venerdì 26 giugno 2015

Il buco nero più attivo mai visto nella galassia.


Rappresentazione artistica di un buco nero che divora la sua stella (fonte: UzaY Sitesi)

Staffetta di telescopi spaziali sta inviando dati.


Una vera e propria 'staffetta' di telescopi spaziali e basati a Terra sta inviando immagini e dati sul buco nero più attivo mai visto nella galassia, mentre sta divorando una piccola stella vicina 'ingoiando' brandelli di materia, rende noto l'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).
''La gravità del buco nero accelera la materia a velocità vicine a quella della luce, raggiungendo temperature elevatissime'', ha detto Pietro Ubertini, dell'Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (Iaps) dell'Inaf.

A diffondere le prime notizie sulla coppia più 'brillante' della Via Lattea sono stati dei Telegrammi Astronomici (Atel), ossia il più veloce 'passaparola' per gli astronomi di tutto il mondo. L'oggetto luminoso è formato dalla piccola stella chiamata V404 Cygni, delle dimensioni del nostro Sole, e dal buco nero GS2023+338, la cui massa è 10 volte superiore a quella del Sole. E' stata scoperta 25 anni fa dal satellite giapponese Ginga, ''ma poi si è 'spenta' ed è rimasta così per oltre 20 anni'', ha detto Ubertini.
''Solo la settimana scorsa - ha aggiunto - Swift ha visto un'emissione molto forte e ha dato l'allerta''.

Lanciato nel 2004 dalla Nasa, il satellite è stato realizzato in collaborazione con Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e Consiglio britannico per le ricerche di Astronomia e Fisica delle particelle (Pparc).
Dopo l'allerta di Swift il telescopio spaziale, Integral, dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), ha dimostrato che il 'super-buco nero' è un evento davvero unico. Lo ha visto in particolare lo strumento Ibis, specializzato nel rilevare i raggi gamma e del quale è responsabile Ubertini. Adesso tutti i satelliti astronomici in orbita stanno modificando i loro programmi osservativi a brevissima scadenza per osservare l'evoluzione del buco nero.

Da queste prime osservazioni risulta che la coppia formata dal buco e nero e dalla sua compagna è l'oggetto cosmico 50 volte più 'brillante' rispetto agli oggetti che finora detenevano il record, come la pulsar che si trova nella nebulosa del Granchio e il buco nero Cygnus X-1.

Pensioni, al via i rimborsi ad agosto: 796 euro lordi in più a chi ne prende 1.500.

Pensioni, al via i rimborsi ad agosto: 796 euro lordi in più a chi ne prende 1.500

Dal primo agosto prossimo l’Inps pagherà a titolo di arretrati la rivalutazione delle pensioni sancita dalla sentenza della Consulta e recepita dal decreto legge del governo: dal 2016 arriverà un aumento mensile di 41 euro lordi e con tassazone ordinaria. Rimborsi anche per gli eredi.

