Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 30 settembre 2009
Berluscones in fuga
Nasce il primo sito per segnalare tutti gli ex fan del premier che hanno annusato l'aria e stanno cambiando parte politica. Un'iniziativa aperta a lettori e utenti della Rete, che possono mandare le loro segnalazioni.
Dopo l'ex vicedirettore del "Giornale" Paolo Guzzanti, il repubblicano Giorgio La Malfa e l'ex presidente del Senato Renato Pera. Le file degli ex berlusconiani d'assalto che ora si dichiarano «delusi dal premier» vanno ingrossandosi. Un problema di coscienza e di risveglio democratico? O un tentativo di scappare dalla nave prima che affondi, nella speranza di riciclarsi quando la caduta sarà avvenuta?
Nell'incertezza, è nato in Rete Topini in fuga, il primo sito a cui si possono segnalare i salti di barricata degli "azzurri".
Gradite soprattutto le indicazioni che sfuggono ai più: quelle locali, su assessori e consiglieri che dopo aver fiutato l'aria passano dall'altra parte. Ma anche editorialisti cartacei e non, dirigenti del sottopotere e semplici dirigenti o quadri del Pdl. L'Italia, si sa, è sempre quella del 25 aprile, quando in piazza e per strada non si trovava più uno che si dichiarasse fascista. Il sito Topini in fuga vuole essere quindi un elenco preventivo per elencare i voltagabbana più lesti. Dateci dentro.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/berluscones-in-fuga/2110947&ref=hpsp
Lo scudo fiscale.
Che schifo, che schifo, che schifo!
Non ho altro da dire su questa legge che probabilmente verrà non solo approvata dal parlamento con il beneplacito della finta opposizione, ma verrà probabilmente anche firmata da Napolitano e, quindi, varata per l'applicazione.
Io misera pensionata e con me tutti gli altri pensionati ed i lavoratori, quelli che ancora un lavoro ce l'hanno, pagheremo tutte le nostre tasse, senza sconti, senza alcuna agevolazione, per ottenere in cambio il niente che ci offrono, c'è, invece, chi, speculando sulla vita dei lavoratori in nero, pagherà solo il 5% degli ingenti capitali fatti sparire nei paradisi fiscali e dei quali non si saprà mai neanche la provenienza.
Danaro proveniente da grosse evasioni fiscali, danaro accumulato per aver utilizzato lavoratori in nero, danaro accumulato per traffico di droga.........
Danaro accumulato sulla vita di quegli eroi morti sul posto di lavoro perchè si è risparmiato sulle misure di protezione!
Questo governo protegge i delinquenti, tartassa i poveri, non è che ci voglia molto a capirlo!
Non ho altro da dire su questa legge che probabilmente verrà non solo approvata dal parlamento con il beneplacito della finta opposizione, ma verrà probabilmente anche firmata da Napolitano e, quindi, varata per l'applicazione.
Io misera pensionata e con me tutti gli altri pensionati ed i lavoratori, quelli che ancora un lavoro ce l'hanno, pagheremo tutte le nostre tasse, senza sconti, senza alcuna agevolazione, per ottenere in cambio il niente che ci offrono, c'è, invece, chi, speculando sulla vita dei lavoratori in nero, pagherà solo il 5% degli ingenti capitali fatti sparire nei paradisi fiscali e dei quali non si saprà mai neanche la provenienza.
Danaro proveniente da grosse evasioni fiscali, danaro accumulato per aver utilizzato lavoratori in nero, danaro accumulato per traffico di droga.........
Danaro accumulato sulla vita di quegli eroi morti sul posto di lavoro perchè si è risparmiato sulle misure di protezione!
Questo governo protegge i delinquenti, tartassa i poveri, non è che ci voglia molto a capirlo!
lunedì 28 settembre 2009
La storia di Flavio Briatore.
di Gianni Barbacetto
Ora è fuori dalla Formula 1, Flavio Briatore, dopo essere stato accusato di aver pianificato l’incidente volontario di Nelson Piquet jr, che il 28 settembre 2008 a Singapore ha fatto vincere la Renault di Fernando Alonso e ha soffiato il titolo alla Ferrari. Ma il personaggio ci ha abituato a repentine cadute e a rapide resurrezioni. Briatore ha una storia piena di sorprese, che parte dall’autobomba che nel 1979 uccide il suo primo datore di lavoro, il finanziere di Cuneo Attilio Dutto, e arriva fino ai rapporti con Marcello Dell’Utri. Nel 2007 è stato interrogato a Palermo dal pubblico ministero Antonio Ingroia, nell’ambito di una indagine sul riciclaggio internazionale: «Ho conosciuto alcuni esponenti delle famiglie Gambino e Genovese, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta», ha ammesso Briatore. «Ricordo di averli conosciuti in occasione di un concerto tenuto da Iva Zanicchi e Riccardo Fogli a Brooklyn, erano loro che avevano organizzato questa manifestazione, ma con costoro non ho mai avuto rapporti di nessun tipo». Ecco i passaggi cruciali della sua vita da Formula 1, tratti dal libro “Campioni d’Italia” (G. ?Barbacetto, Tropea editore).
Partenza in salita. Giovanotto, a Cuneo lo ricordano un po’ playboy, un po’ gigolo. Il nomignolo che gli sibilano alle spalle, quando passa sotto i portici di corso Nizza, è Tribüla: in Piemonte si dice di uno che fa fatica, che si arrabatta. Ma Flavio Briatore ha fretta di arrivare. Gli sembra di aver fatto un bel salto quando diventa l’assistente di Attilio Dutto, che tra l’altro aveva rilevato la Paramatti Vernici, una ex azienda di Michele Sindona. Ma alle 8 di un mattino fine anni Settanta, Dutto salta in aria insieme alla sua auto: gran finale libanese per un piccolo uomo d’affari cuneese. La verità su quel botto del 1979 non si è mai saputa; in compenso sono fiorite leggende di provincia, secondo cui a far saltare in aria il finanziere sarebbe stato la mafia.
Di certo c’è solo che il Tribüla, dopo quel fuoco d’artificio, sparisce da Cuneo. Ricompare a Milano. Casa in piazza Tricolore, molta ricchezza esibita, occupazione incerta. Si dà arie da finanziere. Riesce a convincere il conte Achille Caproni a rilevare la Paramatti e ad affidargli la gestione della Cgi, la holding dei conti Caproni. Risultati disastrosi: la Paramatti naufraga nel crac; la Cgi lascia un buco di 14 miliardi. Briatore, però, non se ne preoccupa: per un certo periodo si presenta in pubblico come discografico, gira per feste e salotti con una cantante al seguito: Iva Zanicchi.
Milano da bere. Il Tribüla continua faticosamente a inseguire il colpo grosso, a sognare il grande affare. Nell’attesa, trova una compagnia da Amici miei con cui tira scherzi birboni ai polli di turno, spennati al tavolo verde. Cadono nella rete, tra gli altri, l’imprenditore Teofilo Sanson, quello dei gelati, il cantante Pupo, l’ex presidente della Confagricoltura Giandomenico Serra (che perde un miliardo tondo tondo, in buona parte in assegni intestati a Emilio Fede). Un gruppo di malavitosi di rango, eredi del boss Francis Turatello, aveva pianificato una truffa alla grande e Briatore era a capo di quello che i giudici chiamano “il gruppo di Milano”. Il gioco s’interrompe con una retata, una serie d’arresti, un’inchiesta giudiziaria e un paio di processi. Fede è assolto per insufficienza di prove, Briatore è condannato in primo grado a un anno e sei mesi a Bergamo, a tre anni a Milano. Ma non si fa un solo giorno di carcere, perché scappa per tempo a Saint Thomas, nelle isole Vergini, e poi una bella amnistia all’italiana cancella ogni peccato. Cancella anche dalla memoria un numero di telefono di New York (212-833337) segnato nell’agenda di Briatore accanto al nome “Genovese” e riportato negli atti giudiziari del processo per le bische: «È un numero intestato alla ditta G&G Concrete Corporation di John Gambino. Tanto il Gambino quanto il Genovese sono schedati dagli uffici di polizia americana quali esponenti di rilievo nell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra».
Generali in giro. Nei primi anni Ottanta, il Tribüla entra anche nella vicenda complicata di un pacchetto di oltre 330 miliardi di azioni delle Generali. Protagonisti: Mazed Rashad Pharson, sceicco arabo, e Florio Fiorini, padrone della Sasea ed ex manager Eni. Il pacchetto di Generali passa di mano per sette anni, prima di tornare in Italia, perché diventa la garanzia di opache transazioni internazionali: di petrolio tra la Libia e l’Eni, di armi ed elicotteri da guerra che dopo qualche triangolazione finiscono a Gheddafi malgrado l’embargo. La vicenda è rimasta oscura. Certo è che, nel suo giro del mondo, il superpacchetto di Generali è passato anche per una sconosciuta fiduciaria milanese, la Finclaus, fondata nel 1978 da Luigi Clausetti, ma per qualche tempo nelle mani di Flavio Briatore.
Donne e motori. Dopo l’“incidente” delle bische, Flavio, ricercato, condannato e latitante, proprio alle isole Vergini spicca il volo definitivo verso il successo. Prima della tempesta, ai bei tempi della casa di piazza Tricolore, aveva conosciuto Luciano Benetton. A presentarglielo era stato Romano Luzi, maestro di tennis di Silvio Berlusconi e poi suo fabbricante di fondi neri. Briatore apre alle isole Vergini qualche negozio Benetton, ma fa rapidamente carriera. Come venditore è bravo, la sua specialità sono però gli affari off shore. E che cosa c’è di più off shore della Formula 1? All’inizio degli anni Novanta prende in mano la scuderia Benetton, nata sulle ceneri della Toleman. «La Formula 1 non è uno sport, è un business», ripete il Tribüla ormai arrivato al successo. Da questo business (off shore per definizione, fuori da ogni regola e da ogni trasparenza) sa spremere miliardi. E anche successi sportivi: nel 1994 e nel 1995, con Michael Schumacher come pilota, vince il titolo mondiale. A Londra, dove prende casa, Flavio diventa amico di Bernie Eccleston, il re della Formula 1, ma anche di David Mills, l’avvocato londinese specialista nella costruzione di sistemi finanziari internazionali “riservati”, che ha lavorato per Berlusconi, ma anche per la Benetton.
Stinchi di santo. Negli anni Novanta, Briatore finisce dritto in una megainchiesta antimafia dei magistrati di Catania. Niente di penalmente rilevante, intendiamoci; ma la sua voce resta registrata in conversazioni con personaggi come Felice Cultrera, uomo d’affari catanese ritenuto all’epoca vicino al boss di Cosa Nostra Nitto Santapaola. Nel maggio 1992, Cultrera si offre come mediatore di un contrasto nella fornitura di motori che era scoppiato tra Briatore e Cipriani jr (il figlio di Arrigo, quello dell’Harris Bar), che diceva di avere alle spalle boss come Angelo Bonanno, Tommaso Spadaro, Tanino Corallo. Pochi mesi dopo, il 10 febbraio 1993, una bomba esplode (è la seconda, nella vita di Briatore) davanti alla porta della sua splendida casa londinese in Cadogan Place, distruggendo una colonna del porticato, sporcando di calcinacci i libri finti della libreria e facendo saltare i vetri tutt’attorno. Ma i giornali inglesi scrivono che Flavio non c’entra: è solo una “piccola bomba” dell’Ira.
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578
Il Fatto Quotidiano - pag 1 del n. 5 anno 1.
Primarie dei cittadini 2.0: Economia
Il 4 ottobre 2009 nascerà un Movimento di persone, in cui ogni persona avrà un peso, senza capibastone, mandamenti, sezioni, strutture provinciali, regionali, tessere, correnti. Sarà presentato il programma del Movimento in 7 punti: Energia, Salute,Trasporti, Economia, Informazione, Istruzione e Stato e cittadini. Oggi pubblico la proposta per l'Economia per ricevere i vostri contributi.
ECONOMIA
- introduzione della class action
- abolizione delle scatole cinesi in Borsa
- abolizione di cariche multiple da parte di consiglieri di amministrazione nei consigli di società quotate
- introduzione di strutture di reale rappresentanza dei piccoli azionisti nelle società quotate
- abolizione della legge Biagi
- impedire lo smantellamento delle industrie alimentari e manifatturiere con un prevalente mercato interno
- vietare gli incroci azionari tra sistema bancario e sistema industriale
- introdurre la responsabilità degli istituti finanziari sui prodotti proposti con una compartecipazione alle eventuali perdite
- impedire ai consiglieri di amministrazione di ricoprire alcuna altra carica nella stessa società se questa si è resa responsabile di gravi reati
- impedire l’acquisto prevalente a debito di una società (es. Telecom Italia)
- introduzione di un tetto per gli stipendi del management delle aziende quotate in Borsa e delle aziende con partecipazione rilevante o maggioritaria dello Stato
- abolizione delle stock option
- abolizione dei monopoli di fatto, in particolare Telecom Italia, Autostrade, ENI, ENEL, Mediaset, Ferrovie dello Stato
- allineamento delle tariffe di energia, connettività, telefonia, elettricità, trasporti agli altri Paesi europei
- riduzione del debito pubblico con forti interventi sui costi dello Stato con il taglio degli sprechi e con l’introduzione di nuove tecnologie per consentire al cittadino l’accesso alle informazioni e ai servizi senza bisogno di intermediari
- vietare la nomina di persone condannate in via definitiva (es. Scaroni all’Eni) come amministratori in aziende aventi come azionista lo Stato o quotate in Borsa
- favorire le produzioni locali
- sostenere le società no profit
- sussidio di disoccupazione garantito
- disincentivi alle aziende che generano un danno sociale (es.distributori di acqua in bottiglia).
Punti precedenti: Energia, Stato e cittadini , Informazione
http://www.beppegrillo.it/2009/09/primarie_dei_cittadini_20_economia.html
domenica 27 settembre 2009
Più nobel per tutti - Silvio grande è.
di Andrea Scanzi.
Siete contenti, eh? E’ ricominciato Anno Zero, è uscito Il Fatto e voi potete tornare a recitare la parte che più è vostra: quella dei martiri (di questa ceppa).
Siete miserabili e non avete il polso della situazione. Io sì, invece, e solo perché mi ispiro ad Alessandro Meluzzi, il Freud delle casalinghe di Cologno Monzese.
La notizia del giorno non è che Michele Santoro abbia litigato con il Generale Liofredi, non è che Marco Travaglio è sgradito al Direttore Generale Sado-Masi.
La notizia del giorno è che Silvio Berlusconi vincerà il Premio Nobel per la Pace. Vamos.
L’Arafat di Arcore
La fredda cronaca (cit).
