Le Isole Canarie furono abitate dai Guanci dalle abitudini così strane da porre ben più di un interrogativo agli studiosi. Furono i veri sopravvissuti all’inabissamento di Atlantide?
Quando gli Spagnoli nel XIII secolo approdarono sulle Isole Canarie ed entrarono in contatto con i suoi abitanti, i Guanci, questi ultimi rimasero scioccati: essi erano infatti convinti di essere gli unici sopravvissuti ad un’antica catastrofe che serbavano indelebilmente nella loro memoria mitica. Dissero agli Spagnoli che le isole che formavano l’arcipelago, in realtà, erano i resti delle cime delle montagne facenti parte di un’antica terra sommersa dalle acque dopo un violento cataclisma. Alcuni cronisti riportano anche che essi sostenevano di provenire originariamente da una grande isola scomparsa nell’oceano. Si narra inoltre che gli Arabi, quando nel 1016 scoprirono l’arcipelago, le chiamarono Khaledat (l’isola che non scompare).
Dei Guanci si sa poco e nulla. A parte alcune incisioni simboliche e indecifrabili all’interno delle caverne, essi non hanno lasciato pressoché alcuna testimonianza scritta della loro storia. Le uniche informazioni disponibili sono state raccolte da cronisti, storici ed esploratori spagnoli in seguito alla conquista avvenuta a partire dal XIII secolo. I Guanci passarono alla storia come il primo popolo ad essere vittima del colonialismo di matrice ispano-cattolica. Fisicamente, si presentavano generalmente alti di statura—i maschi adulti avevano un’altezza media di circa 1,80 m—di corporatura robusta e possente. Avevano la pelle bianca e, i più, capelli biondi o rossi e occhi azzurri o grigi. Gli uomini portavano inoltre lunghe e folte barbe.
Un popolo dai grandi misteri.
Gli spagnoli, al momento del loro arrivo tra i Guanci, vi trovarono una cultura più unica che rara. Essi vivevano perlopiù in grotte naturali o artificiali, che decoravano con figure astratte e geometriche, simboli misteriosi formati da spirali e triangoli, similmente ai Cro-Magnon europeidi dell’Era Glaciale. Scavavano nel tufo le proprie architetture, creando colonnati quadrati scolpiti nelle pareti di roccia. Erano pressoché rimasti all’età della pietra: non conoscevano la lavorazione dei metalli ed usavano utensili di pietra, osso, legno, conchiglie e terracotta.
L’aspetto sconcertante riguardava però la cultura di queste genti, assurdamente complessa ed evoluta soprattutto dal punto di vista sociale. È noto, infatti, che normalmente le società cosiddette ‘primitive’ non hanno classi né gerarchie; i Guanci, al contrario, avevano re, principi, nobili, dinastie, una classe sacerdotale ben organizzata e una casta di guerrieri, come se fosse una società urbana. La trasmissione ereditaria della regalità avveniva per via matrilineare, cioè sebbene l’autorità fosse detenuta dal re, egli ereditava la sua dignità dalla madre.
Possedevano inoltre una scrittura alfabetica, stranamente somigliante all’alfabeto libico parlato nella regioni del Sahara dai Tuareg/Berberi di etnia caucasica. Gli Spagnoli constatarono, inoltre, che le donne godevano degli stessi diritti degli uomini e supposero che, forse, in passato la società guanche fosse fondata su una struttura matriarcale, simile a quella della Creta arcaica o della Sicilia delle Dee Madri. Per esempio, una regola consuetudinaria proibiva ad un uomo di rivolgere la parola per primo ad una donna, obbligandolo ad aspettare pazientemente che fosse quest’ultima a farsi avanti.
Per quanto riguarda la componente maschile della società guanche, ancora oggi vengono ricordati i nomi degli antichi re ed eroi che governarono prima dell’arrivo degli Spagnoli e che si opposero fieramente per oltre un secolo alla loro conquista: Tinerfe, da cui il nome dell’isola di Tenerife, Pelinor, Bencomo, Achaimo, Doramas. Sul pontile del porto di Tenerife si possono ammirare le statue dei re guanche, chiamati Menceyes. Curiosamente, al momento dell’arrivo degli Spagnoli, il territorio guanche era suddiviso in 10 distretti, ognuno governato da un Mencey. Il parallelismo con il governo di Atlantide per come ce lo racconta Platone è evidente.
I Guanci depositari della cultura di Atlantide.
