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lunedì 19 settembre 2011
Tremonti super giurista del partito degli evasori. di ALBERTO STATERA
Il ministro Tremonti, considerato l’intellettuale alfabetizzato nell’armata Brancaleone dei governi Berlusconi e addirittura un "genio" dal premier almeno finché sono stati in buona, rivendica spesso con fierezza di essere un ottimo giurista e non un economista. E in effetti i suoi talenti di economista sono sempre apparsi alquanto modesti nei lunghi anni da superministro dell’Economia. Ma purtroppo, dopo le ultime performance delle manovre a ripetizione e mettendo in fila le prestazioni del decennio precedente, anche gli attributi vantati di grande talento giuridico sembrano vacillare. Basta ripercorrere l’inaudito pasticcio del condono tombale Iva del 2002, un sarcofago nel quale sono rimasti impigliati una sessantina di miliardi di euro che gli evasori avrebbero dovuto pagare, più o meno il valore della plurimanovra che ha fatto sanguinare il cuore di Berlusconi e che già non basta più ad esorcizzare il default dell’Italia.
La storia, per farla breve, è andata così: nel 2002 Tremonti vara il condono tombale Iva per gli anni dal 1998, cui aderiscono 939 mila evasori, che pagano l’1 per cento dell’imposta evasa. Lo Stato incassa 3 miliardi, il che significa l’ammissione di un’evasione di 60 miliardi l’anno per cinque anni, per un totale di 300 miliardi. Ma nel 2008 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea boccia il ministro dell’Economia, perché il suo condono è illegittimo, ha pregiudicato seriamente il corretto funzionamento del sistema comune dell’Iva, ha danneggiato il mercato comune e ha favorito i contribuenti colpevoli di frode fiscale. E boccia così anche il Tremonti giurista. Tutto resta allora congelato. Sono passati sette anni, ma il bello viene adesso. Qualche settimana fa la Corte Costituzionale ha stabilito che di fronte a un reato i termini di accertamento raddoppiano da 4 a 8 anni e Fisco e Guardia di Finanza hanno l’obbligo di denunciare chi aderì al condono se c’è reato, che scatta automaticamente oltre 77 mila euro di Iva evasa.
Così si compie l’incredibile pasticcio giuridico innescato dal ministrogiurista, che nell’attuale temperie potrebbe rivelarsi benefico se, come sembra, sarà necessario fare cassa con un’ulteriore manovra. Ma il governo non ci pensa neanche ad alienarsi buona parte di quei 900 mila evasori che presto saranno chiamati alle urne, costringendoli a pagare ancora. Per cui ha bocciato senza colpo ferire un emendamento del Pd che obbligava l’Agenzia delle Entrate ad avviare le procedure per recuperare le somme perse prima della scadenza del termine il 31 dicembre prossimo, ammettendo la rateizzazione dei pagamenti fino a 10 anni. Il governo ha preferito allungare di un anno il termine dell’accertamento, con una norma che presumibilmente sarà giudicata incostituzionale. "Un escamotage — ha commentato il vicepresidente dei senatori Pd Luigi Zanda — che serve a salvare capra (il governo) e cavoli (gli evasori), rinunciando a una straordinaria occasione per far cassa una volta tanto sugli evasori conclamati e non su lavoratori, pensionati e consumatori". Così il ministrogiurista e il premier dal cuore sanguinante salvano per l’ennesima volta il loro blocco sociale di riferimento. Quello degli evasori che, secondo il conto del procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, devono a Equitalia 450 miliardi, un po’ più di sette manovre lacrime e sangue. Ma nessuno ha intenzione di chiedergli indietro quei soldi. Tanto ci sono sempre i lavoratori dipendenti e i pensionati da spennare.
http://www.repubblica.it/supplementi/af/2011/09/19/primopiano/004gardens.html
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