Quasi 800 euro lordi di rimborso una tantum ad agosto (per il periodo gennaio 2012- agosto 2015) per un pensionato che percepisce un assegno da 1.500 euro (sempre lordi), poi il trattamento mensile salirà a 1.525 euro circa per arrivare a 1.541 euro dal 2016. Questo il contenuto della circolare Inps che, confermando le simulazioni pubblicate nelle scorse settimane, fornisce le istruzioni applicative del “bonus Poletti”, cosi come ha definito Matteo Renzi l’articolo 1 del decreto 65 con cui il governo ha messo una toppa dopo la sentenza della Consulta che ha definito incostituzionale il blocco dell’indicizzazione per gli assegni superiori a tre volte il minimo voluta dal tandem Monti-Fornero.
Il rimborso, aveva già avuto modo di spiegare già il presidente dell’Inps Tito Boeri, è automatico e i 3,7 milioni di pensionati coinvolti se lo vedranno quindi aggiungere all’assegno previdenziale di agosto, senza bisogno di fare domanda. Ma ora l’Istituto di previdenza descrive in dettaglio anche la misura della rivalutazione automatica per gli anni 2012, 2013 e 2014 e che interessa solo le pensioni da 3 volte il minimo fino a 6 volte. Meglio, però, non sottovalutare che il calcolo dei rimborsi è sempre al lordo. Così le somme restituite negli anni 2012-14 saranno assoggettate a tassazione separata e, quindi, più favorevole perché calcolate sulla base dell’aliquota media senza applicare le addizionali locali. Ma, invece, le somme maturate dal 2015 saranno assoggettate a tassazione ordinaria. In questo caso, ipotizzando un’aliquota media del 27%, per ogni 10mila euro erogati, 2mila e 7oo euro andranno in imposte.
Come funziona il rimborso
Per il 2012 e 2013 i pensionati percepiranno un reintegro del 100% per tutti i trattamenti di importo complessivo fino a tre volte il minimo. Percentuale che scende al 40% per gli assegni superiori a 3 volte il minimo e fino a 4 volte, al 20% per quelli tra 4 e 5 volte il minimo, per poi toccare quota 10% per quelli tra 5 e 6 volte il minimo.
Per il 2014 e il 2015, invece, la rivalutazione sarà riconosciuta a partire dalle pensioni superiori a 3 volte il minimo e fino a 6 volte e sarà pari al 20% della percentuale assegnata per ogni fascia di reddito per gli anni 2012-2013.
pensioni 1Esempio
Le pensioni superiori a 3 volte il minimo e pari o inferiori a 4 volte il minimo (cioè la classe più popolosa degli aventi diritto a rimborso) percepiranno dal primo agosto una rivalutazione complessiva una tantum di 796,27 euro calcolando gli arretrati 2012-2015. In particolare saranno restituiti 210,6 euro per il 2012 e 447,2 per il 2013. Per il 2014 e 2015, invece, la restituzione sarà pari rispettivamente a 89,96 euro e 48,51 euro.
Il meccanismo di calcolo dell’Inps
Riservato agli amanti dei calcoli complessi, si basa tutto sull’incremento del primo biennio che costituisce la base di calcolo per gli anni successivi e viene riconosciuto in misura pari: al 20% dell’aumento ottenuto nel biennio 2012-2013 per gli anni 2014 e 2015; al 50% dell’aumento ottenuto nel biennio 2012-2013, relativamente al 2016.
Quindi, numero alla mano, alle pensioni il cui importo è superiore a tre volte il trattamento minimo verrà attribuita la percentuale di perequazione prevista per il 2012 (pari al 2,7%) nella seguente misura: il 20% del 40% fino a quattro volte il minimo (1.500-2.000 euro circa), il 20% del 20% fino a cinque volte (2.000-2.500 euro circa) e il 20% del 10% fino a sei volte (2.500-3.000 euro circa).
Nella stessa misura verrà attribuita alle pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo la percentuale di perequazione previsita per il 2013, pari al 3%.
Pertanto, in base a questi nuovi incrementi si determina il valore del rimborso e il nuovo assegno pensionistico a partire dal 2016. In particolare, le percentuali di perequazione per gli anni 2012 e 2013 vengono incrementate con queste modalità: il 50% del 40% fino a quattro volte il minimo, il 50% del 20% fino a cinque volte e il 50% del 10% fino a sei volte.pensioni 2
Rimborso anche agli erediIl rimborso è esteso anche gli eredi che avranno diritto ai rimborsi delle pensioni superiori a tre volte il minimo. L’Inps precisa, infatti, che i pagamenti riguarderanno “anche le pensioni che al momento della lavorazione risulteranno eliminate” e che “il pagamento delle spettanze agli aventi titolo sarà effettuato a domanda nei limiti della prescrizione”. In questo caso, quindi, il rimborso non è automatico ma va presentata una domanda all’Inps prima che scatti la prescrizione.
I conti tornano?
Durante l’audizione parlamentare del 16 giugno, il presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, Giuseppe Pisauro, ha spiegato che “la fascia di pensionati con assegni tra le tre e le quattro volte il minimo (tra 1.500 e 2.000 euro) riceverà solo circa i due terzi delle risorse stanziate dal governo”, vale a dire il 12%, confermando che “il totale delle risorse messe a disposizione dal governo – pari a 2,2 miliardi di euro – sono stati attinti in larga parte dal tesoretto contenuto nel Def e dato dalla differenza tra deficit/Pil tendenziale e programmatico”.

l'ov is in the air.



