente e sulle foreste tropicali ha innescato il meccanismo dello spillover, la fuoriuscita del coronavirus dalle specie animali all’uomo che ha scatenato la pandemia. Molti hanno creduto che la recessione causata dal Covid-19 portasse a una “tregua ecologica” consentendo all’ecosistema di beneficiare della frenata dell’economia. Gli effetti positivi dei lockdown per l’ambiente si sono visti nelle grandi aree urbane e industriali, ma la crisi ha impoverito ulteriormente larghe fasce di popolazione che già vivevano sotto la soglia di povertà, specialmente nelle aree rurali e vicine alle foreste nei Paesi in via di sviluppo. Anche grazie ai problemi di controllo del territorio dovuti al distanziamento sociale, le bande di criminali al soldo di latifondisti senza scrupoli e una massa crescente di disperati hanno visto le foreste tropicali come un tesoro da saccheggiare per riempirsi le tasche o tentare di sfamare le proprie famiglie. La deforestazione e gli incendi boschivi sono così ripresi in modo incontrollato.
Per estendere le loro produzioni, molti latifondisti hanno deciso di tornare all’assalto dell’Amazzonia. Con il 60% della foresta amazzonica all’interno dei suoi confini, nonostante il calo della deforestazione tra il 2005 e il 2014, già nel 2015 in Brasile il disboscamento illegale e gli incendi boschivi avevano iniziato a riprendere slancio. Già lo scorso anno gli incendi boschivi e i disboscamenti in Amazzonia avevano causato sgomento in tutto il mondo. Ma ora a far paura è l’attacco “fuori stagione”. Se nel 2019 la deforestazione era cresciuta addirittura del 46% rispetto al 2012, anno con il valore più basso dall’inizio delle statistiche, a impressionare adesso è l’ulteriore crescita record dei terreni aggrediti dall’uomo, pari al 51% rispetto allo stesso periodo dicembre 2018 – marzo 2019.
I dati emergono dal rapporto “Il Brasile e l’Amazzonia: disboscamento delle foreste pluviali, biodiversità e cooperazione con l’Unione Europea” preparato da Cristina Müller dell’Agenzia ambientale austriaca per l’Ufficio studi del Parlamento europeo. La maggior foresta pluviale della Terra ha una superficie di 7 milioni di chilometri quadrati, pari a 23 volte l’Italia. Un “bioma” esteso su nove paesi (Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana francese) che comprende un mosaico di ecosistemi terrestri, acquatici, sotterranei e atmosferici tra foreste pluviali, stagionali, decidue, allagate e savane. L’Amazzonia è la casa di una specie su dieci al mondo e il “motore” della resilienza planetaria alla crisi climatica nel quale l’ecosistema, le specie e la diversità genetica lavorano in sincronia. Ma negli ultimi cinquant’anni un sesto della sua foresta primaria è stata distrutta e il dato sale a un quinto in Brasile.
Ma il Brasile è anche il principale Paese del Mercosur, l’area di libero scambio commerciale del Sudamerica. La bancada ruralista è la lobby parlamentare dei proprietari terrieri brasiliani, uno dei gruppi economici più potenti del Paese e ha sostenuto l’ascesa del presidente Jair Bolsonaro. L’aumento della deforestazione e la violazione da parte del governo del patto sociale pro-indigeno ora hanno incrinato la fiducia di molti Paesi nell’impegno del Brasile al rispetto degli accordi internazionali.
Come secondo maggiore partner commerciale del Mercosur dopo la Cina, l’Unione Europea sa che anche i modelli di consumo dei suoi cittadini sono motori della “deforestazione incorporata” e che creano un’elevata pressione sulle foreste nei Paesi extraeuropei accelerando i disboscamenti. Per frenare questo disastro la Ue intende garantire il commercio di “prodotti provenienti da catene di approvvigionamento esenti da deforestazione”.
L’Europa vuole rivedere i suoi accordi commerciali con il Mercosur per spingere i Paesi del Sud America a una politica ambientale migliore. Inoltre Bruxelles intende agire anche sui negoziati di due trattati ambientali vincolanti a livello internazionale dei quali il Brasile è stato tra i primi firmatari: la Conferenza delle Parti (Cop) dell’accordo di Parigi sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) e la Convenzione sulla diversità biologica (Cbd).
La pandemia è stata un doppio colpo per l’economia brasiliana che era già in difficoltà, non ancora ripresa da un forte rallentamento nel biennio 2014-15 e da una nuova stasi nel 2018-2019. Le finanze pubbliche di Brasilia erano sotto forte pressione anche prima del coronavirus, il che renderà difficile il sostegno pubblico alle imprese e creerà tensioni maggiori. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, quest’anno il Pil del Brasile calerà del 6,1% rispetto al 2019. La speranza è che la pressione economica europea riesca là dove hanno fallito l’intelligenza e il rispetto per l’ambiente degli uomini.

