giovedì 18 novembre 2010

Il 'fuoriuscito' Carlo Taormina e i veleni sul Pdl



Carlo Taormina, 70 anni, ex sottosegretario agli Interni del governo Berlusconi è stato uno degli avvocati di punta e grande consigliere delCavaliere fino al 2008, quando ha mollato il premier e il partito, uscendo anche dal Parlamento. Anche se a ilfattoquotidiano.itprecisa: “Veramente sono stato cacciato dal Pdl“. Nel giorno della presentazione nel tempio del cabaret e della satira di destra, Il bagaglino, del suo nuovo partito di centrodestra, Lega Italia, racconta della ‘crisi morale’ nel Pdl, di favori sessuali nella politica per arrivare a ottenere un seggio, delle sue serate ad Arcore e del suo rapporto di lavoro con Nadia Macrì, la escort emiliana che ha raccontato ai magistrati dellaProcura di Palermo di incontri a sfondo sessuale con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, presentatagli dal ministro Renato Brunetta.
Di David Perluigi, riprese e montaggio Paolo Dimalio.


Slot in nero, sconto di governo




Ottantotto miliardi di euro o appena 30 milioni? Il grande scandalo slot machine è arrivato al capitolo finale: tra sessanta giorni sapremo quanto le società concessionarie dovranno versare allo Stato. L’accusa ieri ha ribadito la sua richiesta:quasi novanta miliardi, la somma più alta mai pretesa dalla procura contabile nella storia d’Italia. Ma la Commissione incaricata dal ministero dell’Economia ha indicato una somma cento volte più bassa. Insomma, i tecnici designati dal governo hanno previsto un mega-sconto per le concessionarie. E non basta: il Consiglio di Stato ha suggerito criteri di calcolo per poche decine di milioni, un tremillesimo della somma chiesta dall’accusa.

Ieri si è svolta l’udienza conclusiva alla Corte dei Conti. Con un primo colpo di scena: respinte le istanze di rinvio e di annullamento presentate dalle concessionarie. Quindi la parola è passata alla Procura. Che non ha abbassato di una virgola la cifra stabilita nel 2007: 88 miliardi. Una richiesta basata sull’applicazione delle penali previste tra Stato e concessionari nel 2004. Insomma, semplicemente chiedendo che sia applicata la convenzione, come si pretenderebbe da un cittadino qualsiasi. I colossi dei giochi si troverebbero a pagare somme che quasi risanerebbero i conti pubblici italiani: 31 miliardi e 390 milioni soltanto per il concessionario Atlantis World. Un tesoro, ma bisogna tenere presente che soltanto nei primi sei mesi del 2010 gli operatori del settore hanno incassato 15 miliardi.

Le richieste minime
La Procura però ha avanzato due ipotesi subordinate: la prima prevede che la somma sia equivalente all’80% dell’aggio percepito dai concessionari nel periodo da settembre 2004 a gennaio 2007. Certo, sarebbe già un bel taglio: si passerebbe a 2,7 miliardi. Il Pm specifica nell’atto la somma pretesa da ogni concessionario: 845 milioni per Atlantis, il colosso delle slot. Ma se anche questa richiesta non fosse accolta, il pm Marco Smiroldo propone che i concessionari “siano condannati al risarcimento del danno che il collegio stimerà equo”.

E qui ecco spuntare un’altra stima e una storia passata praticamente sotto silenzio: il ministero dell’Economia negli anni scorsi ha dato incarico a una commissione di indicare i criteri per il calcolo delle somme da pagare. I tre esperti, guidati dall’ex ragioniere dello Stato Andrea Monorchio, hanno proposto una “rimodulazione” delle penali che porterebbe – secondo i Monopoli – a circa 800 milioni di euro. E siamo già scesi a meno di un centesimo dei famosi 88 miliardi (98 secondo le primissime stime).

