È primario di anestesia e rianimazione, Alberto Zangrillo, ma il suo intervento medico più notevole, a favore del suo paziente più notevole, ha riguardato l’uveite, che è una malattia degli occhi. “Ne soffro da quando mi hanno scagliato in faccia una statuetta del Duomo”, dichiara nel 2014 Silvio Berlusconi, l’ur-paziente dell’esimio professore anestesista e rianimatore. Si presenta in pubblico con degli occhialoni neri che fanno dimenticare perfino la bandana che nel 2007 aveva giovanilisticamente coperto il lavoro di un altro medico, il professor Piero Rosati, insigne tricologo, che gli aveva eseguito un trapianto di capelli. Nel novembre 2014, dunque, Zangrillo apre le porte del San Raffaele di Milano, dov’è primario, a un Berlusconi con gli occhiali scuri: “Non sarà un ricovero brevissimo, almeno una settimana, perché faremo anche un controllo generale delle condizioni di salute del paziente”. Ma allora: “È solo uveite?”, chiesero i malfidenti. “Non c’è niente di non detto. È un problema oftalmico”, assicurò l’anestesista Zangrillo, “il ricovero l’ho deciso dopo essermi consultato con l’oftalmologo Francesco Bandello”.
Il bello è che l’anno prima, l’8 marzo 2013, occhialoni, uveite e ricovero al reparto D del San Raffaele erano serviti a Silvio per saltare le udienze del processo Ruby. Con conseguente visita fiscale disposta dai giudici del Tribunale e superprotesta dei suoi allora molti parlamentari, che avevano marciato sul palazzo di giustizia e tentato di occupare l’aula del processo. Medicina e politica si incrociano sempre, sul corpo di Silvio. Zangrillo cerca di districarle come può. Una volta ha perfino sbattuto la porta alla politica: nell’inverno del coronavirus 2020, quando viene invitato a una riunione in Regione Lombardia dal presidente Attilio Fontana e dall’assessore Giulio Gallera per far partire il progetto del super-ospedale Covid alla Fiera di Milano. Zangrillo non la ritiene una buona idea, l’Astronave nel deserto, slegata e distante dalle specialità (pneumologiche, cardiovascolari, nefrologiche, neurologiche…) di un ospedale: “Una rianimazione non può essere svincolata, anche in termini di spazi, da una struttura ospedaliera”. Boccia senza appello l’ideona di Fontana e Gallera. I fatti (21 i milioni spesi, non più di 20 i pazienti ricoverati) gli daranno poi ragione. È proprio in quei giorni che comincia a circolare la notizia che Zangrillo potrebbe candidarsi a sindaco di Milano. Lui smentisce con decisione, ma chissà.
Nato nel 1958 sotto il segno dell’ariete, si laurea in Medicina e chirurgia a 25 anni, alla Statale di Milano. Si specializza in anestesia e rianimazione. Fa pratica al Queen Charlotte Hospital di Londra, all’Ospital de la Santa Creu Pau di Barcellona, al Centro Cardiotoracico di Montecarlo, all’Hetzer Deutsche Herzzentrum di Berlino. Poi si ferma al San Raffaele, dove diventa primario. Ma è noto soprattutto per essere il medico personale di Berlusconi, che assiste anche nei momenti più neri e difficili. Il 13 dicembre 2009, quando un ragazzo instabile gli scaglia in faccia la statuetta. Nel 2016, quando viene sottoposto a un complesso intervento a cuore aperto. Nei mesi del Covid va tutto bene finché Silvio resta confinato in Francia. Il 31 maggio 2020, però, Zangrillo dichiara in tv che “il virus, dal punto di vista clinico, non esiste più”. Anche il suo paziente zero allenta le precauzioni. Si trasferisce in Sardegna. Incontra Flavio Briatore, poi positivo al Covid-19, anche se gli interessati escludono che possa essere stato lui l’untore. Il patron del Billionaire, diventato un cluster dell’infezione, lo precede comunque al San Raffaele, dichiarando però che il suo problema è, se non un’uveite, una prostatite. Pochi giorni dopo, Silvio risulta positivo al coronavirus e viene ricoverato per polmonite bilaterale. Zangrillo alla fine è costretto a fare autocritica. Ritratta, come Galileo. “Sollecitato provocatoriamente, ho usato in tv un tono forte, probabilmente stonato. Ma fotografava quello che osservavamo e continuiamo a osservare”. Conclusione: “L’umore di Berlusconi non è dei migliori. Neanche il mio”. Chissà se ha ripensato anche alla sua fantacandidatura sospesa a sindaco di Milano.
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