venerdì 7 maggio 2021

Parto record in Marocco, i 9 gemelli "stanno tutti bene"

 

La mamma non ha fatto ricorso ad alcun trattamento di fertilità.


Alcuni pesano un chilo o giù di lì, altri appena cinquecento grammi. Ma sono complessivamente in buone condizioni i nove gemelli dati alla luce con una decina di settimane di anticipo da una donna maliana di 25 anni, protagonista in Marocco di un delicatissimo parto da record.

Le loro prospettive di vita dipendono anche da come si svilupperanno i corpicini al caldo di un'incubatrice, dove dovranno restare "per due o tre mesi", secondo la previsione del professor Youssef Alaoui, direttore della clinica Ain Borja di Casablanca in cui sono nati e restano ricoverati. Sono rari i casi in cui gemelli numerosi sopravvivono tutti. Ci erano riusciti per non più di pochi giorni quelli di altri due parti con nove figli, in Australia nel 1971 e in Malesia nel 1999.

Questo caso supera quello degli otto dati alla luce da una donna in California nel 2009, indicato finora come record dal Guinness dei primati. In quell'occasione, i bambini erano stati concepiti in vitro. Pare invece che in questo caso sia successo in modo naturale per le cinque femmine e i quattro maschi di Halima Cisse, la mamma maliana (che già aveva una figlia) la cui storia sta facendo il giro del mondo. E ciò rende la vicenda ancor più singolare.

"Mi viene difficile credere siano frutto di una gravidanza spontanea e che la madre non abbia fatto ricorso ad alcun trattamento di fertilità. Se così fosse sarebbe un miracolo. Se invece il trattamento c'è stato, è in ogni caso un primato", è il parere di Antonio Ragusa, direttore del reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale Fatebenefratelli di Roma, secondo cui "rimanere gravide spontaneamente di nove gemelli sarebbe davvero quello che gli scienziati chiamano il cigno nero, metafora di un evento raro, dal punto di vista statistico estremamente poco probabile, e poco prevedibile. Se invece - ha aggiunto - c'è stato il ricorso a inseminazione la situazione avrebbe potuto essere di enorme rischio di vita sia per la madre che per i feti".

Non ha fatto ricorso ad alcun trattamento di fertilità, secondo quanto risulta al professor Alaoui, direttore della clinica dove la donna è stata trasferita alla venticinquesima settimana di gravidanza, anche grazie all'intervento del governo del Mali, uno dei Paesi più poveri al mondo. L'équipe medica è riuscita a prolungare il termine fino alla trentesima, e poi è stato necessario un parto cesareo, per cui sono stati coinvolti 10 medici e 25 infermieri. Alaoui ha rivelato che i sanitari sono dovuti intervenire anche per riportare sotto controllo una forte emorragia. "La madre ora è in buone condizioni, non è più in pericolo - ha aggiunto il direttore della clinica marocchina -. Auguriamo a lei e ai bambini una rapida ripresa"

ANSA

“Complotto contro Renzi”: Lega, FI e dem ci cascano. - Giacomo Salvini

 

Il video di report - L’incontro in autogrill con lo 007 Mancini: solo M5S e FdI non credono alla “manina” ai danni del leader di Iv.

Il complotto c’è, ma al contrario. Non quello per far cadere il governo Conte-2 proprio usando l’argomentazione che l’ex premier giallorosa voleva tenere per sé la delega ai Servizi Segreti. Nossignori, quasi tutti i partiti – esclusi M5S e Fratelli d’Italia – ormai hanno maturato la convinzione che il 23 dicembre scorso all’autogrill di Fiano Romano Matteo Renzi e il capo reparto del Dis Marco Mancini fossero “pedinati”, “spiati” e che poi qualche strana manina abbia inviato il video del colloquio a Report per delegittimare l’ex premier. Una storia che, se vera, farebbe invidia ai romanzi di John Le Carré.

