venerdì 26 luglio 2024

LA TAVOLETTA DEL DILUVIO.

 

La tavoletta del diluvio con il racconto babilonese - dal Palazzo di Assurbanipal a Ninive - VII secolo a.C. - The British Museum, London, UK
… Tra le numerose tavolette riportate alla luce dagli archeologi vi erano le oltre 20mila della biblioteca di Assurbanipal, rinvenute nel 1849 dall’orientalista inglese Austen Henry Layard a Ninive, antica capitale dell’Assiria. Tra questi preziosi reperti, presto trasferiti al British Museum di Londra, si trovavano alcuni frammenti dell’Epopea di Gilgameshinstancabile eroe alla ricerca dell’immortalità, protagonista di cinque composizioni epiche sumeriche e di un grande poema in accadico, che per alcuni studiosi sarebbe identificabile con il quinto re della prima dinastia di Uruk. Nel 1872 George Smith, un curatore del British Museum, esaminando alcuni frammenti del poema mesopotamico, scoprì la leggenda di Utnapishtim. Si trattava di un “Noè babilonese”, unico superstite, insieme alla sua famiglia e a pochi esemplari di tutte le specie animali, di una devastante alluvione scatenata dagli dei per annientare l’umanità. Lo stesso George Smith riferiva non senza emozione i dettagli della sua scoperta: «Trovai presto la metà di una curiosa tavoletta che doveva contenere in origine sei colonne di testo... Esaminando la terza colsi la descrizione di una nave approdata sopra i monti Nisir, seguita dal resoconto della vana missione della colomba in cerca di un posto dove posarsi e del suo ritorno. Capii immediatamente che avevo scoperto almeno una parte del racconto caldeo del diluvio». 
- da Storica National Geographic, marzo 2023

TROVATI IN TIBET GLI AGHI DI PIETRA PIÙ ANTICHI DEL MONDO, RISALENTI A 9.000 ANNI FA! - sahir pandey

 

Nel 2020, gli archeologi che scavavano vicino alla riva del lago Xiada Co nel Tibet occidentale hanno scoperto sei distintivi manufatti in pietra. Ogni manufatto misurava circa la metà della lunghezza di un tee da golf, presentando una punta appuntita a un'estremità e un'apertura a forma di occhio all'altra. Questi manufatti, datati 9.000 anni fa, rappresentano gli aghi da cucito più antichi mai registrati e i più antichi utensili in pietra realizzati tramite macinazione. Trovata sull'altopiano tibetano, questa è un'area nota per esporre i suoi antichi abitanti a un clima rigido, molto simile a quello odierno.
Un significativo progresso tecnologico.
Secondo uno studio pubblicato sul journal of archaeological science: reports , lo sviluppo dell'ago "crunato" ha rappresentato un significativo progresso nella civiltà umana. questa innovazione ha permesso ai nostri antenati di produrre indumenti e ripari più resistenti e protettivi , facilitando l'esplorazione di nuovi ambienti e l'abitazione permanente in regioni più fredde.
In precedenza, gli aghi più antichi conosciuti erano fatti di osso, alcuni dei quali risalgono a circa 50.000 anni fa e provengono dalla grotta russa di Denisova. Gli aghi di pietra più antichi, fino ad ora, avevano solo 2700 anni e sono stati rinvenuti nella provincia di Henan, in Cina.
Analisi scientifica: perché la pietra invece dell'osso.
Yun Chen, una studentessa laureata presso la Sichuan University, insieme al suo supervisore Hongliang Lu e ai colleghi, ha scoperto sei aghi fatti di tremolite, serpentina, actinolite e talco. Queste pietre variavano di colore dal verde al crema, con la tremolite che era quasi 70 volte più dura del talco. Solo due aghi erano intatti e quattro avevano gli occhi conservati.
L'analisi mediante microscopia a campo ultra-profondo e modellazione 3D ha rivelato che l'ago 1, il più lungo, largo e spesso degli esemplari, presentava segni densi e profondi lungo la sua lunghezza, indicativi di raschiatura. Questi segni erano sovrapposti a segni di molatura più fini e multidirezionali, suggerendo che l'ago era stato inizialmente raschiato per dargli forma e poi macinato per formare una punta.
La punta mostrava segni di molatura orizzontali coperti da segni di raschiatura obliqui, a indicare un'ulteriore raschiatura per affilarla. La parte superiore dell'ago è stata forata per creare un occhio, con il foro più grande largo 3 millimetri e il più piccolo 1,37 millimetri, riporta arkeonews .
gli altri aghi presentavano motivi a strisce simili, indicando che erano stati realizzati con la stessa tecnica. la datazione al radiocarbonio di frammenti di carbone e ossa animali rinvenuti con gli aghi li ha collocati tra il 7049 e il 6568 a.C.
Per verificare il processo di fabbricazione, i ricercatori hanno replicato la raschiatura, la macinazione e la perforazione utilizzando lastre di tremolite e ossidiana, una pietra dura con minuscole scaglie incastonate nell'ago 1. Il team ha ricreato le strisce di raschiatura sugli aghi in circa 50 minuti. La macinazione della seconda lastra su un ciottolo ruvido per circa 30 minuti ha prodotto i caratteristici segni di macinazione.
La perforazione manuale dell'occhio con un "trapano" appuntito in ossidiana ha richiesto 5 ore, ottenendo un foro liscio identico a quelli degli aghi recuperati. L'intero processo ha richiesto almeno sette volte più tempo rispetto alla realizzazione di aghi in osso più morbidi e flessibili, il che suggerisce che gli antichi tibetani avevano ragioni specifiche per usare la pietra al posto dell'osso.
"Dato che erano più duri e spessi degli aghi d'osso, abbiamo concluso che questi aghi di pietra potrebbero essere stati usati per cucire materiali più spessi, come una tenda", ha detto Chen alla rivista science .
Ago e ocra: una storia sull'altopiano tibetano
Inoltre, il significato degli aghi si estende oltre la loro forma. L'esame microscopico dell'ago 6 ha rivelato tracce di vernice rossa vivida, ricca di pigmento ocra, che un tempo ricopriva l'intero ago. Questa scoperta sposta indietro di 4500 anni il primo utilizzo dell'ocra sull'altopiano tibetano e identifica l'ago come il più antico simbolo culturale del Tibet.
Secondo i ricercatori, il rosso aveva un profondo significato religioso per gli antichi tibetani: si riteneva che infondesse vita ed energia negli utensili di pietra e allontanasse gli spiriti maligni.
Yue Hu, membro del team di studio della Sichuan University, nota che le dimensioni degli aghi di pietra sono più simili a quelle degli aghi di osso che a quelle dei pendenti di pietra. Inoltre, i modelli di usura sulle punte degli aghi di pietra assomigliano molto a quelli osservati sulle punte degli aghi di osso.
Tuttavia, ricercatori non affiliati al nuovo studio hanno sollevato alcuni dubbi sui risultati, esprimendo le loro preoccupazioni nello stesso rapporto di Science . Alcuni credono che gli aghi siano "troppo smussati" per cucire, suggerendo invece che potrebbero essere stati "ornamenti personali". Altri ipotizzano che gli aghi potrebbero essere stati usati per costruire reti da pesca, considerando la loro scoperta vicino a un lago.

