venerdì 11 marzo 2022

Da Palermo a Campobello: il colpo per aiutare Messina Denaro. - Riccardo Lo Verso

 

Bottino da un milione di euro. Non tutti i responsabili sono stati individuati.

PALERMO – Un nuovo tassello investigativo su una rapina che qualche anno fa fece scalpore. Il bottino servì per finanziare la latitanza di Matteo Messina Denaro.

Nel novembre 2013 un commando armato fece irruzione nel deposito della Ag Trasporti di Campobello di Mazara.

Di quel commando potrebbe avere fatto parte anche Domenico Macaluso, 49 anni, il cui nome è emerso nell’inchiesta che ha portato all’arresto del capomafia di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro, il “dottore”.

Macaluso è indagato per mafia: avrebbe fatto parte della famiglia di Roccella. Non è stata, però, emessa una misura cautelare nei suoi confronti. Se è vero, secondo il giudice, che Macaluso si sarebbe messo a disposizione di Guttadauro, non ci sono, però, elementi univoci da cui emerge la sua partecipazione all’associazione mafiosa.

Non fu una rapina qualunque quella del novembre 2013. Sia per l’obiettivo che per il destinatario del bottino: i soldi servirono per aiutare la famiglia di Matteo Messina Denaro.

L’azienda rapinata apparteneva a Giovanni Arduino, fratello del boss Giuseppe (ufficialmente faceva il portiere di albergo), uomo forte del mandamento di Brancaccio e condannato con sentenza definitiva. Qualche mese prima della rapina la Ag Trasporti era finita sotto sequestro.

Grazie all’aiuto di un basista il gruppo di rapinatori, che faceva capo a Francesco Guttadauro (figlio del cognato di Matteo Messina Denaro, Filippo Gittadauro, fratello di Giuseppe, il “dottore”) e Luca Bellomo (marito di Lorenza Guttadauro, altra figlia di Filippo Guttadauro). Tra gli arrestati per il colpo c’era anche Ruggero Battaglia.

Dal deposito sparirono 600 colli di merce e 17 mila euro in contanti. Ad entrare in azione fu un gruppo di otto persone, di cui alcune non sono mai state identificate. Indossavano le pettorine della polizia ed arrivarono a bordo di due macchine e di un furgone bruciati dopo la rapina. Dissero che cercavano un carico di droga, legarono con delle fascette una decina di dipendenti e lavorarono indisturbati.

Sono diversi i pentiti che hanno parlato della rapina. Per ultimo Salvatore Sollima di Bagheria. I palermitani non si tirarono indietro. Arrivò la richiesta di Battaglia: “Viremu di aiutare sti picciotti che hanno bisogno picchi hanno ad aiutare stu picciottu che ammancò da casa. Si riferiva a questa persona che è latitante da tanto tempo”.

C’è un particolare che bisogna rivalutare alla luce dei nuovi elementi investigativi. Una donna avrebbe avuto, per un periodo di tempo, un canale di comunicazione con Messina Denaro. Secondo gli investigatori, dovrebbe trattarsi di Maria Insalaco, la madre di Luca Bellomo. Solo che la donna è deceduta ad aprile 2019.

https://livesicilia.it/palermo-rapina-matteo-messina-denaro/?fbclid=IwAR3Jdq3UN-FRNeDOY1UPTsxNhYJxwrvMnzijKhGIhiCDnHI9K2xJXrW-D8o

L’invasione e lo stupore dei “buoni” - Antonio Padellaro

 