Hong Kong, aumentano le tensioni fra Usa e Cina. - Antonio Fatiguso

Hong Kong: lacrimogeni polizia contro dimostranti © AFPHong Kong: lacrimogeni polizia contro dimostranti.

'Washington vuole danneggiare la nostra sicurezza nazionale'.

La Cina mette in guardia gli Stati Uniti dalle conseguenze legate a Hong Kong sulle possibili sanzioni contro la legge sulla sicurezza nazionale per l'ex colonia in discussione a Pechino: "Se gli Usa continuano a danneggiare gli interessi della Cina, allora la Cina prenderà le necessarie contromisure", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian. Parlando in conferenza stampa, Zhao ha anche accusato Washington di voler "colpire la sicurezza nazionale" della Cina.
Gli Stati Uniti hanno già fatto sapere che probabilmente imporranno sanzioni alla Cina se Pechino attuerà la legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong. "E' difficile prevedere come Hong Kong possa restare un centro finanziario in Asia se la Cina assume la guida", ha detto il segretario alla sicurezza nazionale di Donald Trump, Robert O'Brien.

Il virus si mangia pure gli aiuti: il terzo settore chiede ossigeno. - Paolo Dimalio

Il virus si mangia pure gli aiuti: il terzo settore chiede ossigeno

La pandemia miete altre vittime. Lotta al cancro, sostegno ai bimbi disabili, cooperazione internazionale, campagne per l’ambiente: alcuni esempi delle iniziative a rischio per via del calo delle donazioni nel Terzo settore. Secondo L’Istituto italiano delle donazioni il 40% degli enti ha il dimezzato i fondi, nel primo trimestre. Le organizzazioni di volontariato, promozione sociale e senza fini di lucro annaspano e chiedono subito il 5xmille 2018-2019: in tutto, 1 miliardo. ll denaro, del resto, è già nelle casse dello Stato: grazie al Decreto Rilancio (art.156) entro il 31 ottobre andrà ai beneficiari.
Airc (Associazione Italiana per la ricerca sul cancro) l’anno scorso ha raccolto 20 milioni dalle donazioni sul territorio: eventi, cene, manifestazioni. Ma ora è tutto fermo: “Stimiamo di perdere almeno 10 milioni”, dice Niccolò Contucci, direttore generale. Altri 18 milioni, nel 2019, sono arrivati dai bollettini postali. “Introiti sono quasi azzerati”, avvisa Contucci. Il direttore generale teme, a fine anno, perdite per almeno 30 milioni: “Soldi in meno per la ricerca sul cancro, purtroppo”. Su Amazon, però, Airc ha venduto 316 mila azalee: 5 milioni di euro per sostenere le cure oncologiche. Contucci dà un numero: “In Italia di tumore muoiono in media 500 persone al giorno, 180 mila l’anno”. Di Covid, ad oggi, sono decedute meno di 35 mila pazienti.
La Lega del Filo d’Oro assiste dal 1964 bambini ciechi e sordi. Per tutti loro, la quarantena ha acuito il dramma quotidiano dell’isolamento. Rossano Bartoli, il presidente, è preoccupato ma ottimista: “Il 65% delle nostre risorse è frutto di donazioni, a marzo si erano dimezzate ma per fortuna sono risalite”. Il crollo ha investito i bollettini postali, ma le donazioni online e i bonifici hanno compensato, in parte, le perdite.
Emergency è in prima linea sul fronte pandemia. Ma il timore è d’indebolire gli aiuti all’estero, dove le tragedie proseguono. “Ad oggi le donazioni non sono calate – dice Alessandro Bertani, vicepresidente – ma solo perché abbiamo lanciato una raccolta fondi contro il Coronavirus”. Quei soldi però sono destinati solo all’emergenza Covid. I contributi dal territorio sono crollati: eventi pubblici, cene, i ragazzi di Emergency per le strade. “Quella è la nostra fonte primaria – spiega Bertani – e se l’andazzo proseguisse, nel lungo periodo rischia la cooperazione internazionale”. Ad aprile è saltata, in Uganda, l’inaugurazione del centro di chirurgia pediatrica disegnato da Renzo Piano. Non si sa quando i volontari di Emergency (circa 1500) torneranno in strada: intanto, aiutano a distribuire cibo a chi è in difficoltà.