sahir pandey

Verso la soluzione del problema dell’ultimo parsec. - Maura Sandri

Simulazione della luce emessa da un sistema binario di buchi neri supermassicci in cui il gas circostante è otticamente sottile (trasparente). Vista da 0 gradi di inclinazione, ovvero direttamente sopra il piano del disco. Crediti: Nasa's Goddard Space Flight Center/Scott Noble; d'Ascoli et al. 2018.

 Scoperto da tre ricercatori un legame tra alcuni degli oggetti più grandi dell’universo e quelli più piccoli: i buchi neri supermassicci e le particelle di materia oscura. I loro calcoli rivelano che è possibile superare l'annoso “problema dell’ultimo parsec” e arrivare alla fusione di buchi neri supermassicci considerando il comportamento delle particelle di materia oscura. Tutti i dettagli su Physical Review Letters.

Quando due galassie si fondono, è normale aspettarsi un’analoga sorte anche per i buchi neri supermassicci che risiedono nei loro centri. Tuttavia, tentando di modellare come ciò avviene, gli astronomi incontrano da anni un problema. Per avvicinarsi, i due buchi neri devono disperdere energia. All’inizio l’energia viene trasferita al materiale circostante, gas e polvere. Ma quando arrivano alla distanza di un parsec l’uno dall’altro – poco più di tre anni luce – sembra che non ci sia più abbastanza “materiale” su cui trasferire energia. E non si avvicinano più. In astrofisica, questa circostanza è nota come il problema dell’ultimo parsec.

Secondo un nuovo studio pubblicato su Physical Review Letters, quell’ultimo parsec può essere percorso considerando il comportamento, finora trascurato, delle particelle di materia oscura.

Nel giugno 2023, gli astrofisici annunciarono di aver rilevato un fondo di onde gravitazionali che permea l’universo, ipotizzando che provenisse da milioni di coppie di buchi neri supermassicci in fusione, ciascuno miliardi di volte più massiccio del Sole. Ma riecco il problema dell’ultimo parsec: le simulazioni teoriche non riescono a far superare loro quell’ultimo parsec. Come fanno, quindi, a fondersi?

Oltre a essere in conflitto con la teoria secondo cui i buchi neri supermassicci che si stanno fondendo sono la sorgente del fondo di onde gravitazionali, il problema dell’ultimo parsec è anche in contrasto con la teoria secondo cui i buchi neri supermassicci si sviluppano dalla fusione di buchi neri meno massicci.

