Una vettura, due autisti. Due autisti, due stipendi. Alla fine l’affitto dell’auto blu e i costi per carburante, manutenzioni, pedaggi autostradali ed eventuale rimessa coperta o scoperta diventano quasi unoptional rispetto al grosso della spesa. Come anche il conteggio “complessivo” delle auto blu in quanto tali, annunciato pochi giorni fa dal ministro che ha fatto una intensa battaglia mediatica sulla trasparenza della pubblica amministrazione. Mentre si chiede ai cittadini, soprattutto a quelli del pubblico impiego, di stringere la cinghia in vista di una crisi che fino ad ora ci era stata raccontata come lontana, forse si dovrebbe porre un argine anche alle spese di casta che la maggioranza dei cittadini giudica “superflue”.
Nel Paese in cui l’auto blu è quasi uno stile di vita (l’ultimo censimento parla di 626.760 vetture in forza alla pubblica amministrazione nazionale, contro le 72 mila degli Stati Uniti, e le 54 mila della Germania: in pratica l’Italia conta un numero di auto di rappresentanza superiore a quello dei sette Paesi più industrializzati messi assieme), e in cui il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunettaallarga le braccia annunciandone un censimento prossimo venturo di difficile decifrazione, basta dare un’occhiata ai conti della Presidenza del Consiglio dei ministri per capire quanto può costare ai contribuenti la vettura di rappresentanza di coloro che dovrebbero amministrarli, che siano esponenti politici, istitituzioni dello Stato, o dirigenti apicali degli uffici pubblici.
Il sistema. Per comprendere meglio come funziona il meccanismo alla Presidenza del Consiglio è bene chiarire che esistono due tipologie di servizio automobilistico alle dipendenze del Palazzo: uno è quello cosiddetto “dedicato”, conta poco meno di 200 addetti, e rappresenta una spesa “fissa” di circa 5 milioni e 700 mila euro l’anno di soli stipendi. L’altro è invece quello definito di “reperibilità e pronto impiego”, ha un costo medio di 250 euro a singolo “accompagnamento”, e costa al contribuente una cifra di poco superiore ai 3 milioni di euro l’anno. Ovviamente questa ultima spesa è legata al numero degli “accompagnamenti” annui effettuati. Ma per farcene un’idea possiamo dire che nell’ultimo semestre del 2009 questi sono stati 6.777 (circa 18 al giorno, per una cifra di 4500 euro spesi quotidianamente solo per far spostare gli uomini della Presidenza), e che questi sono stati anche leggermente meno rispetto ai sei mesi precedenti (quando gli “accompagnamenti” superavano i 7 mila al semestre). Per capirci, in tutto il servizio “a chiamata” ha toccato una spesa annua di 3 milioni e 329 mila euro per il 2009. Per avere un quadro maggiormente di insieme della faccenda annotiamo che nel conteggio del secondo semestre 2009 sono compresi anche 707 “accompagnamenti” (quasi quattro al giorno, che, tradotti in euro fanno una spesa quotidiana di quasi mille euro) per l’Ufficio stampa e il portavoce (ufficio che già conta due autisti “dedicati” a un’auto blu). Mentre, nello stesso periodo, sono stati 703 gli “accompagnamenti” all’ufficio del Segretario generale, che di autisti dedicati ne conta 4, vale a dire come l’ufficio Risorse strumentali, che però ha “sforato” appena nove volte in quel medesimo semestre del 2009. A questi diversi milioni di euro vanno infine aggiunti i costi dell’affitto dei veicoli (467 mila euro nel 2009), del carburante (128 mila euro nel 2009) e di parcheggi e manutenzioni (95 mila euro nel 2009). In tutto sono poco più di nove milioni di euro l’anno, al netto delle tasse.
Nel dettaglio si deve sapere che non solo ministri e sottosegretari, ma anche gli uffici (dagli Affari giuridici al Cerimoniale di Stato, all’Ufficio voli di Stato, al Dipartimento risorse strumentali, al Bilancio e Ragioneria, all’ufficio del Consigliere diplomatico, per fare solo alcuni esempi), dispongono di autisti “dedicati”. Due per ogni vettura, come detto, quindi ci sono uffici che ne contano due, altri quattro, altri sei, e via di multiplo in multiplo. Questo perchè per avere la reperibilità dell’auto per l’intero giorno, ogni singolo autista lavora con orario “lungo” (facendo quindi anche gli straordinari), all’incirca tre giorni per ogni settimana, con la possibilità, qualcuno ventila “tutt’altro che teorica”, che costoro possano trovarsi anche un secondo lavoro per gli altri tre-quattro giorni mancanti al weekend (e quindi si parla di autisti che fanno anche gli insegnanti di kick boxer, gli istruttori in palestra, i corsi per le guardie giurate...). In totale sono 190 gli autisti “dedicati” (oltre 300 se si sommano quelli “a disposizione” e il personale “di supporto” che copre le assenze degli uni e degli altri) e pesano con stipendi che si aggirano, compensate le tasse, sui 2500 euro mensili (la cifra depurata è, in sostanza, quanto “costano” alle pubbliche casse, vale a dire a tutti noi). Niente di trascendentale, sia ben detto, dal punto di vista del singolo stipendio, non fosse che quei 2500 euro, moltiplicati per i 12 mesi di servizio, fanno la cifra di 5 milioni e 700 mila (straordinari esclusi). Un altro particolare: per la maggior parte gli autisti “dedicati” provengono dalla pattuglia della forza pubblica, un piccolo esercito che in Presidenza conta circa 380 persone (sulle 4500 persone presenti, Protezione Civile compresa). Gli ultimi numeri segnalano 106 finanzieri, 115 carabinieri, 135 poliziotti, e 26 uomini del corpo della polizia penitenziaria. Personale in parte sottratto anche alle Questure che tanto bisogno ne hanno (anche ad ascoltare gli esponenti del governo e della maggioranza parlamentare) nel pattugliamento delle città giudicate sempre troppo poco sicure.
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