I seicentomila voti a perdere degli elettori romani, quelli ricevuti e poi gettati nel cassonetto da Enrico Michetti e Carlo Calenda, che non siederanno in Consiglio comunale perché hanno di meglio da fare, rappresentano una salutare lezione per chi ancora si ostina a recarsi alle urne ignorando l’evidenza dei fatti.
Benedetta ingenuità, ma come si fa a non rendersi conto che il voto è un apostrofo rosa tra le parole tu non conti niente? Infatti, cos’è il Parlamento dei nominati se non il certificato di un’interdizione legale? Come dire: sbarrate il simbolo del partito, analfabeti che non siete altro, che al resto pensiamo noi. E il governo dei Migliori (come tutti i Migliori che in questi anni si sono succeduti a palazzo Chigi) lo ha forse eletto qualcuno? L’ultima volta che siete andati a votare avete per caso trovato sulla scheda elettorale il nome di Draghi, o quello di Conte, o di Letta, o di Gentiloni, o di Renzi, o di Monti?
L’ultimo premier votato dagli italiani fu Silvio Berlusconi, e ciò non depone a favore del suffragio universale. Si dirà che con tutte le storture e le camarille le Camere sono chiamate pur sempre a rappresentare la volontà dei cittadini. Mica vero a leggere il sondaggio di Ilvo Diamanti sul ddl Zan (la Repubblica), secondo il quale la legge contro l’omotransfobia “piace al 60% degli italiani con punte del 70-85% tra giovani e under 40”. Fantastico, infatti l’hanno affondata.
Si dirà che da Michetti (374 mila voti) e da Calenda (220 mila) non era lecito aspettarsi nulla di diverso visto che hanno cose più importanti da fare. Il primo è impegnato a far sottoscrivere abbonamenti alle sue preziose gazzette amministrative. Al secondo bisogna dare atto di avere mantenuto la carica di europarlamentare “più importante e meglio retribuita ma avrebbe potuto cumularla a quella di consigliere comunale e non ci sarebbe stato nulla di male, a meno di non pensare che anche Calenda subisca l’egemonia ideologica degli anti-casta, coloro che sono soliti definire i ruoli istituzionali ‘poltrone’” (testuale su Repubblica, giornale che alla campagna elettorale di Cumulator ha dedicato più spazio perfino di quello riservato a Renzi d’Arabia).
A questo punto, visto che si parla di comici, come non ricordare la strepitosa battuta di Beppe Grillo? “Non sono andato a votare e mi vergogno. L’ho fatto per protesta. Ma poi ho scoperto che si dividono anche i voti degli assenti e anche le nulle, sì quelle schede su cui scrivono ‘vaffanculo’. Si sono divisi anche ‘l’affanculo’: 30% alla Dc, 17% al Pds eccetera”. (Scusate lo sfogo ma sono un elettore compulsivo e sto cercando di smettere).