Esiste un Comitato per il Nobel a Berlusconi, hanno un sito (qui) che conquista subito per sobrietà e basso profilo. In alto c’è un gruppo di gazzillori inutilmente ilari, in posa tipo All Blacks, a sinistra c’è pure la donna di colore che sorride - ché loro mica son xenofobi - e ammicca alla fotocamera quasi come Tupac Shakur prima che gli sparassero.
In basso c’è Berlusconi con Papa Ratzinger, il primo ride e l’altro gesticola con la consueta simpatia contagiosa. In mano hanno un crocifisso di 78 chili. Dopo la foto sono caduti entrambi, vittime di una forza di gravità oltremodo sovversiva.
La navigazione nel sito è davvero piacevole. Non si fa in tempo a entrare, che subito parte un canto muezzin di un tenore verosimilmente afono. Egli (?), con sicumera ingiustificata, intona un vecchio pezzo scritto da Michele Novaro tuttora in voga (cit).
Il titolo promette bene: “Finalmente un italiano, Silvio Berlusconi“. In che senso? Che è il primo italiano dopo l’estinzione dei dinosauri? No: nel senso che, dopo 102 anni di assenza, è tempo che il Nobel per la Pace venga assegnato a un italiano (così, non per meriti: per rispetto algebrico).
E questo italiano è Berlusconi.
Ah.
Lo ammetto: la prima reazione a tale notizia non sarebbe esattamente garbata (perfino per me, che in camera ho il poster di Lupi). Candidare Silvio Berlusconi a Premio Nobel per la Pace è come nominare Borghezio per il Memorial Martin Luther King, ma non dobbiamo fermarci all’apparenza. Questo è un comitato serio, che si è riunito come si deve e che denota il piglio di chi sa (cit).
Il senso dell’idea è così riassumibile: se lo hanno vinto Yasser Arafat, Jimmy Carter e Al Gore, perché non Berlusconi? Già, perché? In fondo, tra Arafat e Berlusconi, l’unica differenza era il turbante.
Ecco dov’era finita la società civile
Voi direte: è la solita trovata del Pdl. Farabutti che non siete altro. L’idea, spiegano gli esegeti di Silvio Nostro, “Non nasce per inziativa del PDL, nè di Silvio Berlusconi” (scritto così, un refuso e un accento sbagliato: così si fa). “Nasce per volontà della società civile”. Capito? La società civile si è trovata, un bel giorno, e ha detto: con tutti i problemi che abbiamo, qual è la nostra prima urgenza? Di cosa abbiamo davvero bisogno? Cosa può salvarci? Essi, in coro, si sono così risposti: il Nobel per la pace a Berlusconi. Certo, mi sembra logico (come un’elaborazione di Tony Polito).
Volete far parte di questo movimento? Volete partecipare al Comitato di Liberazione? Si può. Yes you can. “Se vorrai, potrai sostenere con un’oblazione (una OBLAZIONE) le spese per la promozione della candidatura di Silvio Berlusconi al Premio Nobel per la Pace o con carta di credito, cliccando sul bottone “donazione”, oppure effettuando un bonifico bancario intestato al Comitato della Liberta”. Che bell’esempio di democrazia partecipativa. Un bonifico - anzi: una oblazione - per Berlusconi. Come fare l’elemosina ad Abramovich.
Testimonial d’eccezione (e che eccezione)
“Il presente Comitato”, leggo dall’augusto sito, “è completamente autofinanziato dai cinque soci fondatori”. Oh, questo è importante. Chi sono i cinque salvatori della patria? Dai che son curioso. Clicco e trovo subito il ritratto di un uomo che trasuda carisma manco fosse un geyser. Mi guarda in tralice, gli occhialini della cresima, la cravatta coi pixel fuori scala e lo sguardo di chi è stato baciato per la prima volta a 97 anni (e ciò nonostante si crede precoce).
Il Comitato è composto da Emanuele Verghini, Alessandro Carnevali, Gianmario Battaglia, Valerio Cianciulli e Edoardo Babusci: peccato, il Canaro di Frascati all’ultimo momento non ha aderito. All’iniziativa, tra gli altri, partecipano Pasquale Calzetta (apperò), Giuseppe Ciarrapico (una garanzia), Emerenzio Barbieri (chiiiii???) e… Laura Ravetto. Laura Ravetto. LAURA RAVETTO! Grande Laura, idolo di sempre, compagna di mille serate e tanti sogni andati via con la brezza del mattino (questa è di Bondi, scusate). Laura: il mio amore, la mia vita, il mio faro. Che bella. Je t’aime. Ovviamente, Laura ha mandato la sua adesione tramite il blackberry (confondendosi col T9).
Ci sono anche testimonial d’eccezione. Lo garantisce il sito: d’eccezione. Clicco ancora, certo di trovarmi davanti una carrellata di nomi indimenticabili. Josè Saramago, Noam Chomsky, Tony Renis.
La pagina si apre e c’è ancora una foto: è lei, è lei, è Loriana Lana. Ha il petto in fuori, il mento eroicamente teso in un prognatismo stentoreo. L’effetto d’insieme ricorda i poster della Sagra del Baccello di Battifolle, quelli con le foto della banda del liscio che suonerà mazurca per tutta la notte, a uso e consumo di arzilli ottuagenari.
Sì, perché Loriana Lana è una cantante. Di più: una musicista. Di più: una testimonial d’eccezione. Di più: ha debuttato a RaiUno conducendo un programma per ragazzi (e poi ci si stupisce della fortuna dei pusher). Di più: ha collaborato con Paolo Conte (quando????). Di più: collabora con Fonopoli di Renato Zero (una sorcina, quindi). Di più: collabora al portale MyMovies (che sarebbe fatto anche bene, porcaccia la miseria). Di più: è coautrice de “Il mondo dello zainetto” (immagino l’inno dell’Invicta). Di più: ha firmato con Mariano Apicella “Tempo di rumba”, brano di punta del cd “L’ultimo amore” (“ultimo” era una promessa?).
Loriana Lana: l’anello di congiunzione tra le adenoidi infiammate e Cristina D’Avena.
Ne riparleremo più avanti, perché la ragazza merita.
Perché proprio Berlusconi?
Un lettore (criminoso) potrebbe a questo punto chiedersi: sì, ma Berlusconi che ha fatto per meritarsi proprio il Nobel per la pace? Che domande idiote che vi fate, a volte. Siete davvero farabutti. Fortunatamente per voi, il Comitato dei Cinque Carneadi ha riassunto in comode 78 pagine i meriti pacifisti di Berlusconi. Poiché però lo stile di Gianmario Battaglia è rimasto ai fonogrammi marziali dell’Istituto Luce, ve ne riassumo i passaggi irrinunciabili.
1) Berlusconi ha rinsaldato i legami con gli Stati Uniti (tattica straordinaria e inedita, la sua: ha totalmente azzerbinato l’Italia a Bush e alle sue paturnie, denotando un coraggio inedito).
2) Ha mediato risolutamente nella crisi in Georgia (così bene che la Georgia non se n’è accorta).
3) Ha avuto un ruolo riconosciuto (da chi, a parte Bonaiuti?) per una duratura pace (quale?) tra Israeliani e Palestinesi (qua siamo oltre la mitomania).
4) “Ha ricreato tra Stati Uniti e Federazione Russa lo stesso clima di dialogo e di amicizia che era sfociato nel vertice di Pratica di Mare del 2003, e che pose definitivamente fine alla Guerra Fredda” (occazzo, Berlusconi ha posto fine alla Guerra Fredda e io non me n’ero accorto. Pensavo che il merito fosse di Cindy Lauper, durante il concerto per la Caduta del Muro di Berlino).
5) Ha sempre sostenuto missioni di pace (con in mano una Luger e nell’altra uno strale per Gino Strada).
6) Ha riconosciuto, primo al mondo, le proprie responsabilità nei confronti di una ex-colonia, la Libia, al punto che di lui Gheddafi (noto epigono di Gandhi) ha detto: “Berlusconi è un uomo di ferro che ha preso una decisione storica”. Parole di cui vantarsi a tavola, tra una tartaruga e una farfallina (potresti dirmi sorellina in cosa credi tu/ cosa speri cosa sogni da grande che farai/ se ti blocchi contro il vento o spingi più che puoi/ se hai paura certe notti ti senti sola mai - mega-cit canterina).
7) Ha fatto sì che Rasmussen fosse nominato segretario generale della Nato (quando Rasmussen l’ha saputo, si è dissociato da se stesso).
Conclusione: Silvio Berlusconi ha salvato milioni di vite. Anche se erano solo quelle di Second Life.
Silvio Silvio grande è (garantisce Panajia)
Simili momenti, di cui ci renderà conto la storia, vanno accompagnati da musiche all’altezza. Per questo occorreva una nuova canzone, un salvifico inno di pace e gioia: una santificazione sonora che divinizzasse definitivamente Silvio Berlusconi. Ecco quindi che, in nostro soccorso, per la gioia di grandi e piccini, è stata scritta La pace può.
Qui urge un’analisi doviziosa, perché l’opera merita. Già il titolo, La pace può, lascia il messaggio sospeso, alimenta il nostro afflato di libertà, fortifica il bisogno di uomini - come Silvio Nostro - che ci salvino la Vita. Il titolo, in buona sostanza, anticipa così la bellezza della canzone (per chi capisce d’arte, certo: mica come voi, che ancora siete convinti che Vecchioni è bravo).
La musica è del maestro Pino Di Pietro, e anche questo è straordinario. L’inno di Berlusconi è stato scritto da uno che si chiama Di Pietro. Come se Brunetta giocasse in una squadra di basket Nba.
Il testo è di Loriana Lana, la sorcina di cui sopra, quella che ha scritto l’inno Invicta e ha collaborato con Paolo Conte senza che Conte se ne accorgesse (si scherza, eh Lory: sono un tuo fanboy).Con lei canta un tenore famosissimo, di cui ho tutti i dischi e i bootleg, addirittura Sergio Panajia. Mica cazzi: Sergio Panajia. E poi dicono che gli artisti sono di sinistra. Voi avevate De André e loro hanno Panajia. Vi mangiano in testa (cit).
La canzone potete ascoltarla qui. E’ bellissima, a me ingrifa davvero tanto. Loriana ne dà un’interpretazione squisitamente atonale e amusicale (doppia alfa privativa greca, per chi non ci fosse arrivato). La sua voce mi ha ricordato quella di Janis Joplin dopo una colecisti fulminante. Se Iva Zanicchi è l’Aquila di Ligonchio, Loriana Lana è il Fringuello Fioco de Roma (si scherza sempre, eh Lory: siamo tutti tuoi famboy). I suoi fraseggi con il Divino Panajia, che da par suo ricorda Andrea Bocelli a cui hanno trapiantato le corde vocali di Aldo Forbice, sono inebrianti.
Non provavo un’emozione musicale così dai tempi dei duetti di Aleandro Baldi con Francesca Alotta.
Parole come pietre
Se ne legga, ora, il testo.
Parte una musica elaborata col Vic 20, c’è Berlusconi che cammina tra le macerie aquilane con Barack Obama. Obama è comprensibilmente sgomento (e non per le macerie).
Vai Loriana, facce sogna’.
“La pace può…ripeterò… (già ripeti dopo tre parole? Che fantasia. Andiamo bene, vai)… queste parole senza smettere (suona come una minaccia)…e il vento penserà a diffonderle (pure il vento? Non bastavano Youtube e Brachino?)…e il mondo ascolteeeràààà (certo, non vedeva l’ora)”.
Qui entra il Divino Panajia, il cui impatto sulla canzone è paragonabile a quello di un quarterback ubriaco in una cristalleria.
“La pace può (vibrato tipo Pavarotti con gli U2 in Miss Sarajevo, ma appena un po’ peggio)…guarda anche tu (sul video compare un’insegna della Croce Rossa: bella prospettiva, grazie dell’ottimismo Sergio)…l’Abruzzo si risveglia incredulo (così incredulo che deve ancora risvegliarsi)…la neve e il sole che si incontrano (immagine di una banalità tale da imbarazzare financo Daniele Groff)…e la tua mano è qua… (qua dove? In Abruzzo? A Palazzo Grazioli? È un’allusione?)”.
Qui parte il coro. All’unisono, Loriana e Sergio. Come allo Zecchino d’Oro.
“C’è un preeeeesidente sempre presente (eh, lo so)…. Che ci accompagnerà (sì, contro un iceberg a bordo del Titanic)… SIAMO QUI PER TEEEEEEE, CUORE E ANIMAAAAAAA, UN NOBEL DI PACE, SILVIO GRANDE E’ (qui Sergio gliene dà secche, ci va giù con l’ugola)… SIAMO QUI PER TE, CORO UNANIME (ma anche no), UN’UNICA VOCE SILVIO SILVIO GRAAAAAANDE EEEEEEE!!!”.
Bello. Bello. Bello. Quest’inno mi gasa. Mi gasa. Al punto che mi è quasi venuta voglia di invadere la Polonia.
E ora scusatemi, vado a chiedere l’amicizia a Loriana Lana. Perché Silvio Silvio grande è (è la tivù che lo rimpicciolisce).
Nelle note
Andrea Scanzi scrive:
26 settembre 2009 alle 15:44
Ricevo e pubblico una replica del Comitato Silvio Berlusconi Nobel per la Pace.
——– Messaggio Originale ——– Oggetto: Alla C.A. di Andrea ScanziData: Sat, 26 Sep 2009 02:59:11 +0200Da: Silvio Berlusconi Nobel per la PaceRispondi-a: Silvio Berlusconi Nobel per la PaceA: redazione@micromega.net
Gentile Dr. Andrea Scanzi,
ho avuto il piacere di leggere il suo articolo dedicato alla nostra iniziativa per il Premio Nobel per la Pace a Silvio Berlusconi e mi sono convinto che querelarLa per le dichiarazioni infelici da Lei usate nei confronti dell’avv. Emanuele Verghini sarebbe un’ingiustizia nei confronti della sua verve poetica.
Lei, anzi, merita un ambito riconoscimento. Potrebbe, infatti, essere il candidato perfetto al Premio Nobel per la letteratura.
Continueremo a seguirLa con molta, molta attenzione ed a fare il tifo per Lei.
Cordiali saluti.
COMITATO DELLA LIBERTA’Il portavoceDott. Giammario Battaglia
————————————————–
A essa replico così:
Sono d’accordo con Lei, Dott. Gianmario Battaglia.Anch’io continuerò a seguirVi con molta, molta attenzione e a non fare il tifo per Voi.
Cordiali saluti.
