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sabato 19 novembre 2011
Ora Putin se la prende coi bimbi. - di Giancarlo Castelli
Il Cremlino ha trovato un nuovo metodo per zittire gli oppositori: minacciarli di togliergli i figli se non la smettono di disturbare. Spesso con accuse inventate o provocate da lettere anonime.
I leader dell'opposizione in Russia come moderni Erode che picchiano i loro stessi figli, li lasciano senza cibo o li abbandonano in strada. Perciò, la solerte polizia russa è costretta ad intervenire portandosi via letteralmente i bambini, minacciando poi di revocare la patria potestà ai legittimi genitori.
Inutile dire che gli attivisti respingono queste accuse definendo questa pratica come l'ultima frontiera della pressione psicologica forse pensata da qualche think-tank contro chiunque si oppone al manovratore del Cremlino. La dinamica è semplice: può partire da una lettera anonima di un'anziana vicina, o semplicemente dalla partecipazione a manifestazioni di piazza o da un articolo di giornale sgradito. A quel punto scatta l'operazione degli uomini in uniforme.
L'ultimo caso in ordine di tempo è del 31 ottobre scorso, in occasione della protesta per l'articolo 31 della Costituzione russa (quello sulla libertà di manifestazione). Sergej Aksenov, leader di "Altra Russia", viene fermato nella centrale piazza Triumfal'naja di Mosca per manifestazione non autorizzata. Il suo bambino Vanja di sei anni attende lontano insieme alla baby sitter, una ragazza di sedici anni. Gli Omon (la temibile polizia antisommossa) portano i due minori in commissariato e li tengono per ore. Vengono anche interrogati. Al padre fanno sapere che potrebbero togliergli la patria potestà.
Dopo diverse ore (la ragazza affermerà di essere stata minacciata di violenze) i due minori vengono rilasciati dopo essere stati per ore in mano agli uomini (tutt'altro che teneri) della sezione speciale antiestremismo nota come Tsentr E. Novaja gazeta ha pubblicato addirittura il verbale dell'interrogatorio al piccolo Vanja che sottoscrive una deposizione che comincia così: "In merito alle domande fattemi, posso fornire le seguenti spiegazioni...".
Un linguaggio certamente non consono per un bambino di quell'età che a malapena sarà stato in grado di firmarlo quel verbale ma che non ha suscitato il minimo scandalo nei membri del Consiglio generale sul comportamento degli organi di polizia che, anzi, hanno elogiato il comportamento delle forze dell'ordine per aver trattenuto il bambino in commissariato e non averlo lasciato incustodito. Nulla, invece, sul fatto che il padre di Vanja, pur trovandosi trattenuto nella stessa stazione (ma in un altro ufficio) non fosse stato chiamato a presenziare all'interrogatorio del suo figlioletto.
Non è necessario, però, essere fermati durante una manifestazione per mettere in moto tale pressione psicologica. A volte basta una lettera anonima: come quella inviata alla polizia di Khimki da parte di un'anziana particolarmente solerte. Aveva denunciato per maltrattamenti la sua vicina di casa Evghenija Chrikova che così ricevette la visita inaspettata degli agenti a casa (secondo la lettera, le due bambine di 10 e 6 anni venivano sistematicamente picchiate, ed erano malnutrite e malvestite). La Chirikova è la leader del Comitato per la difesa dell'omonimo bosco che rischia di essere letteralmente spinato per far posto a un tratto dell'autostrada Mosca-S.Pietroburgo.
Capita l'antifona, Evghenija si barricò in casa e lanciò l'allarme attraverso i social network fino a che gli agenti furono costretti a desistere. La polizia ha sempre negato che la loro intenzione fosse quella di portare via le bambine. Poco tempo dopo, però, una vicenda simile accadde proprio ad un'amica di Chirikova, Alla Chernyshova. Anche lei attivista del Comitato per Khimki, venne portata in commissariato molti giorni dopo aver partecipato ad una protesta nel bosco per fermare le ruspe. Le sue due bambine di 6 e 4 anni che erano con lei, furono tenute per ore in un'ala della stazione di polizia, lontana dalla madre, impedendole di vederle fino al suo rilascio. Le bambine, riconsegnate bagnate e infreddolite, raccontarono di aver passato tutto il tempo in una piccola stanzetta, controllate da una poliziotta che "fumava pesante" in quello spazio così angusto.
Chiunque si è opposto al disboscamento di Khimki, prima o poi l'ha pagata. Come i giornalisti Mikhail Beketov e Oleg Kashin, vittime di feroci pestaggi (il primo ha perso l'uso delle gambe, una delle quali fu percossa fino ad essere scarnificata e ora è sostituita da una protesi di metallo. Il secondo rimase in coma per settimane. Entrambi avevano scritto articoli di denuncia contro l'amministrazione di Khimki che benedì la costruzione dell'autostrada). Ma è il "kidnapping di Stato", la pratica più diffusa di dissuasione. Alla direttrice del centro per bambini "Victoria", sfrattato proprio per i lavori di costruzione, avevano minacciato di portare via alcuni bambini orfani che aveva adottato. La donna fu costretta a fare marcia indietro.
Alcuni ragazzini "reporters in erba" tra i 13 e i 14 anni, piccoli redattori del Zhukovskie vesti, autore di una campagna contro la distruzione del bosco di Zagovskij per la costruzione di centri commerciali, furono "arrestati" da una ventina di poliziotti per aver esposto nel bosco alcuni banner di cartone. Anch'essi vennero rilasciati dopo alcune ore. Uno dei casi più clamorosi, però, è quello accaduto a Oleg Vorotnikov, leader del gruppo situazionista Vojnà (autori del disegno di un pene di 65 metri sulla facciata della Lubjanka): durante una manifestazione non autorizzata dello scorso febbraio Oleg, col suo bambino di due anni in braccio, venne percosso dagli Omon e alla fine, come testimoniato da un video, sbattuto a terra mentre alcuni agenti gli strappavano via il bimbo terrorizzato e in lacrime. Per riprenderselo, al padre occorsero diversi giorni.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ora-putin-se-la-prende-coi-bimbi/2166390
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