Sicché nelle ultime ore è stato tutto un profluvio di dichiarazioni in difesa delle prerogative di Renzi e contro la legittimità del servizio di Report. A partire dagli stessi renziani. Mercoledì, durante l’audizione del direttore di Rai3, Franco di Mare, in Commissione di Vigilanza Rai, il capogruppo di Italia Viva al Senato Davide Faraone ha teorizzato una cospirazione anti-Renzi: “Un senatore è stato intercettato, spiato con un video abusivo e la Rai ha mandato in onda un servizio di una persona che stava commettendo un reato” ha detto Faraone senza spiegare quale. Poi l’accusa diretta alla trasmissione di Sigfrido Ranucci: “Come mai la Rai ha mandato in onda un servizio senza verificare la versione della signora? Questo non è giornalismo, sono illazioni”. A Faraone ha dato manforte il deputato renziano Michele Anzaldi: “è stata firmata una pagina nera del giornalismo – ha spiegato – lì sono stati tutti pedinati”. Secondo l’onorevole di Iv “è stata fatta una consecutio drammatica” tra il colloquio di Renzi con Mancini “e le nomine dei Servizi”. Per il direttore di Rai 3 Di Mare invece è stato tutto regolare perché “il diritto alla privacy di un personaggio pubblico come Renzi è limitato”. Ieri è intervenuto anche Ranucci che ha smontato le presunte incongruenze fatte notare dai renziani: il video della donna “non è di 40 minuti ma di 20 secondi”, ha iniziato a registrare “solo quando è arrivato Renzi” e, alla fine dell’incontro, Mancini “è partito per primo e si è diretto a Fiano Romano per poi tornare indietro” mentre Renzi “è rimasto in autogrill e poi ha proseguito per Firenze”. Poi il conduttore ha annunciato che nella puntata di lunedì interverranno la donna e anche il padre che si era sentito male per spiegare come sono andate le cose. Ma Renzi non ci sta lo stesso: fonti a lui vicine spiegano che la versione di Ranucci “è falsa” perché Renzi sarebbe partito “prima di Mancini” e che oggi l’ex premier farà un esposto in procura per acquisire le immagini delle videocamere dell’autogrill.

Ma non ci sono solo i renziani a teorizzare la cospirazione contro il proprio leader: anche Pd, Lega e Forza Italia sono della stessa opinione. Bastava sentire Andrea Ruggieri (FI): “Io non credo che quel video sia utilizzabile in tv, ammesso che sia davvero una cittadina curiosa non aveva il diritto di riprendere due personaggi, uno pubblico e l’altro no perché non è una giornalista”. Anche nel Pd si levano voci che teorizzano il complotto. Fausto Raciti parla di “porcheria” e di “accanimento di un pezzo dell’informazione” mentre Simona Malpezzi ieri a Omnibus si è detta “inquieta” sul fatto che “quelle immagini siano arrivate in altre mani”. D’accordo anche il leghista Riccardo Molinari secondo cui “sarebbe grave se il filmato fosse stato commissionato” e se Renzi “fosse stato pedinato”. Intanto ieri si è riunito il Copasir ed è stato deciso che la prossima settimana sarà audito il direttore del Dis Gennaro Vecchione e dopo quella testimonianza si valuterà se sentire anche Renzi e Mancini. Secondo fonti qualificate, il Copasir non si occuperà dell’inchiesta giornalistica o dell’autenticità della fonte, ma si concentrerà sull’incontro.

