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lunedì 9 ottobre 2023

Cassazione: va garantito un salario minimo costituzionale. - Giuseppe Bulgarini d'Elci

 


La Suprema corte, chiarisce che il salario minimo fissato per legge non è esente da una verifica del giudice sulla congruità rispetto ai parametri costituzionali della giusta retribuzione.

La presenza di una legge sul salario legale non può realizzarsi operando un rinvio in bianco alla contrattazione collettiva, in quanto anche in questo caso occorre muoversi nella cornice dei parametri costituzionali di sufficienza e adeguatezza della retribuzione.

Il nostro ordinamento è ispirato a una nozione della remunerazione non come prezzo di mercato in rapporto alla prestazione di lavoro, ma come retribuzione adeguata e sufficiente per assicurare un tenore di vita dignitoso .

La circostanza che la retribuzione minima sia determinata sulla scorta del contratto collettivo comparativamente più rappresentativo nell’ambito del settore di attività non impedisce, laddove sia dedotto un contrasto con l’articolo 36 della Costituzione, di allargare l’analisi ad altri parametri concorrenti.

Questa regola si applica, ad avviso della Cassazione (sentenza 27711/ 2023, depositata ieri,) anche nel caso del «salario minimo legale» , quando la determinazione del trattamento economico sia devoluta per legge a uno specifico contratto collettivo.

Il rispetto dei parametri costituzionali opera anche in presenza di una disciplina legale del salario minimo dove, come avviene per il settore del lavoro in cooperativa (articolo 3, legge 142/2001), è previsto che il lavoratore abbia diritto a un trattamento economico complessivo non inferiore ai livelli minimi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale “leader” di settore.

La Cassazione perviene a questa soluzione osservando che l’assetto costituzionale vigente impedisce «una riserva normativa o contrattuale a favore della contrattazione collettiva nella determinazione del salario».

Se, in prima battuta, il rispetto dei parametri costituzionali sulla giusta retribuzione richiede di sottoporli a una verifica di conformità sulla base del contratto nazionale di lavoro firmato dalle associazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative, come prevede la legge 142/2001, l’eventuale esito negativo impone di allargare l’indagine ad altri parametri concorrenti.

In questo passaggio ritroviamo un elemento di grande interesse perché viene chiarito che il parametro di valutazione non sono solo gli altri contratti collettivi di settori affini, ma anche fonti esterne come gli indicatori economici e statistici utilizzati per misurare la soglia di povertà (indice Istat) o la soglia di reddito per accedere alla pensione di inabilità.

La Corte di legittimità non fornisce un elenco analitico di parametri alternativi e richiama, tuttavia, alcuni istituti di immediata lettura, tra cui spiccano i dati Uniemens censiti dall’Inps per il salario medio, i valori dell’indennità Naspi, i trattamenti di integrazione salariale in presenza di riduzione o sospensione dell’attività e altre forme di sostegno al reddito.

Un elemento di forte richiamo è agli indicatori statistici individuati dalla Direttiva Ue sui salari minimi adeguati (2022/2041), di cui la Cassazione sottolinea l’obiettivo di perseguire la dignità del lavoro, l’inclusione sociale e il contrasto alla povertà.

In un contesto sociale influenzato da severe dinamiche inflazionistiche e da cronici ritardi nei rinnovi dei contratti collettivi emerge una situazione di lavoro povero, declinato dalla Cassazione come «povertà nonostante il lavoro», che i Ccnl non sono sempre in grado di intercettare.

È su questo piano che agisce la Suprema corte, prevedendo che il salario minimo fissato per legge non è esente da una verifica di congruità rispetto ai parametri costituzionali della giusta retribuzione.

https://www.ilsole24ore.com/art/cassazione-salario-minimo-rispetti-parametri-costituzionali-giusta-retribuzione-AF77Rp4

martedì 20 giugno 2023

UNA BRUTTA STORIA ITALIANA. - Roberto Vallasciani

 

Stamattina una mia amica mi ha segnalato questo post.
Ho scritto una chiosa finale perché credo che quanto avvenuto sia tanto grave quanto emblematico.

"Sono Pasquale Tridico figlio di un padre analfabeta che, come cantava De Gregori, faceva il guardiano di mucche, non sapeva né leggere e né scrivere e che per buona parte della sua vita è stato sordomuto. Nel paese della Calabria dove siamo nati veniva considerato un ritardato.

Mentre studio, mia sorella scopre che la sindrome di mio padre è curabile, e che la mutua poteva passargli (addirittura gratis!) un apparecchio acustico. Papà ottiene la sua protesi e questo gli cambia la vita: recupera l’udito e persino la parola, anche se, per tutta la vita, parlerà come un bambino.

Ma non è finita: Un altro mio fratello, il secondo, va a studiare a Torino, dove scopre che c’è possibilità del ‘collocamento obbligatorio’ per le persone come lui; convince papà a fare domanda da bidello in una scuola di Torino. La presenta lui e papà viene assunto! Ci trasferiamo tutti.