L’invasione russa dell’Ucraina era solo una questione di tempo, scrive il generale Fabio Mini su Limes, nell’articolo anticipato ieri dal Fatto. Dal momento che, a partire dal 1997, la progressiva espansione della Nato, secondo i più accreditati osservatori occidentali (compreso William Perry, ex Segretario alla Difesa durante la presidenza Clinton), sarebbe stata inevitabilmente considerata dai russi una minaccia, “e che andare avanti avrebbe avvelenato le relazioni con Mosca”. Ora, tutto ciò nulla toglie ai crimini contro l’umanità di cui si sta macchiando Putin, mentre ci dice qualcosa sulla cecità dei “buoni” che non avendo calcolato, per oltre un ventennio, le conseguenze dei propri atti subiscono oggi la sanguinaria ritorsione dei “cattivi”. E lo fanno chiedendosi come diavolo sia potuto accadere. Detto che i “buoni” continueranno a sentirsi infallibili (e Dio ci aiuti) sia però consentito interrogarsi sull’utilità del vecchio espediente retorico che consiste nel considerare un pazzo furioso chiunque non si comporti secondo le nostre attese, soprattutto quando sbagliatissime. Leggiamo, infatti, sulla stampa belligerante, dotte analisi sulle disastrose condizioni in cui versa l’autocrate. Con titoli del tipo: “Dal cancro alla pazzia, le intelligence occidentali s’interrogano sulla salute fisica e mentale di Putin” (Repubblica). Secondo il Daily Star (ripreso dal Giornale), Mad Vlad “prova costante dolore e potrebbe avere problemi di non poco conto che spaziano dalla follia a un tumore all’intestino”. Si cita una fonte, naturalmente anonima, del Pentagono, secondo cui “in passato lo abbiamo visto sorridere, ma nel 2022 ci sono poche foto in cui sembra felice”. Non basta, “perché addirittura alcuni pensano che come ultima traccia da lasciare sulla Terra prima della sua morte ci sia stata l’invasione dell’Ucraina”. Tutto molto credibile: infatti, chi prima di tirare le cuoia come estremo desiderio non vorrebbe appiccare il fuoco all’appartamento del vicino o magari bombardare Kiev? È vero che gli abbiamo piazzato qualche testata nucleare con vista Cremlino, però lui è sempre così malmostoso. Mai una bella risata, e che diamine.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/11/linvasione-e-lo-stupore-dei-buoni/6522369/?fbclid=IwAR3nFjmo6NYQVdL0w_Mujb0Eg0yqTvujqSXOgtCrGMuTZemMV9KtOBI7d3I

Che c’è da ridere? Kiev-Mosca, la diplomazia fallisce. L’Ue verso il “Recovery di guerra”- Giampiero Gramaglia

 

VERSAILLES - I leader dell’Ue tagliata fuori celebrano il proprio fallimento. Intanto in Ucraina, negoziati falliti in Turchia, battaglia social Mosca-Kiev sull’attacco all’ospedale pediatrico, folli rincari in Europa su benzina e cibo.

NESSUNA TREGUA - Flop in Turchia: i ministri Lavrov e Kuleba non trovano accordi. A Versailles la Francia spinge per un fondo speciale, l'Italia condivide. Germania e Paesi del Nord accolgono freddamente l’idea di un prestito comunitario

Le speranze di uno sblocco diplomatico della guerra fra Russia e Ucraina affondano nel mare di Antalya, in Turchia, di fronte a Cipro: i ministri degli Esteri russo Sergej Lavrov e ucraino Dmytro Kuleba non riescono a raggiungere un accordo su un cessate-il-fuoco. L’esito negativo dell’incontro, mediato dalla Turchia, non fa desistere il presidente turco Racep Tayyip Erdogan dall’intento di provare a far dialogare i due presidenti, Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Bulema dice: “Non abbiamo fatto progressi” verso un cessate-il-fuoco, perché “sembra che ci siano altre persone che decidono in Russia”; ma “abbiamo convenuto di continuare a cercare di dare una soluzione ai drammi umanitari sul terreno”. L’Ucraina, assicura Bulema, “non si è arresa, non s’arrende e non s’arrenderà”. Lavrov non lascia intravedere ammorbidimenti negli obiettivi cui Mosca mira con l’invasione: indipendenza e in prospettiva annessione delle autoproclamate repubbliche filorusse del Donbass, Donetsk e Lugansk; e neutralizzazione dell’Ucraina, senza più prospettive di adesione alla Nato e all’Ue. Lavrov afferma che la Russia “saprà cavarsela”, nonostante l’intensificarsi delle sanzioni con cui l’Occidente vuole accelerare la fine del conflitto. Zelensky rinnova gli appelli all’Occidente perché intervenga, ma Stati Uniti e loro alleati europei continuano a escluderlo per il rischio di un conflitto con la Russia. E l’Ue non offre neppure prospettive d’adesione rapide.