COMITATO PER IL NOBEL ALLA CEDRATA TASSONIIl portavoceDott. Andrea Scanzi
Devo poi una risposta a @Gloria. Loriana Lana è senz’altro una brava professionista, non fatico a credere alle sue parole competenti. I miei sono articoli di satira, quindi iperbolici (qualcuno lo dica a Battaglia). Continuo però a ritenere, nello specifico, non esaltanti sia il testo che l’interpretazione di Loriana Lana nella canzone (?) in questione, a prescindere dalla sua carriera. Magari sbaglio io. @Agli altri. Grazie. Ma restate criminosi e insufflati di trotzkismo. Quindi non mi avrete mai.
http://scanzi-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/09/25/piu-nobel-per-tutti-silvio-grande-e/
I costosi asciugamani di Palazzo Madama
Il dossier - I costi della politica e le richieste degli organi costituzionali al Tesoro
Il Senato chiede un aumento della dotazione pari all’1,5 per cento
Il Cavaliere invita gli italiani a consumare di più? Detto fatto, al Senato consumano. Per le stanze della presidenza a Palazzo Giustiniani, ad esempio, hanno appena comprato 50 asciugamani deluxe. A 88 euro l’uno. Pari a tre giorni di cassa integrazione di un operaio metalmeccanico. Totale: 4.400 euro. Giorgio Napolitano, che giovedì aveva spronato tutti dicendo che «le istituzioni devono dare l’esempio» ha avuto la sua risposta.
Vi chiederete: ma di che materiale sono mai fatte, queste salviette per le mani, per costare una cifra che all’italiano medio appare spropositata? Sono di lino. E ricamate. Direte allora che sul sito e-bay.it si possono comprare asciugamani di lino e ricamati al prezzo di 29,99 per una confezione da sei e cioè a cinque euro l’uno, venti volte di meno. Per non parlare di quelle di spugna. Conosciamo l’obiezione: il decoro delle toilette di palazzo Giustiniani esige ben altro. Esattamente come le cucine presidenziali: non meritano forse una qualità adeguata al livello dell’istituzione per essere all’altezza delle raffinate papille gustative di Renato Schifani e dei suoi ospiti? Ecco allora una spesa assolutamente in-dis-pen-sa-bi-le: un costoso corso di perfezionamento fatto seguire presso la scuola culinaria del Gambero Rosso ai 9 (nove) cuochi interni. Così che possano poi scodellare sui prestigiosi deschi quei piatti griffati che, con innata modestia, vengono definiti «divine creazioni»: bauletti con ricotta e pistacchi con bottarga di tonno e sedano, intrighi con stracotto d’oca e burro al ginepro, quadrelli di cacao con scorzette d’arancia ai due ori… Per carità, negare che nella scia delle polemiche sui costi della politica, qualche taglio sia stato fatto pure a Palazzo Madama sarebbe ingiusto. Le famose agendine 2009 di Nazareno Gabrielli costate la bellezza di 260 mila euro (più degli stipendi annuali dei governatori del Colorado, dell’Arkansas, del Tennessee e del Maine messi insieme) sono state ad esempio sforbiciate, per il 2010, del 20%. Un sacrificio doloroso ma necessario. Come ancora più dolorosi e necessari sono stati il blocco delle indennità, il giro di vite ai contributi dei gruppi parlamentari e altro ancora...
Eppure, pare impossibile, nonostante i tagli palazzo Madama si appresterebbe a battere ancora cassa. Ancora pochi giorni e il 30 settembre scade il termine entro il quale gli organi costituzionali devono presentare al Tesoro le richieste per la dotazione finanziaria del 2010. Una data importante, tanto più dopo gli ultimi appelli lanciati, alla vigilia di un autunno che potrebbe essere critico, non solo del capo dello Stato ma anche del cardinale Angelo Bagnasco: misura e sobrietà. Fino a due o tre anni fa gli stanziamenti degli organi costituzionali venivano adeguati con il giochetto del cosiddetto «pil nominale». Si prendeva cioè a riferimento la crescita economica prevista, che di norma era più o meno il doppio dell’inflazione, e ogni anno la dotazione cresceva di quel tot. In seguito, sull’onda delle polemiche, le pretese si ridimensionarono al «semplice » recupero dell’inflazione programmata. Come è stato fatto l’ultima volta. Poi la crisi economica ha cominciato a mordere davvero, al punto che se si fosse applicato stavolta il vecchio criterio del «pil nominale», gli stanziamenti sarebbero crollati del 5%. Una batosta insopportabile. Ma mentre Quirinale e Camera decidevano di rinunciare per i prossimi tre anni al recupero dell’inflazione programmata, dal Senato non è arrivato alcun segnale. Evidentemente palazzo Madama considera ancora valida la richiesta relativa al 2009, con un aumento della dotazione pari all’1,5% sia per il 2010 sia per i due anni successivi.
Il Tesoro dovrebbe così versare nelle casse della camera alta 527 milioni di euro contro i 519 del 2009. Per salire poi a 535 e 543 milioni nel 2011 e nel 2012. Qualche goccia nel mare immenso del bilancio statale. Ma talvolta basta qualche goccia a far traboccare il vaso. Soprattutto considerando che l’inflazione programmata è almeno il doppio di quella reale. Come si giustifica allora l’esigenza di maggiori risorse per otto milioni l’anno? Forse con il progetto di realizzare un nuovo canale televisivo digitale terrestre (oltre a quello satellitare già esistente) affidato a un comitato istituito il 29 luglio e coordinato dal questore Benedetto Adragna? O con l’idea, ben più fumosa, di impiantare una struttura medica interna con tanto di sala di rianimazione pur essendo palazzo Madama a un chilometro dall’ospedale Santo Spirito?
La verità è che l’andazzo seguito per anni è stato tale (nella legislatura 2001-2006 le spese correnti s’impennarono del 39% oltre l’inflazione) che la «macchina» lanciata verso costi sempre più folli va avanti per inerzia, a prescindere perfino dalla volontà di Schifani e dei questori. Tanto è vero che, non essendo mai stati cambiati sul serio certi automatismi del contratto interno, le retribuzioni e le pensioni dei dipendenti (che in molti casi possono ancora andarsene a 50 anni: tre lustri dopo la riforma Dini!) seguitano a crescere pesando immensamente di più che gli asciugamani. Dati alla mano: le pensioni medie variano dai 122 mila euro lordi l’anno per i commessi ai 325 mila euro per i funzionari.
Una domanda, tuttavia, meriterebbe risposte convincenti. Perché il Senato continua a chiedere soldi se ha depositati presso la filiale interna della Bnl, liquidi, 108,9 milioni di euro? Avete capito bene: 108,9 milioni. Da dove arrivano tutti quei quattrini è presto detto: palazzo Madama non spende, nella realtà pratica, tutti i soldi che ogni anno il Tesoro gli dà. Il bilancio si chiude infatti regolarmente con avanzi di cassa che non vengono restituiti all’Erario, ma si accumulano in banca. Lo stesso avviene, e in misura addirittura maggiore, per la Camera dei deputati, che ha già da parte qualcosa come 380 milioni di euro. Il «tesoretto del Parlamento», per usare la definizione data dal Sole24ore lo scorso maggio, avrebbe quindi raggiunto, secondo gli ultimissimi calcoli, circa 490 milioni. Il doppio dei fondi occorrenti per rimettere in piedi le strutture universitarie dell’Aquila e pagare le rette di tutti gli studenti.
La Camera si tiene stretti quei soldi con la giustificazione che alla scadenza degli onerosi contratti d’affitto degli uffici per i deputati nei «Palazzi Marini» (una quarantina di milioni l’anno) dovrà acquistare nuovi immobili. Ma il Senato, che gli edifici li ha già comprati e ha avuto dal Cipe anche i soldi per ristrutturarli? Ci si dirà che, con le procedure e le macchinosità attuali, è difficile restituirli, i soldi. Sarà… Eppure c’è un illustre precedente. Alla fine degli anni Novanta l’Antitrust, all’epoca presieduta da Giuseppe Tesauro, rese al Tesoro l’equivalente di una cinquantina di milioni di euro: erano gli avanzi delle dotazioni annuali che l’autorità non aveva speso. E che tornarono così nelle casse dello Stato. Certo, bisogna volerlo...
Il Senato chiede un aumento della dotazione pari all’1,5 per cento
Il Cavaliere invita gli italiani a consumare di più? Detto fatto, al Senato consumano. Per le stanze della presidenza a Palazzo Giustiniani, ad esempio, hanno appena comprato 50 asciugamani deluxe. A 88 euro l’uno. Pari a tre giorni di cassa integrazione di un operaio metalmeccanico. Totale: 4.400 euro. Giorgio Napolitano, che giovedì aveva spronato tutti dicendo che «le istituzioni devono dare l’esempio» ha avuto la sua risposta.
Vi chiederete: ma di che materiale sono mai fatte, queste salviette per le mani, per costare una cifra che all’italiano medio appare spropositata? Sono di lino. E ricamate. Direte allora che sul sito e-bay.it si possono comprare asciugamani di lino e ricamati al prezzo di 29,99 per una confezione da sei e cioè a cinque euro l’uno, venti volte di meno. Per non parlare di quelle di spugna. Conosciamo l’obiezione: il decoro delle toilette di palazzo Giustiniani esige ben altro. Esattamente come le cucine presidenziali: non meritano forse una qualità adeguata al livello dell’istituzione per essere all’altezza delle raffinate papille gustative di Renato Schifani e dei suoi ospiti? Ecco allora una spesa assolutamente in-dis-pen-sa-bi-le: un costoso corso di perfezionamento fatto seguire presso la scuola culinaria del Gambero Rosso ai 9 (nove) cuochi interni. Così che possano poi scodellare sui prestigiosi deschi quei piatti griffati che, con innata modestia, vengono definiti «divine creazioni»: bauletti con ricotta e pistacchi con bottarga di tonno e sedano, intrighi con stracotto d’oca e burro al ginepro, quadrelli di cacao con scorzette d’arancia ai due ori… Per carità, negare che nella scia delle polemiche sui costi della politica, qualche taglio sia stato fatto pure a Palazzo Madama sarebbe ingiusto. Le famose agendine 2009 di Nazareno Gabrielli costate la bellezza di 260 mila euro (più degli stipendi annuali dei governatori del Colorado, dell’Arkansas, del Tennessee e del Maine messi insieme) sono state ad esempio sforbiciate, per il 2010, del 20%. Un sacrificio doloroso ma necessario. Come ancora più dolorosi e necessari sono stati il blocco delle indennità, il giro di vite ai contributi dei gruppi parlamentari e altro ancora...
Eppure, pare impossibile, nonostante i tagli palazzo Madama si appresterebbe a battere ancora cassa. Ancora pochi giorni e il 30 settembre scade il termine entro il quale gli organi costituzionali devono presentare al Tesoro le richieste per la dotazione finanziaria del 2010. Una data importante, tanto più dopo gli ultimi appelli lanciati, alla vigilia di un autunno che potrebbe essere critico, non solo del capo dello Stato ma anche del cardinale Angelo Bagnasco: misura e sobrietà. Fino a due o tre anni fa gli stanziamenti degli organi costituzionali venivano adeguati con il giochetto del cosiddetto «pil nominale». Si prendeva cioè a riferimento la crescita economica prevista, che di norma era più o meno il doppio dell’inflazione, e ogni anno la dotazione cresceva di quel tot. In seguito, sull’onda delle polemiche, le pretese si ridimensionarono al «semplice » recupero dell’inflazione programmata. Come è stato fatto l’ultima volta. Poi la crisi economica ha cominciato a mordere davvero, al punto che se si fosse applicato stavolta il vecchio criterio del «pil nominale», gli stanziamenti sarebbero crollati del 5%. Una batosta insopportabile. Ma mentre Quirinale e Camera decidevano di rinunciare per i prossimi tre anni al recupero dell’inflazione programmata, dal Senato non è arrivato alcun segnale. Evidentemente palazzo Madama considera ancora valida la richiesta relativa al 2009, con un aumento della dotazione pari all’1,5% sia per il 2010 sia per i due anni successivi.
Il Tesoro dovrebbe così versare nelle casse della camera alta 527 milioni di euro contro i 519 del 2009. Per salire poi a 535 e 543 milioni nel 2011 e nel 2012. Qualche goccia nel mare immenso del bilancio statale. Ma talvolta basta qualche goccia a far traboccare il vaso. Soprattutto considerando che l’inflazione programmata è almeno il doppio di quella reale. Come si giustifica allora l’esigenza di maggiori risorse per otto milioni l’anno? Forse con il progetto di realizzare un nuovo canale televisivo digitale terrestre (oltre a quello satellitare già esistente) affidato a un comitato istituito il 29 luglio e coordinato dal questore Benedetto Adragna? O con l’idea, ben più fumosa, di impiantare una struttura medica interna con tanto di sala di rianimazione pur essendo palazzo Madama a un chilometro dall’ospedale Santo Spirito?
La verità è che l’andazzo seguito per anni è stato tale (nella legislatura 2001-2006 le spese correnti s’impennarono del 39% oltre l’inflazione) che la «macchina» lanciata verso costi sempre più folli va avanti per inerzia, a prescindere perfino dalla volontà di Schifani e dei questori. Tanto è vero che, non essendo mai stati cambiati sul serio certi automatismi del contratto interno, le retribuzioni e le pensioni dei dipendenti (che in molti casi possono ancora andarsene a 50 anni: tre lustri dopo la riforma Dini!) seguitano a crescere pesando immensamente di più che gli asciugamani. Dati alla mano: le pensioni medie variano dai 122 mila euro lordi l’anno per i commessi ai 325 mila euro per i funzionari.
Una domanda, tuttavia, meriterebbe risposte convincenti. Perché il Senato continua a chiedere soldi se ha depositati presso la filiale interna della Bnl, liquidi, 108,9 milioni di euro? Avete capito bene: 108,9 milioni. Da dove arrivano tutti quei quattrini è presto detto: palazzo Madama non spende, nella realtà pratica, tutti i soldi che ogni anno il Tesoro gli dà. Il bilancio si chiude infatti regolarmente con avanzi di cassa che non vengono restituiti all’Erario, ma si accumulano in banca. Lo stesso avviene, e in misura addirittura maggiore, per la Camera dei deputati, che ha già da parte qualcosa come 380 milioni di euro. Il «tesoretto del Parlamento», per usare la definizione data dal Sole24ore lo scorso maggio, avrebbe quindi raggiunto, secondo gli ultimissimi calcoli, circa 490 milioni. Il doppio dei fondi occorrenti per rimettere in piedi le strutture universitarie dell’Aquila e pagare le rette di tutti gli studenti.