ILFQ

Zingaletta. - Marco Travaglio

 

Tra le notizie stupefacenti delle ultime ore, la più stupefacente è il pressing di Letta sul suo predecessore Zingaretti perché lasci la Regione Lazio con un anno d’anticipo e si candidi a sindaco di Roma. O, peggio ancora, lo faccia senza dimettersi, aspettando fino all’ultimo giorno utile (inizio settembre) per mollare la carica, così da far slittare le Regionali anticipate a qualche settimana dopo le Comunali. Il motivo è evidente: se si votasse lo stesso giorno per la Capitale e per la Regione, gli stessi elettori romani del centrosinistra dovrebbero votare separati per il sindaco (o la Raggi o Zingaretti, che già fanno scintille prima della sfida, figurarsi in campagna elettorale) e uniti per il cosiddetto “governatore” (verosimilmente espresso dalla coalizione giallorosa). Diciamo subito che questo trucchetto da magliari sarebbe umiliante per Zingaretti, per il Pd, per la coalizione, ma soprattutto per gli elettori. Un’indecenza etico-politica, oltreché la tomba di quel “nuovo centrosinistra” che il Pd di Zingaretti, con Conte, al M5S e a Leu, ha cercato faticosamente di costruire in questi 20 mesi e in cui Letta dice di credere.

Che Pd e M5S corrano separati alle Comunali è inevitabile: la Raggi aspira legittimamente al bis e il Pd non ha perso occasione di combatterla, con armi proprie e anche improprie, per tutto il mandato. Un accordo al primo turno è impensabile: nulla di strano se i dem presentano il loro candidato (Zingaretti aveva scelto Gualtieri, Letta l’ha ibernato): poi si vedrà chi fra lui e la Raggi passerà al ballottaggio e chi fra 5Stelle e Pd dovrà sostenere l’altro. Ma una forzatura assurda come sradicare Zingaretti dalla Regione sarebbe una dichiarazione di guerra al M5S alleato, che non resterebbe senza conseguenze. Il M5S sarebbe legittimato a rispondere schierando candidati forti a Milano, Torino e Bologna per mettere i bastoni fra le ruote a Sala e agli altri aspiranti sindaci Pd (per ora ignoti). E comunque i cittadini la prenderebbero malissimo: quelli del Lazio si domanderebbero che rispetto abbia Zingaretti a mollarli a metà della campagna vaccinale per traslocare al Campidoglio, fra l’altro dopo aver giurato per mesi che mai e poi mai l’avrebbe fatto; e quelli di Roma, già perplessi per la politica regionale sui rifiuti (molto simile al sabotaggio permanente della sindaca), si sentirebbero usati in una guerra di potere che non ha nulla di nobile (se è pronto Gualtieri, perché far saltare Zinga da una poltrona all’altra?). Davvero Letta pensa che basti spostare le Regionali un paio di settimane dopo le Comunali per far dimenticare agli elettori del Pd e del M5S la battaglia all’arma bianca fra Raggi e Zinga? Ma dove vive: sulla luna?

ILFQ

Bertolaso e Albertini mollano Salvini e lui se la prende con FdI: “Troppi no”. - Lorenzo Giarelli

 

Leghista suonato - Matteo scaricato dai suoi candidati a Roma e a Milano: destra spaccata.

La campagna elettorale deve ancora iniziare, ma per Matteo Salvini le Amministrative di ottobre sono già un grosso problema. In barba al solito ottimismo sbandierato a favor di telecamera, il leghista ha impiegato sei mesi per trovare i candidati per Roma e Milano, li ha strombazzati come cavalli vincenti e poi è finito per essere sbugiardato da entrambi.

È successo con Guido Bertolaso per la Capitale ed è successo ieri a Milano con Gabriele Albertini, il cui no alla corsa per sfidare Beppe Sala ha aperto l’ennesima frattura pubblica nel centrodestra. Con tanto di smacco personale a Matteo, che ora se la prende con gli alleati per aver “fatto perdere la pazienza” ai suoi candidati, provocandone la fuga.

Ufficialmente, Albertini decide di farsi da parte per motivi familiari. Scrive una lettera a Libero ringraziando per i tanti messaggi di sostegno, assicura che stava “per cedere e dire sì” ma che poi si è fermato: “Non potevo infliggere un disagio a mia moglie. Preferisco sperare di trascorrere con la mia famiglia, finché ci sarà salute, l’ultimo ottavo di vita media”. E nell’uscire dal pressing, Albertini butta lì pure che se avesse vinto avrebbe chiesto a Sala “di entrare in giunta come vicesindaco”, gesto di rispetto per l’avversario ma anche ecumenico segnale per una Milano pronta “alla primavera” dopo “l’inverno della pandemia”.