Greenpeace fonda le sue campagne per l’ambiente sulle donazioni raccolte grazie ai “dialogatori”. Sono i ragazzi in strada che avvicinano i passanti per convincerli a contribuire. “L’anno scorso valevano il 50% delle donazioni totali, oggi quei soldi sono evaporati”, dice Andrea Pinchera, direttore Fundraising. Greenpeace punta a raccogliere risorse con altri canali: call center, mail, social. “Il timore è di arrivare a fine anno con le donazioni a picco, senza fondi per le campagne”, avvisa Pinchera: “Ora stiamo valutando se riportare i ‘dialogatori’ in strada”.
L’Associazione italiana contro le leucemie (Ail) finanzia la ricerca sui tumori al sangue e sostiene i pazienti. “L’anno scorso a Pasqua abbiamo ricevuto 7 milioni grazie alle uova di cioccolata nelle piazze – dice il presidente Sergio Amadori –. Stavolta, con gli italiana chiusi in casa, abbiamo incassato zero”. I leucemici sono soggetti fragili, tra i più esposti agli effetti del Covid 19. Perciò la Onlus ha lanciato su internet, a fine marzo, la campagna “Io sono a rischio”. “Ma siamo ben lontani dai 7 milioni delle uova pasquali – dice Amadori –. Continuiamo ad aiutare i pazienti e le loro famiglie, i conti li faremo a fine anno: speriamo di raccogliere il 60% delle donazioni dell’anno scorso”.
L’Unicef porta aiuto ovunque, nel mondo, ci sia una tragedia, come la pandemia. “Le donazioni per noi non sono diminuite”, dice Andrea Iacomini, portavoce per l’Italia. Il fondo delle Nazioni unite per l’infanzia, dal 23 marzo, raccoglie contributi per l’emergenza Covid nello Stivale, con buoni risultati: “I contributi per i vaccini crescono, la raccolta digitale funziona e aumentano le persone che chiedono d’indicare l’Unicef come erede nel testamento”, dice Iacomini. Problema: le donazioni raccolte dai “dialogatori”, con i bollettini postali e gli eventi in piazza sono nulle, o quasi. Gli effetti, scommette Iacomini, si sentiranno tra qualche mese: il rischio, come per Emergency, è di non avere risorse per fronteggiare vecchie e nuove minacce.
Medici senza frontiere contrasta la pandemia in Italia e in altri 40 Paesi. La Onlus, del resto, era già in trincea contro il virus Ebola. Ma le conseguenze del lockdown sono serie: “Le donazioni calano perché le persone non vanno alle Poste e i ‘dialogatori’ restano a casa”, dice Annalaura Anselmi, direttrice della raccolta fondi. Senza il sostegno del territorio, Msf punta su internet e il telefono: il 10 marzo ha lanciato una campagna per raccogliere 100 milioni di euro contro la pandemia. Difficile pareggiare il crollo delle donazioni ‘faccia a faccia’ e via Posta, dice Anselmi: “Alcuni programmi ‘salva-vita’ sono stati convertiti all’emergenza Coronavirus, ma ci sono luoghi nel mondo dove si muore di colera e morbillo, con tassi di mortalità anche superiori al Covid 19. Il timore, sul lungo periodo, è che vengano a mancare risorse vitali per affrontare altri drammi”.
Save the Children sconta, come gli altri, una sofferenza nella raccolta fondi. “Oggi non conosciamo i numeri, ma alcuni sostenitori ci hanno detto di vivere situazioni faticose e hanno dovuto ridurre o interrompere le donazioni”, spiega Giancarla Pancione, direttrice marketing. L’organizzazione per l’infanzia non ha intenzione di rivedere i progetti per i piccoli.
Come l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze: “Le donazioni sono diminuite – dice Alessandro Benedetti, segreterio generale della fondazione che sostiene il nosocomio –, ma i servizi proseguono. Certo, se ci fosse un anno senza donazioni, allora caso cambierebbe tutto”.

