Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 27 dicembre 2012
TRATTATIVE E SERVIZI - GARGANI CHI? - Andrea Cinquegrani
Un tempo dc doc, tra i piu' attivi nel “clan” degli avellinesi capeggiato da Ciriaco De Mita e Nicola Mancino. Sparito lo scudocrociato, eccolo tra i promotori del Ppi, quindi un balzo fra le truppe berlusconiane, lo scranno al Parlamento europeo, quindi ora tra le fila Udc. E' un identikit flash di Giuseppe Gargani, che parecchi ricordano tra i piu' attivi, insieme al giudice costituzionale Romano Vaccarella e all'ex presidente picconatore Francesco Cossiga (il “pool di saggi” fortemente voluto da Silvio Berlusconi), per dar forma e sostanza al primo lodo Alfano, a base di separazione della carriere tra giudici e pm, riforma del Csm, ripristino dell'immunita' parlamentare e via - e' il caso di dirlo - picconando quel che restava (e resta) del pianeta giustizia.
Defilato al punto giusto, comunque, in questi ultimi anni, Gargani: ben pochi sanno, infatti, che il suo nome figura nel registro degli indagati dei pm palermitani alle prese l'inchiesta sulla famigerata “trattativa” Stato-mafia”, a vent'anni e passa dalle stragi di Capaci e via D'Amelio. Insieme all'ex guardasigilli Giovanni Conso, infatti, e' indagato per false informazioni fornite ai pm, tra cui Antonino Ingroia, nel frattempo volato in Guatemala in attesa dell'incoronazione degli arancioni di Luigi de Magistris e C. Tra gli accusati, in prima fila i vertici - a quei tempi - del Ros, Mario Mori (gia' alle prese con le bollenti vicende della mancata perquisizione del covo di Toto' Riina e della mancata cattura di Bernardo Provenzano), il suo braccio destro Giuseppe De Donno, l'allora numero uno del Ros Antonio Subranni (la cui figlia Danila, oggi, e' portavoce di Angelino Alfano); un manipolo di mafiosi (Provenzano, Riina, Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella e Nino Cina'), e alcuni politici: Mancino, che deve rispondere di falsa testimonianza e non ha ottenuto il richiesto “processo stralcio”; Marcello Dell'Utri e Calogero Mannino.
Ed e' proprio il rapporto tra Mannino e Gargani al centro dell'attenzione dei pm. In particolare, un incontro tra i due alla vigilia di Natale 2011 (per la precisione il 21 dicembre): tema della discussione, la trattativa e le stesse indagini della procura palermitana. E a verbalizzare su Gargani, sul suo ruolo in quei mesi al calor bianco, sono stati due politici che di quelle vicende sanno sicuramente molto, l'ex ministro degli Interni Vincenzo Scotti (poi sostituito da Mancino dopo la strage di Capaci) e l'allora ministro della Giustizia Claudio Martelli.
VERBALIe#8200;SCOTTANTI
Verbalizza Scotti davanti ai pm Antonino Di Matteo, Francesco Del Bene e Lia Sava (mancava Ingroia) l'8 giugno scorso. Allora - dichiara - «Gargani era membro della commissione giustizia della Camera, e mi consiglio' di non insistere sul rapido iter di ratifica del decreto 8 giugno 1992», ovvero il 41 bis alla base del carcere duro per i mafiosi. «Le perplessita' manifestatemi - aggiunge - riguardavano l'impianto complessivo del decreto. Martelli e io, comunque, decidemmo di tener fermo quel testo e di insistere sulla sua conversione in legge senza attendere l'insediamento del nuovo esecutivo». E cioe' il governo guidato da Giuliano Amato.
Ecco invece quanto dichiara, sempre a giugno, Martelli. «Gargani si era proposto all'onorevole Bettino Craxi per assumere l'incarico di ministro della giustizia nel governo in formazione. Riteneva che io non fossi sufficientemente determinato a contrastare con forza le indagini di Mani pulite, assicurando invece che lui sarebbe stato in grado di fermarle». Per inciso, ha di recente dichiarato nel corso di un convegno, lo stesso Scotti, a proposito della nomina di Giovanni Falcone all'ufficio affari penali del ministero di via Arenula: «A chiamare Falcone per quell'incarico non fu Martelli, ma il suo nome venne fatto da Giuliano Vassalli».
Torniamo a Gargani. Quale effettivo ruolo avra' dunque avuto in quel periodo? E sul fronte della trattativa? Riuscira' il processo (dopo l'ok del gup di Palermo) a far luce sui tanti, troppi buchi neri di quelle stragi? Per ora Gargani non ha ricevuto alcun avviso di garanzia: il codice penale, infatti, prevede che per il reato di “false informazioni” la posizione dell'indagato rimanga “sospesa” fino a che non sia stata pronunciata la sentenza di primo grado. Un groviglio nel groviglio.
Una mano, forse, potra' dargliela il fratello Angelo Gargani, una vita in magistratura e con posizioni apicali. Caratterizzata, in particolare, da una spola continua fra tribunali e ministero della Giustizia, dove ha ricoperto il delicato ruolo di “capo del controllo interno”, una vera e propria supervisione sulle ispezioni ministeriali (per anni capo degli 007 di via Arenula e' stato un altro campano, Arcibaldo Miller, voluto prima da Romano Prodi, poi confermato dall'esecutivo Berlusconi). Altra strategica poltrona, quella di presidente della commissione che nomina i giudici tributari. Non mancano pero' le nubi, in una carriera tanto folgorante. Come quella dell'inchiesta sulla P3, che vede in pista - oltre al faccendiere Flavio Carboni e all'ex sottosegretario alla giustizia nell'ultimo governo Berlusconi, Giacomo Caliendo - l'ubiquo Pasquale Lombardi, il geometra da Cervinara, in provincia di Avellino, “amico” di tante toghe eccellenti, tra cui Angelo.
Del resto, Pasqualino per hobby fa il “giudice tributario”. Mentre Franco Antonio Pinardi, figura di vertice della potente sigla paramassonica Parlamento Mondiale, capeggiato dal palermitano Victor Busa' (indagato in svariate procure italiane), da' vita alla Tribuna Finanziaria. Nel cui organigramma fa capolino proprio il nome di Giuseppe Gargani. Tanto per ritrovarsi tra “amici”.
Ma finiamo con un tocco di gioventu'. Il rampollo di Giuseppe, Alessandro Gargani, a bordo di Sviluppo Campania e della Fondazione Ifel sta dando una mano al presidente della giunta regionale della Campania, Stefano Caldoro, per elaborare il “piano di stabilizzazione finanziaria”. Peccato che a Santa Lucia stiano sull'orlo del baratro, con il fresco crac di EavBus, la societa' pubblica dei trasporti affondata (con la “madre” Eav) in un mare da centinaia di milioni di euro. Cin cin.
http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=574
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