Dai miei 15 anni, 4 mesi all’anno ho fatto vacanze-lavoro in Germania; ho fatto il lavapiatti, il lavapadelle, il cameriere, animatore e coordinatore nelle colonie estive.

Se non avessi avuto questa vita di lavoro alle spalle non mi sarei messo a studiare il reddito, non avrei desiderato realizzarlo con tanta forza. Se quando pubblicai il primo saggio scientifico, nel 2014, qualcuno mi avesse detto che cinque anni più tardi sarei stato a capo del soggetto che erogava il reddito avrei chiamato l’ambulanza per farlo ricoverare.
Sono figlio del welfare; senza stato sociale laverei le padelle in Germania!”
#PasqualeTridico

Pasquale Tridico è dal 2019 Presidente dell’INPS. La sua gestione in questi anni è stata virtuosa: la produttività è aumentata del 20% ed i tempi di liquidazione delle prestazioni si sono ridotti del 15%. E mai come adesso l’Istituto ha goduto di autonomia ed indipendenza.
Bene.
Qualche giorno fa il governo Meloni ha commissariato l’INPS ed ha deciso di sostituire Tridico con un uomo di propria fiducia. La colpa di Tridico…? Essere stato messo in quel posto nel 2019 dal governo presieduto da Giuseppe Conte, oggi leader del M5S.

Non essendo io mai stato un elettore grillino posso dirlo con molta serenità: Tridico è stato cacciato perché è un bravo professionista, favorevole al salario minimo, senza padrini né padroni. E, soprattutto, è una mente libera. Forse per la Meloni & co questo è un problema.

https://www.facebook.com/photo?fbid=10226155473165812&set=a.3181219521902

mercoledì 10 marzo 2021

Per l’Inps è il via libera ai furbastri di ogni tipo. - Salvatore Cannavò

 

La beffa - Dall’ente non è mai uscito alcun nome.

Raccontano fonti qualificate che all’Inps la decisione del Garante della Privacy sia stata presa male, molto male. Non certo per la multa inflitta, quanto perché vi si legge una sconfessione totale dell’operato di controllo e verifica che l’Istituto porta avanti.

La scelta del Garante, infatti, contraddice tutto il lavoro portato avanti dalla Direzione Centrale Antifrode, Anticorruzione e Trasparenza voluta nel 2019 dall’attuale presidente Pasquale Tridico. Si tratta dell’organismo che è preposto alla verifica che le prestazioni erogate siano correttamente dovute. E il senso di questa scomunica sta nel ragionamento che ai piani alti dell’Istituto viene fatto apertamente da ieri mattina: “Perché non ci hanno mai multato per il Reddito di cittadinanza o la Cassa integrazione illecita? I controlli che facciamo sono gli stessi”.

Il documento. L’ampio documento del Garante si incunea in una quantità di cavilli e norme difficili da comprendere per i più. Addentrandosi nella sua decrittazione, senza abbandonarsi alla facile lettura del comunicato stampa, si capisce che a essere contestato è l’aver avviato verifiche e controlli prima che fossero chiari i requisiti con cui poi i bonus sarebbero stati erogati. Come se i parlamentari, i consiglieri comunali, regionali etc, avessero potuto mai beneficiare di un provvedimento come il bonus. In questo caso la puntualizzazione del diritto fa a pugni direttamente con la morale.

Quanto alla violazione della privacy più in generale, si ragiona all’Inps, dall’ente previdenziale non è mai uscito alcun nome. I nomi di deputati e consiglieri vari sono emersi in seguito alle loro auto-denunce.

Il Garante contesta all’Inps che “il trattamento dei dati personali è stato effettuato in una data anteriore a maggio 2020”. All’Inps si ritiene però di non essersi mossi impropriamente perché la convinzione che quei soggetti non avessero diritto, e quindi sottoposti a controllo, è stata ampiamente avallata dal ministero del Lavoro, ente vigilante sull’Istituto. La presidenza dell’Inps, infatti, vanta il parere emesso dal ministero del Lavoro, richiesto a settembre 2020 e consegnato il 2 dicembre a firma del responsabile dell’ufficio legislativo, Giuseppe Bronzini. Il parere è molto esplicito sull’inconsistenza di quel diritto per chi riceve un’indennità paragonabile a un reddito da lavoro dipendente e che, comunque, è iscritto a una gestione previdenziale, per quanto anomala come quella che regola i vitalizi parlamentari.

Nella sanzione comminata, poi, si parla anche di una “mancata valutazione dell’impatto sulla protezione dei dati”, ma le considerazioni interne all’Inps dicono che con il senno di poi si sarebbe fatto esattamente lo stesso: prendere dati esterni pubblici e confrontare i codici fiscali, unico modo per cercare di prevenire le frodi da parte di un ente che possiede ampie banche dati, ma non le ha tutte. Certamente, non ha i dati dei parlamentari che, come è noto, hanno un regime previdenziale basato sul vitalizio, gestito direttamente dalle Camere di appartenenza.