«Noi mostriamo che l’effetto della materia oscura, precedentemente trascurato, può aiutare i buchi neri supermassicci a superare l’ultimo parsec di separazione e a fondersi», spiega il primo autore Gonzalo Alonso-Álvarez, del Dipartimento di Fisica dell’Università di Toronto. «I nostri calcoli spiegano come ciò possa avvenire, a differenza di quanto si pensava in precedenza».

Mentre i modelli precedenti hanno sempre escluso l’impatto della materia oscura sulle orbite dei buchi neri supermassicci, il nuovo modello rivela che le particelle di materia oscura interagiscono tra loro in modo tale da non disperdersi. La densità dell’alone di materia oscura rimane abbastanza alta da far sì che le interazioni tra le particelle e i buchi neri supermassicci continuino a degradare le orbite dei buchi neri, permettendo loro di fondersi. «La possibilità che le particelle di materia oscura interagiscano tra loro è un’ipotesi che abbiamo fatto noi, un ingrediente in più che non tutti i modelli di materia oscura contengono», dice Alonso-Álvarez. «La nostra tesi è che solo i modelli con questo ingrediente possono risolvere il problema dell’ultimo parsec».

Il rumore di fondo generato da queste colossali collisioni cosmiche è costituito da onde gravitazionali di lunghezza d’onda molto maggiore rispetto a quelle rilevate per la prima volta nel 2015 dagli astrofisici del Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (Ligo). Quelle onde gravitazionali sono state generate dalla fusione di due buchi neri, entrambi di massa circa 30 volte superiore a quella del Sole.

Il fondo che interessa agli autori è stato rilevato negli ultimi anni dagli scienziati che operano con il Pulsar Timing Array, che rivela le onde gravitazionali misurando le minime variazioni nei segnali delle pulsar, stelle di neutroni in rapida rotazione che emettono forti impulsi radio. «Una previsione della nostra proposta è che lo spettro delle onde gravitazionali osservate dal pulsar timing array dovrebbe essere attenuato alle basse frequenze», sostiene James Cline della McGill University. «I dati attuali accennano già a questo comportamento e nuovi dati potrebbero confermarlo nei prossimi anni».

Oltre a fornire informazioni sulle fusioni di buchi neri supermassicci e sul segnale di fondo delle onde gravitazionali, il nuovo risultato offre una finestra sulla natura della materia oscura. «Il nostro lavoro rappresenta un nuovo modo per aiutarci a comprendere la natura particellare della materia oscura», afferma Alonso-Álvarez. «Abbiamo scoperto che l’evoluzione delle orbite dei buchi neri è molto sensibile alla microfisica della materia oscura e questo significa che possiamo usare le osservazioni delle fusioni dei buchi neri supermassicci per capire meglio queste particelle».

Ad esempio, i ricercatori hanno scoperto che le interazioni tra le particelle di materia oscura modellate spiegano anche le forme degli aloni galattici di materia oscura. «Abbiamo scoperto che il problema dell’ultimo parsec può essere risolto solo se le particelle di materia oscura interagiscono a una velocità tale da alterare la distribuzione della materia oscura su scala galattica», conclude Alonso-Álvarez. «Un risultato inaspettato, poiché le scale fisiche in cui avvengono i processi sono distanti tre o più ordini di grandezza».

https://www.media.inaf.it/2024/07/25/verso-la-soluzione-del-problema-dellultimo-parsec/?fbclid=IwY2xjawEQWaFleHRuA2FlbQIxMQABHT4R84kIiQlkXLp4G9KsLQmN38fSTSRCXaDrLwqTZBzRE7jNxrtEJc1C2g_aem_48shsv2cbMsacpHtn0jpPg

Sir David Attenborough.

 

ULTIM'ORA! Il leggendario Sir David Attenborough si sta alleando con il National Geographic per la prima volta in un nuovo documentario sui nostri oceani.
David Attenborough: Ocean sarà presentato in anteprima nel 2025, mostrando splendidi habitat sottomarini e evidenziando modi per ripristinare i nostri oceani.


Ritengo la notizia fantastica! Lo seguo da anni, con lui ho imparato tantissime cose! cetta



Sir David Frederick Attenborough (Isleworth8 maggio 1926) è un divulgatore scientifico e naturalista britannico[2].

Fratello minore dell'attore e regista Richard Attenborough, David Attenborough, attratto sin da giovanissimo dalla vita sul nostro pianeta,[3] è un pioniere del documentario naturalistico e uno dei massimi divulgatori scientifici a livello mondiale. Per più di 50 anni ha realizzato documentari di storia naturale trasmessi da numerose reti televisive ed è noto soprattutto per aver scritto e presentato con l'Unità di storia naturale della BBC le nove edizioni della Life series (documentari che costituiscono una delle più complete indagini sulla vita della Terra). È stato anche direttore di BBC Two e direttore dei programmi della BBC negli anni sessanta e settanta.

