mercoledì 13 gennaio 2021

Una mossa che fa ridere il mondo. - Gaetano Pedullà

 

Al punto in cui siamo arrivati, meglio un governo pure con la madre di tutti gli Scillipoti, o anche le elezioni, piuttosto che andare avanti con Renzi, Boschi e Bellanova. Troppo ampio il solco con Conte e il resto della maggioranza, e troppo differente il senso dello Stato dimostrato da Italia Viva rispetto agli alleati, con poche eccezioni rimaste ben nascoste nel Pd. Se oggi faranno fuori l’Esecutivo nel punto più acuto di una pandemia, mentre c’è da sostenere un’imponente e complicata campagna vaccinale, non perdere i soldi stanziati in Europa, approvare uno scostamento di bilancio e il nuovo decreto ristori da 25 miliardi per le imprese messe in ginocchio dalle chiusure, non meravigliamoci quando nel mondo rideranno di un Paese tanto ridicolo.

Nella stessa situazione una comunità nazionale si stringe attorno all’interesse dei suoi cittadini, e se ne fotte dei vantaggi politici e personali di chicchessia. Ma qui abbiamo “statisti” che preferiscono regolare conti personali, peraltro senza mai dirci che caspita avrebbe fatto un Presidente del Consiglio misurato e apprezzato in Italia e fuori come Conte per meritare di essere decapitato dal partitello di un leader riuscito nella non facile impresa di precipitare in pochi anni dal quaranta al due per cento dei consensi. Un leader in confusione, ha detto l’ex compagno dem Goffredo Bettini, che nel suo cupio dissolvi non ha remore nel trascinare una nazione prostata nello stesso baratro del proprio inglorioso epilogo politico. La facciano finita allora le signore Bonetti e Bellanova, e lascino sul serio un Governo in cui hanno dedicato più tempo a criticare che a lavorare.

E vediamo se in Parlamento c’è ancora gente che vuole più bene al Paese che ai giochetti di Palazzo, comprese le avventure di maggioranze tecniche in cui i poteri forti non hanno mai smesso di sperare per spartirsi il bottino del Recovery Fund. Il Centrodestra e ancor di più il sistema ne diranno peste e corna, e il percorso parlamentare sarà un Vietnam quotidiano, con nuovi prezzi elettorali da pagare, ma è in queste circostanze che si misura chi pensa a se stesso e chi serve il Paese.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/una-mossa-che-fa-ridere-il-mondo/

Sondaggi, per il 73% degli intervistati Renzi ha aperto la crisi “per interessi personali”. E per la maggioranza Conte deve restare.

 

Secondo le rilevazioni di Ipsos per Di Martedì, solo il 13 per cento dichiara che l'ex premier nel voler portare avanti lo strappo "ha anteposto l'interesse del Paese". Per Ghisleri inoltre, per 7 su 10 la crisi provoca "rabbia e preoccupazione".

Per il 73 per cento degli intervistati, Matteo Renzi con l’apertura della crisi di governo sta “perseguendo i suoi interessi personali e della sua parte politica”. E’ quanto emerge dal sondaggio di Ipsos per la trasmissione DiMartedì. Solo il 13% degli intervistati si sente di dire che l’ex premier “sta anteponendo l’interesse del Paese”. Mentre il 14 per cento non ha un’opinione a proposito. I pareri negativi degli italiani sullo strappo nel Conte 2, sono confermati anche dalle rilevazioni di Alessandra Ghisleri per la Stampa. Per sette italiani su 10 parlare di “crisi di governo” in questo momento, nel pieno della pandemia Covid, è motivo di “rabbia” e “preoccupazione”. Ma non solo: la maggioranza degli intervistati (il 54,3 per cento) si auspica che si vada avanti con Conte (che sia con il Conte ter o con i responsabili o con il rimpasto) e solo il 4,7% chiede che ci sia un cambio del leader di Palazzo Chigi. Il 27 per cento si auspica invece un ritorno alle urne.