Il recupero dell’illecito Il punto più rilevante però è che ora rischia di fermarsi l’attività di recupero delle prestazioni indebite. Nel caso dei parlamentari si tratta di 2,5 milioni di euro, ma ci sono tutti gli altri casi, molto più onerosi e per i quali nessuna critica finora è stata mossa. I dirigenti dell’Inps hanno fatto sapere alla presidenza che ora vogliono delle garanzie prima di muoversi perché “non è possibile fare i controlli sulla base delle preferenze mediatiche del Garante” che si muove sui parlamentari, ma non ha mai contestato il modo in cui colpiscono gli indebiti sul Reddito di cittadinanza. Come se ci fossero “furbetti” di serie A e “furbetti” di serie B.

Infine, vale la pena svolgere anche una valutazione politica di questa decisione, perché nel comminare la sanzione, il Garante (pagina 13 della sua “sentenza”) compie un legame diretto tra il modo in cui l’Inps si è mossa e la divulgazione dei dati a ridosso del referendum del 20-21 settembre sul taglio dei parlamentari. Come se, si insinua, l’Inps avesse voluto dare rilevanza mediatica alla vicenda per influire sul voto.

Accusa che Tridico respinge in toto, ma che potrebbe dare vita a un altro leitmotiv dell’era Draghi: la rimozione dello stesso Tridico. Il presidente del Reddito di cittadinanza e dei controlli a tappeto, potrebbe mai resistere alla restaurazione?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/10/per-linps-e-il-via-libera-ai-furbastri-di-ogni-tipo/6128320/

domenica 27 settembre 2020

Il caso dell’aumento di stipendio a Tridico: la cifra è stata proposta dal ministero del Lavoro. “Il decreto non è retroattivo, falso che prenderò 100mila euro di arretrati”. - Chiara Brusini

 

L'adeguamento era previsto - anche se non nell'importo - dalla legge che nel marzo 2019, sotto il governo gialloverde, ha riformato la governance di Inps e Inail ripristinando i consigli di amministrazione. Nella fase transitoria il commissario (poi presidente) Tridico prendeva 62mila euro. A decidere sui 150mila è stato il capo di Gabinetto della ministra Catalfo, confermando una proposta risalente a quando era Luigi Di Maio a guidare il dicastero, durante il governo gialloverde. Il decreto interministeriale che il 7 agosto ha ufficializzato la somma prevede che la decorrenza sia "dalla data di nomina del presidente, vice e consiglieri".

“Non ho preso nessun arretrato. 100mila euro? Un falso. Il decreto interministeriale prevede i compensi del cda e del presidente da quando il cda si è insediato, ovvero aprile 2020“. Si limita a questo il commento di Pasquale Tridico al fattoquotidiano.it mentre il centrodestra compatto ne chiede le dimissioni e prima che la direzione del personale Inps metta nero su bianco gli stessi concetti in una nota ufficiale. Dopo ritardi nell’erogazione della cig e il caso del bonus 600 euro ai deputati, stavolta le polemiche riguardano il raddoppio di stipendio riconosciuto a Tridico (e al presidente dell’Inail Franco Bettoni) da un decreto interministeriale del 7 agosto. Un aumento che era previsto – anche se non nell’importo – dalla legge che nel marzo 2019, sotto il governo gialloverde, ha riformato la governance dei due istituti ripristinando i consigli di amministrazione. Quanto alla cifra – 150mila euro lordi, 90mila in meno rispetto al compenso massimo per i dirigenti pubblici – la documentazione ufficiale rivela che a deciderla non è stato il cda ma il ministero del Lavoro guidato da Nunzia Catalfo (M5s), peraltro confermando una proposta risalente all’anno scorso, durante il Conte 1, quando a guidare il dicastero era Luigi Di Maio. Nel frattempo l’istituto ha tagliato altre spese per un totale di 522mila euro, per cui l’aumento non comporta esborsi aggiuntivi per le casse pubbliche.

La cifra è stata proposta dal ministero del Lavoro – Il caso è stato sollevato da Repubblica, secondo cui “è stato lo stesso Cda, riunitosi nel bel mezzo del lockdown, ad auto-assegnarsi il quantum, poi suggerito alla Catalfo”. Il verbale del cda Inps del 22 aprile sembra raccontare un’altra storia: nelle premesse viene infatti citata la Nota n. 6445 del 7 aprile 2020, con la quale il capo di Gabinetto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha comunicato all’istituto l’importo degli emolumenti del presidente, del vicepresidente e del consiglio di amministrazione, nella misura di euro 150.000 per il presidente, 40.000 per il vicepresidente – estensibile fino a 100.000 in funzione delle deleghe allo stesso attribuite – , di euro 23.000 per ciascun altro componente del cda (…), invitando il predetto organo, una volta insediato, all’adozione della delibera di proposta dei citati compensi, con l’indicazione delle relative coperture finanziarie“. Per quanto riguarda il compenso del presidente, la cifra è peraltro identica a quella che era stata proposta nel giugno 2019 – subito dopo la nomina di Tridico – dall’allora capo di gabinetto di Luigi Di Maio, Vito Cozzoli (nella sua nota, l’emolumento riconosciuto al vicepresidente è di 100mila euro senza riferimento alle deleghe). Poi l’insediamento del cda è slittato causa crisi di governo e si è concretizzato solo sotto il Conte 2.