Continua su: 

https://it.wikipedia.org/wiki/David_Attenborough

Grotte di Longyou, Cina



Benvenuto nel misterioso mondo delle Grotte di Longyou, un incredibile capolavoro archeologico nascosto vicino al villaggio di Shiyan Beicun nella provincia di Zhejiang, China. Questo maestoso labirinto sotterraneo è costituito da oltre 24 caverne che si spandono per 30,000 metri quadrati. E no, non stiamo parlando di cavità naturali, ma di grotte accuratamente scolpite a mano nel bedrock di arenaria.
Quello che stupisce di queste grotte è la loro grandezza e la precisione della loro costruzione. 30 metri di altezza per i soffitti, 50 metri di distanza tra le pareti; muri perfettamente lisci e piatti, come se fossero stati intagliati a macchina. Eppure, possono ringraziare solamente la fatica fisica e la perseveranza di operai, che con rudimentali strumenti quali martelli e scalpelli, hanno creato queste meraviglie.
Gli archeologi stimano che sarebbero serviti migliaia di lavoratori e decenni di lavoro per completare queste grotte. Ma a cosa servivano? Ecco il mistero! Ci sono teorie che suggeriscono fossero utilizzate per lo stoccaggio, come tombe, o addirittura come templi o strutture militari sotterranee. Tuttavia, non è stata ancora trovata alcuna prova definitiva per sostenere queste ipotesi.

Maestra senza allievi di Marco Travaglio per Il Fatto quotidiano.

 

Per carità, rispetto a Biden è un pischello. Ma quando parla di guerre, Sergio Mattarella non pare lucidissimo.
Esprime “grande tristezza nel vedere che il mondo getta in armamenti immani risorse finanziarie che andrebbero destinate a fini sociali” (bene, bravo, bis).Poi però, con un arabesco logico da Guinness, ricasca nella solita litania: “L’Italia e i suoi alleati sostenendo l’Ucraina difendono la pace per evitare altre aggressioni a vicini più deboli che porterebbero a una guerra globale”.È la bugia che ci affligge dal 2022, quando Mosca invase l’Ucraina e si disse che la guerra era scoppiata quel giorno perché Putin, impazzito, voleva conquistare l’Europa partendo dal Donbass. Invece è scoppiata nel 2014, col golpe bianco di Euromaidan (fomentato dagli Usa, come confessò Victoria Nuland) per cacciare il legittimo presidente Janukovich e far eleggere il fantoccio Poroshenko che cambiò la Costituzione per aderire alla Nato e prese a bombardare il Donbass russofono. Mattarella, così triste per il riarmo, domanda: “Colpa di chi difende la propria libertà e chi lo aiuta o di chi aggredisce la libertà altrui?”.Ma dimentica le responsabilità occidentali: anche nella Serbia filorussa che, quando lui era vicepremier nel 1999, fu bombardata dalla Nato per 78 giorni e smembrata con l’indipendenza del Kosovo (il diritto all’autodeterminazione vale solo per i nemici di Mosca, quindi non per il Donbass).Poi scomoda l’“historia magistra vitae” (ma priva di allievi) per un ardito paragone con la II guerra mondiale: “Hitler pretendeva di annettere i Sudeti, la parte di Cecoslovacchia con una minoranza tedesca che Hitler pretendeva di annettere. Gran Bretagna, Francia e Italia, anziché difendere il diritto internazionale, gli diedero via libera. Lui poi occupò l’intera Cecoslovacchia e quando, non incontrando ostacoli, provò con la Polonia scoppiò la guerra mondiale”.Fra le tante cose che la storia non gli ha insegnato – oltre al fatto che Putin non è Hitler, non ha la Wehrmacht ma un esercito al confronto modestissimo e, se provasse a invadere l’Europa, si ritroverebbe contro l’intera Nato – c’è che contro Hitler si mossero Usa, Uk e Russia.Contro Putin c’è il fu esercito ucraino, che ha perso la guerra.E ora Zelensky e Kuleba invocano negoziati coi russi. Ma, come già nel 2022, dopo aver ripetuto per due anni e mezzo che la pace la decide l’Ucraina, l’Europa sabota i negoziati incitandola a farsi massacrare ancora. Ecco il generale Roly Walker, capo di stato maggiore britannico, in stereo con Mattarella e con l’Ue: “Dobbiamo prepararci a combattere con la Russia entro tre anni”. Quindi o ha saputo che Putin prepara lo sbarco oltre la Manica, o anche a lui servono ripetizioni di storia.

Il Fatto Quotidiano del 25.7.2024