sabato 21 novembre 2020

“Aiutò i clan a entrare nell’affare farmaci”: arrestato il ras di FI. - Lucio Musolino

 

È il n. 1 del consiglio regionale.

“Si manda sull’aereo… se l’azienda manda in Inghilterra la medicina… ci sono antitumorali… Giova’… antitumorali che costano duemila euro… okay? Gli ospedali li comprano a mille… nell’Inghilterra li vendono a cinquemila… gli antitumorali… quindi tu li compri a mille e li vendi a cinquemila”. Le parole di Salvatore Grande Aracri, detto “il Calamaro”, sono la dimostrazione plastica di come ’ndrangheta e politica insieme si sono mangiati la Calabria. Una regione che oggi è devastata dal virus ma in cui, fino a ieri, cosche e colletti bianchi speculavano addirittura sui medicinali destinati a chi soffre di tumore. È questo uno degli aspetti più raccapriccianti dell’operazione “Farmabusiness”. Su richiesta della Dda di Catanzaro i carabinieri hanno arrestato 18 persone. Ai domiciliari è finito anche il presidente del Consiglio regionale Mimmo Tallini accusato di aver favorito, nel 2014, quando era assessore al Personale i boss dei Grande Aracri. Per loro ha accelerato “l’iter burocratico per il rilascio di necessarie autorizzazioni nella realizzazione del ‘Consorzio Farma Italia’ e della società ‘Farmaeko’, che prevedeva la distribuzione dei cosiddetti medicinali da banco sul territorio nazionale”.

Per il procuratore Gratteri e i suoi pm, l’esponente di Forza Italia e “quegli amici” della cosca Cutro avevano “il programma delittuoso di truffare il Ssn esportando illegalmente farmaci oncologici per rivenderli all’estero con profitti spropositati”. Secondo il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e i sostituti Paolo Sirleo e Domenico Guarascio che lo hanno accusato di concorso esterno con la ’ndrangheta e scambio politico-mafioso, Tallini era il “contatto privilegiato” delle cosche crotonesi. Per il gip, che ieri ha firmato l’ordinanza di custodia, quella dell’esponente di Forza Italia è “una contiguità ’ndranghetistica che sfiora la vera e propria intraneità”.

L’uomo di collegamento era un tecnico antennista e concessionario di Sky per la Calabria: Domenico Scozzafava, “l’uomo della pioggia” di Tallini, “un formidabile portatore di voti” ma anche uno “’ndranghetista fino al midollo”. È lui che, facendosi garante dei favori che la cosca riceverà dal politico, offre in dote Tallini ai Grande Aracri, consentendo ai boss di entrare nel progetto “Farmitalia” che nasce da un’idea dell’ex senatrice Anna Maria Mancuso, ex Pdl, ma oggi passata alla Lega. Nel 2013, in vacanza a Sellia Marina con il marito e con il factotum Walter Manfredi, l’ex senatrice Mancuso entra in contatto con Scozzafava, ritenuto il trait d’union tra gli ambienti criminali più pericolosi, quelli di una politica dedita alla spregiudicata ricerca di consensi e gli ambienti di un’imprenditoria parassita”.

Per i pm, la Mancuso e il marito “spariranno in pochi mesi dalla scena” e si diranno delusi “dagli amici calabresi”. Prima di suicidarsi nel 2016, il “faccendiere” Manfredi resta ed entra nell’affare del “Consorzio Farma Italia”, portando dentro il commercialista romano Paolo Del Sole che, tra i soci, si ritrova anche Giuseppe Tallini, figlio del presidente del Consiglio regionale Mimmo.