Ricapitolando: il cda non si è “auto assegnato” gli aumenti. E’ stato il ministero del Lavoro a proporre la cifra, disponendo così l’adeguamento previsto dalla legge e mettendo fine al periodo transitorio che si era aperto nella primavera 2019, quando i gialloverdi hanno nominato Tridico commissario dell’Inps affiancandogli Adriano Morrone (area Lega) come subcommissario.

Nella fase transitoria a Tridico 62mila euro l’anno – In quella prima fase, ai due era stato attribuito rispettivamente uno stipendio di 62mila e 41mila euro lordi, ripartendo tra loro i 103mila euro che fino all’anno prima spettavano al predecessore Tito Boeri. Cifre evidentemente basse a fronte delle responsabilità legate alla gestione di un istituto che eroga prestazioni per oltre 200 miliardi l’anno (molto di più nel 2020 del Covid). Tanto più che il tetto dei compensi per i dirigenti pubblici è fissato a 240mila euro. Tridico inoltre non ha altri redditi: dal 14 marzo 2019 è in aspettativa dall’università di Roma 3 dove insegnava Politica economica. La legge 26 del 28 marzo 2019 – il “decretone” su reddito di cittadinanza e quota 100 – stabiliva comunque che fosse nominato un cda e rimandava a un successivo decreto interministeriale Lavoro-Economia la definizione dei compensi, “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica“.

La spending review da 522mila euro e la decisione del ministero – Per poter aumentare gli emolumenti, quindi, l’Inps doveva prima fare una spending review interna. Il ministero del Lavoro a giugno 2019 aveva chiesto almeno 450mila euro di tagli, l’istituto è arrivato a 522mila riducendo le uscite per manutenzioni e noleggi e le spese postali e telefoniche, tra cui quelle sostenute per inviare comunicazioni cartacee ai lavoratori. Tenendo conto che si era resa disponibile quella cifra, il 7 aprile il capo di gabinetto del ministero con la nota 6445 propone dunque i 150mila euro per Tridico e 40mila per la vice Luisa Gnecchi (che è pensionata e svolge l’incarico a titolo gratuito). La cifra totale è inferiore ai tagli messi a budget dall’Inps.

Il nuovo compenso spetta “dalla data di nomina”. Tridico: “Vale da quando il cda si è insediato” – Il 15 aprile si è insediato ufficialmente il cda, in cui siedono anche Roberto LancellottiRosario De Luca e Patrizia Tullini. Come previsto dalla legge, a quel punto serviva il decreto interministeriale, che è stato approvato il 7 agosto. “In piena estate, nella speranza di passare inosservati“, chiosa Repubblica. “E per di più in forma retroattiva: così da versagli gli arretrati, forse persino a dispetto della legge. (…) A spanne, una tantum di 100mila euro“. Questo perché il decreto prevede che la decorrenza sia “dalla data di nomina del presidente, vice e consiglieri”. Una formulazione forse ambigua – di qui la richiesta di chiarimenti del collegio sindacale – ma che secondo Tridico va senza dubbio interpretata nel senso “da quando il cda si è insediato, ovvero aprile 2020”. Dunque nessun compenso retroattivo gli spetta per il lavoro svolto da maggio 2019, quando è stato ufficialmente nominato presidente, ad aprile 2020. Gli arretrati vanno calcolati solo a partire dalla metà di aprile.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/26/il-caso-dellaumento-di-stipendio-a-tridico-la-cifra-e-stata-proposta-dal-ministero-del-lavoro-non-e-retroattivo-falso-che-prendero-100mila-euro-di-arretrati/5944825/

