venerdì 4 marzo 2022

Renzi statista “brucia” anche la Merkel. - Antonio Padellaro

 

L’aggressione criminale di Putin al popolo ucraino è così disperata, per chi la subisce, e così disperante per noi che osserviamo quella tempesta di bombe ogni giorno meno lontana, da renderci pronti ad afferrare qualsiasi speranza di tregua, anche la più labile e ipotetica. Saremmo disposti, perfino, a dare ascolto a Matteo Renzi, il quale ospite ieri di Myrta Merlino ha ribadito la proposta di nominare Angela Merkel inviato speciale Ue-Nato per trattare con il feroce zar della guerra. Sarebbe magnifico, abbiamo pensato, riconoscendoci pienamente nella figura dell’ex cancelliere tedesco, circondata dal prestigio, pressoché universale, che ha saputo raccogliere e conservare nel tempo. Per una volta, accantonate le nostre (e non solo nostre) pesanti riserve sulle opere e i giorni del rignanese, abbiamo pensato che un ex presidente del Consiglio quando lancia un nome così impegnativo per un negoziato talmente complesso saprà certamente di cosa sta parlando. Aggrappati a questo ipotetico fuscello di pace ci siamo voluti convincere che un qualche riscontro alla sua proposta Renzi l’avesse già ricevuto dalla diretta interessata. Accompagnato, perché no, da un qualche segnale di assenso dalle due parti in guerra. Poiché vogliamo credere che nessuno possa essere così irresponsabile da bruciare il nome di Angela Merkel per raccattare qualche titolo sui giornali. Però, nel pensarlo, abbiamo anche considerato che nell’Abc della diplomazia internazionale (ma anche nelle partite di tressette) se si ha una carta forte in serbo la si tiene coperta fino a quando non si ha la certezza di poterla giocare. Mentre meditavamo sospesi tra fiducia e diffidenza al senatore di Italia Viva è stato chiesto un commento alla proposta di una marcia per la pace in territorio ucraino avanzata dal segretario della Lega, Matteo Salvini. Quando Renzi, con l’abituale sorrisetto, ha risposto “meglio non commentare”, c’è venuto in mente, così senza volerlo, quel proverbio del bue che dice cornuto all’asino. In attesa che l’asino dia del somaro al bue.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/04/renzi-statista-brucia-anche-la-merkel/6514892/

Il cortigiano Johnny. - Marco Travaglio

 

Sgominati il direttore d’orchestra e la soprano russi alla Scala, respinto l’assalto della Brigata Dostoevskij all’Università Bicocca, attendevamo con ansia che qualcuno bombardasse l’hotel de Russie di Roma e la fermata Moscova della metro milanese, o boicottasse la griffe Moschino, o prendesse sul serio chi sul web propone di ribattezzare Ignazio La Russa “L’Ucraina” (Maurizio Mosca l’ha scampata bella, defungendo per tempo). Poi è giunto l’annuncio della Federazione Internazionale Felina che, “in segno di vicinanza verso gli ucraini”, ha deciso di “non registrare più gatti provenienti dalla Russia e mettere uno stop alla partecipazione degli allevatori russi alle esposizioni internazionali”. E abbiamo pensato che nessuno ne avrebbe più battuto il record di stupidità. Ma avevamo sottovalutato Johnny Riotta, che c’è riuscito in scioltezza su Repubblica con la lista di proscrizione “Destra, sinistra e no Green pass: identikit dei putiniani d’Italia. Da Savoini a Fusaro, da Barbara Spinelli a Mattei, Foa e Mutti, editore del fascio-putinista Dugin”. Un frittomisto scombiccherato e imbarazzante (non per lui, che non conosce vergogna e non ha mai la più pallida idea di ciò che dice, tipo quando negava in tv che l’articolo 1 della Costituzione affermi che la sovranità appartiene al popolo, ma per gli eventuali lettori). Piluccando da uno studio della Columbia University, forse per dimostrare la bruciante attualità de L’Idiota di Dostoevskij, il cortigiano Johnny frulla personaggi, storie, tesi diversi e spesso opposti, accomunando il leghista che chiedeva tangenti all’hotel Metropol di Mosca a chi osa obiettare al fumetto dell’Occidente buono, democratico e pacifista minacciato dal Nuovo Satana. Una barzelletta che farebbe scompisciare pure Kissinger, i migliori diplomatici Usa e il capo della Cia Burns, tutti molto critici sull’allargamento della Nato a Est.