La Camera si tiene stretti quei soldi con la giustificazione che alla scadenza degli onerosi contratti d’affitto degli uffici per i deputati nei «Palazzi Marini» (una quarantina di milioni l’anno) dovrà acquistare nuovi immobili. Ma il Senato, che gli edifici li ha già comprati e ha avuto dal Cipe anche i soldi per ristrutturarli? Ci si dirà che, con le procedure e le macchinosità attuali, è difficile restituirli, i soldi. Sarà… Eppure c’è un illustre precedente. Alla fine degli anni Novanta l’Antitrust, all’epoca presieduta da Giuseppe Tesauro, rese al Tesoro l’equivalente di una cinquantina di milioni di euro: erano gli avanzi delle dotazioni annuali che l’autorità non aveva speso. E che tornarono così nelle casse dello Stato. Certo, bisogna volerlo...
Sergio Rizzo Gian Antonio Stella
Berlusconi e il papa.
Berlusconi, al suo rientro da Pittsburgh si reca a Ciampino per salutare il papa in partenza per Praga: il marketing legato all'immagine da restaurare docet.
(Chissà se dopo avrà organizzata una seratina "piacevole" in compagnia di qualche escort..... hi, hi, hi, bisognerebbe chiederlo ai suoi guardaspalle!)
All'incontro con il papa era presente anche Letta, il suo "indagatissimo" (guai se così non fosse) sottosegretario personale.
(Apperò, bella gente frequenta il papa!)
Nel frattempo, Scajola, ministro dello sviluppo Economico.........(non l'ho nominato io, lo ha nominato Berlusconi) promuove un'interpellanza parlamentare per discutere sulla puntata di "annozero", mal digerita dal premier, sostenendo che vi sono state molte reazioni indignate da parte dei cittadini..........
(Ma poi, un ministro dello sviluppo economico che si occupa di promuovere un'interpellanza parlamentare su un programma della rai? Boh!)
Vabbè, tirammo innanzi.
Ma quandomai si sono preoccupati dell'indignazione dei cittadini?
Sarebbe il primo caso, se fosse vero, perchè quando il cittadino si è indignato per il lodo Alfano, o quando si è indignato per lo scudo fiscale, o quando si è indignato perchè ha nominato ministro una sua squinzia, non si sono mai adoperati per promuovere interpellanze parlamentari, anzi, se ne sono fregati altamente!
Non sarà, per caso, che l'idignazione va presa in considerazione solo se provata dal premier nei confronti di qualche cittadino e mai e se provata dai cittadini nei confronti del premier?
Atroce dilemma!
sabato 26 settembre 2009
Banche - ambiente
Fino a quando ci saranno le banche a detenere il potere economico mondiale, la terra involverà su se stessa.
Alle banche interessa che circoli danaro, quale ne sia la provenienza poco importa.
E per fare circolare una grossa quantità di denaro spinge a costruire grandi e deleterie opere: centrali nucleari, autostrade inutili, ponti sugli stretti impraticabili, termovalorizzatori produttori di tumori........
Siamo troppo pochi a volere che ciò non avvenga, i governi sono più propensi ad aiutare le banche, perchè le banche sono "il potere", e dietro il potere delle banche ci sono quelle poche, maledette famiglie che decidono le sorti dell'intero pianeta.
Un tempo c'erano le guerre a bilanciare le densità demografiche, ora ci sono altri strumenti meno cruenti, ma ugualmente efficaci: la fame e le malattie generate dalla mancanza di attenzione e rispetto dell'ambiente.
Siamo in debito con madre natura, e questo debito sarà sempre più difficile Poterlo onorare.
Alle banche interessa che circoli danaro, quale ne sia la provenienza poco importa.
E per fare circolare una grossa quantità di denaro spinge a costruire grandi e deleterie opere: centrali nucleari, autostrade inutili, ponti sugli stretti impraticabili, termovalorizzatori produttori di tumori........
Siamo troppo pochi a volere che ciò non avvenga, i governi sono più propensi ad aiutare le banche, perchè le banche sono "il potere", e dietro il potere delle banche ci sono quelle poche, maledette famiglie che decidono le sorti dell'intero pianeta.
Un tempo c'erano le guerre a bilanciare le densità demografiche, ora ci sono altri strumenti meno cruenti, ma ugualmente efficaci: la fame e le malattie generate dalla mancanza di attenzione e rispetto dell'ambiente.
Siamo in debito con madre natura, e questo debito sarà sempre più difficile Poterlo onorare.
venerdì 25 settembre 2009
Il fatto quotidiano - pag 1 del n. 3
giovedì 24 settembre 2009
Il fatto quotidiano - n.1 anno 1
C'e' grande spazio per il nuovo giornale di Padellaro e Travaglio. Alle 8 di questa mattina era già esaurito in tutt'Italia. Domani verra' raddoppiata la tiratura a 200mila copie.
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.(WSI) – Cari amici, come molti di voi sanno, alle 8 di questa mattina Il Fatto Quotidiano era già esaurito in tutte le edicole. Nonostante la giusta delusione dei tanti che non hanno potuto comprare il giornale, si tratta di una buona notizia. Stiamo monitorando le centinaia di messaggi che stanno arrivando nel blog e stiamo prendendo i necessari provvedimenti per far fronte alle vostre richieste. In via del tutto eccezionale, e solo per oggi, mettiamo online il giornale in versione pdf, in modo che tutti coloro che non l’hanno trovato in edicola possano scaricarlo. Domani raddoppiamo la tiratura, e mandiamo in edicola 200mila copie. Insieme al secondo numero, troverete anche una tiratura limitata del giornale di oggi, ma solo in alcune edicole. Su prenotazione all’edicolante potrete prenotare il primo numero anche nei giorni successivi. Ci scusiamo con i nostri abbonati alla versione online per i disguidi dovuti all'afflusso contemporaneo di migliaia di utenti. Risponderemo a tutte le segnalazioni relative all'abbonamento postale. Ultima notizia: è in corso in queste ore la distribuzione straordinaria nelle edicole di Milano città. Abbiamo provato a fare lo stesso a Roma, ma purtroppo non è stato possibile. Insomma, non vi lasciamo soli. Vi chiediamo solo di avere un po' di pazienza in queste ore frenetiche.
Grazie per la fiducia che continuate a rinnovarci.
La direzione
mercoledì 23 settembre 2009
Gianni Letta indagato per truffa sulla gara per un centro rifugiati
Gianni Letta indagato per abuso d'ufficio, turbativa d'asta e truffa aggravata.
La notizia è pubblicata su Il Fatto Quotidiano, il nuovo giornale presente da oggi nelle edicole, diretto da Antonio Padellaro.
L'articolo è di due ex firme di punta de L'Espresso (Marco Lillo e Peter Gomez).
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, secondo quanto si legge nell'articolo, avrebbe favorito la holding di cooperative legata a Comunione e Liberazione "La Cascina" nell'appalto per un centro di assistenza per richiedenti asilo a Policoro, in provincia di Matera.
L'indagine è partita dalla procura di Potenza (i primi accertamenti sono stati decisi dal pm Henry John Woodcock).
Dopo un conflitto di attribuzione con Roma però, il fascicolo è stato trasferito alla piccola procura di Lagonegro, in provincia di Potenza.
Secondo il quotidiano la notizia sarebbe da tempo circolata nelle redazioni dei giornali (almeno da 10 mesi).
Nessuno però avrebbe voluto pubblicarla perché Letta è l'uomo con cui gli editori stanno trattando per ottenere gli aiuti per la stampa in crisi.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2009/09/gianni-letta.indagato-centri-accoglienza-rifugiati.shtml?uuid=f18e9474-a80c-11de-bb97-68f215fbb471&DocRulesView=Libero
La notizia è pubblicata su Il Fatto Quotidiano, il nuovo giornale presente da oggi nelle edicole, diretto da Antonio Padellaro.
L'articolo è di due ex firme di punta de L'Espresso (Marco Lillo e Peter Gomez).
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, secondo quanto si legge nell'articolo, avrebbe favorito la holding di cooperative legata a Comunione e Liberazione "La Cascina" nell'appalto per un centro di assistenza per richiedenti asilo a Policoro, in provincia di Matera.
L'indagine è partita dalla procura di Potenza (i primi accertamenti sono stati decisi dal pm Henry John Woodcock).
Dopo un conflitto di attribuzione con Roma però, il fascicolo è stato trasferito alla piccola procura di Lagonegro, in provincia di Potenza.
Secondo il quotidiano la notizia sarebbe da tempo circolata nelle redazioni dei giornali (almeno da 10 mesi).
Nessuno però avrebbe voluto pubblicarla perché Letta è l'uomo con cui gli editori stanno trattando per ottenere gli aiuti per la stampa in crisi.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2009/09/gianni-letta.indagato-centri-accoglienza-rifugiati.shtml?uuid=f18e9474-a80c-11de-bb97-68f215fbb471&DocRulesView=Libero
I ministri dell’Astio e l’assalto alla cultura
di Francesco Merlo, da Repubblica, 14 settembre 2009
Ogni giorno c'è un ministro dell'Astio, il sovrauomo Brunetta innanzitutto, che vomita trivialità ora su uno ora su un altro pezzo d'Italia: i cineasti sono parassiti, la borghesia è marcia, i professori sono ignoranti, gli statali sono fannulloni, gli studenti sono stupidi, gli economisti sono sconclusionati… Insomma ogni giorno arriva un insulto, un dileggio o una derisione a carico di una categoria sociale diversa. E sono parole rivelatrici, più di un album di fotografie, parole che sono la verità di questi uomini.
Parole che esprimono il senso compiuto di questi cortigiani del Principe che hanno un conto aperto con la natura o con la società e approfittano del loro potere per sfogarsi, come quei personaggi di Stendhal che cercavano a Parigi il risarcimento degli affronti subiti in provincia.
E infatti non si erano mai visti governanti così furiosi contro i governati. Giganti in esilio dentro corpi politicamente troppo angusti, Brunetta, Gelmini, Bondi e, qualche volta, anche Sacconi e Tremonti, trattano l'Italia come una pessima bestia da addomesticare, hanno elevato il disprezzo ad arte di governo, vogliono far espiare al Paese le loro inadeguatezze e le loro frustrazioni.
Bondi per esempio crede che la cultura sia il computo di sillabe in versi sciolti. Brunetta, che non sopporta la bassezza degli indici di produttività, vorrebbe disitalianizzare l'Italia per farne un campo di concentramento laburista: il lavoro detentivo rende liberi, belli, grandi e anche biondi. La Gelmini persegue un sessantotto al contrario che lobotomizzi fantasia e dottrina e mandi al potere i ragionieri con la lesina come scettro.
Di Bossi è inutile dire: vanta una lunga carriera fondata sulla parolaccia, sul dito medio, sulla scatole rotte, sulla carta igienica, sul ce l'ho duro…
Benché nessun governo abbia mai teorizzato e praticato l'offesa dei propri elettori come scienza politica, l'attacco alla cultura non è certo una novità. Goebbels, che era piccolo, nero e zoppo, metteva la mano alla pistola. Scelba, che era calvo e rotondo come un arancino, coniò il neologismo - culturame - ora rilanciato da Brunetta. Anche Togliatti sfotteva in terronio maccheronico il terrone Vittorini, e più in generale il Partito comunista riconosceva solo gli intellettuali organici, cioè gli intellettuali senza intelletto ma con il piffero…
Insomma, fare guerra alla cultura è sempre nevrosi, alla lunga perdente, ed è comunque manganello nelle sue varie forme, reali e metaforiche. Oltraggiare la cultura è uno scandalo penoso: è come sparare in chiesa, impiccare i neri, imputare all'immigrato clandestino la sua miseria, punire la sofferenza come un reato. Ed è un altro modo di organizzare ronde, magari sotto forma di squadracce ministeriali: prediche, comizi, fatwa…
Se Brunetta potesse pesterebbe i vari Placido d'Italia, da Dario Fo a Umberto Eco e, per imparzialità, anche Pippo Baudo e Fiorello. Per Brunetta e Bondi, infatti, gli uomini colti sono la misura della propria dannazione, lo specchio della propria nudità, come Berlusconi visto dalla D'Addario.
Con quegli uomini, che ora chiamano parassiti, Brunetta e Bondi non sono mai riusciti ad intrattenersi neppure quando militavano a sinistra. È da allora che covano rancori. Odiano i salotti (cioè le buone maniere) che li tenevano a distanza. Disprezzano i libri che non hanno letto né tanto meno scritto e che per il popolo della Padania sono ciapa pulver, acchiappa polvere, deposito di pulviscolo.
Sono rancorosi, Brunetta e Bondi, perché sono stati di sinistra e ora ne sono pentiti visto che solo la destra plebea e indecorosa li ha "capiti", promossi e ben ripagati. Come gli ebrei convertiti dell'Inquisizione cristiana rimproveravano a Cristo la debolezza di amare tutti, così questi ministri cortigiani rimproverano alla casa di produzione Medusa, che appartiene al loro dio, di investire sui nemici di dio, sudditi infidi che loro conoscono come se stessi.
Dunque i ministri dell'Astio danno del parassita agli artitisti di sinistra perché non sopportano che siano sovvenzionati dal loro stesso padrone senza neppure baciargli la mano. Addirittura quelli gliela addentano! Ebbene questa, signori ministri dell'Astio, è stizza.
È la stizza di chi, per avere i favori del Principe, non ha badato a spese, ha cambiato i propri connotati, ha ceduto l'anima, si è legato a doppie catene al suo carro. E ora vede che i vari Placido - non importa se bravi o meno - non si sono fatti ipnotizzare dalla medusa che li paga.
In buona sostanza, l'insulto come forma governo è espressione di malafede e di malessere, un impasto di vita vissuta male e di autoespiazione forcaiola: un film drammatico insomma. Dunque Michele Placido non li quereli, ma li metta in scena. Con i soldi della Medusa. Titolo? "La bava dei servi".
http://temi.repubblica.it/micromega-online/i-ministri-dellastio-e-lassalto-alla-cultura/
Ogni giorno c'è un ministro dell'Astio, il sovrauomo Brunetta innanzitutto, che vomita trivialità ora su uno ora su un altro pezzo d'Italia: i cineasti sono parassiti, la borghesia è marcia, i professori sono ignoranti, gli statali sono fannulloni, gli studenti sono stupidi, gli economisti sono sconclusionati… Insomma ogni giorno arriva un insulto, un dileggio o una derisione a carico di una categoria sociale diversa. E sono parole rivelatrici, più di un album di fotografie, parole che sono la verità di questi uomini.
Parole che esprimono il senso compiuto di questi cortigiani del Principe che hanno un conto aperto con la natura o con la società e approfittano del loro potere per sfogarsi, come quei personaggi di Stendhal che cercavano a Parigi il risarcimento degli affronti subiti in provincia.