Dietro tutto c’era il giovane Salvatore Grande Aracri, che rappresentava gli interessi mafiosi degli zii, don Nicolino e Mimmo Grande Aracri. Apparentemente un semplice falegname di Brescello, il “Calamaro” è stato intercettato mentre trattava affari milionari con un soggetto svizzero. Senza ricoprire alcuna carica sociale, era lui il dominus del consorzio “Farma Italia”. Tallini lo sapeva e non ha mai preso “le distanze”. Anzi, dopo un litigio con il figlio che voleva uscire dall’affare, “si spende per convincerlo a ‘non mollare’”. “È ben a conoscenza – scrive il gip – che Scozzafava gli porta voti dagli ambienti ’ndranghetistici di Cutro nell’ambito di uno scambio di favori e di promesse di favori che hanno al centro il consorzio Farmaci”. In ballo, infatti, c’erano i quasi 10mila voti rastrellati alle Regionali del 2014. “È stata indagata – ha dichiarato il procuratore Nicola Gratteri – una famiglia di ’ndrangheta di serie A”.

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Dire “no no no”: il vero talento della Ravetto. - Antonio Padellaro

 

Se anche non dovesse produrre conseguenze epocali nella politica italiana, il trasferimento di Laura Ravetto (più altri due) da Forza Italia alla Lega ha se non altro il merito di averci detto una parola definitiva sul mistero delle testoline televisive che fanno no, no, no. Leggiamo infatti sul Corriere della Sera che agli esordi sul piccolo schermo, la battagliera avvocata di Cuneo avrebbe potuto fare molto di più, secondo il giudizio inappellabile del presidente-padrone nonché suo mentore: “L’ho richiamata perché non scuote la testa quando parlano i comunisti”, l’avrebbe strigliata Berlusconi. Al che la parlamentare novella avrebbe replicato: “Non so se scuoterò la testa, perché così mi è più facile scuotere l’avversario”. Frase comprensibilmente contorta, in ogni caso meglio non contraddire il datore di lavoro. Eppure rivelatrice di come e perché l’arrembante Caimano avesse escogitato un possibile uso mediatico della testa, sostitutivo della precipua funzione per cui essa è stata creata, quella cioè di contenere il cervello. Personalmente, insieme a Ruby Rubacuori proclamata in Parlamento nipote di Mubarak con entusiasmo travolgente dalla falange forzista, ritengo lo scuotimento di capocce, “quando parlano i comunisti”, lo stigma di quel ventennio di cui oggi a sinistra qualcuno sente perfino nostalgia. Nella mia classifica di oltraggi corporali ritengo insuperabili i no, no, no sapientemente ritmati da Daniela Santanchè, mentre per restare in tema non mi convincono le smorfiette di Daniele Capezzone (ma sarebbe come paragonare Martufello a Totò).

Rimembranze apparentemente futili ma utili se servissero a dare una scossa, questa volta benefica, a quanti non ricordano, o preferiscono non ricordare la vergogna di un ventennio e dei suoi bavagli. A coloro che oggi nella maggioranza di governo, con la speranza di puntellare la maggioranza di governo, tentano di rivalutare la figura dell’ex Cavaliere come modello di mitezza e probità, rammentiamo tre nomi: Biagi, Santoro e Luttazzi. Cacciati dalla Rai con l’editto di Sofia, e del disonore. Quanto alla Ravetto ne comprendiamo la ritrosia all’ipotesi di trasformare il no, no, no in un sì, sì, sì “quando parlano i comunisti”. Massì Laura, meglio un mojito (e una candidatura sicura).

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Recovery, nessun ritardo: “Non esiste un caso in Ue”. - Wanda Marra

 

Salta sulla sedia Enzo Amendola, ministro degli Affari europei, quando legge l’apertura di Repubblica che parla di “allarme” Ue per “i ritardi” dell’Italia nella presentazione del Recovery plan. Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia, abbozza una risata incredula. Mentre Giuseppe Conte, all’Assemblea dell’Anci, prende la questione di petto: “È stata pubblicata con grande evidenza su un quotidiano una fake news: l’Italia in ritardo sul piano di resilienza. Quella notizia non viene neppure da Bruxelles, è stata inventata di sana pianta”. Poi racconta il modo di procedere dell’esecutivo: “Lavoriamo già con la Commissione, settimanalmente, per la definizione dei progetti. Ieri sera (mercoledì ndr) sino alle 11 abbiamo avuto una riunione interna per definire la struttura normativa che consenta di garantire che il piano abbia rapida attuazione”. Presenti Conte, Amendola e Gualtieri.