Basta? Nemmeno per sogno. Nella corsa al ribasso il Consiglio di Stato ha indicato un criterio ancora più favorevole: “Il limite massimo delle penali irrevocabili… non dovrebbe essere comunque superiore all’11% del valore medio del compenso per la gestione telematica degli apparecchi da gioco spettante al concessionario nello stesso anno, secondo i dati dei cespiti della gestione riferita a quell’anno in possesso dei Monopoli”. Sembra cinese per i non addetti ai lavori: significa che nelle casse dello Stato andrebbero una trentina di milioni. Un tremillesimo di quello che ha calcolato la Procura della Corte dei Conti.

Un “giovane” tenace
Ma il vero protagonista dell’udienza e di questo procedimento interminabile è senza dubbio Marco Smiroldo, il pubblico ministero. Chissà, forse quando l’inchiesta è partita le società si erano rallegrate che il fascicolo fosse finito sulla scrivania di questo magistrato, uno dei più giovani della Procura della Corte dei Conti. Un pm ragazzino – eravamo nel 2006 – di appena trentacinque anni per affrontare società che maneggiano miliardi di euro, che hanno agganci ai livelli più elevati della politica. E non solo.

Quanto quell’impressione fosse sbagliata lo hanno dimostrato gli eventi successivi. Smiroldo non è certo un magistrato che ami i riflettori, ma è un uomo di legge fino al midollo, che chiede soltanto l’applicazione delle regole. Ha condotto l’inchiesta fino alla fine, senza modificare la sua linea contro cui si sono scatenati tanti poteri forti.

E ascoltare la sua requisitoria ieri ha riservato ulteriori clamorose sorprese sullo scandalo: si scopre così che lo Stato ha pagato per la pubblicità dei giochi d’azzardo “legali” oltre 13,7 milioni tra il 2004 e il 2007. Una fortuna, a tutto vantaggio degli affari delle concessionarie.

Smiroldo ha chiesto la restituzione della somma: “Il mancato collegamento degli apparecchi ha impedito il controllo telematico sul gioco, che soltanto se controllato è lecito, quindi non poteva pubblicizzarsi come lecito un gioco che in realtà non lo era: si è pagata, pertanto, una sorta di pubblicità ingannevole”. Quindi, sostiene la Procura, agli altri danni deve aggiungersi quello per la campagna pubblicitaria sul cosiddetto ‘gioco lecito’, pari a 13.773.360 euro”.


L’ultima beffa
Non basta. C’è un ulteriore danno pubblico: si scopre che la Sogei (Società Generale di Informatica, soggetto controllato dallo Stato) ha speso inutilmente 26,9 milioni: “Ad aumentare la dimensione del danno erariale – ha detto Smiroldo – contribuiscono anche le spese sostenute per il servizio di gestione operativa del sistema di controllo degli apparecchi messo a disposizione da Sogei, ma rimasto sostanzialmente inutilizzato almeno fino al gennaio 2007, per un danno pari a circa euro 26.982.000”. Adesso la parola spetta al giudice.

di Marco Lillo e Ferruccio Sansa

da
il Fatto quotidiano del 12 ottobre 2010


Governo schizofrenico, combatte la ludopatia aumentando i giochi






Con la mano destra il governo firma un decreto per combattere le patologie legate al “gioco compulsivo”. Con la sinistra si impegna ad introdurre “nuove tipologie di giochi, impegnandosi ad avviare le procedure occorrenti al loro affidamento in concessione”. Per scoprire una netta contrapposizione tra idea e azione, tra intenzioni dichiarate e fatti, non occorre incrociare dati e fare lunghe verifiche. Basta leggere per intero il comma 78 dell’articolo uno del maxi emendamento alla legge di Stabilità, attualmente in discussione alla Camera. La schizofrenia del governo è messa a nudo dalla commissione Antimafia, che oggi ha votato all’unanimità un testo durissimo – relatore Luigi Li Gotti dell’Idv – sui profili del riciclaggio connessi al gioco lecito e illecito, in cui si manifesta “profondo allarme per le ipotesi di incremento degli strumenti del gioco”.