E infatti non si erano mai visti governanti così furiosi contro i governati. Giganti in esilio dentro corpi politicamente troppo angusti, Brunetta, Gelmini, Bondi e, qualche volta, anche Sacconi e Tremonti, trattano l'Italia come una pessima bestia da addomesticare, hanno elevato il disprezzo ad arte di governo, vogliono far espiare al Paese le loro inadeguatezze e le loro frustrazioni.
Bondi per esempio crede che la cultura sia il computo di sillabe in versi sciolti. Brunetta, che non sopporta la bassezza degli indici di produttività, vorrebbe disitalianizzare l'Italia per farne un campo di concentramento laburista: il lavoro detentivo rende liberi, belli, grandi e anche biondi. La Gelmini persegue un sessantotto al contrario che lobotomizzi fantasia e dottrina e mandi al potere i ragionieri con la lesina come scettro.
Di Bossi è inutile dire: vanta una lunga carriera fondata sulla parolaccia, sul dito medio, sulla scatole rotte, sulla carta igienica, sul ce l'ho duro…
Benché nessun governo abbia mai teorizzato e praticato l'offesa dei propri elettori come scienza politica, l'attacco alla cultura non è certo una novità. Goebbels, che era piccolo, nero e zoppo, metteva la mano alla pistola. Scelba, che era calvo e rotondo come un arancino, coniò il neologismo - culturame - ora rilanciato da Brunetta. Anche Togliatti sfotteva in terronio maccheronico il terrone Vittorini, e più in generale il Partito comunista riconosceva solo gli intellettuali organici, cioè gli intellettuali senza intelletto ma con il piffero…
Insomma, fare guerra alla cultura è sempre nevrosi, alla lunga perdente, ed è comunque manganello nelle sue varie forme, reali e metaforiche. Oltraggiare la cultura è uno scandalo penoso: è come sparare in chiesa, impiccare i neri, imputare all'immigrato clandestino la sua miseria, punire la sofferenza come un reato. Ed è un altro modo di organizzare ronde, magari sotto forma di squadracce ministeriali: prediche, comizi, fatwa…
Se Brunetta potesse pesterebbe i vari Placido d'Italia, da Dario Fo a Umberto Eco e, per imparzialità, anche Pippo Baudo e Fiorello. Per Brunetta e Bondi, infatti, gli uomini colti sono la misura della propria dannazione, lo specchio della propria nudità, come Berlusconi visto dalla D'Addario.
Con quegli uomini, che ora chiamano parassiti, Brunetta e Bondi non sono mai riusciti ad intrattenersi neppure quando militavano a sinistra. È da allora che covano rancori. Odiano i salotti (cioè le buone maniere) che li tenevano a distanza. Disprezzano i libri che non hanno letto né tanto meno scritto e che per il popolo della Padania sono ciapa pulver, acchiappa polvere, deposito di pulviscolo.
Sono rancorosi, Brunetta e Bondi, perché sono stati di sinistra e ora ne sono pentiti visto che solo la destra plebea e indecorosa li ha "capiti", promossi e ben ripagati. Come gli ebrei convertiti dell'Inquisizione cristiana rimproveravano a Cristo la debolezza di amare tutti, così questi ministri cortigiani rimproverano alla casa di produzione Medusa, che appartiene al loro dio, di investire sui nemici di dio, sudditi infidi che loro conoscono come se stessi.
Dunque i ministri dell'Astio danno del parassita agli artitisti di sinistra perché non sopportano che siano sovvenzionati dal loro stesso padrone senza neppure baciargli la mano. Addirittura quelli gliela addentano! Ebbene questa, signori ministri dell'Astio, è stizza.
È la stizza di chi, per avere i favori del Principe, non ha badato a spese, ha cambiato i propri connotati, ha ceduto l'anima, si è legato a doppie catene al suo carro. E ora vede che i vari Placido - non importa se bravi o meno - non si sono fatti ipnotizzare dalla medusa che li paga.
In buona sostanza, l'insulto come forma governo è espressione di malafede e di malessere, un impasto di vita vissuta male e di autoespiazione forcaiola: un film drammatico insomma. Dunque Michele Placido non li quereli, ma li metta in scena. Con i soldi della Medusa. Titolo? "La bava dei servi".
http://temi.repubblica.it/micromega-online/i-ministri-dellastio-e-lassalto-alla-cultura/
Noi “farabutti” che sogniamo ancora un’Italia democratica
Andrea Scanzi, collaboratore di MicroMega e curatore su questo sito del blog "Il criminoso" , spiega le ragioni "criminose" della sua adesione alla manifestazione per la libertà d'informazione promossa dalla FNSI. Prevista per sabato 19 settembre, la mobilitazione è stata rinviata a seguito dell'attentato ai militari italiani in Afghanistan.
È vero, non c'è nessuna emergenza democratica. È vero, la libertà di stampa non è in pericolo. È vero, la pasionaria Binetti è la reincarnazione di Rosa Luxemburg.La manifestazione sarà solo una scampagnata, l'ennesima, a uso e consumo di farabutti insufflati di grumosità giustizialista.
È vero, Silvio Berlusconi è il più grande statista italiano dai tempi di Memo Remigi.
È vero, non si è mai visto un baluardo della Costituzione ficcante (?) come Niccolò Ghedini.
È vero, non tutti i paesi occidentali hanno la fortuna di avere un Ministro semplificatore come Calderoli (e un altro di larghissime vedute come Maroni).
Per tutti questi motivi, e mille altri ancora, non ci sarebbe neanche mezzo motivo per andare a scodinzolare con i delinquenti di Repubblica, i terroristi del Fatto e gli sfollati de L'Unità.
Quindi ha ragione Berlusconi. Come sempre.
Già.
Epperò (?), io andrò. Anche il criminoso parteciperà al coro di vibrante protesta (cit). Perché, direte voi. Bah, non saprei dire. Forse perché mi gira così. Forse perché questo concetto di democrazia mi pare vagamente opprimente. Forse perché mi piacerebbe che l'Italia non fosse più un'anomalia.
Forse perché, in qualsiasi altro paese, sarebbero già scesi in piazza per molto, molto, molto meno.
Ci vediamo a Roma, dunque. Noi, velleitari e sconfitti come sempre. Eppur vivi. Più o meno.
Andrea Scanzi
http://temi.repubblica.it/micromega-online/noi-farabutti-che-sogniamo-ancora-unitalia-democratica/
È vero, non c'è nessuna emergenza democratica. È vero, la libertà di stampa non è in pericolo. È vero, la pasionaria Binetti è la reincarnazione di Rosa Luxemburg.La manifestazione sarà solo una scampagnata, l'ennesima, a uso e consumo di farabutti insufflati di grumosità giustizialista.
È vero, Silvio Berlusconi è il più grande statista italiano dai tempi di Memo Remigi.
È vero, non si è mai visto un baluardo della Costituzione ficcante (?) come Niccolò Ghedini.
È vero, non tutti i paesi occidentali hanno la fortuna di avere un Ministro semplificatore come Calderoli (e un altro di larghissime vedute come Maroni).
Per tutti questi motivi, e mille altri ancora, non ci sarebbe neanche mezzo motivo per andare a scodinzolare con i delinquenti di Repubblica, i terroristi del Fatto e gli sfollati de L'Unità.
Quindi ha ragione Berlusconi. Come sempre.
Già.
Epperò (?), io andrò. Anche il criminoso parteciperà al coro di vibrante protesta (cit). Perché, direte voi. Bah, non saprei dire. Forse perché mi gira così. Forse perché questo concetto di democrazia mi pare vagamente opprimente. Forse perché mi piacerebbe che l'Italia non fosse più un'anomalia.
Forse perché, in qualsiasi altro paese, sarebbero già scesi in piazza per molto, molto, molto meno.
Ci vediamo a Roma, dunque. Noi, velleitari e sconfitti come sempre. Eppur vivi. Più o meno.
Andrea Scanzi
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martedì 22 settembre 2009
Tar Lazio: no alimentazione imposta, sceglie il paziente
Biotestamento - (ASCA) - Roma, 17 set tembre
''I pazienti in stato vegetativo permanente, che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso, e possono, nel caso in cui loro volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica di determinate cure mediche nei loro confronti". E ancora: il paziente ''vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi".
Così la sentenza del Tar del Lazio n. 8560/09 emessa sul ricorso presentato dal Movimento Difesa del Cittadino, che ne ha diffuso il testo, ''contro la direttiva con cui il ministro Sacconi aveva intimato a tutte le strutture del servizio sanitario nazionale di impedire sempre l'interruzione dell'idratazione e alimentazione forzata in pazienti in stato vegetativo permanente e, quindi, di impedirlo persino nel caso in cui la volontà degli stessi fosse ricostruita nel senso di rifiutare tale somministrazione''.
Il Tar, dopo aver evidenziato che si tratta di questioni che coinvogono il ''diritto di rango costituzionale quale è quello della libertà personale che l'art. 13 (della Costituzione) qualifica come inviolabile'' e che da ultimo è entrata in vigore la convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità che impone che anche alle stesse venga garantito il consenso informato, ha sottolineato come ''il rilievo costituzionale dei diritti coinvolti esclude che gli stessi possano essere compressi dall'esercizio del potere dell'autorità pubblica, con conseguente esclusione della giurisdizione del giudice amministrativo spettando, in caso di violazione dei principi richiamati dal TAR, al giudice ordinario garantire il pieno rispetto dei diritti della dignità e della libertà della persona".
http://temi.repubblica.it/micromega-online/tar-lazio-no-alimentazione-imposta-sceglie-il-paziente/
''I pazienti in stato vegetativo permanente, che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso, e possono, nel caso in cui loro volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica di determinate cure mediche nei loro confronti". E ancora: il paziente ''vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi".
Così la sentenza del Tar del Lazio n. 8560/09 emessa sul ricorso presentato dal Movimento Difesa del Cittadino, che ne ha diffuso il testo, ''contro la direttiva con cui il ministro Sacconi aveva intimato a tutte le strutture del servizio sanitario nazionale di impedire sempre l'interruzione dell'idratazione e alimentazione forzata in pazienti in stato vegetativo permanente e, quindi, di impedirlo persino nel caso in cui la volontà degli stessi fosse ricostruita nel senso di rifiutare tale somministrazione''.
Il Tar, dopo aver evidenziato che si tratta di questioni che coinvogono il ''diritto di rango costituzionale quale è quello della libertà personale che l'art. 13 (della Costituzione) qualifica come inviolabile'' e che da ultimo è entrata in vigore la convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità che impone che anche alle stesse venga garantito il consenso informato, ha sottolineato come ''il rilievo costituzionale dei diritti coinvolti esclude che gli stessi possano essere compressi dall'esercizio del potere dell'autorità pubblica, con conseguente esclusione della giurisdizione del giudice amministrativo spettando, in caso di violazione dei principi richiamati dal TAR, al giudice ordinario garantire il pieno rispetto dei diritti della dignità e della libertà della persona".
http://temi.repubblica.it/micromega-online/tar-lazio-no-alimentazione-imposta-sceglie-il-paziente/
Testamento biologico, la Germania ce l’ha fatta. E noi?
Una legge laica e un modulo per il paziente cristiano.
"Nessuno può essere costretto a sottoporsi, contro la sua volontà, a trattamenti diagnostici o terapeutici per quanto promettenti essi siano". Lo ribadiscono anche i presidenti della Conferenza episcopale tedesca e del Consiglio della Chiesa evangelica di Germania, che hanno partecipato fino all'ultimo, con dettagliati quanto pacati statement congiunti, ai lavori preparatori della legge, votata il 18 giugno 2009 ed entrata in vigore il 1° settembre.
L'intero articolo è al link:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-germania-ce-lha-fatta-e-noi/
"Nessuno può essere costretto a sottoporsi, contro la sua volontà, a trattamenti diagnostici o terapeutici per quanto promettenti essi siano". Lo ribadiscono anche i presidenti della Conferenza episcopale tedesca e del Consiglio della Chiesa evangelica di Germania, che hanno partecipato fino all'ultimo, con dettagliati quanto pacati statement congiunti, ai lavori preparatori della legge, votata il 18 giugno 2009 ed entrata in vigore il 1° settembre.
L'intero articolo è al link:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-germania-ce-lha-fatta-e-noi/
Striscia La Notizia - 21.09.09 - Petix - Il vascello fantasma e il sindaco di Palermo Cammarata
Il nostro odiato sindaco non perde occasione per farsi odiare sbeffeggiare giornalmente.
" FAZIO VA A PROCESSO, LA GANG DI LEHMAN BROTHERS NO. PERCHE' ? " EDITORIALE DI GIANNI CREDIT .
Negli ultimi giorni i grandi media - italiani e internazionali - hanno riservato spazi enormi al primo anniversario del crack di Lehman Brothers, collasso topico della finanza di mercato. Ma ben pochi osservatori si sono interrogati - e tanto meno si sono sorpresi - del fatto che l'ex capo della banca fallita - (Dick Fuld, "Knife", coltello per gli amici) sia tuttora a piede libero: impegnato a liquidare il suo patrimonio e, si dice, a tentare di rifarsi come consulente. Ben poco si sa, d'altronde, dodici mesi dopo sulle indagini giudiziarie in corso oltre Atlantico sulla più grave bancarotta sistemica della storia. Il presidente della Fed Ben Bernanke si è guadagnato nel frattempo una riconferma anticipata fino al 2014 (anche se molto criticata da un commentatore italiano ultraliberista come Luigi Zingales, molto ascoltato anche negli Stati Uniti).
Tim Geithner, l'ex capo della Fed di New York (cioè il "banchiere centrale" direttamente impegnato su Wall Street) è divenuto segretario al Tesoro nell'amministrazione Obama, mentre il suo predecessore (ed ex capo della Goldman Sachs) Hank Paulson, è tornato a vita privata, in apparente tranquillità. L'ex numero uno della Fed, Alan Greenspan (così benevolo per anni con "l'esuberanza irrazionale dei mercati", cui non ha mai fatto mancare abbondante liquidità "ad alto potenziale") è un ricco pensionato, solo un po' in ansia per il suo nome appannato: da tutelare con un intervento ben piazzato sul Financial Times o con un'accorta partecipazione a un convegno.
La Sec, la "polizia" di Wall Street, ha cambiato capo in modo alla fine fisiologico nonché politicamente corretto: il nuovo presidente "rosa" - Mary Schapiro - ha pubblicato qualche giorno fa un paper di 477 pagine per dire che la Sec (anzi: la Sec che c'era prima) avrebbe effettivamente potuto vigilare meglio sulle attività Bernard Madoff. Stop. A proposito: l'eccentrico e truffaldino gestore di decine di miliardi di dollari (in gran parte affidate dalla pur attentissima comunità ebraica statunitense) è stato condannato, lui sì, a un'infinità di anni di carcere. Ma l'unico vero "cattivo" finora esemplarmente punito era a ben guardare un "utilizzatore finale" di Wall Street: non uno dei proprietari-macchinisti del mercato, non un banchiere "originatore" di finanza ultrarischiosa e opaca, non un "cane da guardia" distratto o addormentato con qualche polpetta.