“Non esiste un caso Italia a Bruxelles”, è il messaggio che il trio direttamente impegnato sul dossier ci tiene a far passare. Il supporto arriva dalla Commissione. Lo staff di Paolo Gentiloni, commissario agli Affari economici, twitta un brano della conferenza stampa di mercoledì con Valdis Dombrovskis in cui negava qualsiasi “irritazione” sui tempi della presentazione dei Piani. A chiarire a che punto sono i lavori è lo stesso Amendola: “A fine mese ci sarà un’altra riunione del Comitato interministeriale per gli Affari europei. Poi invieremo nuovi documenti al Parlamento”. Le linee guida sono state sottoposte alle Camere a metà ottobre. Il ministro nega anche problemi di rivalità: “Conte ha la conduzione, Gualtieri con il Mef e la Ragioneria di Stato ragiona sulle risorse, io coordino i lavori”.

Sono due giorni che in Italia il Recovery plan è tornato al centro della discussione. Da quando Marco Buti, capo di gabinetto di Paolo Gentiloni, ha scritto un lungo documento (di cui ha dato notizia il Corriere della Sera) in cui esprimeva preoccupazione non tanto sui tempi, ma sulle oggettive difficoltà amministrative legate alla sua gestione. Arrivando a raccomandare “una cabina di regia”. Che costruire il piano di riforme sia un’impresa complessa e spendere le risorse pure, non è un mistero. L’esecutivo sta già lavorando a una struttura di governance. Spiega Amendola: “Si sta ragionando su 4 capitoli. Governance, progetto, criteri di impatto e visione generale. Ogni settimana facciamo il punto con lo staff della Commissione”.

Ecco cosa diceva Gentiloni mercoledì: “Non credo che ci sia una irritazione o una delusione della Commissione sui tempi della presentazione del piano. Siamo in una fase in cui solo 6 o 7 paesi hanno presentato in forma molto iniziale i loro piani. Noi incoraggiamo i paesi a presentarli in una forma preliminare, perché questo aiuta il dialogo tra i governi e gli uffici della Commissione per risolvere i problemi”. Tra i grandi Paesi che hanno presentato delle bozze di piano ci sono Francia e Spagna, chiariscono fonti europee. “Linee guida”, sintetizza Amendola. Peraltro, la presentazione è fissata a metà gennaio e dunque per ora non esiste neanche lo strumento per l’invio ufficiale dei piani. Dalla Commissione chiariscono che lo stato di avanzamento è molto eterogeneo: per alcuni paesi esiste della documentazione più dettagliata, per altri ancora niente. Ma parole come “allarme” o “irritazione” non caratterizzano lo stato d’animo a Bruxelles. Senza contare che adesso il vero problema è superare il veto di Polonia e Ungheria, che rischia di bloccare tutto.

Nessun problema neanche a Roma? Ancora Amendola: “Abbiamo fatto due decreti Ristori e una legge di Bilancio nelle ultime due settimane”. Quando è arrivata la seconda ondata Covid, molti tecnici si sono trovati impegnati su altre priorità. Ma i ministeri stanno lavorando. Al netto delle difficoltà reali, l’impressione è che il Recovery sia diventato un terreno di scontro politico come il Mes, sul quale misurare insofferenze. Magari proprio da parte di settori del Pd che vedrebbero bene cambiamenti al governo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/20/recovery-nessun-ritardo-non-esiste-un-caso-in-ue/6010004/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=ore-19&utm_term=2020-11-20

L'avvocato del diavolo. - Massimo Erbetti

 