Ipsos: “Il 55% degli intervistati preferisce Conte a Renzi” – Stando alla rilevazione condotta in questi giorni di fibrillazione interna all’esecutivo, un italiano su due (46%) non ha capito i motivi della crisi di governo. Sempre secondo Ipsos, il premier, se messo a confronto con Renzi, ottiene il 55% delle preferenze contro il 10 per cento di Renzi (il 35% non dà indicazioni). Inoltre, alla domanda se gli intervistati preferiscono Conte e Salvini, il primo ottiene il 51 per cento dei consensi contro il 27%. Se la scelta è, infine, tra il segretario del Carroccio e Giorgia Meloni, quest’ultima vince con il 30 per cento (contro il 23), ma resta un 46% di indecisi.

Ghisleri: “Gli italiani chiedono di pensare a crescita economica e lavoro. Non alla crisi” – Secondo la rilevazione di Ghisleri, la maggioranza degli intervistati ritiene negativo un ritorno alle urne e che si vada incontro alla crisi di governo. Di fronte a una ipotesi simile, il 26,7% prova rabbia, il 22,6% preoccupazione e il 20,5% sconcerto. In questo momento, dicono gli italiani interpellati, c’è da pensare ad altro: per il 22,2% la crescita economica è la priorità nazionale (con un occhio particolare per i temi del lavoro e dell’occupazione in generale, 24,8%) seguita da una riqualificazione del settore sanitario (17,2%).

Per quanto riguarda la soluzione auspicata in questo momento, la maggioranza degli intervistati dalla rilevazione di Ghisleri ritiene che il presidente del Consiglio non debba lasciare Palazzo Chigi. Solo il 27,2% ritiene che il voto sia la scelta migliore per porre fine alla crisi politica. Mentre per il 26,6% degli elettori la via migliore è continuare con il governo Conte e per il 15,5% è un governo Conte ter (quindi con la stessa maggioranza, ma con un rimpasto di alcuni ministri). Infine, il 12,2% crede che la strada migliore sia affidarsi a una pattuglia di responsabili che puntellino il governo, quindi sempre con Conte a Palazzo Chigi. Solo il 4,7% degli intervistati si auspica che a cambiare sia il presidente del Consiglio.

In merito ai consensi raccolti dai partiti, il sondaggio di Ghisleri rileva un Pd stabile al 19,4% (+0,1 rispetto al 15 dicembre). I 5 stelle invece perdono lo 0,7 per cento e arrivano al 14,1%Italia viva, in poco meno di un mese e dopo essere stata protagonista delle ultime settimane di crisi, perde lo 0,7 per cento e si ferma al 3%. Sul fronte del centrodestra, la Lega è al 23,2 (-0,8) Forza Italia al 7,5 (+0,7) e Fdi stabile al 15%. Tra i partiti minori, si segnalano Azione al 4,2 (+0,8), + Europa al 2,2 (+0,2) e Europa Verde al 1,6 (+01).

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/13/sondaggi-per-il-73-degli-intervistati-renzi-ha-aperto-la-crisi-per-interessi-personali-e-per-la-maggioranza-conte-deve-restare/6064022/

Il bluff è finito: Conte smaschera Renzi e lo mette spalle al muro. - Luca Telese

 

(Luca Telese – tpi.it) – Il tempo dei bluff è finito, e Giuseppe Conte gira le carte per vedere il gioco di Matteo Renzi. Poche parole, ma chiare del premier, contenute in una nota quasi informale: “Se il leader di Italia viva Renzi si assumerà la responsabilità di una crisi di Governo in piena pandemia – fa sapere il presidente del Consiglio con una dichiarazione fatta trapelare da Palazzo Chigi con un tempismo perfetto – per il presidente Conte sarà impossibile rifare un nuovo esecutivo con il sostegno di Italia Viva”.

Le conseguenze di questa dichiarazione, nel tritacarne di queste ore, sono enormi. Di fatto Conte sbarra la strada alla soluzione su cui da giorni si favoleggia, quella del cosiddetto “Conte ter” in cui con un rimpasto si ricostituisce la stessa maggioranza. La mossa del premier, con un tempismo perfetto – dopo una ennesima giornata in cui Renzi dichiarava ai quattro venti di essere pronto ad annunciare le dimissioni dei suoi ministri – mette il leader di Italia Viva spalle al muro.

Adesso i suoi parlamentari sanno che se il M5s mantiene la sua linea (“No ad un altro premier”, ha spiegato il ministro Patuanelli) ci sono solo due prospettive possibili: una fiducia in Parlamento senza Italia Viva (che passerebbe all’opposizione diventando irrilevante) o il voto.