sabato 15 agosto 2020

Vietato ai maggiori. - Marco Travaglio

Bonus INPS: si attende la decisione della Lega sui politici ...
Si spera che ieri, vigilia di Ferragosto, il minor numero possibile di italiani abbia seguito l’audizione del presidente Inps Pasquale Tridico in commissione Lavoro della Camera. Uno spettacolo pornografico che in un paese civile andrebbe vietato non tanto ai minori di 18 anni, che non votano, quanto ai maggiori, che votano. Ma dopo certe scene lo faranno sempre meno. E avranno mille giustificazioni che nessuno dovrà permettersi di definire “antipolitica”. Perché l’antipolitica è esattamente quella a cui abbiamo appena assistito. Sette giorni fa Repubblica rivela che l’Antifrode Inps ha beccato 5 deputati e 2mila politici locali a chiedere il bonus per partite Iva in difficoltà. Il presidente della Camera Roberto Fico annuncia al Fatto l’audizione di Tridico, che il Garante della Privacy libera dai vincoli di riservatezza perché “la privacy non è d’ostacolo alla pubblicità dei dati sui beneficiari del contributo” in caso di falsi poveri, per giunta titolari di “funzione pubblica” tenuti dalla Costituzione a svolgerla con “disciplina e onore”. Poi però lo stesso Garante indaga sull’Inps per violazione della privacy. Il Fatto chiede all’Inps l’accesso agli atti per il diritto-dovere di cronaca. Risultato: dopo giorni di linciaggio da giornali e partiti di destra (inclusa Iv), ma anche dal Corriere, ieri Tridico viene lapidato da quasi tutti i deputati. La colpa non è degli onorevoli accattoni, ma di chi li ha scoperti. Lo scandalo non è la notizia in sé, ma il fatto che si sia saputa in giro.
La scena dei deputati che chiedono le dimissioni del presidente Inps perché difende i pensionati onesti dai ladri che minacciano le loro pensioni resterà, a imperitura memoria, nel museo degli orrori della politica, anzi dell’antipolitica. Così come quella di Tridico che, intimidito dai disonorevoli e dal doppio gioco del Garante, non fa i nomi neppure dopo 7 giorni perché – testuale – “abbiamo investito il garante, che ha scritto una nota, che ha bisogno di un approfondimento, che è in corso. Se la Presidenza ci fa pervenire richiesta formale, valuteremo col Garante se fornire i nomi” dei cinque deputati, di cui nel frattempo tre si sono autodenunciati. Nessuna notizia dei 2mila politici locali, anch’essi tenuti a “disciplina e onore” e sprovvisti di diritto alla privacy. Uno spottone all’antipolitica che, insieme alle scuse pietose dei furbastri, porta altra acqua al mulino dell’astensionismo e del qualunquismo. Noi intanto attendiamo risposta alla nostra istanza (si spera prima del termine ultimo di 30 giorni), confortati dalle già 65mila firme alla nostra petizione. Non molleremo l’osso finché non avremo tutti i nomi. Convinti come siamo, con Louis Brandeis, che “la luce del sole è il miglior disinfettante”.

giovedì 23 aprile 2020

Coronavirus, il punto sugli aiuti ai cittadini: 600 euro per 3,5 milioni di autonomi, cassa arrivata solo se l’ha anticipata l’azienda. Flop della sospensione dei mutui e 300mila richieste di prestito. - Chiara Brusino

Coronavirus, il punto sugli aiuti ai cittadini: 600 euro per 3,5 milioni di autonomi, cassa arrivata solo se l’ha anticipata l’azienda. Flop della sospensione dei mutui e 300mila richieste di prestito