Sul terreno, il bilancio dell’attacco aereo russo alla maternità di Mariupol è di tre morti, fra cui un bimbo, e una ventina di feriti. Secondo Lavrov, la Russia aveva notificato fin dal 7 marzo all’Onu, che l’ospedale ieri colpito era divenuto sede del battaglione Azov e che dalla struttura erano state evacuate pazienti e personale sanitario. Il battaglione Azov, già formato da volontari di destra e neonazisti, provenienti da diversi Paesi europei, per combattere i separatisti del Donbass, è ora inquadrato nella Guardia nazionale. La scorsa notte, un bombardamento effettuato da unità russe ha colpito un edificio residenziale, nel villaggio di Slobozhanske, vicino alla città di Kharkiv, nel sud-est del Paese, fecendo quattro morti, fra cui due bambini. Ci sono pure stati raid russi nella regione di Sumy: tre i morti. Secondo l’Onu, i civili uccisi sono finora 549, ma il numero è in continuo aumento.

Oleksiy Arestovych, un collaboratore di Zelensky, afferma: “Coloro che hanno bambini o donne, specie nelle regioni di Kharkiv, Donetsk, Lugansk, è meglio che se ne vadano. Queste città sono teatro di aspre battaglie e i civili non vi hanno niente da fare”. L’Onu stima che le persone fuggite siano oltre 2,3 milioni, 112 mila non ucraine. Le forze avanzano lentamente, ma costantemente, nelle città chiave ucraine, compresa la capitale Kiev e al sud Odessa. Fonti militari Usa non escludono il ricorso ad armi chimiche, anche se l’ipotesi non è al momento suffragata da fatti. I leader dei Paesi dell’Ue sono riuniti da ieri a Versailles, vicino a Parigi, per dare un giro di vite alle sanzioni contro Mosca e per impostare scelte energetiche che consentano di ridurre d’un terzo, entro l’anno, la dipendenza di gas e petrolio dell’Unione dalla Russia e, in prospettiva, di azzerarla, accelerando la diversificazione delle fonti. Secondo diverse voci europee raccolte a Versailles, la proposta della Francia, condivisa dall’Italia, di adottare un piano di rilancio da 800 miliardi sul modello del Recovery Plan non fa l’unanimità. Germania e Paesi del Nord accolgono freddamente l’idea di un prestito comunitario che ammortizzi l’impatto della guerra in Ucraina. Ci sono invece convergenze su alcuni aspetti della difesa europea. Nel Congresso Usa, intanto, avanza un provvedimento che stanzia ulteriori 14 miliardi di dollari d’aiuti per l’Ucraina, umanitari, economici, militari. Americani ed europei lavorano sui prezzi dell’energia per contrastare l’effetto dei rincari sull’inflazione. Ieri sera, sui corridoi umanitari, la Russia ha rilanciato l’opzione che le uniche vie sicure per i civili delle città martoriate siano quelle che portino dentro i suoi confini o in Bielorussia.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/11/kiev-mosca-la-diplomazia-fallisce-lue-verso-il-recovery-di-guerra/6522264/

Vengo anch’io, no tu no. - Marco Travaglio

 

Nella rassegna stampa di ieri, spicca per originalità l’analisi di Nathalie Tocci sulla Stampa. Direttore dell’Istituto Affari Internazionali, già “Special Adviser dell’Alto rappresentante Federica Mogherini” (e ho detto tutto), ma specialmente consigliere di amministrazione dell’Eni, la Tocci sostiene che si può negoziare con tutti, ma non con Putin: con lui “è impossibile”. Per due motivi. 1) “Putin vuole l’Ucraina” che, essendo “democratica, è una minaccia per Putin” e su questo “Kiev non è disposta a trattare, né possiamo esserlo noi” (noi maiestatico, non è ben chiaro se nel senso di Eni, di Iai, di Italia o più modestamente di Tocci). 2) “A differenza della Russia di Putin”, che è “autocrazia e cleptocrazia”, l’Ucraina e le altre “liberaldemocrazie sono tali proprio perché proteggono quei valori sui quali sono fondate”. In attesa di conoscere nel dettaglio i valori della democrazia ucraina (esportati a suon di stragi in Donbass) e conoscendo già quelli delle nostre (esportati a suon di massacri in ex Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia e – in combutta coi russi – in Siria ecc.), ci affascina quest’idea di negoziato del tutto inedita.