Nessuno è sicuro di nulla, nessun esito può essere prefigurato, ma in queste poche parole c’è anche un indizio sulla linea di Conte: se Renzi farà cadere il governo senza che sia chiuso lo scostamento di bilancio e la discussione del Parlamento sul Recovery, verrà additato agli elettori come un irresponsabile.

Una campagna potenzialmente devastante. Adesso la palla torna all’ex premier. Che se fa cadere il governo rischia la pelle del suo partito. E un destino di irrilevanza politica, in Parlamento, al fianco di Salvini e della Meloni. Comunque vada, la mossa di Conte mette Renzi spalle al muro: se vuole un altro governo deve farlo senza di lui. Auguri.

https://infosannio.com/2021/01/12/il-bluff-e-finito-conte-smaschera-renzi-e-lo-mette-spalle-al-muro/

"RIFLESSIONI". - Pietro Ricciardi

 

Oggi alle 17,30 circa il "cazzaro viola" annuncerà il ritiro delle sue Ministre durante una conferenza stampa e quindi il Governo, nel caso non si trovino i numeri in parlamento, probabilmente cadrà.

Tra i DOVERI di Mattarella c'è quello di cercare in ogni modo di salvare la legislatura e quindi molto facile che ci sarà il Conte ter.

Quel sant'uomo di Conte, un angelo senza ali per non farsi riconoscere, rinunciando al suo lavoro con un reddito annuo superiore a 1.200.000 euro, per il bene del popolo italiano, ha preferito accontentarsi di 150.000 euro rinunziando ad oltre il 50% dello stipendio come quello dei suoi predecessori.
Questi dati fanno capire che sicuramente non e' interessato a rubare come gli altri ma e' solo interessato ad una Italia migliore.

Mille penne cercheranno di scrivere il futuro a loro favore e piacimento, raccontando falsità senza vergogna ma questi forse non sanno che per loro non ci sara' mai una gomma capace di cancellare tutto il male che hanno fatto nel passato a questa nostra Italia, l'Italia a cui molti italiani hanno immolato la loro vita.

Che Dio benedica l'Italia e la brava gente.

W il MoVimento 5 Stelle e W l'onesta'

❤

Pietro Ricciardi

Può un uomo che è riuscito a distruggere la sinistra, che ha creato un suo partito che non ha consensi, indagato per presunti reati, decidere di far cadere il governo in un periodo di emergenza sanitaria ed economica?

Se questo succede è perchè abbiamo una legge elettorale che non prevede una stabilità di governo.
Io credo che ciò sia esecrabile e pretendo che venga varata una legge che preveda un governo stabile.
Sono stanca di dover stare in continua ansia e di dover essere massacrata di tasse senza poter vantare neanche un diritto.
Se potessi farlo, mi dimetterei dalla Nazione che mi priva della sensazione di tranquillità che mi trasmette il governo attuale, specie nella situazione precaria che stiamo vivendo, affidando il mio futuro nelle mani di un egocentrico senza scrupoli.
cetta.

La prescrizione unica al mondo. - Piercamillo Davigo

Errore di fondo - Istituto in sé ragionevole, le modalità con le quali viene applicato nel nostro Paese (non ultima la sentenza sulla strage di Livorno) lo rende addirittura dannoso e non riduce i tempi dei processi.

Come accade di frequente in Italia, una pronunzia di prescrizione ha in parte vanificato le attese di giustizia delle vittime e dell’opinione pubblica.

La prescrizione è un istituto in sé ragionevole: se passa troppo tempo cessa l’interesse a ricostruire i fatti, a stabilire torti e ragioni, nel diritto penale a punire (tranne per delitti di estrema gravità che sono imprescrittibili). Nel diritto civile la prescrizione opera però solo fino a quando non inizia un processo, da quel momento cessa di decorrere. Nel processo penale la situazione è diversa e da poco tempo si è cambiata la disciplina.

Nonostante gli strilli sul processo infinito e le richieste di riformare la riforma della prescrizione, l’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo ad avere (sarebbe meglio dire ad aver avuto, ma non si sa mai) una prescrizione congegnata in modo irragionevole.