Ancora in fase di accertamento 900mila domande di bonus per gli autonomi, mentre per gli iscritti alle casse private i soldi stanziati non bastano. Solo 30mila domande per lo stop alle rate dei mutui. I prestiti fino a 25mila euro sono stati chiesti nei primi due giorni da almeno 300mila piccole imprese, ma solo un migliaio hanno già avuto i soldi (e qualche banca ha finito il plafond). Intanto i 9 milioni di dipendenti fermi o con l'orario ridotto attendono gli ammortizzatori: secondo i Consulenti del lavoro sono 4 milioni hanno ricevuto qualcosa. La cassa in deroga è gestita dalle Regioni, Sicilia e Sardegna non hanno ancora dato il via libera.
L’attesissimo decreto Aprile con il reddito di emergenza per chi finora non ha avuto altri aiuti approderà in consiglio dei ministri, se va bene, il 30 del mese. Ma gli altri sussidi e ammortizzatori, i prestiti e le agevolazioni per chi a causa del coronavirus non sta lavorando sono arrivati a destinazione? Per ora solo in piccola parte. A dispetto della pessima partenza con il crash del sito Inps, i primi a ricevere concretamente un versamento sul conto corrente – subito dopo Pasqua, a cinque settimane dall’inizio del lockdown – sono stati 3,5 milioni di autonomi, partite Iva e stagionali che avevano chiesto l’indennità di 600 euro. Ma centinaia di migliaia di domande sono ancora in fase di accertamento. In questi giorni poi sono stati erogati i primi piccoli prestiti con il 100% di garanzia pubblica. Ancora pochi. Quanto alla cassa integrazione, invece, i soldi non si vedranno prima di maggio: hanno incassato qualcosa solo i dipendenti di aziende che avevano liquidità sufficiente per anticipare l’assegno.
In 3,5 milioni hanno ricevuto i 600 euro – A fronte di una platea di 5 milioni di potenziali beneficiari dell’indennità mensile da 600 euro prevista dal decreto Cura Italia, l’Inps ha ricevuto 4,4 milioni di richieste e ha versato i soldi a 3,5 milioni di persone tra liberi professionisticommercianti, collaboratori coordinati e continuativi, stagionali e lavoratori dello spettacolo. Altri 900mila però sono ancora in attesa e per loro le prospettive non sono buone. “Per la maggior parte saranno rifiutati“, ha detto lunedì in audizione Pasquale Tridico. “Perché ci sono circa 250mila Iban sbagliati che non corrispondono e anzi potrebbero essere fraudolenti” e circa “400mila non hanno i requisiti“: tra loro gli stagionali con contratti diversi da quello del turismo, i lavoratori dello spettacolo che non hanno sufficienti giorni di contribuzione (almeno 30 nel 2019), i beneficiari di reddito di cittadinanza, i dipendenti che svolgono anche un lavoro a partita iva.
Poi ci sono gli autonomi iscritti alle casse private, dagli avvocati agli ingegneri ai giornalisti: per loro c’è il paletto del reddito – non deve aver superato i 50mila euro nel 2018 e deve essere stato fortemente ridotto dall’emergenza – e sono stati stanziati solo 200 milioni, sufficienti per 333mila erogazioni. Ma le richieste sono state oltre 450mila. Se ne riparla con il prossimo decreto.
Pochissime richieste di sospensione delle rate del mutuo: troppi paletti? – Stando agli ultimi dati del Tesoro, che risalgono però al 14 aprile, la sospensione delle rate del mutuo prima casa attraverso il fondo Gasparrini è stata chiesta alla banca solo da 30mila famiglie. Un numero molto basso se si pensa che gli italiani con un prestito per l’acquisto della casa sono milioni e la stessa relazione tecnica al decreto Cura Italia ipotizzava almeno 300mila beneficiari tra i dipendenti che subiscono una riduzione dell’orario di lavoro e 235mila tra i lavoratori autonomi (prima esclusi da questa possibilità). In attesa che il ministero renda disponibili i numeri aggiornati, va detto che possono aver pesato i paletti che tagliano fuori chi ha già usufruito di agevolazioni pubbliche per il mutuo come la garanzia Consap, i dipendenti che non sono fermi da almeno 30 giorni e gli autonomi che non hanno perso almeno il 33% del fatturato rispetto all’ultimo trimestre 2019. Quindi anche quelli che hanno aperto la partita Iva da poco e un fatturato l’anno scorso non lo avevano. Va poi ricordato che per chi è in affitto non c’è alcun aiuto e il Cura Italia non ha previsto rinvii per le rate dei prestiti personali. Solo il 22 aprile l’Abi ha fatto un accordo con le associazioni dei consumatori che consente di sospendere fino a 12 mesi il rimborso del capitale: non c’è ancora l’elenco delle banche che accetteranno di aderire.