L'avvocato del diavolo fino al 1983 era una persona incaricata dalla Chiesa cattolica romana di apportare argomenti che mettessero in discussione le virtù e i miracoli dei candidati alla canonizzazione, durante il processo d'indagine.
Oggi voglio indegnamente ricoprire quel ruolo…e voglio farlo per difendere il diavolo in persona: Nicola Morra…eh si perché Morra è il diavolo, ormai è chiaro…e come ogni bravo avvocato, mi sono messo a reperire carte…prove...documenti…anche perché le difese d'ufficio, non mi sono mai piaciute…"Morra non si tocca"...eh no cari miei, nessuno è intoccabile, chi sbaglia, se realmente ha sbagliato, deve pagare.
Per cui nessuna difesa d'ufficio, ma prove documentali…per prima cosa sono andato a controllare quali fossero i compiti della commissione parlamentare antimafia e ho scoperto che al paragrafo (f) si riporta testualmente:
"indagare sul rapporto tra mafia e politica, sia riguardo alla sua articolazione nel territorio, negli organi amministrativi, con particolare riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive, sia riguardo a quelle sue manifestazioni che, nei successivi momenti storici, hanno determinato delitti e stragi di carattere politico-mafioso"
Poi ho controllato chi fossero e membri della commissione e ho scoperto con stupore che la Vice Presidente è (era) Jole Santelli….eh si proprio quella Santelli, eletta Presidente della Regione Calabria, il cui presidente del consiglio Domenico Tallini secondo notizie di stampa, di cui riporto di seguito fedelmente il testo è stato arrestato:
"Catanzaro, 19 nov. (askanews) – Il presidente del Consiglio Regionale della Calabria, Domenico Tallini, di Forza Italia è stato arrestato dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Catanzaro e Crotone e posto ai domiciliari nell’ambito di un’operazione contro la cosca di ‘ndrangheta dei Grande-Aracri di Cutro. Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, hanno colpito oltre a Tallini altre 18 persone, accusate a vario titolo, tra le altre cose, di associazione mafiosa e concorso esterno in associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita."
Ma non finisce qui, nella mia ricerca da avvocato del diavolo, ho scoperto anche che, subito dopo l'elezione della Santelli a Vice Presidente della commissione, il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, fece una nota stampa in cui si complimenta con la Santelli stessa, dicendo:
"L’elezione del mio vice sindaco e assessore alla Cultura Jole Santelli a vice presidente della Commissione parlamentare antimafia mi riempie di soddisfazione. Il prestigioso incarico nell’osservatorio politico a contrasto della criminalità organizzata e di tutte le mafie è motivo d’orgoglio non solo per l’Amministrazione comunale ma per l’intera città di Cosenza"
Incuriosito da tali affermazioni, sono andato a cercare chi fosse Mario Occhiuto e ho scoperto sulla stampa, un bel po di cosine…
9 maggio 2019 Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto indagato per bancarotta fraudolenta: "Una nuova tegola giudiziaria si abbatte sul sindaco azzurro di Cosenza Mario Occhiuto. Dopo l'avviso di conclusione indagini ricevuto dalla Procura di Catanzaro in cui si ipotizza a suo carico il reato di corruzione, un atto analogo gli è stato notificato dalla Procura di Cosenza."
8 luglio 2020 "Il Gup del Tribunale di Roma ha rinviato a giudizio Mario Occhiuto nell'ambito dell'inchiesta condotta dal pm capitolino Alberto Galanti, per associazione a delinquere transnazionale. Al centro delle indagini i rapporti tra il sindaco di Cosenza, l'ex ministro per l'ambiente Corrado Clini e la sua compagna Martina Hauser, componente della giunta di Palazzo dei Bruzi nella prima fase della consiliatura guidata dall'architetto, inaugurata nel 2011."
1 ottobre 2020 COSENZA – "Sono 13 gli indagati, tra i quali il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, ai quali è stata notificata la chiusura indagini nell’ambito dell’inchiesta “Piazza Sicura” che lo scorso 24 aprile ha portato al provvedimento di sequestro preventivo di Piazza Bilotti a Cosenza. Alla base del provvedimento, disposto dal gip su richiesta della Dda di Catanzaro, vi è l’ipotesi di reato di falso relativo agli atti della procedura di collaudo dei lavori di riqualificazione e rifunzionalizzazione ricreativo-culturale della piazza"
Io il mio lavoro di avvocato del diavolo, lo ho fatto, voi traetene le vostre conclusioni…