In linea generale tutti i sistemi processuali conoscono la prescrizione, ma di norma è un istituto di diritto processuale, mentre in Italia è di diritto sostanziale, sembra una questione di forma ma non lo è. Le norme processuali si applicano nel testo in vigore al momento della applicazione (tempus regit actum), mentre in diritto penale quelle sostanziali sono retroattive solo a favore del reo. Perciò le modifiche alla prescrizione si applicano e solo se più favorevoli, mentre se di sfavore operano solo per i reati commessi dopo la modifica normativa. Questo spiega perché la legge 9 gennaio 2019, n. 3, che peraltro vale dal 1° gennaio 2020, non poteva operare.

In altri Stati la prescrizione decorre solo fino all’inizio del processo. Per esempio, negli Stati Uniti d’America per felony (cioè quello che noi chiamiamo delitto) la prescrizione è in genere di cinque anni (tranne che per i reati imprescrittibili e salve le differenze fra singoli stati e sistema federale), ma con l’inizio del processo smette di decorrere. In Italia, invece, nel processo penale, la prescrizione continuava a decorrere anche dopo l’inizio del processo.

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza 8 settembre 2015, rilevò che il nostro sistema di prescrizione era in contrasto con il diritto comunitario perché impediva l’applicazione di sanzione efficaci, proporzionate e dissuasive in materia di Iva.

La Corte costituzionale segnalò i problemi che quella pronunzia comportava in ragione del nostro diritto nazionale e la Corte di Giustizia tornò sui suoi passi. Ciò non escludeva il rischio che l’Italia fosse sottoposta a procedura di infrazione.

Il criterio di calcolo della prescrizione era semplice: si faceva riferimento a fasce di pena prevista, ma, siccome il sistema penale conosce aggravanti e attenuanti, nel corso del processo se qualche aggravante veniva esclusa o qualche attenuante riconosciuta (soprattutto cambiava il giudizio di comparazione fra le stesse con le attenuanti generiche ritenute prevalenti) improvvisamente la prescrizione si dimezzava.

L’onorevole Edmondo Cirielli, meritoriamente, propose di sterilizzare in parte aggravanti e attenuanti per il computo della prescrizione. La legge 5 dicembre 2005, n. 251 è conosciuta come “ex Cirielli” in quanto, dopo le modifiche nell’iter di approvazione, che di fatto dimezzava i termini di prescrizione, il proponente votò contro e chiese di non chiamarla più col suo nome. Ci fu una strage di processi a carico di colletti bianchi, che se la cavarono con la prescrizione.

Una sentenza di non doversi procedere per essere il reato estinto per prescrizione non è una sentenza di assoluzione, anzi se interviene nei gradi di appello e cassazione, talvolta conferma le statuizioni civili, cioè la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni a favore delle vittime e ultimamente in talune ipotesi la confisca.

Per queste ragioni è stata approvata la legge n. 3 del 2019 che blocca il decorso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Gli oppositori di questa legge sostengono che la prescrizione assicura la ragionevole durata del processo. Se fosse vero i processi imprescrittibili (a esempio quelli relativi a delitti puniti con l’ergastolo) non finirebbero mai.

La realtà è che molte impugnazioni sono proposte per due ragioni: differire l’esecuzione della pena (o, se l’imputato è in custodia cautelare sperare nella decorrenza di tali termini) e confidare nel sopraggiungere della prescrizione.

Infatti, sempre per stare all’esempio degli Stati Uniti d’America, la sentenza di primo grado è esecutiva (come da noi la sentenza civile). In Italia invece l’imputato non è considerato colpevole fino a sentenza definitiva di condanna.

L’organizzazione giudiziaria, nel nostro Paese come altrove, è strutturata in modo piramidale: esistono una Corte Suprema di cassazione, 26 Corti d’appello e 139 Tribunali, oltre ai giudici di pace. Un sistema di questo genere può funzionare solo se un numero limitato di processi passa dal primo al secondo grado e dall’appello alla cassazione, altrimenti si blocca. Non solo, ma troppe impugnazioni riducono il tempo che i giudici possono dedicare a ciascun processo, con scadimento della qualità e maggiori possibilità di errori.

La Corte Suprema di cassazione in Italia definisce quasi novantamila processi l’anno (quasi 60.000 penali e la metà civili); quella francese circa mille; quella federale Usa 80, con il quintuplo della popolazione italiana.

