Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 28 marzo 2014
Ma la felicità è davvero una pistola calda? Oppure..... - Sergio Di Cori Modigliani
Tu, sei felice?
Oggi dovresti esserlo.
Lo ha stabilito l'Onu nel novembre del 2012.
In una soleggiata mattina del marzo 1968, John Lennon arriva negli studi di registrazione di Abbey Road, a Londra, dove lo attendevano gli altri componenti del gruppo musicale The Beatles, per incidere un pezzo. E' in preda ad una grande eccitazione. Sotto al braccio ha una rivista che ha appena acquistato da un rigattiere per strada, per pochi pennies. "Guardate qua che roba!" dice a Paul Mc Cartney "gli americani ormai sono andati completamente fuori di testa" e mostra una copia del mensile prodotto e distribuito in Usa (2 milioni di copie al mese) da quella che allora era la più potente lobby statunitense, The American Rifle Association, che si occupa di diffondere (per farle vendere) l'uso casalingo e personale di armi.
46 anni dopo seguita a essere, ancora oggi, la più importante lobby Usa.
All'interno della rivista c'era un articolo con un titolo che aveva colpito l'immaginario di John Lennon "Happyness is a warm gun" (trad.: la felicità è una pistola calda) in cui si raccontava la felicità di un bambino di tredici anni al quale il padre aveva regalato il suo primo fucile d'assalto (in bacheca c'è l'immagine del celebre articolo). "E' una follia: vogliono spingere il mondo verso il paradosso" commentò John Lennon, che qualche mese dopo raccontava l'intera storia a Pauline Kael che la pubblicò su un numero speciale di "The Village Voice" a Manhattan.
Nacque così una delle più famose canzoni dei Beatles, fortemente voluta da Lennon e Mc Cartney per denunciare e demistificare la folle stupidità dell'uso delle armi e la pazzia della società americana in cui volevano che la gente identificasse la felicità con una pistola che era stata appena usata per uccidere qualcuno.
Dodici anni dopo, quando lo psichiatra scelto dal tribunale penale di Manhattan interrogò l'omicida di John Lennon, rimase colpito nell'ascoltare le parole di Mark Chapman, una guardia giurata di Honolulu, l'assassino del famoso cantante, che gli raccontò come avesse cominciato a coltivare il culto delle armi dopo aver ascoltato la canzone di John Lennon. "Sparare alla gente non mi procurò nessuna felicità, ed è per questo che ho capito quanto falso e pericoloso fosse John Lennon per la società: dovevo eliminarlo per il bene di tutti. Lui è diventato un miliardario famoso dicendo bugie; erano almeno dieci anni che lo volevo fare, non pensavo ad altro".
Paradossale deriva di una mente obnubilata dall'ossessione criminale, il ricordo di questo aneddoto pop, oggi, è balzato alla mia memoria e ho pensato che fosse l'occasione migliore per ricordarlo ai lettori.
Il 20 Marzo, infatti, si celebra ufficialmente la "giornata mondiale della felicità".
Personalmente ritengo che si tratti di una idiozia, sintomo della confusione planetaria che viviamo nel mondo della globalizzazione istituzionale. Con tutto il lavoro che dovrebbero fare nel tentativo di occuparsi delle immani sofferenze di almeno i 2/3 del pianeta, nell'autunno del 2012 l'Onu ha investito, oltre che una notevole quantità di soldi pubblici, ben tre mesi di ricerche per codificare -in seduta plenaria- il lancio di questo evento. Secondo le parole ufficiali dell'assemblea "Il perseguimento della felicità è al centro degli sforzi umani. Le persone in tutto il mondo aspirano a condurre vite felici e appaganti, libere dalla paura e dal bisogno e in armonia con la natura; questa è la motivazione che ha spinto tutte le nazioni del pianeta a lanciare la giornata mondiale della felicità".
Non è stata spiegata la motivazione che ha portato alla scelta di questo giorno specifico.
In Usa questa celebrazione è stata contestata ed è presto abortita.
In realtà, non è mai decollata.
Lo psichiatra David Sack, riconosciuto esperto dell'American Psichiatry Association, ha pubblicato di recente sulla rivista "Psychology today" un divertente articolo nel quale spiega la stupidità di questa celebrazione, dato che "sono poche le persone al mondo che vogliono essere felici; la maggior parte delle persone sono drogate di infelicità e stabiliscono una forma di dipendenza dall'infelicità. Sono persone che trovano sempre qualcosa per cui essere insoddisfatte o infelici e fanno a gara per mostrare ai propri mariti, mogli, colleghi, amici, che la propria vita è di sicuro più complessa, più complicata e infelice della loro. La maggioranza della popolazione mondiale è dipendente dalla'infelicità perchè abbiamo costruito un mondo sociale che produce questo meccanismo".
E' un mondo alla cui base c'è la produzione scientifica di infelicità
Tutto il sistema di consumismo pilotato è basato sull'assunto di far sentire le persone infelici e quindi proporre degli acquisti di un bene specifico (dalla caramella che costa 50 centesimi di euro all'automobile di lusso che ne ne costa 80.000) per poter aspirare alla felicità.
L'intera macchina lobbystica dell'industria chimico-farmaceutica che produce psico-farmaci è basata sulla diffusione di elementi patogeni per poi poter vendere Prozac e pillole varie destinate a lenire il dolore esistenziale.
Celebrare la giornata mondiale della felicità è l'ennesima modalità di vivere dentro a un paradosso producendo ossimori. La felicità non può essere un dovere, tantomeno se addirittura imposta dalle istituzioni internazionali.
A mio avviso, questa festività -dal punto di vista della comunicazione- è il pilota del sistema di comunicazione globale che ci vuole imporre all'umanità, per snaturarne i confini, burocratizzando la sentimentalità. Con l'aggravante del fatto che se esiste "un giorno specifico dedicato alla felicità" vuol dire che per i restanti 364 ci si può dedicare in allegria a produrre infelicità a se stessi e al resto del mondo.
Ben altra cosa la fulminante, geniale intuizione del più grande romanziere mai esistito, il russo Fedor Dostoevskij, che in uno dei suoi più profondi e complessi libri "I demoni" presenta un personaggio inquietante che si dibatte nella società di allora (la Russia della fine dell'800) cercando di districarsi tra terroristi, carrieristi, cospiratori, opportunisti, per trovare una chiave di verità dell'esistenza. A un certo punto, nel rispondere al capo terrorista che gli spiega perchè sia necessario diffondere paura e terrore come arma di risveglio collettivo, lui dice: "Non è così. La gente non è infelice. Le persone sono tutte felici. Tutte, ma proprio tutte. Il mondo è pieno e pullulante di persone felici: solo che non sanno di esserlo".
E' un classico Grande Enigma dostoevskjiano, squisita perla di saggezza spirituale.
E' l'infelicità che andrebbe celebrata, caso mai, per fermarsi un attimo tutti e dedicare una giornata a coloro che hanno seri motivi per esserlo.
E poi, ritornare a coltivare la propria felicità con la consapevolezza di praticarla, curando il dettaglio esistenziale, il gesto amicale, la carezza che conta, la parola giusta alla persona giusta.
Così è la vita nel post-Maya.
Ma all'Onu, questo, non lo hanno capito.
Quindi, siate felici, oggi.
Lo ha stabilito una normativa internazionale nel novembre del 2012.
Almeno oggi.
Poi, da domani, potremo tornare a essere feroci e infelici come di consueto.
Ingozzando pillole per celebrare il paradosso macabro che si sta costruendo per tutti noi.
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