È più contagioso del virus: se ne vada. - Selvaggia Lucarelli

Coronavirus, Gallera non torna indietro e prova a spiegare l ...

Non è che Giulio Gallera si dovrebbe dimettere. Giulio Gallera si sarebbe dovuto dimettere al suo primo segnale di inadeguatezza di fronte al disastro, quindi probabilmente quando il pipistrello di Wuhan è uscito dalla grotta.
Giulio Gallera dovrebbe compiere la prima grande azione di contenimento in Lombardia contenendo se stesso.
Giulio Gallera dovrebbe perdere la sua carica virale e sparire col caldo, magari prima di giugno, perché i lombardi non hanno ancora sviluppato gli anticorpi per le sue boiate e ogni volta che le sentono si ammalano ancora un po’.
Giulio Gallera dovrebbe andare a casa e rinchiudersi lì, in una quarantena infinita, perché l’indice di contagiosità delle sue fesserie è uguale a 10: ogni volta che ne spara una, ci sono almeno 10 milanesi che vorrebbero schiaffeggiarlo.
Doveva dimettersi quella volta in cui disse che gli asintomatici non sono contagiosi. Quella volta in cui disse, in piena epidemia, con la gente che moriva a casa, che “noi facciamo i tamponi anche a chi ha uno stato lievemente alterato” e forse lo stato alterato era il suo. Doveva dimettersi quando, sempre con la gente che moriva a casa perché nessuno rispondeva neppure più ai numeri dell’emergenza, dichiarò che “la gente resta a casa troppo a lungo anche perché ormai ha paura di andare in ospedale e contagiarsi”.
O quella volta in cui affermò che lui Alzano Lombardo non poteva chiuderlo perché “è colpa dello Stato, doveva farlo lo Stato, non era nelle nostre competenze”. E doveva dimettersi pure il giorno dopo, quando disse l’ opposto: “Ho approfondito, c’è una legge del 1978 e prevede che potevamo chiudere Alzano”. Ed era (ed è) la legge n.833 del 23 dicembre 1978, intitolata “Istituzione del Servizio sanitario nazionale”, cioè quella che regola le competenze degli assessori regionali alla Sanità. Cioè le competenze di Gallera, che non conosce neppure le sue competenze, cosa del resto comprensibile perché non le hanno individuate neppure i suoi concittadini.
Doveva dimettersi anche per aver detto che i cittadini lombardi devono pagarsi i test sierologici perché non servono a niente, per poi bullarsi pochi giorni dopo che i test li pagherà la sanità pubblica. E allora uno si chiede: ma, se diceva che non servono a niente, perché ha deciso di farli pagare alla Regione? Poi ti ricordi che anche lui non serve a niente e anche il suo stipendio lo paga la Regione e capisci che c’è una linea di continuità.
Dovrebbe dimettersi perché ha detto che la famosa delibera che mandava nelle Rsa i malati Covid dimessi dagli ospedali, ma ancora contagiosi, lui la rifarebbe domani. E allora verrebbe da dire: “Se i morti nelle Rsa potessero parlare…”. Ma noi non abbiamo doti medianiche come Renzi, noi i morti non li facciamo parlare, noi parliamo con i vivi e i lombardi vivi, in questo momento, stanno dicendo tutti: Gallera, vattene.