Non essendo del ramo, pensavamo dovessero parteciparvi – come avviene da millenni – le due parti in conflitto, per la banale ragione che, se non si mettono d’accordo loro, la guerra continua. Invece apprendiamo dalla Tocci che Putin va escluso a priori. Deciderà lei chi ammettere al tavolo per la Russia e naturalmente cosa scrivere nel trattato: “L’unico sbocco sensato” è il “cessate il fuoco immediato e incondizionato”. Il che, a voler sottilizzare, renderebbe superfluo qualunque negoziato: se i russi si ritirano, la guerra finisce da sola. Purtroppo serpeggia il sospetto che i russi non abbiano alcuna intenzione di seguire gli amorevoli consigli della Tocci. Anzi, a dirla tutta, gira voce che la guerra in Ucraina sia un po’ più complicata del derby fra buoni e cattivi, fra liberaldemocrazie e cleptotirannidi, fra amici e nemici della pace che le Sturmtruppen da divano raccontano. Sennò dovremmo dichiarare guerra a tutti i tiranni del mondo, e pure a tutti i guerrafondai, inclusi i nostri. Poi dovremmo espellere dalla Nato la Turchia, che fa strage di curdi, e smettere di lisciare i regimi di Azerbaigian, Qatar, Arabia Saudita, Iran e Venezuela perché ci vendano il gas e il petrolio che non vogliamo più comprare da Mosca. E infine trascinare al Tribunale dell’Aja per crimini contro l’umanità i nostri governanti che bombardarono Belgrado e Baghdad sterminando molti più civili, anche bambini nelle scuole e negli ospedali, di quanti sia riuscito a ucciderne Putin in Ucraina. Anche se, va detto, i bambini serbi e iracheni ebbero l’indubbio privilegio di essere massacrati da bombe liberaldemocratiche.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/11/vengo-anchio-no-tu-no/6522260/

Legge fine vita, approvata.

 

Pochi minuti fa alla Camera dei deputati è arrivata l’approvazione del testo unificato sulla morte volontaria medicalmente assistita, una legge di civiltà che tantissimi cittadini chiedevano da tempo.

È stato un lavoro davvero intenso durato tre anni.
Con questa legge colmiamo finalmente un vuoto normativo segnalato dalla Corte Costituzionale nel 2019.

Da oggi si consente, a chi ne abbia i requisiti, di porre consapevolmente fine alle proprie sofferenze circondato dall’affetto dei propri cari e assistito dal Servizio Sanitario Nazionale.

Questa legge è il frutto di notevoli mediazioni che hanno tenuto conto delle tante e diverse sensibilità presenti in #Parlamento.
Per questo motivo desidero ringraziare i miei colleghi della Commissione e in particolar modo Nicola Provenza, deputato del MoVimento 5 Stelle e relatore del testo, per aver creduto fino in fondo alla possibilità di raggiungere questo straordinario risultato.

Sono davvero orgogliosa dell’approvazione di questa norma.
L’Italia fa un importante passo avanti verso la tutela della #dignità e dell’autonomia della persona malata, garantendogli un adeguato sostegno sanitario, psicologico e socio-assistenziale.
Ora auspichiamo ad una rapida approvazione anche in Senato.

Un pensiero di vicinanza a tutte le persone che in questo momento stanno soffrendo e a tutti quelli che si sono battuti assieme a noi per ottenere una legge di civiltà.

Maria Edera

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Guerra Ucraina, l’ex generale Camporini: “Armare Kiev era e resta l’unica alternativa possibile. Non è il tempo di dissertazioni filosofiche”. Ed evoca il Vietnam. - Thomas Mackinson

 

Nei giorni scorsi alcuni analisti ed ex generali hanno messo in dubbio la strategia dell'Europa di fornire armi a Kiev, evidenziandone i rischi e le contraddizioni. L’ex capo di Stato Maggiore della Difesa, che fa parte del direttivo di Azione, rivendica quella scelta. Senza escludere però il rischio di un "pantano Ucraina" e le responsabilità storiche di Francia, Germania e Italia.

Evocare oggi il Vietnam o una Sarajevo non rassicura più di tanto, ma vallo a spiegare ai generali. Alcuni, non tacciabili di “retorica pacifista”, nei giorni scorsi hanno espresso pubblicamente dubbi sulla scelta dell’Europa di armare l’esercito ucraino per una resistenza “senza partita”, che costerà più vittime alla popolazione civile e in futuro spingerà ancor di più la Russia verso l’Asia e la Cina, con tutti i rischi del caso. Così l’ex generale Fabio Mini, su questo stesso sito, e ancora due giorni fa Mario Bertolini, già capo del Comando operativo interforze e presidente dell’associazione dei parà, intervistato dal Messaggero e LaVerità. Ce n’è uno che, in qualche modo, risponde al dilemma nei panni sia dell’esperto militare che dell’uomo politico, difendendo a spada tratta la scelta di leader e colleghi che, ai venti di guerra, han risposto indossando (in senso molto figurato) la mimetica.