Si potrebbe anche ridurre il numero delle impugnazioni. In Italia ai giudici di appello e di cassazione, su impugnazione del solo imputato non è consentito aumentare la pena. Gli avvocati sostengono che hanno il dovere di tutelare il loro assistito con tutti i mezzi che l’ordinamento prevede ed hanno ragione. Si potrebbe aiutarli copiando dalla Francia, dove il divieto di aumentare la pena non c’è.

Non si dica che si violerebbero i diritti umani: lì hanno inventati i Francesi e in Italia è già consentito aumentare la pena in caso di opposizione al decreto penale di condanna.

La prescrizione è rinunciabile dall’imputato. Quando questi è accusato di reati commessi nell’esercizio di pubbliche funzioni, che secondo l’art. 54 della Costituzione dovrebbero essere svolte con disciplina e onore, non ci si dovrebbe attendere che rinunci alla prescrizione o a tali funzioni? Diversamente non si dovrebbero trarne le conseguenze prendendo le distanze da chi se ne avvale?

A proposito: onore a Mauro Moretti che alla prescrizione ha rinunciato.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/13/la-prescrizione-unica-al-mondo/6063850/

Più parla di sé e più sta sulle palle. - Antonio Padellaro

 

Non è nuova la tesi secondo la quale Matteo Renzi stia facendo tutto questo casino per “bisogno di visibilità”. Lo ha ripetuto, lunedì sera a Otto e mezzo, Pier Luigi Bersani, caricando sul leader di Italia Viva il termine “vigliaccata” a proposito della salute degli italiani usata a sproposito per ottenere i soldi del Mes. Ora, se è pur vero che la visibilità mediatica del senatore di Rignano è alle stelle (9.138 citazioni a fronte delle 8.754 del premier Giuseppe Conte) trattasi di una potenza di fuoco che non accresce di un solo decimale la “popolarità” del suo partitino personale, impantanata sotto un malinconico 3 per cento. Alla luce di questi numeri si potrebbe dedurre che il Rottamatore stia rottamando il principale postulato della civiltà dell’immagine (politica e non). Ovvero: parlate male di me purché parliate di me. Coniato sull’idea che la peggiore iattura che possa capitare a un essere umano sia quella di essere ignorato dai propri simili.

Ma, come è noto, Renzi è anche un innovatore e gli va perciò dato atto di avere creato, empiricamente, le basi per un secondo postulato. Ovvero: più parlo (parlate) di me e più sto sulle palle a tutti. Con un’eccezione (anche Carlo Calenda sta sulle palle a molti, pur tuttavia nei sondaggi cresce al 4 %) e un paio di corollari. Primo: provocare la crisi di governo con il Paese messo in ginocchio dalla pandemia avrebbe lo stesso effetto sulle persone di un tale che, poniamo, giura solennemente sul suo immediato ritiro della politica se perde il referendum (come è andata a finire si sa). Secondo: si può considerare la reputazione più importante dei voti, o viceversa, ma perdere l’una senza neppure avere gli altri è da bischeri (scusate il toscanismo). Esiste una terza ipotesi: che Renzi abbia deciso di sacrificarsi e di farsi esplodere, come Pietro Micca, per il bene supremo del Paese. Adesso però non c’è bisogno di ridere.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/13/piu-parla-di-se-e-piu-sta-sulle-palle/6063842/

E adesso, pover’uomo? - Marco Travaglio

 

Non so come sia finita in Consiglio dei ministri e me ne frega il giusto. Ieri, ogni volta che mi mettevo a scrivere, dai laboratori di Italia Virus fuoriusciva una flatulenza opposta a quella di un minuto prima. Prima il ritiro delle ministre-ostaggio Bellanova&Bonetti. Poi il ritiro del ritiro delle ministre. Poi l’annuncio di una conferenza stampa oggi sul ritiro del ritiro del ritiro delle ministre. La gag “Tiritiritu? Tarataratà”, peraltro rubata a Leone Di Lernia, potrebbe anche essere simpatica, se non fossimo in mezzo alla strage più drammatica del dopoguerra (ieri altri 616 morti) e se gli italiani bramassero una bella campagna elettorale anziché una buona campagna vaccinale. Quindi ho smesso di seguire la farsa, un po’ per questioni igieniche, un po’ perché avevo da fare. E ho pensato che ce la saremmo risparmiata se fin dalla prima minaccia (cioè a inizio dicembre) il Pd tutto si fosse associato a M5S e LeU in una dichiarazione ufficiale e solenne: “Caro Matteo, il ritiro delle tue ministre non sarebbe una gran perdita: ce ne faremo una ragione. Ma, dopo, non faremo mai più un governo con te e il tuo partitucolo. Stacci bene”. Invece le quinte colonne renziane che infestano il Pd hanno continuato a usarlo, vezzeggiarlo, legittimarlo, mandarlo avanti a dire ciò che pensavano loro. Intanto facevano uscire sui giornaloni fantomatici rimpasti, nuovi governi, doppi giochi di Di Maio e cedimenti di Conte su tutta la linea. Come se il padrone della legislatura fosse il Pd, che ha perso tutte le elezioni da quando è nato, nel 2018 ha subìto la più cocente sconfitta della sua storia e nel 2019 è tornato al governo e all’onor del mondo per tripla grazia ricevuta: il suicidio di Salvini, l’invito dei 5Stelle, la credibilità di Conte. Poi, aperto il vaso di Pandora, i doppiogiochisti non sono più riusciti a chiuderlo e si sono spaventati.