Sempre la scorsa settimana il Gup di Milano ha invece deciso di rinviare a giudizio, dopo quattro anni di indagini, l'ex Governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio per il caso della scalata italiana alla Bnl organizzata nel 2005 per contrastare l'Opa lanciata dal gruppo spagnolo Bbva (in parallelo alla controscalata della Banca Popolare Italiana su AntonVeneta, in opposizione al take over dell'olandese Abn Amro) Sono state riconosciute dunque valide - ai fini della meritevolezza di processo - le tesi della pubblica accusa: In sintesi e in sostanza: la contro-Opa organizzata da Unipol - e appoggiata dalla stessa Bpi, da Banca Carige, dagli immobiliaristi romani (Ricucci, Coppola, Statuto, Caltagirone, etc) e da colossi esteri come Deutsche Bank - ha violato penalmente molte regole del mercato, a cominciare da quelle sull'aggiotaggio (manipolazione di informazioni e transazioni).
Il Governatore della Banca d'Italia - cui faceva capo allora in via esclusiva la vigilanza sulle aggregazioni bancarie - ne sarebbe stato pesante complice, abusando del suo ruolo di authority indipendente sul mercato per favorire il "giocatore italiano rispetto a quello estero. Il caso, com'è noto, ha avuto una robusta interfaccia di tipo politico: l'Opa Unipol-Bnl veniva apertamente sostenuta dai Ds e il recente scontro attorno al Gip milanese Clementina Forleo (riguardante la perseguibilità del leader Ds Massimo D'Alema) vi è direttamente innestato. Per di più - come emerge da documenti di una parallela inchiesta romana - la vicenda ebbe per protagonisti anche l'allora premier Silvio Berlusconi e personaggi del calibro di Antoine Bernheim, presidente (oggi in scadenza) delle Generali.
Nel merito deciderà - dal febbraio prossimo - il Tribunale di Milano in un processo che si annuncia in ogni caso di estremo interesse "civile" perché Fazio sarà obbligato a difendersi in pubblico: esattamente come tanti altri protagonisti di quella vicenda dovranno (e potranno) fornire la loro ricostruzione dei fatti. E non è un caso che dal vertice della Consob (la Sec italiana) sia già filtrata l'ipotesi che il presidente Lamberto Cardia - peraltro uscente - possa essere teste a discarico dell'allora "collega" di Bankitalia: se non altro per difendere l'autorizzazione allora concessa dalla stessa Consob all'Opa Unipol-Bnl. E mentre a Parma continua - peraltro a fari mediatico spenti - il processo Parmalat per la "madre di tutte le bancarotte" - cresce l'aspettativa anche per la chiusura delle indagini su AntonVeneta. Là, tra l'altro, il ruolo di Fazio è più rilevante ancora: avrebbe infatti violato la sua princale consegna istituzionale, la vigilanza sulla stabilità del sistema bancario, in particolare sulla solidità patrimoniale delle banche (Bpi e AntonVeneta).
Vale la pena di ricordare (questa nota settimanale lo ha fatto più volte) che il crack Lehman - e i suoi gemelli - hanno avuto alla loro base l'abbandono deliberato di ogni regola di prudenza su leva finanziarie coefficienti patrimoniali e la cecità (o il silenzio) delle authority di controllo americane. Di più: la bolla finale - che esplodendo ha travolto banche, Borse, risparmi, bilanci statali, Pil, imprese e occupazione - era stata gonfiata dallo snaturamento corruttivo del business immobiliare.
Lo stesso di molti azionisti Bnl rinviati a giudizio, peraltro dopo anni di violentissime polemiche sul ruolo arrembante dei "nuovi ricchi" del mattone: il primo dei quali, è in fondo, il presidente del Consiglio in carica. Due pesi e due misure in Italia e America? L'interrogativo si pone nel mentre alcuni intellettuali cosiddetti riformisti, hanno avviato un dibattito giornalistico sul rapporto storico in Italia tra le cosiddette "élite" e gli "outsider" (nella fattispecie Silvio Berlusconi). Procede in modo carsico, inoltre, un altro confronto: quello sul ruolo della magistratura "come pensiero e come azione", con l'intento dichiarato di bonificare "il mercato" (finanziario, degli appalti pubblici, etc), ma lasciando taola l'impressione oggettiva di proteggerne gli equilibri costituiti.
Il ruolo dei "media" è d'altronde ancora una volta sotto i riflettori. Il processo Bnl si radica nelle paginate di intercettazioni telefoniche pubblicate dai grandi giornali italiani nell'estate del 2005. Registrazioni che - dopo il caso Telecom-Tavaroli - non si è più neppure certi che fossero quelle ordinate dai magistrati e che in ogni caso erano i primi materiali di fascicolo istruttori appena aperti. In alcuni casi su reati nuovi di zecca ("market abuse") e "in tempo reale" su vicende in pieno svolgimento, con effetti diretti sull'esito delle stesse.
Nulla di questo si è visto sull'archetupica stampa anglosassone impegnata sul crack Lehman. Solo il New York Times ha provato a sollevare - ma basandosi esclusivamente su "record" pubblici) il caso della proporzione tra le telefonate fra Paukson e i suoi ex colleghi della Goldman Sachs rispetto a quelle intercorse con i top manager delle altre banche d'affari nei gionri più concitati a Wall Street. Ma su cosa si siano detti o sulla consistenza dei potenziali conflitti d'interesse dell'ex banchiere divenuto ministro nulla si è detto. Invece resta la proporzione tra gli spazi riservati dalla stampa italiana alle intercettazioni nel 2005 e al "colore" del crack Lehman nel 2008 e 2009 rispetto a quello (limitato e asettico) sulla decisione senza precedenti dei giudici italiani di processare un ex banchiere centrale per gravissime imputazioni finanziarie. C'è voglia di rimozione? L'appuntamento - anche per i colleghi giornalisti - è per le udienze del processo. ( Fonte: www.ilsussidiario.net)
http://www.finanzainchiaro.it/dblog/articolo.asp?articolo=5365
Tim Geithner, l'ex capo della Fed di New York (cioè il "banchiere centrale" direttamente impegnato su Wall Street) è divenuto segretario al Tesoro nell'amministrazione Obama, mentre il suo predecessore (ed ex capo della Goldman Sachs) Hank Paulson, è tornato a vita privata, in apparente tranquillità. L'ex numero uno della Fed, Alan Greenspan (così benevolo per anni con "l'esuberanza irrazionale dei mercati", cui non ha mai fatto mancare abbondante liquidità "ad alto potenziale") è un ricco pensionato, solo un po' in ansia per il suo nome appannato: da tutelare con un intervento ben piazzato sul Financial Times o con un'accorta partecipazione a un convegno.
La Sec, la "polizia" di Wall Street, ha cambiato capo in modo alla fine fisiologico nonché politicamente corretto: il nuovo presidente "rosa" - Mary Schapiro - ha pubblicato qualche giorno fa un paper di 477 pagine per dire che la Sec (anzi: la Sec che c'era prima) avrebbe effettivamente potuto vigilare meglio sulle attività Bernard Madoff. Stop. A proposito: l'eccentrico e truffaldino gestore di decine di miliardi di dollari (in gran parte affidate dalla pur attentissima comunità ebraica statunitense) è stato condannato, lui sì, a un'infinità di anni di carcere. Ma l'unico vero "cattivo" finora esemplarmente punito era a ben guardare un "utilizzatore finale" di Wall Street: non uno dei proprietari-macchinisti del mercato, non un banchiere "originatore" di finanza ultrarischiosa e opaca, non un "cane da guardia" distratto o addormentato con qualche polpetta.
Sempre la scorsa settimana il Gup di Milano ha invece deciso di rinviare a giudizio, dopo quattro anni di indagini, l'ex Governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio per il caso della scalata italiana alla Bnl organizzata nel 2005 per contrastare l'Opa lanciata dal gruppo spagnolo Bbva (in parallelo alla controscalata della Banca Popolare Italiana su AntonVeneta, in opposizione al take over dell'olandese Abn Amro) Sono state riconosciute dunque valide - ai fini della meritevolezza di processo - le tesi della pubblica accusa: In sintesi e in sostanza: la contro-Opa organizzata da Unipol - e appoggiata dalla stessa Bpi, da Banca Carige, dagli immobiliaristi romani (Ricucci, Coppola, Statuto, Caltagirone, etc) e da colossi esteri come Deutsche Bank - ha violato penalmente molte regole del mercato, a cominciare da quelle sull'aggiotaggio (manipolazione di informazioni e transazioni).
Il Governatore della Banca d'Italia - cui faceva capo allora in via esclusiva la vigilanza sulle aggregazioni bancarie - ne sarebbe stato pesante complice, abusando del suo ruolo di authority indipendente sul mercato per favorire il "giocatore italiano rispetto a quello estero. Il caso, com'è noto, ha avuto una robusta interfaccia di tipo politico: l'Opa Unipol-Bnl veniva apertamente sostenuta dai Ds e il recente scontro attorno al Gip milanese Clementina Forleo (riguardante la perseguibilità del leader Ds Massimo D'Alema) vi è direttamente innestato. Per di più - come emerge da documenti di una parallela inchiesta romana - la vicenda ebbe per protagonisti anche l'allora premier Silvio Berlusconi e personaggi del calibro di Antoine Bernheim, presidente (oggi in scadenza) delle Generali.
Nel merito deciderà - dal febbraio prossimo - il Tribunale di Milano in un processo che si annuncia in ogni caso di estremo interesse "civile" perché Fazio sarà obbligato a difendersi in pubblico: esattamente come tanti altri protagonisti di quella vicenda dovranno (e potranno) fornire la loro ricostruzione dei fatti. E non è un caso che dal vertice della Consob (la Sec italiana) sia già filtrata l'ipotesi che il presidente Lamberto Cardia - peraltro uscente - possa essere teste a discarico dell'allora "collega" di Bankitalia: se non altro per difendere l'autorizzazione allora concessa dalla stessa Consob all'Opa Unipol-Bnl. E mentre a Parma continua - peraltro a fari mediatico spenti - il processo Parmalat per la "madre di tutte le bancarotte" - cresce l'aspettativa anche per la chiusura delle indagini su AntonVeneta. Là, tra l'altro, il ruolo di Fazio è più rilevante ancora: avrebbe infatti violato la sua princale consegna istituzionale, la vigilanza sulla stabilità del sistema bancario, in particolare sulla solidità patrimoniale delle banche (Bpi e AntonVeneta).
Vale la pena di ricordare (questa nota settimanale lo ha fatto più volte) che il crack Lehman - e i suoi gemelli - hanno avuto alla loro base l'abbandono deliberato di ogni regola di prudenza su leva finanziarie coefficienti patrimoniali e la cecità (o il silenzio) delle authority di controllo americane. Di più: la bolla finale - che esplodendo ha travolto banche, Borse, risparmi, bilanci statali, Pil, imprese e occupazione - era stata gonfiata dallo snaturamento corruttivo del business immobiliare.
Lo stesso di molti azionisti Bnl rinviati a giudizio, peraltro dopo anni di violentissime polemiche sul ruolo arrembante dei "nuovi ricchi" del mattone: il primo dei quali, è in fondo, il presidente del Consiglio in carica. Due pesi e due misure in Italia e America? L'interrogativo si pone nel mentre alcuni intellettuali cosiddetti riformisti, hanno avviato un dibattito giornalistico sul rapporto storico in Italia tra le cosiddette "élite" e gli "outsider" (nella fattispecie Silvio Berlusconi). Procede in modo carsico, inoltre, un altro confronto: quello sul ruolo della magistratura "come pensiero e come azione", con l'intento dichiarato di bonificare "il mercato" (finanziario, degli appalti pubblici, etc), ma lasciando taola l'impressione oggettiva di proteggerne gli equilibri costituiti.
Il ruolo dei "media" è d'altronde ancora una volta sotto i riflettori. Il processo Bnl si radica nelle paginate di intercettazioni telefoniche pubblicate dai grandi giornali italiani nell'estate del 2005. Registrazioni che - dopo il caso Telecom-Tavaroli - non si è più neppure certi che fossero quelle ordinate dai magistrati e che in ogni caso erano i primi materiali di fascicolo istruttori appena aperti. In alcuni casi su reati nuovi di zecca ("market abuse") e "in tempo reale" su vicende in pieno svolgimento, con effetti diretti sull'esito delle stesse.
Nulla di questo si è visto sull'archetupica stampa anglosassone impegnata sul crack Lehman. Solo il New York Times ha provato a sollevare - ma basandosi esclusivamente su "record" pubblici) il caso della proporzione tra le telefonate fra Paukson e i suoi ex colleghi della Goldman Sachs rispetto a quelle intercorse con i top manager delle altre banche d'affari nei gionri più concitati a Wall Street. Ma su cosa si siano detti o sulla consistenza dei potenziali conflitti d'interesse dell'ex banchiere divenuto ministro nulla si è detto. Invece resta la proporzione tra gli spazi riservati dalla stampa italiana alle intercettazioni nel 2005 e al "colore" del crack Lehman nel 2008 e 2009 rispetto a quello (limitato e asettico) sulla decisione senza precedenti dei giudici italiani di processare un ex banchiere centrale per gravissime imputazioni finanziarie. C'è voglia di rimozione? L'appuntamento - anche per i colleghi giornalisti - è per le udienze del processo. ( Fonte: www.ilsussidiario.net)
http://www.finanzainchiaro.it/dblog/articolo.asp?articolo=5365
lunedì 21 settembre 2009
Quante volte Silvio?
di Tommaso Cerno ed Emiliano Fittipaldi
Una festa ogni tre giorni. Ecco l'agenda del premier nei cinque mesi chiave della crisi. Quasi 40 serate in compagnia di belle ragazze. Saltando poi gli impegni di Governo.
