venerdì 29 luglio 2022

Cosa contiene la borsa misteriosa degli Dei di tanti culti antichi? -

 

Da Sumer all’America precolombiana: Come è possibile che raffigurazioni di migliaia di anni, mostrano tutte antiche divinità con in mano un oggetto conosciuto come: la borsa misteriosa degli Dei?

Convincenti prove ritrovate negli ultimi due decenni, hanno dimostrato che l’umanità sta passando una specie di amnesia. Le innumerevoli scoperte fatte in tutto il mondo ci ha costretti a mettere in discussione tutto ciò che riguarda l’origine del genere umano, di antiche culture e della storia in generale. Lentamente pezzo per pezzo, abbiamo esplorato e raccolto piccoli pezzi di un enorme puzzle che ci ha guidato nella giusta direzione durante la ricerca di risposte che gli studiosi tradizionali non sono stati in grado di darci.

Come si può spiegare le innumerevoli somiglianze tra le civiltà che hanno abitato la Terra migliaia di anni fa, che sono state separati da decine di migliaia di chilometri?

Quasi tutte le antiche civiltà bene o male hanno seguito lo stesso modello. E come se in qualche modo, antiche culture sono state collegate tra loro migliaia di anni fa.

Uno degli enigmi più interessanti e da capogiro può essere fatta risalire all’antica Mesopotamia, detta la culla della civiltà; dove un motivo misterioso ha spinto molti autori a mettere in discussione la storia come c’è stata sempre insegnata.

La borsa misteriosa.

Gli antichi Sumeri raffiguravano gli antichi Anunnaki con oggetti curiosi. Due degli oggetti più interessanti visti nelle antiche divinità sumeriche erano l’ ‘orologio da polso’ visto su quasi tutte le rappresentazioni, e la misteriosa ‘borsa’ portata in mano dagli Dei.

Curiosamente, se si viaggia per migliaia di chilometri in tutto il mondo dalla Mesopotamia alle Americhe, troveremo che gli antichi Maya, Aztechi e altre antiche civiltà utilizzavano lo stesso motivo quando descrivevano le loro divinità.

Inoltre, se ci troviamo in viaggio in Egitto vedremo che il simbolo Ankh è stato anche portato in giro dagli dei proprio come la borsa misteriosa nell’antica Mesopotamia e nelle Americhe.

Perché civiltà antiche in America, Egitto e Mesopotamia raffiguravano le loro divinità con un oggetto misterioso in mano? È possibile che tutte le antiche culture in America, Egitto e in Mesopotamia sono state visitate dagli stessi “Dei“?

È interessante notare che gli antichi Anunnaki sono stati quasi sempre rappresentati in una forma umanoide, anche se numerosi tratti indicano chiare differenze tra gli Anunnaki e gli esseri umani ordinari, i tratti del viso degli antichi Anunnaki Dei erano sempre ben nascosti grazie alle grandi barbe.

Proprio come gli antichi Sumeri che raffiguravano le loro divinità in forma umanoide, anche per gli antichi egizi, e le diverse culture del continente americano hanno fatto la stessa cosa.

La domanda ovvia è; perché?

Perché antiche culture separate da migliaia di chilometri l’una dall’altra, rappresentavano le loro divinità in un modo quasi identico?

Inoltre, come è anche possibile che gli antichi Sumeri raffiguravano questi esseri con in mano una borsa misteriosa degli Dei, e anche altre persone in tutto il mondo facevano la stessa cosa?

Presso il sito archeologico di La Venta, troveremo una stele di pietra raffigurante l’antico mesoamericana Dio Quetzalcoatl ovvero il “serpente piumato“, che curiosamente tiene in mano la stessa ‘borsa’ che vediamo nelle antiche raffigurazioni sumere.









Ma questo non è l’unico sito in Messico, dove è stata trovata la rappresentazione curiosa.

Se andiamo a Tula, un importante centro regionale che ha raggiunto il suo apice come la capitale dell’Impero tolteca tra la caduta di Teotihuacan e l’ascesa di Tenochtitlan, troveremo le loro enormi statue di ‘Atlantide’, e se osserviamo più da vicino, si può notare che ancora una volta la borsa misteriosa degli Dei è presente.

Se andiamo a Gobekli Tepe , che si trova su una collina a distanza nel sud della Turchia troveremo la stessa cosa.