A Guimar, sulla costa orientale di Tenerife, a metà degli anni ’80 nel corso di uno scavo vennero alla luce alcune costruzioni piramidali, ciascuna costituita da cinque gradoni di pietra lavica di forma rettangolare, che assomigliano stranamente a quelle edificate in Messico dai Maya e dagli Aztechi e in Medio Oriente dai Babilonesi. Le piramidi originariamente erano nove, ma ne sono rimaste soltanto sei. Vennero scoperte, studiate e rese note al mondo dal lavoro del celebre ricercatore e navigatore Thor Heyerdahl, il quale mise in evidenza che le piramidi avevano un preciso orientamento astronomico.
Tutte le piramidi, infatti, presentano sul lato occidentale una scalinata, salendo la quale è possibile seguire il percorso del Sole nascente nel giorno del solstizio d’inverno. Nel giorno del solstizio d’estate si può assistere, invece, a un doppio tramonto dalla sommità della piramide più elevata: il Sole scende dapprima dietro la vetta di un’alta montagna, la oltrepassa, appare di nuovo per poi tramontare dietro la montagna accanto alla prima. La presenza di piramidi, tuttavia, viene segnalata già nel 1632 dal frate francescano Juan de Abreu, che ne descrive alcune anche sull’isola di La Palma. Il cronista riferisce inoltre che tali costruzioni erano state costruite a imitazione di “una sorta di piramide naturale” costituita da un solo blocco di roccia, che veniva chiamata dai Guanci ‘Idafe‘, nome di una misteriosa divinità alla quale era consacrata.
Le divinità Guanci.
Credevano innanzitutto in un Dio Creatore, superiore a tutti gli altri, chiamato in vari modi: Acoran a Gran Canaria, Achaman a Tenerife, Eraoranhan a El Hierro, Abora a La Palma, Orahan a La Gomera. Alcuni studiosi lo ritengono identificabile con l’egizio Amun. Adoravano anche Magec, il Dio del Sole.
Credevano, inoltre, che l’anima immortale di tutti gli uomini provenisse dalla Luce del Sole e fosse della medesima sostanza: conseguentemente a tale credenza, pensavano che tutti gli uomini fossero i figli divini e immortali di Magec e che, dopo la morte, sarebbero tornati nel suo Regno di Luce. Culti solari del genere si svilupparono poco prima dell’inizio della nostra era in tutta l’area mediterranea, e tali credenze erano anche vive nelle antiche civiltà precolombiane, in Messico come in Perù, nonché presso molteplici popolazioni native dell’America Settentrionale.
Tributavano culto, inoltre, a una Grande Dea Madre che chiamavano Chaxiraxi, denominata la ‘Madre del Sole’ e ‘Colei che governa il mondo’. Quando, all’inizio del XV secolo, ripescarono dal mare una statua lignea della Madonna cristiana, probabilmente frutto di un naufragio occorso a un veliero spagnolo, la identificarono immediatamente con Chaxiraxi e la adorarono in una sorta di culto sincretistico come ‘Madre della Luce del Mondo’.
Un’altra corrispondenza sconcertante con le civiltà italo-elleniche e precolombiane si ritrova nell’istituzione, presso i Guanci, di un collegio sacerdotale di monache, che vivevano in un monastero dove nessun uomo poteva avvicinarsi. Questa sorta di Vestali proto-storiche erano considerate le ‘Spose del Sole’ e il loro compito era quello di tenere sempre acceso il fuoco sacro, simboleggiante la luce e la vita eterna portata dal Dio del Sole. La somiglianza con il culto latino di Vesta (e quello ellenico di Estia), nonché con le tradizioni di numerose popolazioni amerindie (tra cui i Natchez del Mississippi meridionale) è ineccepibile.
Le origini del popolo Guanci.
L’origine dei Guanci rimase a lungo un mistero. I ricercatori pensano che i primi coloni siano giunti nelle Canarie intorno al 3000 a.C., provenienti dall’Africa. Ciò sembrava essere in linea con il fatto che il loro alfabeto fonetico ricordava quello delle popolazioni berbere; per questo, alcuni studiosi ipotizzarono che i Guanci fossero gli ultimi superstiti di primitive popolazioni dell’Africa Settentrionale, forse di etnia fenicia o cartaginese) che anticamente si erano spinte sull’isola e ivi avevano posto i loro insediamenti.
Tuttavia, il fatto che i Guanci non praticassero assolutamente la navigazione al punto di non saper nemmeno costruire una zattera e di non essere mai entrati in contatto con le popolazioni che abitavano le isole limitrofe sembra contrastare fortemente con questa ipotesi, così come anche le caratteristiche etniche europeidi di questo popolo misterioso sembra mettere definitivamente una pietra sopra l’argomento.