Sono come Superman. Lavoro 20 ore al giorno. Presiedo il governo del 'fare', dormo tre ore a notte. In sintesi, "sono il migliore in 150 anni di storia d'Italia". Silvio Berlusconi, è cosa nota, non brilla per modestia. Gli auto-elogi sono un refrain costante della sua auto-rappresentazione. Ma l'immagine di un lavoratore indefesso che cura dall'alba a notte fonda gli interessi del Paese sbiadisce di fronte allo sfoglio della sua agenda personale. Se l'imprenditore Giampaolo Tarantini ha raccontato di aver organizzato nelle case del presidente del Consiglio 18 incontri a cui hanno partecipato una trentina tra ragazze ed escort professioniste, i bagordi occupano in realtà una parte ancor più rilevante del calendario di Silvio. Incrociando le testimonianze di molte avventrici, le cronache mondane raccontate dalla stampa, le giornate fotografate da Antonello Zappadu e filmini registrati di nascosto da alcuni ospiti, 'L'espresso' ha ricostruito cinque mesi di vita del premier. Un periodo affastellato di feste e discoteche, viaggi di piacere in beauty farm e serate al Bagaglino. Da agosto 2008 a metà gennaio 2009, le settimane drammatiche della crisi economica mondiale, il presidente del Consiglio ha organizzato una quarantina di serate. In media, quasi una ogni tre giorni. Non esattamente il ruolino di marcia di uno statista stakanovista: ci sono intere settimane in cui Berlusconi sparisce, letteralmente, dalla scena. Lasciando un vuoto istituzionale spaventoso.
Un'estate al mare Partiamo da agosto dello scorso anno. Il premier è in carica da soli tre mesi. L'obiettivo di Zappadu è puntato su Villa Certosa da settimane. Il 17 maggio ha già immortalato il presidente che passeggia con sei-sette ragazze nei i vialetti del parco, il 31 il primo ministro ceco Topolanek senza costume. Il 22 giugno le ragazze ospiti a Villa Certosa sono almeno cinque: le immagini di tre che fanno una doccia saffica finiscono sul 'Pais'. È solo l'antipasto. Il 3 agosto il premier fa arrivare un gruppetto di ragazze in elicottero, Zappadu le ritrae in topless e tanga. Il weekend successivo il Cavaliere inizia le sue vacanze. "Diciotto giorni dedicati al relax e alla famiglia", recita l'Ansa. Daniela Santanchè rafforza la versione ufficiale: "Berlusconi ha capito che il mood è cambiato. La stagione delle feste da 400 persone sugli yacht è ormai alle nostre spalle. Per questo Silvio ha scelto di stare in famiglia. Per primo ha capito che spendere 40 mila euro a sera è roba da cafonal". Forse l'amica non sa che l'11 agosto, mentre infuria la crisi tra Russia e Georgia, il premier ha organizzato un karaoke, ospiti Simon Le Bon dei Duran Duran, Simona Ventura, Giampaolo Tarantini, Sabina Began e amici vari. Il video della serata, con Berlusconi in giacca bianca che canta 'L'ultimo amore' con Apicella, finisce sul sito del nostro giornale. L'estate di Papi va avanti. Il 14, vigilia di Ferragosto, sul motoscafo Magnum 70 vengono fotografate altre bellezze in procinto di sbarcare sul molo della Certosa: ci sono Siria, famosa come la lesbica del 'Grande Fratello' ("Ero lì per esibirmi come mangiafuoco", dirà), la futura eurodeputata Licia Ronzulli, la valletta Susanna Petrone e altre quattro ragazze non meglio identificate. Probabile che la compagnia sia rimasta anche il giorno dopo, quando il Cavaliere riceve il miliardario Abramovich, mentre Roberto Maroni, insieme a Gianni Letta e Guido Bertolaso, erano al lavoro per la riunione del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza.
Milan ed escort Il 17 agosto Berlusconi decide finalmente di tornare sul continente. Ma invece che a Roma per lavorare, vola a San Siro per Milan-Juventus. La sera stessa è di ritorno. Già: il 18, mentre le truppe russe puntano missili nucleari su Tbilisi, lui aspetta altre ospiti. 'L'espresso' ha potuto visionare nuove foto di Zappaddu: quella sera il parco della Certosa è invaso da bionde e brune, che arrivano su un elicottero della Fininvest. Il giorno dopo Sandro Bondi, forse ignaro del via vai nelle case del capo, annuncia il suo nuovo libro. Il titolo è impegnativo: "Berlusconi erede di Adriano Olivetti".
A inizio settembre, rientrato a Palazzo Grazioli, Berlusconi dovrebbe riprendere gli incontri internazionali. Un dispaccio dell'Ansa ipotizza che venerdì 5 il premier "dovrebbe incontrare il segretario di Stato Condoleezza Rice", mentre a metà mese è atteso a New York per l'assemblea generale dell'Onu. Il condizionale è d'obbligo, Silvio in agenda ha ben altri progetti. Il 5 settembre, secondo le dichiarazioni di Tarantini ai pm di Bari, al posto della Rice si materializza Vanessa Di Meglio, che resta a dormire a Palazzo Grazioli. "Tendenzialmente la stessa non è una professionista del sesso", spiega Giampi ai magistrati, "ma all'occorrenza non disdegna di essere retribuita per prestazioni sessuali". A settembre Berlusconi ha in agenda un altro incontro, quello con Terry De Nicolò, la escort che è andata a letto con l'assessore pugliese Sandro Frisullo.
Onu? No grazie Il 23 settembre iniziano i lavori delle Nazioni Unite. Sono presenti tutti i leader del mondo. Durante la prima giornata parlano l'americano Bush, il francese Sarkozy, il presidente iraniano Ahmadinejad. Contemporaneamente Gianfranco Fini sta facendo visita al Bundestag, in Germania. A Roma il premier e l'amico Giampi hanno invece organizzato un party con Carolina Marconi, ex del 'GF', Francesca Garasi, Geraldine Semeghini, al tempo responsabile del privè del Billionaire e, di nuovo, la De Nicolò. L'allegra brigata fa le quattro di mattina. Il giorno dopo è un martedì. Berlusconi decide di non partire più per il Palazzo di Vetro. La scelta sarebbe legata alla crisi di Alitalia: il Cavaliere vorrebbe seguirla da vicino. Così vicino che si mette in viaggio in gran segreto per l'Umbria, destinazione Méssegué, il centro benessere dei vip, riaperto apposta per lui. Berlusconi di fatto scompare dai radar per cinque giorni. Frattini e Letizia Moratti sono costretti a presentare da soli l'Expo 2015 di Milano, mentre Gianni Letta, coadiuvato da Walter Veltroni, fa i salti mortali per far firmare la pace tra la Cai e i sindacati e salvare l'Alitalia. La settimana di Silvio finisce alla grande. Sabato 28 un elicottero della Protezione civile lo accompagna dal Méssegué a Ciampino, dove prosegue per Milano, destinazione San Siro. C'è il derby, e sugli spalti lo aspetta Tarantini. Ha portato con sé una nuova ragazza, l'Angelina Jolie di Bari. Si chiama Graziana Capone, che racconta a 'Repubblica' il post-partita: passeggiata in auto, arrivo ad Arcore, cena e festino con una decina di ragazze. Il Milan ha vinto uno a zero, il premier è euforico. "Abbiamo tirato fino a tardi, le quattro forse, qualcuna si è addormentata sul divano". Il fastidio alla schiena, di sicuro, è scomparso. Così, dopo poche ore di sonno, Berlusconi può rifesteggiare sul lago Maggiore il suo 72esimo compleanno, mettendo in scena una giornata tutta familiare. "Ora resto a lavorare", dice ai giornalisti, ignari dei bagordi ad Arcore: "Nessuna festa serale, perché abbiamo già festeggiato oggi".
Giampi o Barack? A ottobre le 'serate' di Berlusconi sono (almeno) sette. Il 4 l'agenda ufficiale prevede un vertice del G4 in Francia sulla crisi. L'incontro dura poco, così il Cavaliere può partire in fretta da Parigi per materializzarsi al Lotus, locale trendy di Milano. Esce alle 6 e un quarto di mattina, attorniato da ragazze conosciute sulla pista. È inarrestabile. Dopo tre giorni entra prima al Bagaglino (titolo dello spettacolo: 'Partiti di testa'), poi continua la soirée a palazzo Grazioli con la Di Meglio, Barbara Guerra e la prostituta Ioana Visan, detta Ana. Solo il giorno prima, intervistato da Lilli Gruber, aveva definito la prostituzione un "fenomeno doppiamente grave: perché mortifica la donna e spesso si traduce in una vera e propria schiavitù". Appunto. Il 9, secondo Tarantini, la Visan è di nuovo a Palazzo Grazioli, insieme a Carolina Marconi e Barbara Guerra. Giovedì 16 Silvio torna dal Belgio e va a fare shopping. "Sono un po' stanco, perché sono reduce da aver difeso i nostri interessi a Bruxelles". Nonostante la fatica, organizza una festa dove incontra per la prima volta Patrizia D'Addario, accompagnata da Giampi e la solita compagnia di giro. La stanchezza non lo ferma nemmeno il 18 ottobre, quando torna a Villa Certosa, dove Zappadu lo fotografa insieme a due ragazze misteriose.
Il 21 ottobre Draghi lancia l'allarme recessione. Il Cavaliere da Napoli scandisce la sua ricetta: "I problemi si risolvono solo lavorando a tutte le ore, tutti i giorni, tutte le settimane". Peccato che a Palazzo Grazioli si continui a festeggiare in gran relax. Cena con Tarantini e tre amiche, Mary De Brito, Stella Schan e Donatella Marazza. Sempre in ottobre sono sue ospiti anche Sonia Carpendone, detta Monia, e Roberta Nigro. Sono giornate furibonde. L'Onda occupa gli atenei, la crisi dei mutui imperversa, tutti guardano alle elezioni americane. Mentre l'Italia si prepara alla notte bianca del 4 novembre per seguire la sfida Obama-McCain, Silvio organizza l'ennesima notte in bianco. È la notte chiave per il mondo, e anche per l'inchiesta di Bari. Quella in cui Giampi conferma di avere portato dal premier la D'Addario per la seconda volta, con Barbara Montereale e Lucia Rossini. Patrizia si rivedrà solo alle 8 del mattino successivo, quando racconterà a Giampi tutti i dettagli, mentre il premier lascia Palazzo Grazioli diretto a una fiera nel milanese. Obama? "Posso dargli consigli, sono più anziano", dice ai giornalisti.
Settimana da sballo ll 26 novembre è il giorno degli attentati a Mumbai, 80 morti (il bilancio salirà), italiani in ostaggio. A Roma il presidente del Consiglio riceve i vertici Alitalia per tentare l'accordo su Malpensa e, in serata, lascia palazzo Grazioli. È atteso a piazza Colonna, dove Fabrizio Cicchitto festeggia 'l'addio alle stampelle'. Ma a Ciampino pare che un jet stia azionando le turbine per portarlo ad Arcore. È lo stesso Tarantini a descrivere il viaggio con Berlusconi e due ragazze, Maria Esther Garcia Polanco, detta Maristel, e la modella Michaela Pribisova. Il 27 nella capitale scoppia il giallo. Nessuno sa dove sia il Cavaliere. Il mattino dopo Tremonti presiede un vertice a Palazzo Chigi, al quale era atteso anche lui. I cronisti chiedono spiegazioni, circolano diverse ipotesi, dalla clinica Méssegué, alla trasferta a Portsmouth per vedere il Milan in coppa, fino al check-up al San Raffaele per le analisi di rito. Berlusconi riappare alle 20.30 a palazzo Grazioli: "Giallo? No, ero a Milano a lavorare". Chi aveva puntato sul bis alla beauty farm, però, non era andato lontano. Venerdì 28 Giampi e Silvio si rincontrano infatti al Méssegué. Ci sono anche Maristel e, stando alle intercettazioni, Barbara Guerra, che nel 2009 parteciperà al reality 'La Fattoria', e un'attrice di 'Vivere', Licia Nunez. Il premier resta in Umbria fino al 30.
Noemi e le altre Il 2 dicembre a Montecitorio il clima è rovente. Il governo ha chiesto l'ennesima fiducia. Fini è infuriato, la Cisl annuncia 900 mila nuovi disoccupati. Il premier vola a Tirana, poi torna a Roma e attacca i giornali. Per la serata, invece, ha un bel programmino. Cena con Manuela Arcuri, che ai fedelissimi ripete essere "la donna più bella d'Italia". Ospiti anche Stella Maria Novarino, Luciana Francioli e Francesca Lana, quella cui Tarantini dice di avere ceduto coca in Costa Smeralda. Lo scontro sulla giustizia sta conquistando intanto le prime pagine. È una escalation, che culmina il 10 dicembre, con un Berlusconi piuttosto battagliero: "Cambieremo la costituzione da soli", proclama. Pure alla moglie Veronica, che ironizza sulla sua assenza alla Scala, risponde sarcastico: "Ero tornato a casa per accoglierla al suo ritorno". Sarà. Ma dal premier quella sera arrivano, stando all'interrogatorio di Giampi, Niang Kardiatou, detta Hawa, e tal Karen. Tarantini ha "pagato mille euro ciascuna". È un dicembre sfavillante, Silvio sembra tornato ragazzino. Il 15 alla festa del Milan lo scenario è proprio quello della Milano di 40 anni fa: in sala 600 invitati, due su tutti cari al premier. Una è Noemi, l'eterea biondina ancora minorenne che lo chiama "papi". Che non sia lì per caso lo dimostra il suo compagno di tavolo: è nientemeno che Fedele Confalonieri. A fare 'atto di presenza' c'è, poco più in là, ancora Karen.
Povera schiena Due giorni dopo il premier salta un altro appuntamento ufficiale. Atteso al Quirinale per la cerimonia del Coni, non arriverà mai, così come nel pomeriggio diserterà gli auguri di Natale con Napolitano. La giustificazione è il solito "leggero mal di schiena". I programmi serali di quel 17 dicembre invece non vengono annullati. Nonostante le amarezze che arrivano dal Tribunale di Milano (i pm chiedono 4 anni e 8 mesi per l'avvocato Mills considerato "a libro paga di Berlusconi"), il capo del governo non rinuncia alla visita di Linda Santaguida, 'schedina' e poi riserva all''Isola dei Famosi', e della velina Camille Cordeiro Charao, "la sola che si fermò dal presidente", precisa Giampi. Coincidenza vuole sia anche l'ex compagna di Gianluca Galliani, il figlio di Adriano. Il 23 dicembre il premier fa recapitare al papa un messaggio di auguri: "Il Natale è un momento di riflessione sul messaggio cristiano di speranza, la famiglia è il nucleo centrale della società". La sera, però, fa ancora festa, stavolta con Carolina Marconi e Graziana Capone, prima di raggiungere Veronica e i figli per le Sante feste.