Per loro fortuna l’Innominabile, noto ai tempi d’oro per portare fortuna a se stesso e sfiga all’Italia, ora porta sfiga a se stesso e fortuna all’Italia. Aveva scommesso sulle riaperture, e ora persino i presidenti di Regione vogliono chiudere. Aveva scommesso sul governo incapace che non riesce a liberare i pescatori in Libia, e non aveva ancora finito di dirlo che erano liberi. Aveva scommesso sulle provocazioni a Conte per fargli saltare i nervi e addossargli la colpa della crisi, e Conte s’è morso la lingua per lasciarlo litigare da solo. Aveva scommesso sulla sponda di Zinga e Di Maio, invece “lo hanno rimasto solo”. Aveva scommesso sul flop dei vaccini, e l’Italia è prima in Europa. Aveva scommesso sulla minaccia di ritirare le ministre, come ai bei tempi su quella di lasciare la politica, e ha scoperto che anche stavolta la minaccia era una speranza.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/13/e-adesso-poveruomo/6063817/

Recovery: via libera del Cdm. Astenute le due ministre Iv. Ora lo spettro della crisi. - Michele Esposito e Serena Mattera

 

Palazzo Chigi, se Iv si sfila impossibile nuovo Governo con lui. Renziani verso lo strappo, Conte pronto alla sfida in Aula.


Il Recovery Plan italiano c'è, il governo Conte-bis, fra una manciata d'ore, potrebbe non esserci più. Il Consiglio dei ministri notturno sul Piano di ripresa e resilienza certifica lo scontro totale tra il premier Giuseppe Conte e Matteo Renzi.

"Se non ci sarà il Mes le ministre di Iv si asterranno", annuncia l'ex premier in tv. E il piano passa infatti con l'astensione delle ministre Teresa Bellanova e Elena Bonetti. La conferenza stampa convocata da Renzi nel pomeriggio alla Camera potrebbe certificare l'addio di Iv al governo. "Decidiamo in mattinata e poi lo comunicheremo alla stampa", annuncia il senatore.

I margini di trattativa, dopo il Cdm, si assottigliano ulteriormente. Se nel pomeriggio fonti di maggioranza evocavano ancora la possibilità di un vertice tra i leader per una ricucitura e, prima di entrare a Palazzo Chigi, Vincenzo Spadafora vedeva ancora le "condizioni per gesti di responsabilità", alla fine della riunione l'impressione è che non restino molti margini per ricompattare la maggioranza. Tanto che continuano a circolare voci e 'conteggi' sui possibili "responsabili" pronti a prendere il posto di Iv al Senato: si accredita l'uscita di 4 senatori dal gruppo di Renzi e ben 8 da Forza Italia. E' sul Mes intanto che si consuma l'ultimo scontro tra Iv, Conte e gli altri partiti alleati. Le ministre renziane definiscono "incomprensibile" la rinuncia al fondo salva-Stati, lamentano ritardi sulle urgenze del Paese e sui nuovi ristori. "Il Mes non è compreso nel Next Generation, non è questa la sede per discutere il punto", è la replica di Conte, che invita a "non speculare sul numero dei decessi in Italia per invocare l'attivazione del Mes", con "un accostamento che offende la ragione e anche l'etica".

