Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 22 febbraio 2014
Ministri, i ritratti secondo Feltri e Gramellini.
Matteo Renzi (Primo ministro)
Afono per via di una eccessiva esposizione alle correnti del Pd. Ma sempre velocissimo. Le prime, storiche parole rivolte da capo del governo ai giornalisti in fervida attesa sono state: «Sbrighiamoci, non vorrei farvi perdere Sanremo». Altri riferimenti culturali: la rubrica «Trova le differenze» della Settimana Enigmistica (Enrico Mentana favorito per la direzione) e Celentano, anche se certe pause ricordano Craxi.
Va talmente di corsa che potrebbe dimettersi già domani durante la cerimonia del giuramento, per dimezzare i costi.
Graziano Delrio (sott. Pres. Cons.)
A proposito di record, Graziano Delrio è probabilmente l’uomo di governo più prolifico della storia d’Italia: ha nove figli, il che dovrebbe garantire sulla velocità d’esecuzione. Con Matteo Renzi condivide l’amore per Giorgio La Pira e per la bicicletta, mezzo con il quale si sposta a mordimanubrio nella città che ha governato per nove anni: Reggio Emilia. Da ragazzo giocava a calcio in un oratorio di rito dossettiano, e gira la leggenda che lo volesse il Milan. È endocrinologo e cattolico. Ama la famiglia e a casa sparecchia con moglie e figli, operazione che svolta in undici si conclude in quaranta secondi netti.
Angelino Alfano (Interno)
Qui la novità è palese. Renzi ha ottenuto le dimissioni dell’incerto Alfano, da lui richieste a gran voce durante la crisi kazaka, quando donne e bambini venivano rapiti sotto lo sguardo impassibile del ministro dell’Interno.
Al suo posto arriva il risoluto Al Fano, che in omaggio al nuovo corso dichiarerà guerra al Kazakistan entro l’alba. Il bradipo Alfano impiegò dieci anni a tradire Berlusconi e dieci mesi a tradire Letta. Per adeguarsi ai ritmi serrati del neo premier, il furetto Al Fano si cimenterà in un’impresa ai confini dell’impossibile: tradirlo in dieci ore.
Federica Mogherini (Esteri)
Federica Mogherini, quarant’anni, moglie e mamma, va al mare a Santa Severa (Roma) sugli sgangheratissimi treni dei pendolari. Una lentezza che si permette soltanto nei viaggi da diporto, perché in quelli di lavoro tiene ritmi che conobbe, subito dopo la laurea in Scienze politiche, in piccoli e frenetici impieghi nei call center. È esperta di islam politico, materia approfondita all’Istituto di ricerche e studi sul mondo arabo di Aix-en-Provence. Dopo giornate di fitto apprendimento, talvolta si dedicava alla vita notturna di Rue de la Verriere. Lì apprese i rudimenti della vita internazionale per cui oggi siede in vari consigli transnazionali.
Roberta Pinotti (Difesa)
La prima donna a espugnare il ministero della Difesa ha in comune con Renzi un passato da capo scout. Le due giovani marmotte pianteranno insieme la tenda a Campo Chigi e obbligheranno i generaloni dell’esercito a lunghe marce ricreative, concluse da simpatiche schitarrate al chiaro di luna. Alla Leopolda di Renzi, la lupetta Robi coordinava il tavolo dedicato a Donne e Leadership. «La discussione è stata entusiasmante, anche se nel suo discorso Renzi non ne ha parlato», scrisse sconsolata sull’Unità (Mentana favorito per la direzione), «Con me Matteo ha ammesso l’errore: vedremo se seguiranno cose concrete». Sono seguite.
Andrea Orlando (Giustizia)
Il quarantacinquenne Andrea Orlando è uno degli ultimi prodotti della Federazione dei giovani comunisti di cui è stato segretario provinciale alla Spezia, città in cui è nato. Fu consigliere comunale con il Pci ed è arrivato al Partito democratico passando per Pds e Ds, come tanti meno giovani di lui. Con Piero Fassino approda in direzione nazionale, con Walter Veltroni diventa portavoce del partito, con Pierluigi Bersani è responsabile giustizia, con Enrico Letta raggiunge il governo e con Renzi ci rimane. Perché, come succede a quelli allevati nella tradizione, sa guadagnarsi velocemente la fiducia di chi comanda.
