Il ministro per lo Sviluppo Economico, dopo una settimana di rivelazioni sui suoi rapporti con la “cricca”, pensa alle dimissioni. Ecco il rapporto della Guardia di Finanza che lo inchioda
Il ministro Claudio Scajola sta pensando di dimettersi. Comunque si concluda questa vicenda, il caso Scajola sta diventando un buon test del rapporto tra politica e verità. Mai come in questo caso si è toccata con mano la distanza tra la prima e la seconda. Nemmeno di fronte all'evidenza i politici italiani accettano una verità che urta con i loro affari personali e politici. Scajola forse si dimetterà o forse resterà al suo posto. Non è questo il punto.
Il punto è che continua a negare la realtà con interviste a tutta pagina senza che nessuno gli ricordi i limiti della decenza. Scajola nega non solo di avere pagato un milione e 700 mila euro un appartamento con vista sul Colosseo per il quale ha dichiarato al fisco 610 mila euro. Ma nega persino che le venditrici, le sorelle Papa, abbiano dichiarato il contrario agli inquirenti. In una delle tante interviste concesse sabato scorso nel disperato tentativo di sostenere una tesi smentita da tre testimoni (l'architetto Angelo Zampolini e le sorelle Papa), Scajola sostiene che quello sarebbe il prezzo comune per un simile gioiellino e nega nell'ordine: 1) di avere pagato 1,7 milioni; 2) di avere versato 200 mila euro in contanti come acconto; 3) di avere ricevuto 80 assegni per complessivi 900 mila euro dall'architetto Zampolini per pagare la casa.
Per il ministro quella massa di soldi di dubbia provenienza monetizzati in contanti e assegni circolari (per complessivi 1,1 milioni) non sarebbe mai esistita. Per gli inquirenti invece queste somme sono state la contropartita dell'appartamento insieme ai 600 mila euro versati da Scajola in assegni circolari provenienti dal mutuo acceso con il Banco di Napoli e al bonifico di 10 mila euro proveniente dal conto del ministro. Ciascuna signora Papa ha dichiarato di avere ricevuto 100 mila euro in contanti più 750 mila in assegni circolari (450 mila provenienti dai conti di Zampolini e 300 mila provenienti dal mutuo di Scajola) mentre per Scajola gli assegni di Zampolini e il contante in questa storia non esistono. Qualcuno mente.
Ai quotidiani che chiedevano se avesse fatto un versamento di 200 mila euro in contanti, come dichiarato dalle venditrici, Scajola ha risposto: “assolutamente no. E comunque io non ho letto queste dichiarazioni delle sorelle Papa. Ho visto solo i resoconti giornalistici, tra l’altro contraddittori. Ad esempio sulla posizione del notaio, che secondo un giornale confermerebbe quanto sostenuto dalle sorelle Papa, mentre secondo un’altra testata lo negherebbe".
Mentre a chi gli chiedeva perché l'architetto di Diego Anemone, Angelo Zampolini, avesse consegnato 80 assegni al ministro per permettergli di comprare, Scajola ha risposto: "Ho appreso dell’esistenza di questi ottanta assegni dai quotidiani di questi giorni. Prima non ne sapevo nulla, e ora continuo a non capire perché sarebbero stati versati a mia insaputa. Io so solo come ho comprato l’appartamento, in quale data e a quale prezzo. Se poi è successo qualcos’altro, non è di mia conoscenza". Per Scajola, l'apparamento è stato pagato "esclusivamente la somma pattuita al momento del rogito: 610mila euro, reperiti quasi tutti attraverso un mutuo acceso con il Banco di Napoli. Si tratta di un ammezzato in uno stabile degli anni Sessanta, in condizioni non ottimali".
Chiunque conosce il mercato immobiliare romano sa dove sta la verità. Ma, visto che il ministro si ostina a negare persino che le dichiarazioni delle sorelle Papa esistano, a beneficio dei lettori, pubblichiamo qui sotto l'informativa della Guardia di Finanza di Roma nella quale sono riportati i contenuti delle dichiarazioni e gli accertamenti effettuati dal Nucleo Polizia Tributaria.
Gli accertamenti della polizia giudiziaria sulla compravendita immobiliare del ministro (Pdf, 4.29 Mb)
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lunedì 3 maggio 2010
Scajola, troppe bugie per 80 assegni - Marco Lillo
3 maggio 2010
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