Subito dopo è Roberto Gualtieri a intervenire."Il Mes non ha "nulla a che vedere con il programma Next Generation Eu" e anche se si decidesse di attivarlo, "non avremmo a disposizione risorse per investimenti aggiuntivi", spiega il ministro dell'Economia. "Il Mes non c'entra, non c'è ragione per astenersi", è il concetto che sottolineano a loro volta Francesco Boccia e Enzo Amendola. Mentre il ministro della Salute, Roberto Speranza, ricorda quanto fatto per contrastare la pandemia, anche in termini di risorse. Il confronto viene descritto assai teso, lo strappo di Iv non rientra e le ministre si astengono. Ma Cdm terminato, Gualtieri esulta: "E' stato un gran lavoro, più importante d'ogni polemica. Ora via al confronto in Parlamento e nella società". Fra poche ore, però, potrebbe essere la crisi di governo a dominare nella politica italiana. Non a caso Conte decide di correre e convoca un doppio Cdm, uno in serata sul nuovo dl anti-Covid (con lo stato di emergenza che potrebbe essere prorogato al 30 aprile), l'altro giovedì sul nuovo scostamento per i ristori di gennaio. Tentando così di mettere in cassaforte i provvedimenti più cruciali per il Paese in questo momento. Poi, se le ministre di Iv si dimetteranno, per il premier si potrebbe davvero aprire la strada della conta e del sostegno dei Responsabili. "Sarà un governo Conte-Mastella e noi saremo all'opposizione o un esecutivo diverso", attacca Renzi.

"Ci sono delle forze che vogliono contribuire nel segno di un rapporto con l'Europa e penso che al momento opportuno queste forze possano palesarsi", è la previsione ribadita da Goffredo Bettini, gran tessitore di questi giorni di pre-crisi. Mentre al premier, e al suo argine a un Conte-ter se Iv si sfilasse nelle prossime ore, una sponda arriva da Romano Prodi. "Conte ha fatto bene. A me sembra che Renzi abbia assolutamente lo stesso obiettivo di Bertinotti (nel Prodi I, ndr), cioè rompere", spiega l'ex presidente del Consiglio. E il dado della crisi, ormai, sembra davvero tratto.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/01/11/renzi-approviamo-recovery-ma-spendiamo-bene-soldi_1a2da47d-1bd1-4e9a-902b-0139c28980d2.html

Liguria, il pasticcio della giunta Toti sui ristori: nell’elenco di beneficiari un centinaio di attività fallite, doppie o chiuse da anni. - Paolo Frosina

 

In ballo ci sono oltre 7 milioni che la Regione vorrebbe dividere tra 6.300 piccole imprese. Ma Pd e M5s denunciano: "La presenza di attività cessate e/o inattive riduce l'aspettativa dell’ammontare destinato alle imprese bisognose". Anche Forza Italia presenta un'interrogazione. La replica dell'assessore: "Fase di puro screening, poi l'elenco verrà scremato". La Camera di Commercio: "Contatteremo le aziende una per una, fondi solo dopo autocertificazione".

C’è il Vanilla, discoteca genovese un tempo assai in voga tra i giovanissimi, chiusa dai primi anni Duemila. Ci sono il teatro Cantero di Chiavari, fuori uso da inizio 2018, e la pizzeria ‘La Capannina’, sul lungomare di Ventimiglia, che non si chiama più così da un decennio. Sono oltre un centinaio i bar, ristoranti, palestre, centri benessere, locali da ballo, cinema e teatri liguri che, pur avendo cessato l’attività, compaiono nell’elenco dei potenziali beneficiari dei fondi del decreto Ristori quater, approvato il 23 dicembre scorso dalla giunta guidata da Giovanni Toti. Una torta da 7 milioni e 750mila euro che la Regione vorrebbe dividere tra 6.300 piccole imprese: quelle di “prima classe”, che nella seconda ondata sono rimaste chiuse, ne porteranno a casa 3mila a testa, quelle di “seconda classe”, che hanno subito “restrizioni parziali”, appena mille. Quest’ultima somma, poi, è riservata a una platea ristretta: bar e ristoranti otterranno il bonus solo se impiegano non più di un addetto, catering, agenzie di viaggio e organizzatori di eventi non devono averne più di nove.