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

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La tentazione. “Non abbiamo fatto errori e tenerci chiusi non sarà necessario” (Attilio Fontana, Lega, presidente Regione Lombardia, Repubblica, 23.5). Però sarebbe bellissimo.
Forconi e forchette. “Io continuo a essere convinto che (Conte) lo manderanno via con i forconi” (Pierferdinando Casini, senatore eletto col Pd, il Giornale, 21.5). Lui darà una mano con la sua forchettina.
I ricchi e poveri. “Conte garantisce miseria a chiunque” (Libero, 22.5). “Italiani mai così ricchi” (Libero, 24.5). Apperò, e tutto in due giorni.
La parte per il tutto. “Attacco M5S alla Lombardia” (Corriere della sera, prima pagina, sulle critiche del deputato M5S Riccardo Ricciardi alla gestione della pandemia da parte della giunta regionale lombarda, 22.5). Occhio che ora invadono pure la Polonia.
Esagerato. “Soldi alle imprese subito, stop alle tasse tutto l’anno” (Silvio Berlusconi, il Giornale, 23.5). Ma non ti basta non pagarle?
Razzi Catiuscia. “Pd garantista con Bonafede e non con me: ipocriti” (Catiuscia Marini, ex presidente Regione Umbria, Il Foglio, 22.5). Perché, Bonafede è indagato per associazione per delinquere nella lottizzazione della sanità regionale?
La Supercunial. “Mentre voi stracciate il codice di Norimberga con Tso, multe e deportazioni, riconoscimenti facciali e intimidazioni, avallate dallo scientismo dogmatico protetto dal nostro pluripresidente della Repubblica, che è la vera epidemia culturale di questo Paese, noi fuori, con i cittadini moltiplicheremo i fuochi di resistenza in modo tale che vi sia impossibile reprimerci tutti” (Sara Cunial, deputata gruppo Misto, ex M5S, 14.5). Ma con scappellamento a destra o al centro?
Cappellamento. “Come sarebbe possibile a Roma non far continuare il lavoro a Virginia Raggi? É un po’ come se Giulio II, il Papa delle arti, avesse impedito improvvisamente a Michelangelo di terminare la decorazione della volta della Cappella Sistina” (Paolo Ferrara, consigliere comunale 5Stelle a Roma, 17.5). Ma come, in Vaticano non c’era la regola dei due mandati?
Il capomastro. “Non voglio poltrone, ma cantieri” (Matteo Renzi, segretario Iv, Repubblica, 21.5). Così va a dare consigli non richiesti anche lì, tipo umarell.
Il nuovo Nostradamus. “Quando ho chiesto di riaprire mi hanno preso tutti per matto. Ora hanno tutti capito che quella richiesta era giusta” (Renzi, ibidem). Infatti lui voleva aprire il 1° aprile in piena pandemia e il governo ha riaperto – a rate – da metà maggio.
Il nuovo Machiavelli. “Ultimi momenti per controllare le bozze de ‘La mossa del cavallo’. Come frase introduttiva ho scelto Machiavelli. Ma una frase intima, questa: ‘Ognuno vede quel che tu pari; pochi sentono quel che tu sei’. Vi piace?” (Renzi, Twitter, segnalato da @nonleggerlo, 18.5). Transennate le librerie.
Padri prostituenti. “Domanda incomprensibile. Come dire: lei mi entra nella prostituzione maggiorenne?” (Maurizio Gasparri, FI, vicepresidente del Senato, alla giornalista Claudia Di Pasquale, che tenta di intervistarlo sulla sua fondazione “Italia Protagonista”, Report, Rai3, 18.5). Ma quante nipoti aveva Mubarak?
Lezioni di italiano. “Bonafede, come Conte e Di Maio, sono bambini presi a sberle” (Gianluigi Paragone, senatore gruppo Misto, ex M5S, Huffington Post, 19.5). Ma Bonafede è plurale o sono in tanti?
Strage di capaci. “Per ripartire serve un governo dei capaci. Conte chiami attorno a sé i migliori” (Giuseppe Sala, Pd, sindaco di Milano, Repubblica, 24.5). Ma perchè autoescludersi così, a priori?
La via maestra. “I soldi senza riforme non ci porteranno lontani” (Roberto Formigoni, rubrica “La frustata”, Libero, 24.5). A lui, per esempio, i soldi delle mazzette e le riforme della sanità l’hanno portato in galera.
I have a drink. “Pd, no a Raggi e Appendino e per Roma cerca un big. L’idea 5S di ricandidare le due sindache non convince i dem. Il sogno Enrico Letta che però non è interessato al Campidoglio” (Repubblica, 21.5). Quindi, se nemmeno Enrico Letta sogna Enrico Letta, chi è che sogna Enrico Letta? Repubblica? Uno a caso per strada?
Il titolo della settimana. “Reddito ai mafiosi” (il Giornale, 21.5). Bei tempi quando, da quelle parti, li chiamavano stallieri. O gente con cui “dobbiamo convivere”. O senatori.

