Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 26 settembre 2014
Silurato il comandante De Falco, mentre Schettino insegna all’università. - Diego Cugia
Dopo la battuta telefonica più tristemente famosa del mondo, “Vada a bordo, cazzo!”, ho temuto che non ci saremmo più tolti dalle palle chi la disse, il comandante Gregorio De Falco della capitaneria di Livorno allo sciagurato Schettino, il capitano che aveva abbandonato la nave della Costa Concordia con donne e bambini a bordo.
Nella frettolosa lavagna dei Buoni e dei Cattivi, De Falco era iscritto come nuovo Eroe Nazionale, l’altro come Vigliacco.
Ero certo che il battutista cazzuto, il nuovo eroe più fico degli italiani, sarebbe stato proclamato senatore a vita mentre al fuggiasco sulla pilotina avrebbero fatto scontare non solo i poveri morti della Concordia, ma tutti quelli per mafia e perfino le vittime della prima e della seconda guerra mondiale.
La nostra specialità, oltre agli spaghetti, è di saper cucinare il caprio espiatorio al forno.
E Schettino mi ricordava Oreste Jacovacci, il pavido ma simpatico protagonista de “La grande guerra” di Monicelli, anche se Sordi e Gassman all’ultimo minuto diventavano eroi mentre Schettino a bordo non c’era più risalito manco per il “cazzo!”.
I primi forti dubbi mi hanno assalito al termine di un’udienza del processo, quella in cui i giudici avevano riascoltato le concitate battute di quella notte fra De Falco e Schettino:
«Lei adesso torna immediatamente a bordo e mi dice se ci sono bambini, donne o persone bisognose d’assistenza. E me ne dice il numero, chiaro?»
«Comandante, in questo momento la nave è inclinata…»
«Guardi Schettino, lei forse si sta salvando dal mare, ma io le faccio passare l’anima dei guai. Vada a bordo, cazzo!»
«Comandante, per cortesia!»
«Per cortesia niente. Ci sono già dei cadaveri, Schettino!»
«Quanti cadaveri ci sono?»
«A me lo chiede? Non lo so, ma ci sono, è lei che mi deve dire quanti ce ne sono!»
«Si rende conto che è buio e che qua non vediamo nulla?»
«E che vuole tornare a casa, Schettino? Ci sono ancora cento passeggeri sulla nave. Torni a bordo!»
«Ma noi abbiamo abbandonato la nave!»
«E lei con cento persone ancora a bordo mi abbandona la nave?»…
Al termine dell’udienza, dicevo, Schettino dichiarò: “Fu una telefonata tristemente famosa, inutile e provocatoria. De Falco perse l’autocontrollo”.
Cosa? “De Falco perse l’autocontrollo”? Pezzo d’imbecille, sei tu che hai perso pure la faccia abbandonando la nave, sei responsabile di un cimitero, ma che vai dicendo!?
A questo punto ho capito che sarebbe stato meglio se gli italiani avessero nominato il comandante De Falco presidente del Consiglio al posto di Renzi, mentre l’autore del macabro “inchino” all’Isola del Giglio avremmo dovuto incatenarlo allo scoglio che aveva aperto una falla di 70 metri nella nave: Schettino, monumento marino vivente dell’arroganza fatta Paese.
Quella stessa Italia che l’ha invitato all’Università, per fare una “Lectio Magistralis” ai nostri ragazzi.
Non ci si crede.
Mentre il peggio doveva ancora succedere.
In Italia lo schifo non ha fondo. Il comandante De Falco, invece di essere promosso, è stato silurato. «Sono molto amareggiato» ha dichiarato l’uomo che di fronte al mondo ci aveva consolato della figuraccia mortale di Schettino.
«Ho avuto notizia di essere stato rimosso dai miei incarichi operativi e che sarò trasferito in un ufficio amministrativo».
Mi sono tornate in mente le parole di un’intervista rilasciata poco prima di morire proprio da Mario Monicelli. «Gassman e Sordi ne “La Grande Guerra” avevano una loro spinta personale, un orgoglio, una dignità della persona che noi abbiamo perso, completamente.» Alla domanda come finirà l’Italia di oggi, il nostro grande regista rispose: «Come finisce questo film? Non lo so. Io spero che finisca con quello che in Italia non c’è mai stato: una bella botta, una bella rivoluzione. C’è stata in Inghilterra, in Francia, in Russia, in Germania, dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualcosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto, che è trecent’anni che è schiavo di tutti. Se vuole riscattarsi, il riscatto non è una cosa semplice. E’ doloroso, esige anche dei sacrifici. Se no, vada alla malora – che è dove sta andando, ormai da tre generazioni».
Italiani, tornate immediatamente a bordo, e gettiamola a mare questa gente!
Viva De Falco, cazzo!
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