È l’ex capo di Stato Maggiore della Difesa Vicenzo Camporini, ex generale dell’Aeronautica e oggi nel direttivo di Azione, il partito di Calenda che – come tutti i gruppi parlamentari – ha votato “sì” in Parlamento all’invio di armi dall’Italia a Kiev. Non solo, Camporini è anche nel direttivo dello IAI, acronimo che sta per Istituto Affari Internazionali, quello fondato da Altiero Spinelli, padre nobile dell’Europa, che profeticamente scrisse: “L’Europa non cade dal cielo”. La figlia, Barbara Spinelli, è stata tra i primi a soffiare in direzione contraria allo “spirito belligerante” dell’Unione, ed è stata additata per questo come “amica di Putin”, per il solo fatto d’aver ricordato ai lettori una serie di impegni mancati da parte dell’Europa e di Washington, per effetto dei quali nel 2022 si è piombati in uno scenario da guerra fredda incendiato dal fuoco delle munizioni e dall’incubo/ricatto di una guerra nucleare.

Generale, l’avanzata russa continua, i negoziati sembrano inconcludenti, si palesa il rischio di un “pantano ucraino”: non le viene qualche dubbio sulla scelta di armare l’Ucraina?
“No, nessun dubbio. Capisco che ora è difficile guardare gli effetti di quella decisione, ma che alternativa avevamo? Se un despota attacca uno stato sovrano alle porte dell’Europa, potevamo lasciarglielo fare? Ritengo che porre oggi “problemi filosofici” sia quantomeno inappropriato. Poi è vero, alcune cose stanno andando diversamente da come si sperava, ma non era preventivabile. Penso ad esempio ai negoziati in corso”.

Appunto. Le pare stiano portando da qualche parte?
Al momento sono purtroppo più il segnale della buona volontà da parte di qualcuno, ma ritengo abbiano poche chance di successo, anche perché la Russia si presenta al tavolo ribadendo sempre la sua posizione: che negoziato è quello in cui uno si presenta e dice “sono disposto a negoziare, basta che accetti le mie condizioni”? Per altro lo fa in luoghi che di per sé suonano come una provocazione o un’umiliazione bella e buona: non solo quelli al confine con la Bielorussia, che spalleggia l’esercito di Mosca, ma a Brest, dove 100 anni fa ci fu l’armistizio zarista. Non si può non cogliere in questa scelta lo spirito di revanscismo che trapela dai discorsi di Putin”.

Ecco, le reali intenzioni della Russia. Alcuni analisti richiamano l’attenzione sul fatto che ufficialmente il Cremlino non voglia conquistare l’Ucraina ma reclami garanzie di neutralità rispetto alla Nato e sicurezza dei propri confini, comprese le “repubbliche” filorusse. Lei come la pensa?
“Vedo che nei dispacci ufficiali di Mosca si dice questo, poi ascolto Putin e sento tutta un’altra storia. E purtroppo a comandare è lui. Ha detto che l’Ucraina non avrà più un governo suo, che la vuole schiacciare e far tornare parte dell’impero. Credo non ci siano dubbi sulle sue intenzioni. Può darsi, e me lo auguro vivamente, che all’interno della dirigenza russa qualcuno si stia ponendo il problema e che sia in qualche modo l’espressione di una visione diversa. In quel modo se ne può discutere, però tenendo conto che non bisogna stabilire precedenti. Perché abbiamo situazioni simili al Donbass, sto parlando della Transnitria: nel momento in cui si cede su quello è naturale per Mosca rivendicare quell’altro, e poi magari le ex repubbliche sovietiche che fanno parte dell’Europa. E’ una valanga che non si ferma più”.