MODELLO LOMBARDIA E TERZO SETTORE. - Niccolò Biondi

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Le polemiche bipartisan al deputato pentastellato Ricciardi (come spesso accade, contro il M5S si uniscono centrodestra e centrosinistra) per il suo intervento contro il “modello Lombardia” nella sanità hanno dell’incredibile. Ha detto una cosa semplicemente banale: che è stato da liberali criminali e incoscienti tagliare 25 mila posti letto negli ospedali pubblici, per erogare fondi alle associazioni e agli ospedali privati degli imprenditori amici di Formigoni & co. Una accusa dovuta, fondata e condivisibile, che è puro buon senso - e pure senso comune, soprattutto dopo l’emergenza Covid19: addirittura i lettori di Repubblica gli danno ragione, andate a leggervi i commenti sotto l’articolo pubblicato stamattina.

Si capisce bene come mai i parlamentari e alcuni membri del governo (pare che anche il ministro Speranza, Leu, abbia dato ragione a Giorgetti) sono insorti: il modello dei tagli al pubblico per aumentare la presenza dei privati nella sanità è stato sposato da tutti negli ultimi 30 anni, sia centrodestra che centrosinistra, e che fosse per dare soldi pubblici agli amici imprenditori o per adesione ideologica all’idea della superiorità del “terzo settore” e del privato sociale sul pubblico, poco cambia. Lombardia e Toscana sono due esempi paradigmatici di questo processo: centrodestra e centrosinistra accomunati nella politica di integrazione nel sistema sanitario di enti del privato sociale, con un’estensione del terzo settore che ha portato a centinaia di milioni di euro (se non miliardi, nel corso degli anni) sottratti alle strutture pubbliche, la cui qualità di conseguenza peggiorava e le cui liste d’attesa si allungavano inesorabilmente (e poi, le accuse di inefficienza, secondo il classico schema: tagli — peggiorano i servizi — cittadini si lamentano — politici accusano il pubblico e privatizzano). In Toscana, inoltre, ci sono strutture del privato sociale in cui i dipendenti sono volontari: un ottimo modo per trasformare l’attivismo della società civile in reddito d’impresa e svalutazione del lavoro.


In Italia abbiamo tante famiglie (una risibile minoranza in termini percentuali sull’intera popolazione, ma comunque migliaia di persone) che guadagnano palate di milioni di euro grazie alla gestione di ospedali, cliniche e servizi sanitari e diagnostici vari. Ciò è una vergogna indicibile: non un solo euro dovrebbe finire nei conti in banca dei privati in relazione alla salute, i servizi sanitari dovrebbero essere tutti pubblici, nessuno escluso, gestiti con soldi che escono dalle casse dello Stato e in queste casse ritornano - e se mancano fondi, si tassano maggiormente le fasce di reddito più alte, come avveniva fino ai primi anni ‘90.