Gobekli Tepe è uno dei più antichi (se non il più vecchio) antichi templi megalitici sul nostro pianeta. Lì, intricati massicci pilastri in pietra disposti in una serie di anelli che puntano verso l’alto, e fiera di raccontare una storia millenaria; quando diverse civiltà governavano su tutto il pianeta.

Si credeva che queste enormi pietre furono scolpite da neolitici cacciatori-raccoglitori circa 12.000 anni fa, anche se sottolinea recenti prove verso il fatto che, il tempio misterioso, che si compone di tre grandi cerchi di pietra è stato deliberatamente sepolto per un motivo sconosciuto in un lontano passato.

Dopo 13 anni di scavi, gli archeologi che studiano l’antico sito non sono riusciti a recuperare un singolo strumento di taglio della pietra. Nessuno è stato in grado di capire come l’umanità antica ha eretto alcune delle più grandi fabbriche di pietra del pianeta.

La presenza della borsa misteriosa degli Dei, indica che queste due culture erano collegate in modo misterioso?

Perché antiche culture ritraggono i loro Dei che trasportano la borsa misteriosa? Cosa c’era dentro?

E, soprattutto, come è anche possibile che la borsa misteriosa è presente in diverse civiltà in tutto il mondo, che secondo gli studiosi tradizionali non sono mai stati collegati tra loro?

Che cosa succede se gli antichi Anunnaki rappresentati dagli antichi Sumeri, sono gli stessi Dei che hanno visitato gli antichi Maya, Aztechi, Toltechi civiltà olmeca e sono di fatto la stessa cosa?

Göbekli Tepe

Cosa ne pensi di questo misteriosa borsa degli Dei rappresentata in varie culture? Pensi che sia solo una coincidenza che questi tre siti, e anche più, sono dotati tutti della stessa cosa?

Che cosa potrebbe essere stato portato dagli ‘dei’ che era così importante che quasi tutte le culture antiche hanno dovuto illustrarla?

Articolo scritto da:Ufoalieni.it

Visto su: portalemisteri.altervista.org

https://www.pianetablunews.it/2017/05/10/cosa-contiene-la-borsa-misteriosa-degli-dei-di-tanti-culti-antichi/

L’uomo rettile della Mesopotamia: un mistero di 7000 anni ancora senza risposta. - Deslok

 





















Il parere degli archeologi tradizionali è pressoché unanime nello stabilire che la storia umana abbia avuto inizio in Mesopotamia, l’attuale Iraq, con la grande civiltà dei Sumeri. Tuttavia, nel sito archeologico di Al Ubaid sono state ritrovati numerosi manufatti pre-sumeri che risalgono a circa 7 mila anni fa, molti dei quali rappresentano enigmatici umanoidi con chiari lineamenti rettili.

La cultura preistorica di Ubaid è vissuta in Mesopotamia tra il 4 mila e il 5,5 mila a.C. Come per i Sumeri, anche l’origine del popolo Ubaidiano è sconosciuta. Essi vivevano in grandi insediamenti costituiti di case di mattoni di fango, sviluppando l’architettura, l’agricoltura e l’allevamento del bestiame. L’architettura abitativa comprendeva grandi case a forma di T, cortili aperti, strade lastricate, una sorta di anteprima della città sumere. Alcuni di questi villaggi, infatti, hanno cominciato a svilupparsi in città, i templi iniziarono a fare la loro comparsa, così come i grandi edifici monumentali come in Eridu, Ur e Uruk, i siti più importanti della civiltà sumera. Secondo quanto riportato dai testi antichi dei sumeri, Ur era considerata la prima città mai esistita sul nostro pianeta. Come riporta John Black su Ancient Origins, il luogo principale dove sono state ritrovate le insolite statuite si chiama Al’Ubaid. Inoltre, alcune di esse sono state rinvenute anche in Ur e in Eridu. Il primo esploratore a scavare il sito di Al’Ubaid fu Harry Reginald Hal nel 1919. Si tratta di un piccolo tumulo di circa mezzo chilometro di diametro, con un altezza di circa due metri dal suolo. Lo scavo portò alla luce diverse figurine maschili e femminili in diverse posture e nella maggior parte dei casi sembra che indossino una sorta di casco e che abbiano un qualche tipo di imbottitura sulle spalle. Altre figurine reggono una sorta di scettro, forse un simbolo regale e di potere. Il fatto più curioso è che i lineamenti dei volti delle statuine hanno sembianze rettili, con lunghe teste, occhi a mandorla e il naso molto simile a quello delle lucertole. Tra le statuine più strane ci sono alcune figurine femminili che reggono in braccio un lattante con le sembianze di una lucertola.