Almeno 300mila domande di piccoli prestiti, solo un migliaio già erogati – Le attività sono ferme da settimane e la liquidità è agli sgoccioli. Così solo tra 20 e 21 aprile, le prime giornate utili, sono state almeno 300mila le domande di finanziamenti fino al 25% dei ricavi per un massimo di 25mila euro con garanzia pubblica presentate da aziende con meno di 499 dipendenti e partite Iva. E a una settimana dalla pubblicazione del modulo sul sito del Fondo di garanzia sono stati già erogati i primi prestiti: 1.055, secondo il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli. Stando al decreto Liquidità vanno deliberati subito senza alcuna valutazione sul merito di credito. Ma non tutto fila liscio: alcuni istituti chiedono di compilare documentazione aggiuntiva e, burocrazia a parte, le imprese segnalano diversi problemi. Come i tassi di interesse ben più alti di quanto si aspettavano. Il rifiuto del prestito a chi non è già correntista. E il fatto che chi ha un’esposizione nei confronti dell’istituto si è visto a volte “proporre” di utilizzare i nuovi fondi per rientrare, col risultato che solo una parte dei 25mila euro arriverà effettivamente sul conto per sostenere l’attività. Del resto il decreto lascia ampi margini: prevede esplicitamente che “diventano ammissibili le operazioni finalizzate all’estinzione di finanziamenti erogati dalla stessa banca, a condizione che ci sia erogazione di credito aggiuntivo pari ad almeno il 10% del debito residuo“.
Resta poi l’incognita risorse, perché gli 1,7 miliardi stanziati finora per le garanzie possono coprire non più di 340-350mila domande. La Banca Popolare di Bari ha già comunicato di aver finito il plafond. Serve un nuovo stanziamento, ma dovrà attendere una nuova autorizzazione del Parlamento ad aumentare il deficit e il successivo varo del decreto Aprile. Per le aziende più grandi la garanzia, concessa nel loro caso da Sace, va dal 70 al 90% e l’istruttoria è più lunga perché servono tutti gli usuali controlli e verifiche.
La Cassa integrazione può attendere – Gli ultimi dati Inps si fermano al 10 aprile e parlano di 4,6 milioni di richieste di cassa integrazione. Ma secondo i Consulenti del lavoro, che operano come intermediari con l’Istituto di previdenza, oggi sono 9 milioni i lavoratori fermi o con l’orario ridotto che hanno quindi bisogno di ammortizzatori, che siano le nove settimane di cig con causale Covid, la cassa in deroga gestita dalle Regioni o gli assegni dei fondi di integrazione salariale. “Circa 4 milioni stanno ricevendo l’anticipo dell’ammortizzatore dalla loro azienda”, spiega Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti. “Gli altri sono in attesa dei bonifici Inps, ma i tempi sono lunghi: se ne parla non prima di metà maggio“.
Particolarmente accidentato, come i Consulenti segnalano fin dall’inizio, il percorso per la cassa in deroga che copre tra l’altro i dipendenti delle aziende più piccole e interessa almeno 3 milioni di persone: l’acquisizione e valutazione delle domande spetta alle Regioni, che poi girano l’esito all’Inps. L’iter è lento e “ad oggi”, dice Calderone, “ci risulta che da Sicilia e Sardegna non siano ancora arrivate le autorizzazioni”, che sono solo il primo passo. Ma non si può chiedere l’anticipo alla banca? “Vale solo per chi è in cassa a zero ore”, spiega Calderone. “E lo stanno chiedendo in pochi perché servono ben otto documenti e non tutti sono in grado di fare la procedura per via telematica ora che andare allo sportello è complicato” e richiede un appuntamento.