Stefania Giannini (Istruzione)
Linguista e glottologa, ex rettore dell’Università per stranieri di Perugia, Stefania Giannini (53 anni) scrive libri senz’altro appassionanti con titoli così Tra grammatica e pragmatica: la geminazione consonantica in latino o così La fonologia dell’interlingua . Principi e metodi di analisi. E anche una grande twittatrice, strumento con il quale esprime tutte la sua alta considerazione per Napolitano, Monti, Letta, Renzi e tanti altri. Per farvi capire: «Per @matteorenzi RIMPASTO parola vecchia? Più vecchia sua ipocrisia» (24 gennaio). «Grazie @matteorenzi, noi ci siamo!» (ieri). Ci sono sempre e comunque.
Pier Carlo Padoan (Economia)
Pier Carlo Padoan ha sessantaquattro anni e nel 1980, a trenta, insieme con giovani colleghi e guidato da Claudio Napoleoni, scrisse Afferrare Prometeo, un ponderoso saggio che si riprometteva - attraverso meccanismi di cooperazione e partecipazione che non sapremmo dettagliare meglio - di trovare una terza via fra marxismo e capitalismo. Il tentativo fallì, come le centinaia da cui fu preceduto e seguito, a meno che l’ipotesi non si stia concretizzando nel renzismo. Legge libri di storia ed è molto tifoso della Roma. Ha saputo dell’incarico a Sydney, da dove si sta scapicollando per tornare in Italia, ma è già in forte ritardo.
G. Poletti (Welfare), G. Galletti (Ambiente)
Dagli Appennini alle bande. In un governo dominato dagli emiliani (ci sono praticamente tutti tranne Prodi e Bersani) spiccano Gianluca Galletti – ministro bolognese dell’ambiente in qualità di esperto di raccolta differenziata dei voti di Casini – e Giuliano Poletti, l’uomo delle Cooperative Rosse (Mentana favorito per la direzione). Ci voleva il democristiano Renzi per portare al ministero del lavoro il simbolo del capitalismo comunista, detto «Falce e Carrello» come da titolo del libro di Caprotti, patron avvelenato dei supermercati Esselunga. Per Berlusconi è come se la Bocassini fosse diventata segretaria generale dell’Onu.
Beatrice Lorenzin (Salute)
Nata a Roma da padre istriano e madre fiorentina, Beatrice Lorenzin ha quarantatrè anni ed esce da una cotta formidabile per Silvio Berlusconi: «È intelligentissimo, geniale, il primo in tutto, un gigante», disse al Giornale (Enrico Mentana favorito per la direzione). Ora sta con Alfano ma è temperata da una gioventù trascorsa a far politica nelle borgate di Ostia e Acilia. Per raddrizzarsi i denti si è messa un apparecchio dolorosissimo. Da ministro della Salute prese una sbandata per Stamina, una cura «da Nobel». Organizza le Governiadi, scuola politica sul lago di Bolsena dove, alla sera, si lancia in balli vorticosi e sensuali.
Marianna Madia (Sviluppo)
Se il compito principale del nuovo governo è la lotta ai grandi burocrati, Marianna Madia ha i requisiti giusti. Intanto perché, dopo avere scambiato il ministero dello Sviluppo per quello del Lavoro (una disavventura che le costò critiche immeritate), impiegherà dei mesi per trovare il palazzo giusto, seminando il panico tra le ragnatele umane che abitano i piani alti. E poi la sua «straordinaria inesperienza», di cui si è sempre giustamente vantata, la farà sentire a proprio agio tra tanti funzionari che lavorano all’insaputa di se stessi. In dolce attesa, farà un figlio in tre mesi per venire incontro alle esigenze renziane di rapidità.