Il caso dei fondi richiesti da FCA allo Stato, 6 miliardi di fondi pubblici per staccare 5,5 miliardi di dividendi agli azionisti, mostra quanto sia disfunzionale e assurdo questo sistema di drenaggio di risorse pubbliche per farlo finire nelle tasche private: l’ormai tristemente celebre “socialismo delle perdite, privatizzazione dei profitti”. Qui siamo in una situazione in cui lo Stato dovrebbe tornare ad essere proprietario e a gestire ben più dei servizi essenziali; figuriamoci quelle strutture che devono garantire il diritto alla salute. Si scrive “terzo settore”, si legge “furto ai danni dei cittadini per riempire i conti in banca di pochi imprenditori”.


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Non si finisce mai di imparare... - Massimo Erbetti.

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Aveva ragione la vecchia che non voleva morire, perché diceva che aveva altre cose da imparare.
Ogni giorno impariamo cose nuove e non cose di poco conto, ma cose veramente importanti...sapevate ad esempio che se l'indice di contagio è 0,51, per infettarvi serve incontrare contemporaneamente due positivi al Covid-19? Oppure...lo sapevate che i dinosauri sono scomparsi perché li ha sconfitti l'uomo? E che portare la mascherina vi uccide? Non lo sapevate vero? Fortunatamente ci sono geni estremamente dotati intellettivamente che hanno deciso di mettere a disposizione di noi, popolo ignorante, queste preziose informazioni. Cosa avremmo fatto senza di loro, nessuno lo sa e lo saprà mai. E mentre queste menti geniali cercano di tirarci fuori dalla nostra mostruosa ignoranza, mentre loro cercano con tutte le forze di istruirci, ci sono i due Stati più potenti al mondo che invece di interrogarsi su questi argomenti di vitale importanza, giocano come dei bambini a Risiko e sono sull'orlo della guerra fredda:
“Con gli Usa siamo a un passo da una nuova Guerra Fredda”.
Ha detto il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi, parlando in conferenza stampa a margine dei lavori della sessione parlamentare.
Il ministro ha poi aggiunto che i due paesi “non dovrebbero avere conflitti e cooperare in una logica win-win e di rispetto reciproco”.
“Gli Usa devono rinunciare a voler cambiare la Cina e rispettare” la sua volontà di sviluppo della nazione.
Per calmare gli animi nel frattempo il Presidente Trump, ha dichiarato che intende riprendere i test nucleari interrotti nel 1992.
Capito? Mentre noi diamo importanza e siamo distratti dalle stupidaggini che escono dalla bocca di qualche "plusdotato mentale", c'è qualcuno che oltre a dirle (le stupidaggini intendo) le mette in atto...e le conseguenze non saranno certo le quattro risate che ci fanno fare i "geni" di casa nostra.
Io credo che dovremmo un attimino rivedere le nostre priorità...non lo credete anche voi?