mercoledì 1 aprile 2020

Inps, Conte: 'Problemi per hackeraggio del sistema'. 300mila domande in un giorno.

Il logo dell'Inps © ANSA

Tridico: "Attacchi anche nei giorni scorsi, per il sussidio non c'è fretta, non ci sarà alcun ordine cronologico per l'evasione delle richieste".

All'Inps sono giunte 100 domande al secondo, con 300mila richieste ad oggi, e questo ha creato qualche problema. Lo ha detto, a quanto viene riferito, il premier Giuseppe Conte alle opposizioni riunite a Palazzo Chigi. Il premier avrebbe spiegato che c'è stato anche un hackeraggio del sistema.
La notizia è stata confermata all'ANSA anche dal presidente dell'Inps, Pasquale Tridico. "Abbiamo ricevuto nei giorni scorsi, e anche stamattina, violenti attacchi hacker. Questa mattina si sono sommati ai molti accessi, che hanno raggiunto le 300 domande al secondo, e il sito non ha retto. Per questo abbiamo ora sospeso il sito''. "Ovviamente nei giorni scorsi - ha aggiunto - abbiamo informato le autorità di sicurezza nazionale, polizia e ministri vigilanti".
Tridico ha fatto sapere che il sito dell'Inps sarà riaperto con orari diversi per chiedere le prestazioni per patronati e consulenti e per i cittadini. "Lo riapriremo dalle 8.00 alle 16.000 per patronati e consulenti e dalle 16.00 per i cittadini".
Il disguido sul sito dell'Inps con lo scambio di identità tra gli utenti "è una cosa gravissima che non deve succedere" e "sarà oggetto di verifica", ha spiegato la vicepresidente dell'Inps Maria Luisa Gnecchi sottolineando che il disguido è durato cinque minuti. Gnecchi ha detto comunque che nessuno perderà il sussidio e che se le risorse dovessero esaurirsi saranno rifinanziate. Nessuno, ha detto, "resterà senza bonus. Cerchiamo di collaborare".
Le dichiarazioni della Gnecchi sono arrivate dopo molteplici segnalazioni che riferivano di difficoltà nell'accedere al sito dell'Inps a causa dell'enorme quantità di richieste per l'indennità ai lavoratori autonomi che hanno dovuto interrompere la loro attività a causa dell'emergenza coronavirus.
"Questo data breach è un fatto gravissimo, siamo molto preoccupati", dice il Garante per la Privacy Antonello Soro. "Abbiamo immediatamente preso contatto con l'Inps - aggiunge Soro - e avvieremo i primi accertamenti per verificare se possa essersi trattato di un problema legato alla progettazione del sistema o se si tratti invece di una problematica di portata più ampia. Intanto è assolutamente urgente che l'Inps chiuda la falla e metta in sicurezza i dati".
"Dall'una di notte alle 8.30 circa, abbiamo ricevuto 300mila domande regolari - ha affermato il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico all'ANSA -. Adesso stiamo ricevendo 100 domande al secondo. Una cosa mai vista sui sistemi dell'Inps che stanno reggendo, sebbene gli intasamenti siano inevitabili con questi numeri". 
"Nessun click day - assicura il presidente dell'Inps - non ci sarà alcun ordine cronologico e le domande potranno essere inviate anche nei giorni successivi al primo aprile collegandosi al sito e cliccando sul banner dedicato". "Come abbiamo detto più volte - afferma Tridico - le domande possono essere fatte per tutto il periodo della crisi, anche perché il Governo sta varando un nuovo provvedimento sia per rifinanziare le attuali misure sia per altre".
Altre misure sono già attive, come il bonus babysitter e il congedo speciale covid, la procedura cig è attiva dalla scorsa settimana.
Su Twitter il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, dopo le notizie degli attacchi hacker ai siti dell'Inps e dello Spallanzani, ha scritto: "Alcune infrastrutture strategiche sono state sotto attacco di hacker. Bisogna subito convocare il Copasir per chiedere al Dis quale reazione è in atto. Questi sciacalli vanno fermati immediatamente". 
"Possiamo anche pensare che il sito Inps abbia subito un attacco hacker, circostanza che andrà valutata con gli accertamenti e con la velocità con cui le autorità competenti si muoveranno, ma è evidente che la procedura è stata messa in piedi in pochissimo tempo e forse non si è avuta la possibilità di testarla a sufficienza e renderla più sicura": è il parere di Gabriele Faggioli, presidente del Clusit, l'Associazione italiana per la Sicurezza Informatica. "Magari si sono unite diverse circostanze ma appena ho letto dei problemi degli utenti ho pensato ad un bug".
AGENZIA DELLE ENTRATE: Aiutare chi lavora in nero, ma no ai condoni. Lo dice a Circo Massimo, su Radio Capital, il direttore dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, spiegando che "mai come in questa fase è giusto dire che non si può lasciare nessuno indietro. Le fasce di popolazione che vivono ai margini vanno sostenute, e il governo sta cercando di introdurre le misure necessarie. Non è una questione fiscale ma una questione di equità". "Non è allo studio" invece, una nuova "pace fiscale", come quella proposta da Matteo Salvini.
INPS: La domanda per il bonus autonomi, secondo le istruzioni pubblicate dall'Inps in una circolare, potrà invece essere presentata sul sito Inps anche con il Pin semplificato che si può chiedere proprio per queste richieste. La ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo ha annunciato che con il decreto di aprile si rifinanzierà la misura per aprile e maggio ampliandone probabilmente l'importo. La ministra ha annunciato anche di star lavorando a un reddito di emergenza. Si guarda al reddito di cittadinanza e alla revisione di alcuni requisiti per ottenerlo legati al patrimonio immobiliare. La misura sarebbe temporanea. Ecco in sintesi cosa prevedono le regole sull'indennità e chi riguardano:
LAVORATORI INTERESSATI: sono interessati all'indennità di 600 euro i lavoratori autonomi (commercianti, artigiani e coltivatori diretti), i liberi professionisti non iscritti a casse di previdenza obbligatoria, i collaboratori coordinati e continuativi, i lavoratori stagionali e quelli dello spettacolo.
600 EURO A MARZO, VERSO AUMENTO PER APRILE E MAGGIO: l'indennità non contribuisce alla formazione del reddito e quindi non può essere tassata. Non dà luogo a contribuzione figurativa (come la cassa integrazione, anche in deroga).
DOMANDA ALL'INPS CON PIN SEMPLIFICATO: la domanda andrà fatta per via telematica con il Pin, lo Spid, la Carta nazionale dei servizi o la carta di identità elettronica. Chi non ha il Pin può chiedere un Pin semplificato accorciando i tempi di arrivo. In alternativa si può usare il Contact center o i patronati. L'accredito arriva sul conto corrente.
RISORSE PER QUASI TRE MILIARDI: per i collaboratori e i liberi professionisti titolari di partita Iva ci sono 203,4 milioni; per i commercianti, gli artigiani i coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni iscritti alla gestione speciale dei lavoratori autonomi lo stanziamento è di 2.160 milioni; per i lavoratori stagionali, del turismo e degli stabilimenti termali le risorse ammontano a 103,8 euro; per gli operai agricoli a tempo determinato lo stanziamento è di 396 milioni mentre per i lavoratori dello spettacolo lo stanziamento è di 48,6 milioni. Se si considerano le risorse per un mese potrebbero avere il bonus circa 4,8 milioni di lavoratori.
PER LAVORATORI SPETTACOLO LIMITE REDDITO: potranno chiedere l'indennità anche i lavoratori dello spettacolo purché abbiano versato nel 2019 almeno 30 contributi giornalieri e non abbiano avuto un reddito superiore a 50.000 euro. Questi lavoratori non devono essere titolari di rapporto di lavoro dipendente al 17 marzo per chiedere l'indennità.
INCOMPATIBILITA' E INCUMULABILITA': l'Inps ricorda che queste indennità non sono cumulabili e che sono incompatibili non solo con la pensione ma anche con il reddito di cittadinanza, la cosiddetta Ape sociale e con l'assegno ordinario di invalidità. L'indennità è invece cumulabile con la Naspi per i lavoratori dello spettacolo e per quelli stagionali. Il bonus è cumulabile anche con le erogazioni monetarie derivanti da borse lavoro, stage e tirocini.