Tante belle parole di cui Salvini non sa però che farsene, visto che pochi giorni fa anche Bertolaso si è sfilato da Roma lasciandolo col cerino in mano: “Ringrazio chi mi vuole sindaco nella Capitale – la versione del factotum dell’emergenza lombarda – ma cerchino qualcun altro”. E allora il leader leghista – che peraltro aveva scelto due nomi fuori dal suo partito – fiuta la disfatta e si agita, tirando in mezzo Fratelli d’Italia e Forza Italia: “Sono mesi che cerco di costruire e unire il centrodestra in vista delle amministrative. A Roma e Milano avevamo i candidati giusti, ma altri hanno detto no per settimane e mesi e loro hanno perso la pazienza”.

In effetti i passi indietro di Albertini e Bertolaso sono attribuibili solo in parte a ragioni personali, ma molto più alle crepe interne alla coalizione. Il problema è che FdI, a sua volta, scarica le responsabilità su Salvini, che da tempo rimanda il famoso “tavolo” del centrodestra in cui dovrebbero essere definite tutte le principali candidature alle Amministrative, per paura che la trattativa coinvolga vicende molto più nazionali (su tutte: la presidenza del Copasir contesa proprio da Lega e Fratelli d’Italia).

Ed è questo che Daniela Santanchè, riferimento milanese del partito di Giorgia Meloni, rinfaccia al leghista: “Il fatto che Salvini non abbia ancora convocato il tavolo del centrodestra ha determinato la decisione di Albertini. Quando non si hanno risposte e si vive senza sapere poi succede che un candidato si ritiri”.

Non basta allora il nome di Maurizio Lupi, indicato ora come il favorito per sfidare Sala, a calmare i malumori della destra. La lacerazione è molto più profonda e rischia non solo di ritardare la scelta dei candidati su Milano e Roma, ma persino di compromettere l’intesa altrove. A Napoli, per esempio, Giorgia Meloni potrebbe andare da sola sostenendo l’avvocato Sergio Rastelli (figlio di Antonio, ex governatore della Campania dal 1995 al 1999) e lasciando gli alleati al loro destino con Catello Maresca, sperando poi di arrivare al ballottaggio da una posizione di forza.

Uno sgarbo non da poco che potrebbe replicarsi in altre città dove l’accordo è ancora in alto mare, come Salerno o Bologna. Non c’è da stupirsi allora che di questo quadro fracassato, a taccuini chiusi, un big del centrodestra dia una sintesi simile a un epitaffio: “Non esiste più una coalizione”. Figurarsi se possono esistere i candidati.

ILFQ

Vaccini per ragazzi e bambini, ecco a che punto siamo. - Nicola Barone

 
Covid, Pfizer: vaccino efficace al 100% nella fascia 12-15 anni

I punti chiave


Dopo il via libera in Canada nella fascia tra 12 e 15 anni per il vaccino Pfizer/BioNTech, anche gli Stati Uniti sono pronti - ottenute le autorizzazioni - a lanciare una campagna ad hoc per gli adolescenti. Con buona approssimazione arriverà entro un mese in Europa una parola da parte delle autorità regolatorie sull’allargamento della platea ai più giovani. I sacrifici per bambini e adolescenti imposti dalla pandemia da coronavirus sul piano educativo, e di relazione, fanno guardare con fiducia alla ripresa autunnale in base ai risultati preliminari dei trial. I vaccini in corso di sperimentazione si basano sulla tecnica dell’Rna messaggero e stanno mostrando, entrambi, evidenze assai incoraggianti.

Dalla vaccinazione tre benefici.