Dario Franceschini (Cultura)
Come anticipato da tempo, alla Cultura è arrivato uno scrittore. Non proprio Alessandro Baricco autore di «Seta» e fondatore della Holden, ma Dario Franceschini autore di «Daccapo» - la storia di un notaio di provincia che ha 53 figli da altrettante prostitute - e fondatore di Area Democratica, la corrente del Pd a cui quei 53 sarebbero iscritti (secondo i maligni). Daccapo?, col punto interrogativo, è anche l’espressione con cui Enrico Letta avrebbe commentato la sua nomina a ministro. Potrebbe presto usarla lo stesso Renzi, qualora Franceschini decidesse di mollarlo per qualcun altro: per motivi culturali, ovviamente.
Maurizio Martina (Agricoltura)
Come ogni bergamasco, il trentacinquenne Maurizio Martina è pazzo dell’Atalanta e ha scritto sull’Eco di Bergamo (Enrico Mentana favorito per la direzione). È nato al Calcinate, il paese dello zar Pietro Vierchowod. Nel ’93, appena morto Paolo Borsellino, organizzò un viaggio a Palermo dove coi compagni inscenò uno spettacolo teatrale sulla legalità. Lui aveva la parte di un agente di scorta. Invece di condurre il giovane Maurizio verso la gloria dei palcoscenici, l’evento lo conquistò alla passione civile. Dice di aver letto e sottolineato tutto Gramsci. Potrebbe farne uno scattante bignami per Matteo.
M.E. Boschi (Riforme)
Ministro delle Riforme e dei rapporti con il Parlamento, che non ha molta voglia di riformarsi ma tantissima di rapportarsi con lei. Come tutte le donne di aspetto grazioso, paga il dono di natura con invidie e malignità assortite. Ospite in decine di talk show, dalla sua bocca non è mai uscita una frase polemica, irriguardosa o anche solo imbarazzante. Non fa mai battute, ma da anni sopporta cristianamente quelle di Renzi. Forse è talmente seria che non le capisce, beata lei. Ma quando Matteo le ha detto che l’avrebbe portata in segreteria e subito dopo al governo, per la prima volta ha sorriso. Pensava fosse una battuta.
M. C. Lanzetta (Affari regionali)
Maria Carmela Lanzetta (59 anni) è l’ex sindaco di Monasterace, nella Locride (Reggio calabria). La sua sfida alla ’ndrangheta le ha procurato numerosi guai: le hanno scritto lettere minatorie, le hanno dato fuoco alla farmacia, hanno bersagliato di proiettili la sua auto e alla fine è entrata nel pantheon personale di Pippo Civati. Era contraria al governo, ma ha poi repentinamente cambiato giudizio.
Maurizio Lupi (Trasporti)
Il cinquantaquattrenne Maurizio Lupi ha la voce di Gianni Morandi (ma è stonato) e il viso della figlia di Fantozzi. Cattolico e ciellino, ha alle spalle una lunga carriera politica, ma ciò di cui va orgoglioso è la tenuta atletica: organizza viaggi per parlamentari alla maratona di New York. Sulla distanza deteneva il record del palazzo con 3 ore e 48, ma da poco glielo ha demolito Sandro Gozi: dieci minuti di meno! Amico di Angelo Scola, alla fumata bianca si precipitò da podista a San Pietro, convinto di essere diventato un po’ santo padre anche lui. Tornò mesto in via dell’Umiltà, sede del Pdl, dove fu accolto da impietosi cori di scherno.
Federica Guidi (Sviluppo)
Figlia dell’allora padrone della Ducati, requisito essenziale per entrare nel governo del Piè Veloce. Ha imparato la politica in Confindustria come vice di Matteo Colaninno, nel modo più semplice: facendo sempre il contrario di quel che faceva di lui. Molto apprezzata a destra per il suo piglio. Berlusconi voleva portare lei al governo e la Carfagna a cena, ma poi ci fu un disguido negli inviti. L’addetta allo Sviluppo (auguri!) ha le idee chiare: «Non pretendo che i miei collaboratori lavorino 12 ore al giorno. Ma non sarebbe uno scandalo lavorarne 42 alla settimana». Non fosse che lavorare che sta diventando uno scandalo, o comunque una rarità.
http://www.lastampa.it/2014/02/22/multimedia/italia/ministri-i-ritratti-secondo-feltri-e-gramellini-kBJJO0bfBB26BRugUmohTK/pagina.html
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