Ma curiosamente Riotta, nella lista dei nemici pubblici, si scorda quei fottuti putinisti di Kissinger e Burns. E omette la Luiss, citata dalla Columbia fra gli amici della Russia, forse perché lui vi dirige una scuola di giornalismo (per mancanza di prove). In compenso ci infila la Spinelli, che scriveva su Rep quando era ancora un giornale e non il pannolone di Biden. E pure l’ex presidente Rai Marcello Foa, “commentatore di reti di propaganda russa”: cioè di Russia Today, che fino a sei anni fa usciva come inserto mensile di Rep. Il finale è un’istigazione ai rastrellamenti che piacerebbe un sacco a Putin e sarebbe un tantino inquietante, se Riotta lo leggesse e lo prendesse sul serio qualcuno: “Li riconoscete a prima vista: tutti hanno la stessa caratteristica”. Quella di pensare con la propria testa, ma soprattutto di averne una.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/04/il-cortigiano-johnny/6514852/

“Nomine irregolari al Comune di Firenze”. Renzi condannato: dovrà pagare 70mila €. - Gianluca Rosselli

 

Matteo Renzi è stato condannato dalla Corte dei conti per un danno erariale al Comune di Firenze di 70 mila euro. La sentenza di primo grado depositata ieri (ma l’udienza è del 4 novembre 2021) riguarda due incarichi giudicati irregolari all’epoca in cui era sindaco di Firenze, dal 2009 al 2013. Insieme al leader di Italia Viva, condannato a pagare un risarcimento di 69.738 euro, la Corte ha sanzionato anche due dirigenti comunali di allora: Sarina Liga condannata a pagare 313.821 euro e Claudio Martini sanzionato per 34.969 euro. I fatti in questione riguardano due incarichi di collaborazione nello staff dell’allora sindaco: la nomina di Marco Agnoletti a responsabile dell’ufficio per la comunicazione e di Bruno Cavini a portavoce del sindaco. I due incarichi, secondo la sentenza della Corte, sono di natura dirigenziale e potevano essere attribuiti solo a persone laureate, mentre, si legge nella sentenza, “Agnoletti aveva conseguito il diploma di scuola media superiore, mentre Cavini addirittura solo del diploma di scuola media inferiore”. Quindi, secondo i giudici contabili, i due avrebbero percepito “una retribuzione non proporzionata al titolo di studio posseduto”. Agnoletti (80 mila euro lordi annui), col suo diploma di maturità scientifica, e Cavini, con la terza media, erano dunque privi dei titoli. Agnoletti e Cavini non sono inquisiti, né sanzionati. La richiesta iniziale della procura era stata quantificata in 697 mila euro, ma la Corte ha deciso di abbassarla a 418.528 euro, suddivisi per il 45% a carico di Liga, per il 10% a Renzi e per il 5% a Martini. Agnoletti e Cavini erano due persone di fiducia di Renzi, che le ha volute con sé a Palazzo Vecchio per gestire la comunicazione. Agnoletti è il suo storico portavoce: dopo essere stato con lui a Firenze, l’ha seguito anche al Nazareno nel 2017, dopo che Renzi, dimessosi da presidente del consiglio nel 2016, è stato rieletto segretario del Pd. Mentre nel 2013 Agnoletti è rimasto a Firenze anche col nuovo sindaco, Dario Nardella, per cui ha ricoperto il ruolo di capo ufficio stampa e portavoce, con un contratto però non più da dirigente. Oggi Agnoletti non lavora più con la politica, ma ha una società di comunicazione, Jump, che tra i clienti annovera il Milan, Msc Crociere e Fabio Fazio. Sempre per vicende legate all’attribuzione, ma di altri incarichi a Firenze, Renzi è stato condannato altre due volte dalla Corte dei conti, ma in entrambi i casi è stato assolto in secondo grado. Anche in questo caso l’ex premier ricorrerà in appello.