Studiosi di lingua germanica videro nei Guanci i discendenti dei Vandali che anticamente invasero il Nord Africa ai tempi della caduta dell’Impero Romano. Questa ipotesi avrebbe spiegato il loro aspetto, non invece la loro lingua (nella quale non si ritrova traccia di alcuna influenza germanica) né la loro completa ignoranza della navigazione. La loro lingua, infatti, somigliava più all’antico idioma berbero parlato ancora oggi in alcune regioni dell’Atlante e dell’Algeria, nelle quali ci si può imbattere talvolta in nomadi berberi dalla pelle chiara e dagli occhi azzurri.
L’analisi forense diede la soluzione all’enigma, mediante lo studio della forma dei crani e l’analisi del DNA delle mummie ritrovate nelle catacombe all’interno delle grotte dell’isola. Con sconcerto, si scoprì che i Guanci appartenevano all’antichissima specie dei Cro-Magnon che comparve improvvisamente in Europa circa 35.000 anni fa, e che popolò l’Europa fino alla fine dell’ultima l’Era Glaciale. Gli antropologi riconobbero corrispondenze genetiche con i Baschi, i Longobardi, i Togar siberiani e—incredibilmente—con gli Indiani Dakota del Nordamerica, più noti con il nome di Sioux. In seguito a queste ricerche si determinò che, ai fini della ricostruzione dell’aspetto fisico guanche, ci si sarebbe dovuti immaginare:
« un rappresentante delle tribù di Pellerossa del Nord America, con il grosso naso aquilino e il volto quadrato, dai tratti arcaici, ma con una pigmentazione nordica. »
Si scoprì che queste popolazioni discesero dalla Francia e dalla Spagna verso lo stretto di Gibilterra e popolarono la zona del Sahara, che al tempo dell’Era Glaciale non era un deserto, ma un immenso altopiano paludoso denominato dagli antichi autori greci e latini ‘Lago Tritonide‘. Il Mare Mediterraneo, al tempo, era molto meno profondo di adesso e l’arcipelago delle Canarie formava un isolotto piuttosto grande, diviso dall’Egitto dalle fanghiglie impenetrabili del Lago Tritonide, alle cui estremità oceaniche sorgeva il monte Atlante. L’altopiano paludoso che esisteva al tempo nel Sahara occidentale nell’età greco-romana era chiamato ‘lago Tritonide’ o ‘palude Tritonide’ (Tritonias limne in greco; Tritonis lacus o T. palus in latino). Si tratta dell’attuale Schott el-Jarid, una depressione salata che si trova nella Tunisia centrale, nei pressi della città di Gafsa, oggi notevolmente ridimensionata rispetto ad un tempo e, diversamente da allora, molto più arida. È da notare il fatto che nell’area in cui risiedono gli attuali berberi, ai piedi della catena dell’Atlante, le prospezioni geologiche dicono che in passato doveva trovarsi un mare interno, ogni prosciugato, probabilmente da identificarsi con il Lago Tritonide degli autori classici, nominato da Apollonio Rodio come il luogo del naufragio degli Argonauti.
Alcuni hanno ravvisato questo legame anche nel nome con cui i Berberi del Marocco e dell’Algeria si riferiscono a sé stessi: Amazigh, estremamente simile ad ‘Amazzoni’. Vi sono poi alcune tribù berbere della Tunisia indicate col nome di ‘Figli della Sorgente’ e ‘sorgente’, nella loro lingua, si dice Attala; secondo i linguisti il fonema ATL- è da ricondurre all’acqua, non solo nella lingua dei berberi sahariani, ma persino in quella degli Aztechi, i quali denominano il luogo donde anticamente si mossero i loro antenati Aztlan.
Gli antichi Egizi sostenevano che a Ovest dell’Egitto vivessero i Libu (da qui il nome odierno della regione, la Libia), loro acerrimi nemici, dai capelli biondi o rossi e dagli occhi azzurri, che portavano in testa diademi di piume (allo stesso modo dei Nativi Americani, ci viene spontaneo notare). Negli annali egizi, tali popolazioni sono conosciute anche con la denominazione generica di «Popoli del Mare», dei quali si pensa facessero parte anche gli Shardana, antichi abitatori della Sardegna, ai quali l’isola deve l’attuale nome. Effettivamente, una parentela di sangue tra Guanci e Shardana è probabilissima, ma tutti questi riferimenti al mare e alla navigazione continuano a contrastare con l’ignoranza assoluta a riguardo da parte dei superstiti Guanci al momento della conquista spagnola.
