La bozza - Aggirati i Comuni, tutto in deroga e di corsa.
Manca meno di una settimana e l’Italia avrà il decreto Semplificazioni – l’ennesimo visto che l’ultimo è solo dell’agosto scorso – che tutti invocano per far correre il Paese e, soprattutto, rispettare i tempi del Pnrr imposti da Bruxelles. Bene, ma l’ultima bozza che Il Fatto ha potuto visionare agli articoli 27 e 28 comprende una semplificazione che col Pnrr ha poco o nulla a che fare. Ricorda piuttosto la Legge Obiettivo di Silvio Berlusconi e Pietro Lunardi (“criminogena”, la definì l’ex presidente dell’Anac Raffaele Cantone), poi parzialmente bocciata dalla Consulta che disse – in sostanza – va bene autorizzare e costruire in deroga, ma mi dovete spiegare razionalmente perché queste opere e non altre.
Ecco, i due articoli partoriti dal ministero delle Infrastrutture oggi guidato da Enrico Giovannini sono dedicati a 10 grandi opere (una lista che potrebbe cambiare nei prossimi giorni e ampliarsi ulteriormente in Parlamento): 4 sono già state commissariate (l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria e quella in Sicilia, la linea Fortezza-Verona e la diga di Pietra Rossa), due sono citate nel Fondo di investimenti complementare che il governo ha affiancato al Pnrr (l’acquedotto del Peschiera e gli interventi di elettrificazione delle banchine portuali) e il resto – tipo il sistema tranviario di Palermo – non si sa bene da dove venga fuori (c’è però anche la diga foranea di Genova, opera da quasi un miliardo).
Nessuna delle dieci opere, comunque, dovrebbe essere sottoposta alla rigida tempistica dei fondi europei, eppure si meritano due articoli e 12 commi che realizzano una completa riscrittura del processo autorizzativo nell’ambito di un decreto per il Pnrr: sono le “Semplificazioni procedurali in materia di opere pubbliche di particolare complessità o di rilevante impatto”.
La ratio, in buona sostanza, è aggirare – e di corsa – qualunque ostacolo possa frapporsi alla realizzazione di queste grandi opere, in special modo il dibattito pubblico (obbligatorio in caso di infrastrutture invasive), gli organi collegiali di natura politica e le assemblee elettive: partecipazione, conflitti e trasparenza non sono i benvenuti. La procedura è abbastanza inquietante. Intanto si parte con la creazione di un Comitato Speciale dei lavori pubblici con tre magistrati, sei dirigenti di vari ministeri e un po’ di esperti che non mancano mai: questo Comitato, in massimo 45 giorni compresi di richieste di modifiche ai progetti, deve dare il via libera, sennò si va di silenzio-assenso (per opere di “particolare complessità” e “rilevante impatto”…).
Le Soprintendenze – a proposito, ce ne sarà una “Speciale” per il Pnrr – e il parere della commissione per la Valutazione d’impatto ambientale (Via) arriveranno direttamente in Conferenza dei servizi, la cui “determinazione conclusiva (…) ha effetto di variante degli strumenti urbanistici vigenti” (tradotto: un voto a maggioranza in Conferenza dei servizi basta ad aggirare consigli comunali e regionali).
E se ci dovesse essere qualche problema? Tipo che le amministrazioni coinvolte non sono d’accordo tra loro? Nessun problema: entro 15 giorni “il Comitato speciale esprime un parere” con le modifiche approvate e quelle che eventualmente potrebbero mettere a tacere i dissenzienti, la faccenda va chiusa entro un mese. Poi, “qualora non si pervenga ad una soluzione condivisa”, la palla passa a una segreteria tecnica che sarà creata dal decreto “governance” (anch’esso atteso entro una settimana) e di lì al Consiglio dei ministri che dovrà decidere “compatibilmente con le preminenti esigenze di appaltabilità dell’opera e della sua realizzazione entro i termini previsti dal Pnrr ovvero, in relazione agli interventi finanziati con le risorse del Piano per gli investimenti complementari”.
A quel punto, “le decisioni del Consiglio dei ministri sono immediatamente efficaci” e “non sono sottoposte al controllo preventivo della Corte dei Conti”. Da lì in poi “la verifica del progetto definitivo e del progetto esecutivo (…) accerta altresì l’ottemperanza alle prescrizioni impartite in sede di conferenza di servizi e di Via” e “la stazione appaltante procede direttamente all’approvazione del progetto definitivo ovvero del progetto esecutivo direttamente”. Decorsi infine 90 giorni – dopo aver smantellato qualunque sistema di controlli – l’opera deve essere assegnata al costruttore. Si chiederà il lettore: e se non funziona neanche questo? Facile: si commissariano pure i lotti già commissariati qualche mese fa. Viva le semplificazioni.
IlFQ