L'ex premier, intervenuto a Rtl, non smentisce la telefonata del capo dello Stato, ma continua a minacciare la crisi: prima dice che la maggioranza deve "correre" su fondi Ue e ristori, poi insiste: "Non si buttino via i soldi che non torneranno mai più. O li spendiamo bene o spendeteli senza di noi". Orlando accoglie le sue parole come un via libera al Piano di ripresa. Gelo di Rosato: "Da quando il vice di Zingaretti è il nostro portavoce?"
Alla vigilia del decisivo Consiglio dei ministri sul Recovery plan, durante il quale Italia viva dovrebbe sciogliere le riserve sulla ventilata crisi di governo, Matteo Renzi sembra voler accogliere gli appelli arrivati da più parti per non mettere a rischio i 209 miliardi di fondi Ue destinati all’Italia. “Approviamo questo benedetto Recovery. Ma mettiamo questi soldi per le cose utili”, ha dichiarato in mattinata in un’intervista a Rtl. “A Conte diciamo: ‘Corri, presenta il Recovery, presenta i ristori“. Parole che suonano come un passo avanti nelle trattative con la maggioranza, o comunque come un congelamento della crisi per poter approvare in tempo il Piano di ripresa – che deve arrivare entro fine mese a Bruxelles – lo scostamento di bilancio e il nuovo decreto per gli indennizzi alle partite iva chiuse causa Covid. Cosa è cambiato nelle ultime 24 ore? Come riportano diversi quotidiani, tra cui Repubblica, Corriere e La Stampa, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha esercitato ancora una volta la sua moral suasion sui leader dei partiti. La spinta del Colle, ragiona il quirinalista di via Solferino, non va nella direzione di interferire nelle dinamiche politiche (anche perché non è tra le sue prerogative), ma nel dare precedenza alle vere priorità del Paese, spostando un po’ più in là l’eventuale caduta dell’esecutivo.
Renzi, interpellato sul punto, non smentisce la telefonata ricevuta dal capo dello Stato. Anzi: “Il presidente della Repubblica ha detto parole che condividiamo”, dice. Poi però rimarca l’indipendenza delle sue scelte: Mattarella “non va tirato per la giacchetta: in Italia il presidente è un arbitro, non dice a un dirigente politico quello che deve fare“. Il fondatore di Iv ribadisce quindi di non essere interessato alle “poltrone“: per lui l’importante è che “non si buttino via i soldi che non torneranno mai più. O li spendiamo bene o spendeteli senza di noi. Io voglio avere la coscienza a posto”. In sostanza tira un colpo al cerchio e uno alla botte, non escludendo fino all’ultimo l’opzione di far saltare il banco. “Una cosa sono i post, i tweet e le storie su Instagram”, dice, riferendosi al post pubblicato su Facebook dal presidente Conte nella serata di sabato. “Una cosa sono i documenti. Io non so dire se ci hanno dato ragione, lo saprò quando ci daranno i documenti“. Infine l’ennesimo attacco al portavoce del premier: “L’idea di essere “asfaltato” da Rocco Casalino era una cosa che non avevo considerato quando ho cominciato a fare politica, non mi preoccupa né mi esalta come prospettiva”, conclude, citando le parole che Repubblica ha attribuito allo stesso Casalino in un retroscena. “Smentisco categoricamente i virgolettati e le ricostruzioni che mi vengono attribuiti oggi in un articolo”, la reazione del portavoce.
Il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, venuto a sapere delle dichiarazioni di Renzi mentre è in diretta televisiva su Rai3, sembra leggerle come un primo via libera: “Sul Recovery siamo contenti che sia passata la nostra linea. Non è una cosa di questo governo e di questa maggioranza, è fondamentale che si metta in sicurezza e che non si intralci il percorso per portarlo in Parlamento”. L’ex ministro però avverte: “L’accordo in generale non lo darei per fatto, ci sono molte questioni aperte”. L’appuntamento decisivo è fissato per martedì, ma già in serata i partiti che sostengono il governo riceveranno il testo completo del Recovery plan, modificato secondo le loro stesse indicazioni. Già prima del Cdm, quindi, i renziani potrebbero far sapere quale sarà il loro orientamento. E che tutto sia ancora in forse lo sottolinea il presidente di Iv Ettore Rosato, che a sua volta replica piccato al vicesegretario dem: “Orlando è diventato il portavoce di Italia Viva? Ci faccia sapere quando gli dobbiamo dare la nostra tessera“.
Sullo sfondo restano le trattative sotterranee portate avanti da pezzi del Pd per ricucire lo strappo. Tra i principali registi c’è sempre il braccio destro di Zingaretti Goffredo Bettini, a cui lo stesso Renzi il giorno dell’Epifania ha mandato una nota in 30 punti sulle “questioni politiche aperte” in maggioranza. In un’intervista rilasciata oggi al Corriere, l’esponente dem ribadisce che “si deve andare presto al sodo: decidere, lavorare, rinunciare alle ripicche e alle tattiche estenuanti. Si deve dare una guida serena e solida agli italiani”. Per Bettini “si sono compiuti passi in avanti decisivi sul Recovery plan. Approvato questo provvedimento importantissimo per la vita degli italiani, si tratta di stabilire un accordo solenne, vincolante e chiaro circa le priorità di un programma di fine legislatura. Altro che rimpastino. Stiamo parlando di cose da fare, non di qualche ministero da distribuire”. Argomento che comunque resta sul tavolo. E Bettini, che nel settembre 2019 ha contribuito alla nascita dell’esecutivo giallorosso, indica ancora una volta qual è la strada da seguire: “Un governo più politico è una garanzia per la stabilità dello stesso Conte”, dice, riferendosi alla possibilità che i leader di partito entrino a far parte della squadra di governo.
Alcuni big dei 5 stelle, escluso il reggente Vito Crimi, hanno già ruoli di peso, come Luigi Di Maio alla casella degli Esteri e Alfonso Bonafede alla giustizia. Stessa cosa per la sinistra, dal momento che Roberto Speranza è saldamente alla guida del ministero della Salute. Per i renziani si ventila l’ipotesi che lo stesso Renzi o il suo braccio destro Maria Elena Boschi possano strappare un ministero. Poi c’è il Pd: tra i suoi capi-corrente l’esecutivo può contare solo su Dario Franceschini, che è anche capodelegazione del partito a Palazzo Chigi. Lo scenario di un ingresso di Nicola Zingaretti sembra escluso, visto che in tal caso dovrebbe lasciare la guida della Regione Lazio, mentre resta in piedi l’opzione Orlando. Il diretto interessato, posto di fronte alla questione ad Agorà su Rai3, risponde sibillino: “Secondo gli accordi iniziali io nel Governo in carica dovevo fare il ministro degli Esteri. Se dico se sto bene dove sto potreste crederci…”, dice, escludendo l’ipotesi. Poi però aggiunge: “Ne discuteremo, ma la mia propensione è questa”.