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“Conti in rosso per 500 milioni di euro”. La Grande Milano già rischia di fallire. - Thomas Mackinson

“Conti in rosso per 500 milioni di euro”. La Grande Milano già rischia di fallire

Dopo Roma, la nuova grana del governo è Milano. La legge Delrio che ha cancellato la Provincia ha scaricato sulla Città metropolitana i debiti dell'ente soppresso e insieme ai tagli ai trasferimenti sottrae quasi 500 milioni di euro in tre anni al motore economico dell'Italia. Pisapia non ci sta: aveva programmato un'uscita di scena in punta di piedi, deve invece battere i pugni sul tavolo. I candidati a sostituirlo ne approfittano per aprire la campagna elettorale. E Roma, per ora, tace.

Non solo Roma e Mafia Capitale. Si materializza un’altra grana per il governo di Matteo Renzi. La Grande Milano che ha voluto e varato è appena nata e già  rischia di fallire, facendo virare sul rosso anche la “rivoluzione arancione” del suo sindaco, quel Giuliano Pisapia che voleva uscire di scena in punta di piedi e si ritrova invece a battere i pugni sul tavolo del governo. Sembra un fulmine a ciel sereno, in realtà il rischio default era stato rappresentato per tempo a Palazzo Chigi. Tutto nasce dalla riforma Delrio, quella che per i gufi premonitori era un gigantesco “pasticcio” e si scopre ora una ciambella col buco. Il buco è appunto quello della Città metropolitana di Milano, l’ente di area vasta che assorbe l’ex provincia e ne eredita anche il  debito: 94 milioni di euro. La scoperta ha mandato su tutte le furie il sindaco che giovedì scorso ha mollato su due piedi la first lady d’America, Michelle Obama, in visita all’Expo per volare a Roma a recapitare un messaggio a Palazzo Chigi: la città metropolitana rischia di sprofondare sotto il combinato disposto dei tagli ai trasferimenti al nuovo ente e dei debiti che eredita dalla disciolta provincia. Un’emergenza conti che diventa un boccone amarissimo per Pisapia e assai goloso per i candidati alla sua successione.
I conti in rosso: 500 milioni di bucoI numeri parlano chiaro. Il bilancio preventivo 2015 della Città Metropolitana sconta pesantemente la serie di tagli programmati dal governo agli enti di primo livello che sono stati fissati in un miliardo di euro, con una ricaduta sul capoluogo lombardo di 27 milioni nel 2015, il doppio nel 2016 e nel 2017 di 54 milioni. Così, lo squilibrio nei conti si attesterà a 94 milioni quest’anno, 163 milioni nel 2016 e altri 212 nel 2017. In tutto sono 500 milioni di euro. Poco o nulla, nel frattempo, è arrivato dalla rimodulazione del decreto sugli enti locali che doveva attenuare la corsa ai tagli: gli effetti del decreto si riducono essenzialmente al risparmio sullo sforamento del Patto di Stabilità della defunta Provincia, quantificato da 60 a 10 milioni. Il debito contratto defluisce dalle scritture contabili dell’ente morto. L’allarme risuona a sirene spiegate: per non portare i libri in tribunale ed evitare il commissariamento tocca correre ai ripari entro il 31 di luglio, un mese e poco più. Da contabile la vicenda diventa subito politica, perché nel 2016 si vota e i candidati in corsa che scaldano i motori si vedono già apparecchiato, sul piatto d’argento, un bellissimo boccone per cui scannarsi.
Le accuse di Passera e Gelmini, già in campagna elettoraleA cogliere la palla al balzo, ad esempio, è Corrado Passera, candidato a sindaco nel 2016 con la sua Italia Unica: “Ancora un volta emerge un buco di bilancio, e stavolta ci va di mezzo la Grande Milano. Ancora una volta comincia un rimpallo di responsabilità tra il sindaco e Palazzo Chigi su chi e come deve “ripianare”. Uno scaricabarile a cui i cittadini sono stanchi di assistere”. Stessi bersagli individuati dalla coordinatrice regionale di Fi, Mariastella Gelmini: “Non è Milano che affonda con la Città metropolitana: ad affondare è la sinistra milanese e nazionale e la sua costante, immutabile inconcludenza. Nel 2011 hanno promesso la “primavera” arancione per Milano, fallita a poco più di metà mandato con la rinuncia del sindaco a ricandidarsi e nessuna realizzazione del programma. Ora anche la Città metropolitana naufraga dopo alate promesse e decine di convegni a base di favole. Invece che abolire le Provincie e distribuire le competenze tra Comuni e Regioni, il governo ha creato un carrozzone vuoto con la Delrio. Ora naufraga nei debiti, con un surreale scaricabarile tra il Pd milanese e il Pd governativo”.