Proteggere i ragazzi con il vaccino ha tre diversi valori, nella sintesi dell’immunologo Andrea Cossarizza. «Il primo è che in questo modo possono tornare a fare una vita sociale il più normale possibile, e riprendere quello che facevano prima della pandemia. Secondo, vengono protetti da una sindrome causata dall’infezione, ovvero la sindrome infiammatoria multisistemica dei bambini (Multisystemic inflammatory syndrome in children - Misc). Il terzo è che la vaccinazione di queste persone aiuta moltissimo a tenere la pandemia sotto controllo». Stando alle anticipazioni, Pfizer/BioNTech si trova nella fase finale di preparazione della domanda di approvazione all’Ema, in media la valutazione dei test richiede da quattro a sei settimane.

Primi dati, efficacia del 100%.

Al momento le informazioni disponibili sono quelle diffuse dall’azienda americana per quel che riguarda gli adolescenti con età compresa tra 12 e 15 anni. «Sono state trasmesse come comunicato stampa qualche settimana fa, ma il relativo lavoro scientifico con tutti i dettagli necessari per una accurata valutazione non è ancora stato pubblicato», osserva il professore dell’università di Modena e Reggio Emilia. «I dati riportati comunque riguardano l’efficacia e la tollerabilità. Per quanto riguarda il primo punto, non sono state riportate infezioni da SARS-CoV-2 nel gruppo dei 1.131 ragazzi trattati con il vaccino, mentre ne sono state riscontrate 18 nei 1.129 ragazzi trattati con placebo. L’efficacia del vaccino è stata quindi del 100%, e i ragazzi vaccinati hanno sviluppato tutti una forte quantità di anticorpi». Quanto alla tollerabilità, spiega Cossarizza, «è stata giudicata buona, in quanto non sono stati riportati effetti collaterali diversi da quelli attesi, quali febbre, dolore al braccio dopo l’iniezione, malessere generale di breve durata».

Attesa per la pubblicazione definitiva.

È attualmente iniziato un altro trial che riguarda bambini di età compresa tra sei mesi e 12 anni, divisi per fasce d’età, e i risultati arriveranno tra qualche mese. Nel complesso secondo l’immunologo «quanto riportato dal comunicato stampa è un’ottima notizia, che va comunque verificata valutando il lavoro scientifico che immagino venga pubblicato a breve». Sui tempi di autorizzazione all’uso bisognerà attendere il corso, fino in fondo, degli studi, per quanto sia auspicabile che ciò avvenga al più presto. «Ma non prima che le autorità competenti abbiano valutato a fondo i risultati dei trial clinici fatti e di quelli in corso, e controllato per bene la tollerabilità dei vaccini».

Moderna, sperimentazioni arrivate in fase 2/3.

Passando a Moderna, la prima sperimentazione in fase ⅔ è stata avviata negli Stati Uniti lo scorso dicembre su 3.000 ragazzi fra 12 e 17 anni e la stessa azienda ha appena avviato un secondo studio, chiamato KidCove, anche questo in fase 2/3 su 6.750 bambini da sei mesi a 11 anni. Secondo i programmi, i primi a ricevere il vaccino saranno i più grandi e gradualmente si scenderà con l’età.

Da Oxford stop ai test per AstraZeneca.

Dall’inizio di aprile l’Università di Oxford ha sospeso la sperimentazione del vaccino AstraZeneca sui bambini in attesa di un’analisi sui possibili legami tra il farmaco ed episodi di trombosi tra gli adulti. Le sperimentazioni erano iniziate a febbraio e avevano coinvolto bambini e ragazzi tra i 6 e i 17 anni (circa 300 i volontari). «Sebbene non ci siano preoccupazioni per la sicurezza nella sperimentazione pediatrica, attendiamo ulteriori informazioni dall’Mhra (l’Authority per i farmaci britannica, ndr) sui rari casi di trombosi e trombocitopenia che sono stati segnalati negli adulti, prima di somministrare altri vaccini», ha spiegato il professor Andrew Pollard.

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