L’articolo del maxi emendamento, al punto f promette: “Con decreto interdirigenziale del ministero dell’Economia e del Ministero della Salute sono adottate, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, linee di azione per la prevenzione, il contrasto ed il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente al gioco compulsivo”. Poi, al punto m precisa: “Anche per aggiornare l’attuale palinsesto dei giochi, con decreto direttoriale dell’Aams sono introdotte e disciplinate nuove tipologie di giochi e, ove necessario, conseguentemente avviate le procedure amministrative al loro affidamento in concessione”. Una tendenza che è oggetto di critiche da parte del Comitato sul riciclaggio (che ha curato la relazione oggi approvata in commissione): “E’ necessario fermare questa deriva – si legge nel documento – e segnalare con forza quanto possano risultare effimere tali siffatte “entrate” da “tassazione indiretta” e quanto, invece, siano progressivamente devastanti i danni e i costi per i singoli e per la collettività”. Nel 2006, secondo i Monopoli di Stato, gli introiti del gioco erano di 15,4 miliardi. Nel 2009 hanno invece sfiorato i 54 miliardi, con un aumento quasi del 400 per cento. Ma guardando le stime della Guardia di Finanza, che comprendono anche l’abusivismo, le cifre raddoppiano. “Analizzando questi dati – spiega il senatore Luigi Li Gotti – si può dire che ogni italiano, neonati compresi, gioca ogni anno 2mila euro. Considerando la stima per difetto di un milione di giocatori abituali, la cifra pro capite è enorme e spiega fenomeni come l’usura e la distruzione di migliaia di famiglie”.

Il documento approvato dalla commissione Antimafia, che ora sarà trasmesso ai presidenti delle Camere, spiega chiaramente come il settore del gioco, anche lecito, sia infiltrato dalle organizzazioni criminali (nel 2010 sono state più di trenta le inchieste giudiziarie sul gioco, direttamente riferibili alle mafie). Chiede maggiori controlli su licenze e concessioni. E illustra il danno sociale provocato da questo settore: “Il settore gioco costituisce il punto di incontro di gravi distorsioni dell’assetto socio-economico quali, in particolare, l’esposizione dei redditi degli italiani a rischio di erosione; l’interesse del crimine organizzato, la vocazione “truffaldina” di concessionari che operano in regime di quasi monopolio; il germe di altri fenomeni criminali come usura, estorsione, riciclaggio. E sottrazione di ingenti risorse destinate all’erario”. Da qui la conclusione, che chiama in causa esplicitamente forme di gioco come gratta e vinci, lotto e gioco via internet oltre, naturalmente, a slot machine e videopoker: “La diffusione estesa sul territorio delle più fantasiose forme di “tassazione indiretta”, in verità alimentano la “malattia del gioco”, invece di curarla.

Va detto che il maxi emendamento prevede anche una stretta sulla trasparenza dei concessionari del gioco. Ad approvazione avvenuta, infatti, le società avranno sei mesi per comunicare tutte le quote di proprietà superiori al 2%. In questo modo, teoricamente, situazioni di scarsa trasparenza societaria come quella di BetPlus, principale concessionario delle slot machine con sede nei paradisi fiscali caraibici (e mai chiarito assetto proprietario), dovrebbero essere spiegate. Ma la soluzione appunto è teorica. Perché non è difficile per chi ha già elaborato una serie di scatole societarie estere, elaborare una nuova struttura con quote al 2%.

In attesa di vedere se quella del governo sarà realmente una stretta, la commissione, che ha individuato un programma di audizioni che comprendono i vertici di Guardia di Finanza e Monopoli di Stato, ha anche proposto una rielaborazione della disciplina delle concessioni e delle licenze in materia di giochi e scommesse, proponendo la modifica dell’articolo 88 del Tulps (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) per fare in modo che anche le società estere che lavorano su piattaforma (digitale) con e senza intermediari nel nostro Paese siano censibili. E abbiano l’obbligo di possedere una regolare licenza.

di Fabio Amato e Simone Ceriotti