Cosa o chi esse rappresentino esattamente è del tutto ignoto ai ricercatori. Secondo alcuni archeologi, le posture, come quella che rappresenta l’allattamento al seno femminile, non suggeriscono che si tratti di oggetti rituali. Ma allora perchè questo antico popolo decise di rappresentare degli individui dai tratti rettiliani? Chiunque rappresentassero, sembra che fossero particolarmente importanti per la cultura di Ubaid. Come segnalato in un posto precedente, il serpente è un simbolo molto importante per la cultura umana. Molte popolazioni antiche rappresentavano le loro divinità ‘venute del cielo’ sotto forma di essere rettiliani. Nel pantheon delle divinità sumere figura Enki, la divinità dei mestieri, del bene, dell’acqua, del mare, dei laghi, della sapienza e della creazione. Enki, in alcune rappresentazioni, appare come un essere metà uomo e metà serpente. Il significato del suo nome dovrebbe essere “signore della terra”. Egli era il custode dei poteri divini chiamati Me, i doni della civilizzazione dei quali avrebbe beneficiato l’umanità.


 

La sua immagine è un serpente con una doppia ellisse, o Caduceus, molto simile al Bastone di Asclepio. Secondo l’opinione di alcuni autori, non sorprende che il simbolo di Enki sia stato poi usato come simbolo della medicina, data la sua sconcertante somiglianza con la doppia elica del DNA.


 I Sumeri rappresentano la prima popolazione urbanizzata al mondo. Erano i discendenti di un’etnia della Mesopotamia meridionale (l’odierno Iraq sud-orientale), autoctona o stanziatasi in quella regione dal tempo in cui vi migrò (attorno al 5000 a.C.) fino all’ascesa di Babilonia (attorno al 1500 a.C.). Il termine Sumero è in realtà il nome dato agli antichi abitanti della Mesopotamia dai loro successori, il popolo semitico degli Accadi. I Sumeri, (o Shumeri da Shumer) infatti, chiamavano se stessi sag-giga, letteralmente “la gente dalla testa nera” e la loro terra Ki-en-gi, “luogo dei signori civilizzati”. Il sistema religioso dei sumeri era un complesso pantheon abitato da centinaia di divinità. Secondo gli antichi testi religiosi sumeri, gli dei e gli esseri umani vivevano insieme sulla Terra. Ogni città sumera era ‘sorvegliata’ da un proprio dio, e gli esseri umani erano impiegati come servi degli dei. Tuttavia, quando si legge il mito della creazione sumero, ritrovato su una tavoletta di Nippur, un’antica città mesopotamica fondata nel 5 mila a.C., si apprende qualcosa di interessante. La creazione della Terra (Enuma Elish) secondo le tavolette sumere è avvenuta così:

Quando in alto il Cielo non aveva ancora un nome, E la Terra, in basso, non era ancora stata chiamata con il suo nome, Nulla esisteva eccetto Apsû, l’antico, il loro creatore, E Mummu e Tiāmat, la madre di loro tutti, Le loro acque si mescolarono insieme E i pascoli non erano ancora formati, né i canneti esistevano; Quando nessuno degli Dei era ancora manifesto. Nessuno aveva un nome e i loro destini erano incerti. Allora, in mezzo a loro presero forma gli Dei.

https://www.hackthematrix.it/?p=30599

Sla. Nuova luce su uno dei meccanismi alla base della malattia. Lo Studio dell'Università di Firenze.

 

Pubblicata su Science Advances la ricerca internazionale guidata dall’Università di Firenze in collaborazione l’Università di Genova e confinaziata da AriSLA e CR Firenze. Classificati e quantificati i depositi della proteina (TDP-43) che, in modo anomalo, si sposta fuori del nucleo dei motoneuroni, le cellule nervose che dal cervello trasmettono lo stimolo ai muscoli per la loro attivazione. La ricerca apre prospettive su possibili bersagli farmacologici per combattere la Sla.

28 LUG - 

Nuovi risultati dagli studi in laboratorio su uno dei meccanismi alla base della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Si è giunti alla classificazione e quantificazione esatta dei depositi di una precisa proteina (TDP-43) che, in modo anomalo, si sposta fuori del nucleo dei motoneuroni, le cellule nervose che dal cervello trasmettono lo stimolo ai muscoli per la loro attivazione.

