La Lega non sostiene la ’ndrangheta. È la‘ndrangheta che sostiene la Lega. O almeno alcuni dei suoi uomini di spicco. Stando ad alcune anticipazioni pubblicate ieri dal Corriere della Sera eLibero, nel libro Metastasi (edizioni Chiarelettere) il pentito Giuseppe Di Bella ricostruisce come, dal 1990, il clan di Franco Coco Trovato (ergastolano al 41 bis) a Lecco scelse di sostenere un dirigente del Carroccio portandolo, a colpi di voti, fino a importanti incarichi di governo. Un politico che nel libro viene chiamato “gamma”, per coprirne l’identità in vista di possibili indagini.
E il 1990 è l’anno in cui la Lega registra il suo primo boom in Lombardia: 1 milione 183 mila voti, il 18,9% delle preferenze alle regionali. Un anno chiave, dunque. Immediata la reazione di Roberto Castelli: “Di Bella è uno dei tanti mistificatori che purtroppo abbondano nel mondo dei pentiti”.
Il senatore del Carroccio ha deciso di intervenire in difesa del suo partito. “Leggo su alcuni quotidiani – ha scritto ieri a metà pomeriggio sul suo profilo Facebook e immediatamente ripreso dalle agenzie di stampa – che sarebbe saltato fuori il solito pentito che parla di un esponente leghista che avrebbe fatto accordi con il clan Coco Trovato a Lecco nel 1990. In quegli anni soltanto la Lega combatteva la mafia”, sostiene Castelli. “È troppo comodo lanciare accuse e insinuazioni a cui non si può ribattere, con l’evidente tentativo di fermare l’avanzata della Lega in Lombardia”, aggiunge. “Invito questo ‘signor pentito’ a fare nomi e cognomi. I riscontri diranno se ha detto la verità o se è uno dei tanti mistificatori che purtroppo abbondano nel mondo dei pentiti. Da un lato ci sono le affermazioni di un mafioso, dall’altro la storia della Lega che è sotto gli occhi di tutti”.
Castelli la realtà di Lecco la conosce fin troppo bene. Qui è nato nel 1946, qui è cresciuto politicamente nel Carroccio. Qui è stato eletto per la prima volta alla Camera nel 1992. E da allora non è mai uscito dai Palazzi, riconfermandosi a ogni elezione tra i più votati. E’ stato ministro della Giustizia nel secondo e terzo governo Berlusconi, oggi è viceministro ai trasporti e alle infrastrutture. Importanti incarichi di governo svolti sempre con la benedizione del “capo” Umberto Bossi. Tanto che il senatùr lo vuole insediare alla presidenza della Regione Lombardia, patria del Carroccio. Ma è anche il territorio in cui la ‘ndrangheta ha allungato le mani sui grandi affari, dove si è insidiata e insediata nella gestione delle estorsioni, dell’usura, del traffico di droga.
Una realtà che Di Bella fotografa nel libro con dovizia di particolari. Racconta dell’ascesa al potere di Coco Trovato. Ricostruisce almeno quattro omicidi irrisolti e racconta episodi ormai finiti nel dimenticatoio dei “casi stravaganti”. Come il tentativo di trafugare le ceneri di Gianni Versace la notte di San Silvestro. “La ‘ndrangheta – riporta il Corriere della Sera – ci aveva dato un anticipo di 150 milioni di lire e ci aveva ordinato di rubare l’urna con le ceneri dello stilista”. La parte più rilevante del libro, stando alle anticipazioni, rimane quella dedicata ai rapporti con la politica. Con la Lega, di nuovo tirata in ballo. Con ancora gli echi della polemica scaturita dalle dichiarazioni di Roberto Saviano. Quella frase, “l’organizzazione mafiosa al nord interloquisce con la Lega”, che ha scaturito la reazione scomposta del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Frase che il libro ripete, entrando nello specifico: città di Lecco, anno 1990, “gamma” grazie ai voti della ‘ndrangheta arriva a importanti incarichi di governo.
E il 1990 è l’anno in cui la Lega registra il suo primo boom in Lombardia: 1 milione 183 mila voti, il 18,9% delle preferenze alle regionali. Un anno chiave, dunque. Immediata la reazione di Roberto Castelli: “Di Bella è uno dei tanti mistificatori che purtroppo abbondano nel mondo dei pentiti”.
Il senatore del Carroccio ha deciso di intervenire in difesa del suo partito. “Leggo su alcuni quotidiani – ha scritto ieri a metà pomeriggio sul suo profilo Facebook e immediatamente ripreso dalle agenzie di stampa – che sarebbe saltato fuori il solito pentito che parla di un esponente leghista che avrebbe fatto accordi con il clan Coco Trovato a Lecco nel 1990. In quegli anni soltanto la Lega combatteva la mafia”, sostiene Castelli. “È troppo comodo lanciare accuse e insinuazioni a cui non si può ribattere, con l’evidente tentativo di fermare l’avanzata della Lega in Lombardia”, aggiunge. “Invito questo ‘signor pentito’ a fare nomi e cognomi. I riscontri diranno se ha detto la verità o se è uno dei tanti mistificatori che purtroppo abbondano nel mondo dei pentiti. Da un lato ci sono le affermazioni di un mafioso, dall’altro la storia della Lega che è sotto gli occhi di tutti”.
Castelli la realtà di Lecco la conosce fin troppo bene. Qui è nato nel 1946, qui è cresciuto politicamente nel Carroccio. Qui è stato eletto per la prima volta alla Camera nel 1992. E da allora non è mai uscito dai Palazzi, riconfermandosi a ogni elezione tra i più votati. E’ stato ministro della Giustizia nel secondo e terzo governo Berlusconi, oggi è viceministro ai trasporti e alle infrastrutture. Importanti incarichi di governo svolti sempre con la benedizione del “capo” Umberto Bossi. Tanto che il senatùr lo vuole insediare alla presidenza della Regione Lombardia, patria del Carroccio. Ma è anche il territorio in cui la ‘ndrangheta ha allungato le mani sui grandi affari, dove si è insidiata e insediata nella gestione delle estorsioni, dell’usura, del traffico di droga.
Una realtà che Di Bella fotografa nel libro con dovizia di particolari. Racconta dell’ascesa al potere di Coco Trovato. Ricostruisce almeno quattro omicidi irrisolti e racconta episodi ormai finiti nel dimenticatoio dei “casi stravaganti”. Come il tentativo di trafugare le ceneri di Gianni Versace la notte di San Silvestro. “La ‘ndrangheta – riporta il Corriere della Sera – ci aveva dato un anticipo di 150 milioni di lire e ci aveva ordinato di rubare l’urna con le ceneri dello stilista”. La parte più rilevante del libro, stando alle anticipazioni, rimane quella dedicata ai rapporti con la politica. Con la Lega, di nuovo tirata in ballo. Con ancora gli echi della polemica scaturita dalle dichiarazioni di Roberto Saviano. Quella frase, “l’organizzazione mafiosa al nord interloquisce con la Lega”, che ha scaturito la reazione scomposta del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Frase che il libro ripete, entrando nello specifico: città di Lecco, anno 1990, “gamma” grazie ai voti della ‘ndrangheta arriva a importanti incarichi di governo.