Via alle svendite di fine stagione: caserme, prefettura e immobili di lusso.Intanto la Grande Milano si prepara alle svendite per tappare una parte del buco. La Città metropolitana è pronta a vendere Palazzo Diotti, la storica sede della Prefettura e un paio di caserme che ora ospitano polizia e forze dell’ordine. Il piano di rientro allo studio del sindaco è subordinato alla possibilità di poter utilizzare almeno il 50 per cento proveniente dalle dismissioni del patrimonio immobiliare per la spesa corrente. Il palazzo e le caserme, spiega il Corriere della Sera, dovrebbero essere già inserite nel primo lotto del fondo Invimit, la società di gestione del risparmio del ministero dell’Economia e delle Finanze, dove confluiscono gli immobili delle Città metropolitane e delle Province che non sono più funzionali agli scopi dei nuovi enti. Chiaramente la funzione pubblica resta preservata e quindi non ci sarà nessuno “sfratto” della Prefettura o delle forze dell’ordine. Il valore degli immobili collocati nel fondo varia tra gli 80 e i 90 milioni di euro, a cui si aggiungerebbero i 38,7 milioni per la vendita del palazzo di corso di Porta Vittoria che è stato “prenotato” con una proposta irrevocabile.
Il “tradimento” di Pisapia, padre nobile della Grande MilanoE tuttavia il pasticcio politico resta. Per Pisapia e la sinistra milanese diventa un peso enorme in vista della competizione del 2016. Ci sono poi da rilevare due aspetti che possono fare la differenza nei rapporti sull’asse Roma-Milano. Il primo è che proprio Pisapia è stato tra i “padri nobili” delle città metropolitane. Lo raccontava lui stesso, in una lettera, durante lo sfibrante confronto parlamentare sulla riforma Delrio. “Oltre dieci anni fa – ricordava Pisapia – quando si è discusso del titolo V della Costituzione ero stato tra i proponenti della Città metropolitana. Nella stessa seduta avevo anche presentato un emendamento per una graduale soppressione delle province che, invece,  non è stato accolto”. Insomma, il padre nobile non riconosce la sua “creatura” per come la disegna il governo Renzi. Pisapia, va detto, aveva pure lanciato l’allarme per tempo, definendo Milano come una “Ferrari senza benzina”, e avvertendo il governo sul rischio di non riuscire a garantire più servizi essenziali come la manutenzione delle strade, i servizi scolastici, gli aiuti ai disabili.
La beffa dei congedi in rosso: la Moratti lasciò un buco da 186 milioni.
Ma c’è di più. Se si torna al 2011 si comprende meglio il furore che ha colto Pisapia il “mite”, quello della “rivoluzione gentile”. Quando si è insediato a Palazzo Marino, il neo sindaco di Milano e il suo assessore al bilancio Bruno Tabacci scoprirono nei conti del Comune un buco da 186 milioni di euro lasciato in eredità dall’amministrazione Moratti. “Siamo davanti a un disavanzo potenziale che rischia di mettere in ginocchio la città”, accusavano. E ora a Pisapia, dopo quattro anni di governo della città, non pare vero di ritrovarsi nella stesa situazione, con i candidati sindaco che banchettano sul “pasticcio”, imputandogli di aver lasciato la città coi conti in rosso. Ecco perché ha messo da parte il suo fair-play, ecco perché picchia i pugni sul tavolo. Il fallimento della città, ragiona il sindaco, non può essere la mia targa di addio alla Grande Milano.