È il risultato della ricerca pubblicata su Science Advances e guidata da un team di biochimici dell’Università di Firenze, in collaborazione con un gruppo dell’Università di Genova [“A quantitative biology approach correlates neuronal toxicity with the largest inclusions of TDP-43”]. La ricerca è stata cofinanziata da Fondazione AriSLA, ente non profit che finanzia gli studi su questa patologia, e con fondi del Bando Fondazione CR Firenze – Università di Firenze sulle malattie neurodegenerative.

“Abbiamo riprodotto in laboratorio il meccanismo patogenetico che riguarda i motoneuroni: le ricerche sulla SLA – spiega il coordinatore dello studio Fabrizio Chiti, ordinario di Biochimica presso il Dipartimento di Scienze Biomediche, Sperimentali e Cliniche dell’Ateneo fiorentino –  ci dicono che nella grande maggioranza dei casi la proteina TDP-43, che svolge la propria funzione nei nuclei delle cellule, si deposita in forma di inclusioni al di fuori del nucleo dei motoneuroni, nel citoplasma delle loro cellule. Ciò comporta due conseguenze negative: viene a mancare la proteina funzionale nel nucleo e queste inclusioni proteiche si accumulano nel citoplasma con azione nociva. La conseguenza è che il paziente con SLA non riesce a muovere i propri muscoli a causa del malfunzionamento dei motoneuroni”.


“Riproducendo questo meccanismo in cellule in coltura simili ai motoneuroni, grazie alla microscopia confocale STED (Stimulated emission depletion) e alla sua alta risoluzione – spiegano le ricercatrici Roberta Cascella e Alessandra Bigi, entrambe prime autrici del lavoro – abbiamo isolato e contato nel tempo una per una le inclusioni di TDP-43 attribuendole a classi in base alla dimensione. Attraverso un modello matematico e un’analisi di global fitting che include tutti gli andamenti temporali osservati per le varie classi, è stata descritta la formazione nel tempo di tutte le classi di inclusioni, identificando le inclusioni maggiormente responsabili della malattia”.

“E queste sono risultate essere quelle di grandi dimensioni, a differenza di quanto succede nella maggior parte delle malattie neurodegenerative”, sottolinea Cristina Cecchi, componente del team fiorentino.

“Si è scoperto anche che per la degenerazione dei motoneuroni giocano un ruolo la perdita di proteina nel nucleo per il 60% circa, e, per il 40% circa l’accumulo nel citoplasma di TDP-43”, continua Fabrizio Chiti.

Lo studio ha permesso inoltre di capire che le inclusioni più grandi sono “attaccate” dai sistemi protettivi di controllo di qualità presenti all’interno delle nostre cellule (proteasoma e autofagia), che tuttavia non riescono a eliminarle del tutto e a risolvere completamente il problema.

Il lavoro è stato eseguito con la collaborazione del gruppo di Katia Cortese all’Università di Genova. Vi hanno partecipato anche gli studenti in tirocinio a Firenze Dylan Giorgino Riffert ed Emilio Ermini.

La ricerca apre interessanti prospettive su possibili bersagli farmacologici per combattere la SLA, malattia altamente debilitante di cui si stimano affetti 6mila pazienti all’anno solo in Italia, soprattutto fra i 40 e i 70 anni di età (fonte AISLA).

“Siamo molto felici degli esiti di questo studio da noi supportato – commenta il Presidente di Fondazione AriSLA Mario Melazzini – perché ci confermano quanto sia importante investire in ricerca di base per comprendere al meglio i meccanismi scatenanti la malattia e per potere costruire risposte mirate alle manifestazioni cliniche della SLA. Il nostro impegno è continuare a sostenere il prezioso lavoro dei ricercatori e contribuire insieme a loro a compiere nuovi passi in avanti”.

“Risultati come questo – afferma Gabriele Gori, Direttore Generale di Fondazione CR Firenze – accendono un riflettore sull’importanza di investire nella ricerca. Fondazione CR Firenze sostiene le carriere dei ricercatori con circa 120 assegni/borse di ricerca ogni anno e grazie a bandi specifici, in questo caso quello sulla malattie neurodegenerative finanziato per due annualità e per un totale di un milione di euro, contribuisce a sviluppare nuovi studi o realizzare infrastrutture di ricerca innovative. I nostri complimenti al team che ha aggiunto un tassello importante per comprendere una delle patologie neurodegenerative più complesse e invalidanti”.

http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=106691&fr=n&fbclid=IwAR3BmDuq0vVFIElzVvwcicUO0vuYbM2oHVTkQtQUhieaviFV8ox-H8qUgiM