Un Fatto nuovo. - Marco Travaglio

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Che senso ha un giornale di carta nell’èra del web? Perché mai aspettare il giorno dopo per conoscere le notizie del giorno prima che tutti, o almeno molti, hanno già ricevuto in tempo reale? Ce lo domandavano in molti già nel 2009, quando con Antonio Padellaro, Peter Gomez, Marco Lillo e un pugno di altri colleghi ci imbarcammo nella folle impresa del Fatto Quotidiano. E ce lo domandavamo anche noi. La risposta, per chi c’era, è nota: 30 mila abbonati al buio, sulla fiducia, prima di vedere il nostro giornale. E almeno il doppio di acquirenti dopo l’uscita nelle edicole. Da allora sono trascorsi 11 anni, il web gratuito e il digitale a pagamento hanno preso sempre più piede e si sono mangiati più della metà dei fatturati della carta stampata e delle edicole, nonché i tre quarti dei distributori. Eppure Il Fatto è più vivo che mai, con 50 mila acquirenti stabili (e almeno il quadruplo di lettori abituali) fra abbonati e habitué dell’edicola, una società editoriale multimediale guidata da Cinzia Monteverdi che, anziché tagliare sul personale come fanno altri, si tiene stretto il “capitale umano” e ci investe nuove risorse. Qualche mese fa, finiti i festeggiamenti del decennale, quando nessuno immaginava lo tsunami da Covid, ci siamo detti che era il momento di pensare a un Fatto nuovo. Non solo nella grafica, ma anche nell’offerta dei contenuti, per tenere il passo con i tempi che cambiano: con l’esigenza sempre più diffusa di un giornale più chiaro, leggibile, esclusivo, originale e sorprendente. Meno legato al flusso delle notizie del giorno prima, già masticate dai siti e dai social, dai tg, dai talk show e dalle rassegne stampa, e più ancorato ai “fatti del Fatto”. Cioè ai nostri scoop, inchieste, storie, analisi, commenti, interviste, dibattiti, fact checking.
Un esempio, per capirci: l’altro giorno il deputato Ricciardi ha scatenato reazioni furibonde, alla Camera e fuori, col suo atto d’accusa al “modello Lombardia”. L’indomani era impossibile che qualcuno non ne sapesse nulla, visto che fra il pomeriggio e la sera precedenti se n’era parlato dappertutto: in questi casi, se saremo bravi e mentalmente elastici, il nostro compito del giorno dopo non sarà di fornire una “ribollita” del déjà vu, ma una breve sintesi dell’accaduto seguita dai nostri approfondimenti, ascoltando voci favorevoli e contrarie alla tesi del deputato e indagando (come han fatto Maddalena Oliva e Davide Milosa) i principali errori commessi tuttoggi dalla Lombardia. Solo così offriremo ai lettori un valore aggiunto rispetto a ciò che già si sa o che gli altri non dicono.
Le notizie in pillole le troverete nella sezione “Zoom”, quelle esclusive nel “Focus”, le letture più ampie nel “Radar”: queste e altre novità scoprirete da martedì, distribuite su 24 o su 20 pagine a seconda dei giorni, insieme a nuove rubriche e iniziative, alle pagine di politica, cronaca, economia (l’inserto speciale del mercoledì passa al lunedì), esteri, “secondo tempo”, lettere e commenti.
Ma, dicevo, mentre il nostro art director Fabio Corsi e la sua squadra lavoravano al nuovo progetto grafico e noi giornalisti ai nuovi contenuti (a proposito: grazie a tutta la redazione per il magnifico lavoro durante la quarantena e soprattutto al nostro condirettore Ettore Boffano, tornato dalla pensione per qualche mese per aiutarci nell’operazione-rilancio), il mondo intorno a noi cambiava un’altra volta a causa della pandemia. E il panorama imprenditorial-editoriale veniva sconvolto da nuovi sommovimenti, con lo spadone della nuova razza padrona sbattuto sul tavolo di “Stampubblica” e, di riflesso, della politica. I valori costituzionali della salute e dell’eguaglianza, che parevano tornati al centro della vita pubblica, sono finiti di nuovo in un angolo a suon di diktat della Confindustria e dei suoi gregari politici e giornalistici, ansiosi di “riaprire tutto subito” e poi di mettere le mani sui soldi pubblici (statali ed europei) della ricostruzione. Un clima mefitico che ci ha ispirato lo slogan della nostra campagna promozionale: “Per non tornare alla ‘normalità’ di prima”.
Intanto, non saprei dire se per merito nostro o per demerito altrui, accadeva un piccolo miracolo: proprio mentre la gente era chiusa in casa, i nostri acquirenti in edicola e i nostri abbonati digitali aumentavano a vista d’occhio. E nuove firme importanti si avvicinavano al Fatto come a una scialuppa di salvataggio: alcune le avete già viste, altre le scoprirete da martedì in edicola.
Infine c’è la nuova offerta digitale, per gli abbonati online vecchi e nuovi (attenzione alle offerte post-Covid a prezzi molto convenienti): un pool di nostri giornalisti, coordinato da Salvatore Cannavò, invierà newsletter quotidiane e settimanali con contenuti supplementari a quelli della carta, alcuni gratuiti e altri a pagamento sul sito ilfattoquotidiano.it, oltre alla versione digitale del nostro mensile Millennium diretto da Peter Gomez e ai programmi di Loft (la nostra tv diretta da David Perluigi). Ancora due giorni di attesa, poi il Fatto nuovo sarà vostro. Noi ce l’abbiamo messa tutta. Voi ci direte se ne sia valsa la pena. Grazie.