L’aggressione criminale di Putin al popolo ucraino è così disperata, per chi la subisce, e così disperante per noi che osserviamo quella tempesta di bombe ogni giorno meno lontana, da renderci pronti ad afferrare qualsiasi speranza di tregua, anche la più labile e ipotetica. Saremmo disposti, perfino, a dare ascolto a Matteo Renzi, il quale ospite ieri di Myrta Merlino ha ribadito la proposta di nominare Angela Merkel inviato speciale Ue-Nato per trattare con il feroce zar della guerra. Sarebbe magnifico, abbiamo pensato, riconoscendoci pienamente nella figura dell’ex cancelliere tedesco, circondata dal prestigio, pressoché universale, che ha saputo raccogliere e conservare nel tempo. Per una volta, accantonate le nostre (e non solo nostre) pesanti riserve sulle opere e i giorni del rignanese, abbiamo pensato che un ex presidente del Consiglio quando lancia un nome così impegnativo per un negoziato talmente complesso saprà certamente di cosa sta parlando. Aggrappati a questo ipotetico fuscello di pace ci siamo voluti convincere che un qualche riscontro alla sua proposta Renzi l’avesse già ricevuto dalla diretta interessata. Accompagnato, perché no, da un qualche segnale di assenso dalle due parti in guerra. Poiché vogliamo credere che nessuno possa essere così irresponsabile da bruciare il nome di Angela Merkel per raccattare qualche titolo sui giornali. Però, nel pensarlo, abbiamo anche considerato che nell’Abc della diplomazia internazionale (ma anche nelle partite di tressette) se si ha una carta forte in serbo la si tiene coperta fino a quando non si ha la certezza di poterla giocare. Mentre meditavamo sospesi tra fiducia e diffidenza al senatore di Italia Viva è stato chiesto un commento alla proposta di una marcia per la pace in territorio ucraino avanzata dal segretario della Lega, Matteo Salvini. Quando Renzi, con l’abituale sorrisetto, ha risposto “meglio non commentare”, c’è venuto in mente, così senza volerlo, quel proverbio del bue che dice cornuto all’asino. In attesa che l’asino dia del somaro al bue.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 4 marzo 2022
Il cortigiano Johnny. - Marco Travaglio
Sgominati il direttore d’orchestra e la soprano russi alla Scala, respinto l’assalto della Brigata Dostoevskij all’Università Bicocca, attendevamo con ansia che qualcuno bombardasse l’hotel de Russie di Roma e la fermata Moscova della metro milanese, o boicottasse la griffe Moschino, o prendesse sul serio chi sul web propone di ribattezzare Ignazio La Russa “L’Ucraina” (Maurizio Mosca l’ha scampata bella, defungendo per tempo). Poi è giunto l’annuncio della Federazione Internazionale Felina che, “in segno di vicinanza verso gli ucraini”, ha deciso di “non registrare più gatti provenienti dalla Russia e mettere uno stop alla partecipazione degli allevatori russi alle esposizioni internazionali”. E abbiamo pensato che nessuno ne avrebbe più battuto il record di stupidità. Ma avevamo sottovalutato Johnny Riotta, che c’è riuscito in scioltezza su Repubblica con la lista di proscrizione “Destra, sinistra e no Green pass: identikit dei putiniani d’Italia. Da Savoini a Fusaro, da Barbara Spinelli a Mattei, Foa e Mutti, editore del fascio-putinista Dugin”. Un frittomisto scombiccherato e imbarazzante (non per lui, che non conosce vergogna e non ha mai la più pallida idea di ciò che dice, tipo quando negava in tv che l’articolo 1 della Costituzione affermi che la sovranità appartiene al popolo, ma per gli eventuali lettori). Piluccando da uno studio della Columbia University, forse per dimostrare la bruciante attualità de L’Idiota di Dostoevskij, il cortigiano Johnny frulla personaggi, storie, tesi diversi e spesso opposti, accomunando il leghista che chiedeva tangenti all’hotel Metropol di Mosca a chi osa obiettare al fumetto dell’Occidente buono, democratico e pacifista minacciato dal Nuovo Satana. Una barzelletta che farebbe scompisciare pure Kissinger, i migliori diplomatici Usa e il capo della Cia Burns, tutti molto critici sull’allargamento della Nato a Est.
Ma curiosamente Riotta, nella lista dei nemici pubblici, si scorda quei fottuti putinisti di Kissinger e Burns. E omette la Luiss, citata dalla Columbia fra gli amici della Russia, forse perché lui vi dirige una scuola di giornalismo (per mancanza di prove). In compenso ci infila la Spinelli, che scriveva su Rep quando era ancora un giornale e non il pannolone di Biden. E pure l’ex presidente Rai Marcello Foa, “commentatore di reti di propaganda russa”: cioè di Russia Today, che fino a sei anni fa usciva come inserto mensile di Rep. Il finale è un’istigazione ai rastrellamenti che piacerebbe un sacco a Putin e sarebbe un tantino inquietante, se Riotta lo leggesse e lo prendesse sul serio qualcuno: “Li riconoscete a prima vista: tutti hanno la stessa caratteristica”. Quella di pensare con la propria testa, ma soprattutto di averne una.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/04/il-cortigiano-johnny/6514852/