Plinio il Vecchio riferisce che, secondo Giubia, re di Mauritania, i Cartaginesi avrebbero visitato l’arcipelago intorno al 50 a.C., sotto la direzione dell’esploratore Annone, e lo avrebbero trovato deserto. L’avrebbero però trovato disseminato di rovine ciclopiche di una civiltà scomparsa. Riguardo alla testimonianza cartaginese che riferisce l’assenza completa di popolazioni sul territorio, alcuni sostengono che essi non procedettero ad un’esplorazione dettagliata dell’arcipelago, ma si fermarono solo su poche isole.
D’altro canto, un altro autore antico riferisce che i Greci, durante le loro esplorazioni, le trovarono popolate di una razza di ‘rossi satiri‘, con tutta probabilità un epiteto usato per indicare genti villose dai capelli rossi. Questa descrizione degli abitanti è perfettamente in linea con le caratteristiche fisiche e somatiche degli ultimi residenti delle Canarie, i Guanci incontrati dagli Spagnoli all’inizio del XIII secolo.
Il vero enigma risultano però essere i resti ciclopici di questi antichissimi agglomerati urbani. Dal momento che i Guanci, al momento della conquista spagnola, non sapevano edificare abitazioni con la pietra, si ritenne che gli attuali abitatori non erano stati i primi abitatori dell’isola. Tuttavia è anche lecito supporre che le antiche popolazioni si trovarono improvvisamente isolate dal resto del territorio in seguito a un maremoto che fece inabissare l’isola, eccezion fatta per le cime montuose più elevate, sulle quali sopravvissero appunto gruppi sporadici e degenerati degli antichi popoli atlantici. Il trauma atavico del cataclisma avrebbe fatto il resto, tenendoli per millenni lontani dall’oceano e dalla navigazione.
Alcuni studiosi fanno risalire il maremoto a 9.000 anni prima di Platone (metà del I millennio a.C), richiamandosi al racconto sull’inabissamento di Atlantide, raccontato da un sacerdote egizio di Sais a Solone circa nel 600 a.C. e riportato nel Timeo. Dal racconto si rileva che «l’Atlantide era un’isola immensa, situata nell’Oceano di faccia alle colonne d’Ercole e gli Atlantidi sarebbero stati una razza di semidèi che, degenerando dalla loro origine celeste, si corruppe frammischiandosi alle figlie dei mortali, sicché Giove li punì distruggendone la razza e il paese» (De Sanctis/Mangelli, Primitivi, religione magia e poteri occulti, 1935, p.339).
Ma la tesi che fa risalire l’inabissamento di Atlantide a 9.500 anni prima della nostra era sembra essere maggiormente in linea con la tradizione. Proclo, ad esempio, ci dice che Atlantide era formata da sette isole fra le quali sembra ci fossero anche le attuali Canarie (o meglio, la terra emersa che un tempo comprendeva tutto l’arcipelago) e che la più grande di esse, chiamata Poseidonis dal nome del sovrano del regno, esisteva ancora undicimila anni prima dell’era nostra. La tradizione indiana calcola che la sommersione sia avvenuta undicimila anni prima della nostra era ed è dunque in perfetto accordo con la tradizione greca.
Secondo molte tradizioni antiche, l’isola parzialmente sommersa undicimila anni fa (le attuali Canarie) non era che una parte dell’Atlantide originaria, mentre il continente stesso, molto più vasto, si sarebbe inabissato in epoche molto anteriori. L’eruzione di Thera (l’odierna isola di Santorini), molto più recente, avrebbe inabissato definitivamente gli ultimi territori abitati dai discendenti degli Atlantidi, tra cui gli appartenenti alla civiltà minoico-cretese.
In questo quadro, i Guanci sarebbero della stessa linea etnica originaria (quella dei Cro-Magnon proto-indoeuropei, poi suddivisasi in ‘Popoli del Mare’ o Atlantidi, Minoici, Amazzoni e più di recente berberi e tuareg) ma sarebbero rimasti isolati dalle altre popolazioni in seguito al cataclisma datato 9.500 prima della nostra era. Gli unici che si salvarono dall’inabissamento del territorio originario delle Canarie furono i pochi gruppi isolati sulle vette delle montagne. Forse proprio per questa ragione i Guanci rimasero sempre all’età della pietra e non conobbero mai la navigazione.
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