Eppure, scorrendo l’elenco allegato alla delibera di giunta, si trova di tutto. Imprenditori falliti o con licenza ritirata, centri massaggi durati lo spazio d’un mattino, cinema di quartiere che non esistono più. Addirittura, in vari casi, le attività passate di mano compaiono due volte, con la nuova ragione sociale e con la vecchia: per esempio una sala giochi di Rapallo, registrata allo stesso indirizzo come “Kursaal Star Casinò srl” e “New Kursaal Srl”, o una storica sala a luci rosse di Genova, presente sia come “Cinema Eldorado di Baglietto Sabrina” che come “Cinema Eldorado di Vincenzo di Vara”. In teoria, entrambi hanno diritto al ristoro. Ma a chi si deve imputare il pasticcio? La lista approvata dalla Regione è quella fornita dalla Camera di Commercio di Genova, scelta come soggetto attuatore della misura. “Non spetta a noi cancellare le imprese inattive dal registro, devono essere loro a fare domanda”, spiega il segretario generale Maurizio Caviglia, raggiunto da Ilfattoquotidiano.it. “Poiché i tempi sono stretti, la giunta ci ha chiesto gli elenchi delle attività raggruppate per codici Ateco (che identificano il settore economico, ndr), per avere un’idea di quanti sarebbero stati i beneficiari. Ma è un elenco dinamico, non statico: contatteremo le aziende una per una, ed erogheremo i fondi soltanto dopo autocertificazioneDichiarare il falso è un reato che, immagino, nessuno vorrà commettere per mille euro”, chiosa.

Nel frattempo, però, le opposizioni hanno buon gioco a cavalcare il paradosso: Pd e Movimento 5 Stelle hanno presentato sulla questione due diverse interrogazioni in consiglio regionale. Ripulendo gli elenchi dalle imprese-fantasma, è il ragionamento, si potrebbe ampliare la platea dei beneficiari o aumentare l’entità dei rimborsi. “Toti sui giornali chiede ristori certi e immediati per le attività colpite – attacca il capogruppo M5S Fabio Tosi –, ma nel frattempo li vuole destinare a imprese chiuse anche da dieci anni. Le lezioncine al governo, in particolare dopo questa vicenda, suonano inaccettabili”. “La presenza di attività cessate e/o inattive nell’elenco delle imprese beneficiarie dei ristori riduce l’aspettativa dell’ammontare destinato alle imprese realmente bisognose, inducendo a previsioni errate nella programmazione del futuro della propria attività imprenditoriale”, scrivono invece i consiglieri Pd, chiedendo “quali saranno i criteri utilizzati per escludere esplicitamente dal novero dei beneficiari le ditte in posizione inattiva”. I dem suggeriscono, poi, di inserire al loro posto “quelle categorie che sono state ingiustamente escluse, come i circoli ricreativi, che spesso rappresentano gli unici centri di aggregazione in piccoli comuni o quartieri periferici”. Ma per la Camera di Commercio, in ogni caso, non c’è il rischio che avanzino fondi: “Le imprese cessate, non più di 150, saranno sostituite da altre imprese che per i motivi più vari non sono rientrate nel primo elenco, pur avendone diritto, e hanno presentato domanda. La platea rimarrà invariata”, assicura il segretario Caviglia.

Una versione identica la fornisce l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Andrea Benveduti: “In una fase successiva alla prima di puro screening, verrà scremato il numero delle imprese da quelle che sono sì iscritte, ma che non sono più in attività, o non come lavoro primario. E compensato da quelle che, pur avendo i requisiti, non figurano erroneamente in elenco”. Ma richieste ufficiali di chiarimenti arrivano persino dalla maggioranza: in un’altra interrogazione, il capogruppo di Forza Italia Claudio Muzio invita la giunta “a una puntuale verifica delle liste di assegnatari”, sollecitando “iniziative urgenti per garantire che i danari pubblici vadano a beneficio di attività non cessate e aventi quindi pieno titolo per il ristoro”. “Solo tra i beneficiari di Ventimiglia ho notato una decina di esercizi chiusi da anni, tra cui un ristorante a cui avevo personalmente dato lo sfratto”, racconta al Fatto.it il consigliere Pd Enrico Ioculano, ex sindaco della città di confine. “È grave che la giunta approvi senza verifiche elenchi non aggiornati, e non si capisce perché il lavoro di scrematura non potesse essere fatto prima”.

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