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domenica 6 gennaio 2013
Cultura, il flop del supermanager. - Paolo Fantauzzi
Nel 2009 il governo Berlusconi istituì la direzione generale per la Valorizzazione, affidata a Mario Resca, ex numero uno di Mc Donald's Italia. Risultato del triennio: consulenze sterminate, duplicati di ricerche già svolte, decine di missioni e perfino un'ipotesi di danno erariale.
«Bisogna adottare un linguaggio nuovo, capace di capire e comunicare le esigenze del visitatore- cliente». Era questa la frase che Mario Resca amava ripetere ai suoi collaboratori. La pronunciò, alla presenza di Silvio Berlusconi, perfino alla presentazione della "sua" direzione generale, quella per la Valorizzazione del patrimonio culturale. Creata appositamente per lui dal ministero dei Beni culturali (all'epoca retto dal fidato Sandro Bondi) per volere diretto del presidente del Consiglio, che qualche anno prima aveva messo Resca al risanamento della Cirio e aveva poi provato a portarlo senza successo alla guida della Rai e dell'Alitalia. Doveva essere lui, questo manager ferrarese passato per gli hamburger di Mc Donald's e i cda di decine di aziende (Rizzoli, Versace, L'Oréal) a risollevare la sorte della cultura italiana all'insegna dello slogan "meno Stato, più privati" e della parola magica "valorizzazione". Ci furono polemiche, il presidente del Consiglio superiore Salvatore Settis si dimise («dirigere una fabbrica importante o i musei italiani non è la stessa cosa») e per un triennio Resca - complice l'assoluta latitanza di Bondi - ha avuto carta bianca in tutti i suoi progetti. Ma il bilancio appare una nuvola di promesse risoltasi nella più classica bolla di sapone. Risultati talmente modesti da essere al limite del fallimento, come denuncia la Corte dei conti in una relazione depositata poco prima di Natale e dedicata proprio alla "dg Val" di Resca, che nel frattempo la scorsa estate ha terminato il suo incarico.
Certo, non sono mancati progetti innovativi, come la convenzione stipulata a titolo gratuito con Google per digitalizzare i libri non coperti da copyright e la navigazione attraverso Street view in alcuni siti Unesco come Pompei, Caserta o San Gimignano. Si tratta tuttavia di casi isolati. Anche perché, va detto, di impegni Resca ne ha avuto molti, avendo ricoperto nel periodo in cui era direttore generale anche i ruoli di consigliere Eni, Mondadori, Convention Bureau Italia, Arfin, Finance Leasing, British Telecom Italia e la presidenza di Italia-Zuccheri, Confimprese e del Casinò municipale di Campione d'Italia. L'ideale per aggiungere alla lista, a fine 2009, anche quello di commissario delegato per la Grande Brera. E per spiegare forse la tendenza ad affidare ai privati anche funzioni proprie dell'amministrazione, attraverso consulenze e convenzioni (costate in tutto quasi due milioni).
Compiti spesso di grande delicatezza, come la stesura delle linee guida dei servizi aggiuntivi nei musei (ristorazione, bookshop): avrebbero potuto stilarle gratis gli uffici del ministero, invece sono costate 132 mila euro e dopo le gare hanno dato vita in molte città a un lungo strascico giudiziario che ha di fatto sospeso le procedure concorsuali. Stessa storia per il monitoraggio della "qualità dei servizi": "anziché utilizzare la propria rete di dati e scambio di informazioni tra soprintendenze e centro - osserva la Corte dei conti - ci si è avvalsi di consulenze stipulate con società private per un totale di 247.769,90 euro".
In altri casi ingenti somme euro sono state spese per duplicare indagini e ricerche già svolte in precedenza. Come la valutazione dell'impatto del marchio Unesco nella valorizzazione dei beni cultuali, costata 243 mila euro, che la società in house del ministero Arcus aveva già realizzato fra il 2004 e il 2006. Già effettuate erano anche le ricerche per il merchandising del marchio Mibac (complessivamente 196 mila mila euro) e lo studio per migliorare l'accesso ai disabili nei siti culturali (commissionato alla società Tandem per 250 mila euro), compiuto dallo stesso ministero in anni recenti e senza alcun ricorso a consulenze esterne.
La Corte dei conti eccepisce perfino sull'aumento dei visitatori nei musei e degli introiti, sbandierato da Resca come prova del suo successo al Collegio romano. Secondo la versione ufficiale, i 2 milioni e mezzo impegnati per le campagne di comunicazione hanno prodotto entrate per oltre 16 milioni. Vero, chiosa la Corte dei conti, ma l'importo "deve essere incrementato della ingente spesa per studi e ricerche effettuate". Senza contare peraltro che queste cifre sono al lordo della percentuale spettante ai concessionari del servizio di biglietteria, cosicché "non appare certo che gli incrementi degli introiti invocati dall'Amministrazione corrispondono ad effettive entrate per il Mibac". Stesso discorso per i visitatori, dal momento che i musei gratuiti sono passati da 177 a 208 negli ultimi tre anni.
E' però la mancanza di trasparenza l'accusa più grave rivolta nei confronti della gestione Resca. Ad esempio non esiste rendicontazione degli oltre 2 milioni di euro erogati dalla per l'attività di valorizzazione, "con la conseguenza che non risulta possibile riscontrare l'economicità della gestione e la regolarità dell'impiego delle risorse". Ma va ancora peggio con i rimborsi spese, proprio il tema sul quale sono scoppiati gli scandali politici degli ultimi mesi, dal Lazio alla Lombardia. Le spese per missioni, solo nel biennio 2010-2011 hanno sfiorato i 100 mila euro. Nell'elenco fornito dal ministero alla magistratura contabile, risultano 34 nominativi.
Purtroppo, però, alla dg Val di Resca lavoravano solo in 18: "Numerosi dipendenti inviati in missione per conto della Direzione, non figurano tuttavia nell'organico della struttura stessa, per cui non è dato sapere se si tratta di dipendenti di altre direzioni o di estranei all'amministrazione". Come nel caso dei 10.072 euro per le missioni dell'architetto Antonella Mosca, in forze alla direzione Bilancio, o i 3.800 euro della soprintendente di Firenze Cristina Acidini. Nella lista c'è anche il custode del teatro Valle di Roma, che pure risulta contrattualizzato con l'Agis. Non solo. "E' stato inoltre rilevato - prosegue la relazione - che diverse unità di personale si sono recate in missione in Cina con fondi del Mibac, mentre il progetto relativo risultava finanziato dalla società Arcus".
Complessivamente ammontano a 33.937 euro le spese ingiustificate, tanto da spingere la Corte dei conti a ventilare "l'ipotesi di danno erariale" per quei casi che non seguono il "rispetto rigoroso della normativa vigente sul contenimento della spesa per missioni". Nel prospetto fornito dal ministero, in un paio di casi manca perfino la qualifica e il nome di battesimo dei nominativi, indicati unicamente col cognome: "Abate" (1.280 euro) e "Lombardi" (835,44 euro). Di chi si tratti non è dato sapere.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/cultura-il-flop-del-supermanager/2197582
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