E le armi la stanno fermando?
Se stiamo alle operazioni di questi giorni, mi pare indubbio che l’avanzata dell’esercito stia subendo vistosi rallentamenti. Le notizie di ieri parlano di cinque bombardieri abbattuti, e a tirar giù quei Sukhoi 25 sono stati i missili spalleggiabili che fanno parte delle nostre forniture. Sono sistemi che possono mettere davvero in seria difficoltà l’attaccante che si muove con forze convenzionali, soprattutto se come pare non sono addestrate e testate coi metodi di supporto reciproco tra fanteria e mezzi corazzati, e in particolar modo se i militari come sembra sono ragazzi di leva. La storia militare ha dei precedenti importanti, pensi solo al Vietnam. Il rapporto era indubbiamente a favore degli Usa, ma la resistenza vietnamita grazie ai rifornimenti russi ha costretto gli Usa a desistere. Può succedere lo stesso.

Sì, ma dopo 20 anni di guerriglia e 300mila morti: quanto può durare un conflitto a media intensità?
Si spera il meno possibile, ma non si capisce la scelta di fornire armi a Zelensky se non si tengono insieme i due pilastri delle strategia di difesa: quello delle forniture militari e delle sanzioni. Certo, il loro difetto intrinseco è che chi le subisce ne paga il prezzo sul medio periodo e chi le impone subito. E’ uno strumento di delicato, ma è altrettanto vero che un’economia come quella russa non gode di ottima salute ed è possibile che qualcuno a Mosca inizi a fare pressioni che anche Putin non può sostenere. La storia è piena di guerre perse per “default”: l’esercito imperiale tedesco sul terreno poteva resistere a lungo, ma è crollato quando è crollata l’economia del Reich.

L’aggressione militare dei russi sta generando una crisi umanitaria nel cuore dell’Europa. E’ tutta colpa dei russi? Non abbiamo proprio nulla da rimproverare a noi stessi?
Non è così, non sarebbe onesto negare alcuni “errori” e responsabilità. Io stesso ero presente a Bucarest nell’aprile del 2008, quando ci fu l’intenzione iniziale di alcuni di invitare formalmente la Georgia e l’Ucraina a entrare nella Nato, così da togliere l’oggetto del contendere ai russi. Allora ci fu una valutazione non concorde di altri membri dell’alleanza atlantica, in particolare la Francia, la Germania e l’Italia, in rigoroso ordine alfabetico. Ne uscì un documento in cui si diceva genericamente che le porte rimanevano aperte e che in futuro indefinito anche questi paesi avrebbe fatto parte dell’Alleanza. Fu una formulazione molto blanda che dispiacque molto a Mosca e purtroppo diede adito all’allora leader georgiano di avviare una campagna disastrosa contro la Russia nell’agosto 2008. Questo fu sicuramente un errore, ma oggi dico un peccato veniale contro uno mortale.

Si guarda alla guerra in corso, all’accoglienza dei profughi. Ma c’è anche un futuro che si sta decidendo oggi. Per alcuni generali la nostra posizione spinge la Russia sempre più verso l’Asia e la Cina, rischia di isolarla ancora di più ampliando il rischio di nuovi conflitti futuri?
A questa obiezione replico dicendo che proprio la risposta così coesa dei governi europei, forse inattesa da tutti, crea le premesse concrete per un sistema di difesa a autonomia strategica di cui si parla da tanto tempo. Per qualcuno dovrebbe essere del tutto indipendente, io penso non possa che nascere facendo parte della grande famiglia occidentale della Nato che ha permesso ai nostri paesi di prosperare in sicurezza. Ma certamente dovrà avere pari dignità e peso perché non accada più che ogni decisione presa a Washington debba essere trangugiata a Parigi e a Roma.

C’è un’altra asimmetria nello sforzo Nato: i costi della guerra che stiamo armando li pagherà l’Europa, fin da subito visto che a differenza degli Usa si sta facendo carico dei profughi.
Anche questo è un banco di prova, non c’è dubbio. Perché in situazioni come questa qualcuno paga prezzi più alti di altri ed è giusto si trovino gli strumenti per far si che gli oneri siano equamente distribuiti. E’ un bel test della reale possibilità del mondo occidentale di agire in modo organico, insieme, condividendo costi e oneri. Io auspico che le cose andranno così. ma non è scontato, perché effettivamente gli egoismi nazionali ci sono, lo vediamo con gli immigrati nel Mediterraneo. Ci sono grosse faglie e vediamo se in questo caso gli eventi faranno sì che si ricompongano.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/03/10/guerra-ucraina-lex-generale-camporini-armare-lucraina-era-e-resta-lunica-alternativa-possibile-non-e-il-tempo-di-dissertazioni-filosofiche-ed-evoca-il-vietnam/6519514/#