Il 28 Berlusconi lascia Roma per la Sardegna. Villa Certosa è già animata da ore. L'obiettivo di Zappadu ritrae un viavai di belle ragazze nei bungalow e a spasso per il parco. Vestite da giorno, o pronte per la notte. Il Capodanno è organizzato in grande stile. A mezzanotte i fuochi d'artificio per un centinaio di ospiti, fra cui di nuovo Noemi accompagnata dall'amica Roberta. In agenda c'è una telefonata al collega israeliano Olmert e, soprattutto, il party della Befana. Quando in villa ricompare Giampi assieme a Barbara Montereale, Chiara Guicciardi, ex meteorina di Fede, e Clarissa Campironi. Il calendario di Silvio prevede un'altra serata a Roma, il 14, con la Guicciardi e Letizia Filippi. Ma Barbara Montereale racconta in un'intervista anche di un incontro alla Certosa a metà del mese, dietro compenso, a differenza del 6 gennaio, accolta dalla Ronzulli, con la Petrone e una ventina di belle fanciulle. Il premier torna in Sardegna il 17, alla vigilia del vertice di Sharm el Sheikh sulla crisi di Gaza. Fa tappa ad Abbasanta e Nuoro per sostenere il futuro governatore Cappellacci. Con un gruppo di giovani sostenitori si lascia andare. "Lasciate che i pargoli vengano a me", dice felice. "E adesso diranno che mi paragono a Gesù".
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/quante-volte-silvio/2109975//0
Da "Il criminoso di Andea Scanzi" Micromega
« Tocchiamoci tutti: le Dieci Tavole del Sultano
Il Comandante Garkos, Silvio Il Magnifico e la chitarra di Capezzone
di Andrea Scanzi
Ghepardi delle lenzuola (e mille altri demoni)
Smettetela subito coi convenevoli: non mi siete mancati e non vi stimo. Molti di voi desideravano e addirittura auspicavano un vieppiù (?) ficcante (?) aggiornamento di questo spazio, ma se questo ora avviene è solo perché mi trovo costretto. Paolo Flores D’Arcais, direttore liberticida di questa pubblicazione facente parte dell’Internazionale delle sinistre, mi ha minacciato puntandomi un portaocchiali di cachemire alla gola: voi radical chic siete così, democratici solo quando vi fa comodo.
Va be’. Ho passato un’estate meravigliosa, lontana da voi mangiatori di bambini. Sono stato sepolto vivo per due mesi in un monolocale sotterraneo, senza prese d’aria, in compagnia di Luigi Amicone e Filippo Facci. Sembravamo tre talpe cieche. Abbiamo ammazzato l’attesa contando i dossier a luci rosse di Littorio Feltri, sbronzandoci di Amuchina allungata con l’acqua tonica e nutrendoci di bacche di tungsteno elettrico.
E’ stato bello, ma tutto ha una fine (tranne le sconfitte della sinistra).
Torno e vi trovo qui, ancora qui, come sempre insufflati di criminosità, esondanti di trotzkismo e tronfi del vostro essere farabutti (coi soldi pubblici del contribuente). Siete puerili, micragnosi e soprattutto brutti.
Fortunatamente stiamo vivendo tempi meravigliosi. Quel frigorifero spento di Roger Federer ha perso una finale Slam, è uscito il nuovo disco di Enzo Avitabile e mi è finalmente arrivata a casa la collezione audio-hard a lungo agognata (gli editoriali di Antonio Polito riletti da Debora Serracchiani in chiave allusiva).
Sono felice, gaudioso e ardimentoso. E lo sono ancora di più dopo aver visto il Presidente del Consiglio da Bruno Vespa. L’ho trovato rutilante, sciabordante e deflagrante. Ha fatto bene a rampognarvi, fa bene a querelarvi, farà bene a internarvi. Siete tristi, non avete a cuore il vostro paese e con questo giustizialismo da martiri dell’informazione avete veramente rotto gli zebedei. Ora ci mancava pure un altro quotidiano. Come se non bastasse L’Altro a farvi perdere voti.
Bravo Berlusconi, querelali tutti. Tutti tranne me, se puoi. Allo stato attuale non ho due milioni di euro, purtroppo non faccio la escort (anche se il fisico da ghepardo delle lenzuola ce l’avrei).
Fortuna che Silvio c’è.
Il Comandante Garko(s) va alla guerra
Leggo i giornali e scopro che voi massimalisti, dopo aver sdoganato Mike Bongiorno e Monsignor Fisichella, adesso avete trovato un nuovo compagno: Gabriel Garko(s). Siete così soli, orfani di padri putativi (?), da trovare elettrizzante perfino il fatto che un paese abbia preferito una fiction a un’arringa del Premier.
Davvero vi sembra una buona notizia? Lo pensate sul serio? Riflettete un attimo (se ce la fate). Gli italiani hanno preferito a Silvio Berlusconi, massima carica di questo paese (dopo Alfonso Signorini, s’intende), una cosa chiamata “L’onore e il rispetto” (la storia del rapporto conflittuale tra Massimo D’Alema e Claudio Velardi). Ebbene: chi era l’interprete di cotanto splendore? De Niro? Pacino? Ugo Intini? No, Gabriel Garko. Cioè: Garko. Uno che ha due sole espressioni: con la paresi e senza paresi. Garko non è un attore: è un portatore sano di orchite. Sta alla recitazione come una gonade nuda al puritanesimo.
Ecco. Adesso pensate all’idea di un paese - di per sé masochista e incolto - ridotto così male da preferire al Capo dello Stato - che lui stesso ha votato, e rivotato, e rivotato - uno come Gabriel Garko. Cribbio (cit), questa non è una scelta: è una resa delle armi. E’ una bandiera bianca ammainata. E’ la fine dei giochi. Il grido straziante di una nazione che non ha più punti di riferimento (a parte Maurizio Lupi, è chiaro).
E invece, voi di sinistra, tonti come la Gegia nel remake di Sapore di sale, esultate. “Berlusconi ha perso”, “Il paese gli ha voltato le spalle”, “E’ cominciato il tramonto”. Sì, buonanotte. Ancora siete lì a leggere le amache di Michele Serra. Svegliaaaaaaaaaaa!
Capisco il vostro entusiasmo, finalmente avete trovato anche voi sinistrati un leader credibile (Gianfranco Fini), ma non per questo farei cortei. Sostituendo al Che l’effigie del Comandante Garko(s).Ricordate: avete perso e perderete. E’ nella vostra storia. Ed è giusto così.
Quanto sei figo, Silvio nostro
Che poi, lo scrivo per quel desiderio di onestà intellettuale che ho imparato frequentando i neuroni liberi di Gasparri e Cicchitto, un solo dato conta: Silvio Berlusconi ha scritto da Bruno Vespa irrinunciabili e mirabili pagine di storia. Un’altra lezione di democrazia, di strategia: di vita.
Il suo intervento a Porta a Porta andrebbe insegnato nelle scuole, assieme alla pubblicità della Cedrata Tassoni e ai dialoghi di Giorgio Mastrota nelle televendite (parentesi: io adoro Mastrota, mi piace un casino, mi erotizza il deltoide destro).
Ho per voi - miserabili - appuntato alcune stille del Verbo Berlusconiano, arrivate a noi come le tavole testamentarie a Mosè. Chi non le avesse imparate a memoria (vergognatevi), può fare ammenda ascoltandole qui.
Eccone una esegesi (quanto mi piace, la parola esegesi; e il bello è che non so minimamente cosa voglia dire). Daje Silvio.
“Pigliamo (parola che non si usa dal pleistocene) l’esempio, le risorse destinate all’Irpinia, sono state ben 60 miliardi di vecchie lire, quindi 30 miliardi di euro attuali” (ma anche no: è un cambio che imbarazzerebbe perfino uno strozzino sadico).
Qui Vespa osa correggerlo (e per questo ardire, a fine registrazione, verrà scorticato vivo da Niccolò Ghedini), ma sbaglia anche lui: 60 miliardi di vecchie lire, secondo Vespa, sono 3 miliardi di euro. Come professore di matematica, probabilmente avevano entrambi John Belushi.
Berlusconi, a cui non la si fa (cit), si ridesta e corregge a sua volta Vespa.
“Noooo! (si sta incazzando, occhio). Tre miliardi di euro sono 6mila miliardi di lire… (sguardo sconvolto di chi all’interrogazione è stato sgamato sull’argomento debole) … Sono…ehhh…trenta miliardi di lire…sessanta miliardi di euro” (ma COSA state dicendo? Cooooooosa???!??).
Stacco. Inquadratura sul pubblico. È il gelo. Una ragazza guarda verso il vuoto, un giovane occhialuto (probabilmente il solito pippone comunista) tenta di suicidarsi strozzandosi col filo interdentale. E’ il dramma. Vero. Ma Berlusconi prosegue. Daje Silvio.
“Io credo che…ih…ih…ih… (qui faceva il cavallo, una citazione da Furia)… i miliardi che sono stati dati all’Irpinia…saranno i miliardi che verranno dati a L’Aquila per le necessità di ricostruzione” (cioè, aspetta: i soldi dati all’Irpinia verranno tolti agli irpini e dati agli aquilani? E gli irpini sono d’accordo? Oppure Silvio Nostro intende dire che la stessa cifra data agli irpini, verrà concessa agli aquilani? E in questo caso, di quale cifra stiamo parlando? 60 miliardi di vecchie lire? 3 miliardi di euro? 30 miliardi di euro? 60 miliardi di euro? Una girella di liquirizia e un quartino di Tavernello? Mah).
Come dare i numeri ed essere Premier
Anche solo da questi minimi estratti si evince che, da Bruno Vespa, non è andato in scena un intervento politico, bensì una rivisitazione dei Monty Python. Berlusconi ha dato i numeri. Voi - vili - direte: eh, ma lo fa sempre. No: la sua è Arte. È Creatività. È propensione all’Iperbole.
Ecco perché non vi è (adoro usare “vi“, in Italia lo fa solo Fini) alcun pericolo democratico.Voi - empi - ribatterete ancora: eh, ma lui ci ha dato dei farabutti. Ha fatto bene, ha ragione. Lo siete davvero.
Analizziamo con dovizia (?) questo intervento.
“Affermare anche in giro per il mondo, in tutta la rete (quale?) dell’Internazionale di sinistra (eh???) dei giornali legati a qualche giornale italiano (ah, cioè i giornali italiani sono a loro volta legati ad altri giornali italiani? E che senso ha?), che in Italia c’è il pericolo della… ehhhhh (ehhhhh)…. libertà di stampa… vuol dire diffamare l’Italia e diffamare la nostra democrazia” (BRAVO! Sono d’accordo, così si fa. Cantagliele, Silvio).
Berlusconi è stato straordinario. Ha chiamato farabutti i giornalisti di Repubblica; ha detto a Bruno Vespa che De Gasperi in confronto a lui è Badoer (”Non c’è assolutamente paragone tra quello che sta facendo questo governo e quello che ha fatto De Gasperi, la sfido a singolar tenzone“); si è immaginato mentre cammina sulle acque, “come un altro prima di me” (che mattacchione); ha lasciato intendere che lui un Dittatore non è, però potrebbe anche esserlo (se no non vedo chi, cit); ha detto che Massimo D’Alema è un ”vetero-comunista” (ahahahahahahahahahahahahahahah); ha detto che quelle con Fini sono solo incomprensioni facilmente superabili (ahahahahahahahahahahahahahahah); ha detto che Pierferdi Casini insegue le clientele e lui no (ahahahahahahahahahahahahahahahah).
Un GRANDE. Silvio Berlusconi, da Bruno Vespa, è stato grandissimo. Io me lo sono guardato tutto, e riguardato, e riguardato. Felice di vivere in questo tempo così grumoso di letizia.
Come un alce con la labirintite (Apologo del Capezzone Chitarrista)
Lo so, non vi ho convinto. Voi non siete felici di vivere, qui e ora, in Italia. Vorreste essere altrove, magari a bruciare i preti con Zapatero nella Spagna anarchica. Il vostro cuore è triste, fa parte della vostra recita di finti martiri, come Michele Santoro e Luciana Littizzetto. Siete davvero miseri.
Però io vi voglio bene. Son fatto così, son buono e misericordioso. Conosco un modo, impeccabile, per tirarsi su. Funziona.
È un’immagine che mi è venuta in mente durante una sbronza con Pio Pompa, eravamo in un attico di Spinaceto alla quarta magnum di Chinotto guatemalteco. Lì, guardando le marmoree trombe di Falloppio di Pio Pompa, ebbro di Chinotto, mi si sono aperte le porte della percezione. Ho parlato con Jim Morrison, con Aldous Huxley, con Dario Baldan Bembo e ho scovato l’Immagine della Gioia. Il frame che ridona l’allegria. La pillola anti-tristezza.
È un’immagine lisergica, di difficile attuazione ma efficacissima. Siete tristi? Vi sentite soli, abbandonati, incompresi? Bene. A questo punto dovete immaginare. Liberate la vostra mente (ci metterete poco, tanto è vuota) e immaginate. Cosa? Ora ve lo dico.
Immaginate Daniele Capezzone, vestito come il chitarrista degli Ac/Dc. Con i pantaloncini corti, le scarpette da truzzo-nerd e la maglietta daltonica. Lo vedete? Vi è comparso? Vi fa ridere? Lo so.
Ora andate avanti. Immaginate Capezzone che, come il chitarrista degli Ac/Dc, sempre impugnando lo strumento, va su e giù per il palco, correndo da sinistra a destra (lui adora farlo), poi da destra a sinistra (questo lo adora meno), con quella corsa salterina come il chitarrista degli Ac/Dc, una gamba d’appoggio e l’altra che smulina il ginocchio tipo cancan parigino (però heavy metal).
Lo vedete? Vi è comparso? Vi fa ridere? Bene. Lo so.
Andate ancora avanti. Adesso immaginate Capezzone che è lì che salta, con la chitarra, una gamba sì e l’altra no, sul palco, davanti a milioni di militanti di Forza Italia comprensibilmentee attoniti. La musica è quella dell’inno di Forza Italia, quindi con l’heavy metal del Capezzone saltellante non c’entra niente, ma il Simpatico Daniele è davvero convinto di essere il chitarrista degli Ac/Dc. E allora lui continua a correre, a saltare, a zompettare, su e giù, destra e sinistra (soprattutto destra).
La folla è attonita, Berlusconi non sa cosa fare, a Ghedini è caduto un molare per lo sgomento. Si vivono momenti di panico palpabile. Ed è qui, all’acme della suspense, all’apice del dramma, che il Tenero Capezzone, zompettando di qua e di là come un alce con la labirintite, mette male la caviglia e rovina a terra.
Cade, si contorce, urla. Si accartoccia al suolo. Impreca, anzi proprio smadonna. Ed è qui, solo qui, sempre qui (cit), che tutti i militanti di Forza Italia si alzano in piedi e gli dedicano la più straordinaria standing ovation dai tempi di Wilma De Angelis.
Provateci. Con me funziona sempre. Se poi siete tristi anche dopo questo trip, be’, non vi resta che candidarvi alla guida del Partito Democratico. Farete sfracelli.
E ora scusate, vado a chiedere l’amicizia su Facebook a Ciccio Rutelli.
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