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mercoledì 3 giugno 2020

Nel nome di Cassese: i tentacoli nello Stato. - Carlo Tecce

Nel nome di Cassese: i tentacoli nello Stato

L’Emerito - Dalla cattedra di Diritto amministrativo e dal suo Istituto Irpa, ha costruito un sistema di legami e “allievi”: dai cda alla Consulta, fino ai ministeri e a Chigi.
Assiso davanti ai suoi allievi provenienti dalle università di Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Catania e Siena per la presentazione della sua rivista giuridica, lo scorso anno, Sabino Cassese sentenziò: “La Pubblica amministrazione è il tramite fra la società e lo Stato”. Il tramite, spesso, sono Cassese e i suoi allievi, radicati ovunque, negli atenei, nei ministeri, nelle autorità di controllo, nelle aziende statali. E poi chiosò: “Oggi la Pubblica amministrazione è in una morsa”. Succede quando Cassese e i suoi allievi, cura e corpo dello Stato, luminari di diritto amministrativo, fustigatori della burocrazia, si sentono spodestati o non valorizzati dalla politica incapace di perseguire il meglio. Succede adesso. Cassese e i suoi allievi sono una corporazione, ben istruita, che si ritrova nelle strutture di governo e si riunisce all’Istituto per le ricerche sulla Pubblica amministrazione e nei seminari con le locandine enciclopediche in cui si saggiano futuri ministri e capi di gabinetto.
Curriculum in sella tra Lottomatica e Generali.
Il curriculum di Cassese scritto da Cassese è lungo due pagine, circa 7.500 caratteri. Non è la versione più aggiornata, neanche la più estesa. Si tratta di una volgare epitome. Più volte compare la parola emerito. Si intende docente emerito di diritto amministrativo e si riferisce alla cattedra all’Università Sapienza e al magistero perpetuo negli atenei italiani e stranieri. Ha studiato per mezzo secolo la Pubblica amministrazione, durante gli studi ne ha creato un tipo a sua immagine. Non a somiglianza perché nessuno davvero gli somiglia.
Fratello maggiore di Antonio, che fu giudice internazionale e accademico, Sabino nacque nel ’35 in Irpinia da Leopoldo, stimato archivista e storico. Nell’autunno del 2004, quasi a settant’anni, finiti i mandati nei consigli di amministrazioni di Lottomatica, Autostrade per l’Italia e Assicurazioni Generali e non ancora elevato alla Corte costituzionale, Cassese ha fondato l’Istituto per la ricerca sulla pubblica amministrazione, in breve Irpa, e l’ha dedicato a Cassese e ai suoi allievi. Irpa ha sede nel palazzo di Generali di piazza Venezia a Roma, di fronte al fatidico balcone. Non è proprio una sede, ma un indirizzo ufficiale, poiché viene ospitata dagli affittuari di Civita, l’associazione culturale presieduta da Gianni Letta. Il primo insegnamento che Cassese ha impartito ai suoi allievi è che l’alfabeto comincia dalla lettera c. L’esclusivo elenco soci di Irpa parte da Cassese Sabino e riprende da Agus Diego. In Irpa si entra per cooptazione, a oggi i posti sono 104, si paga un obolo di un paio di centinaia di euro, si va in ritiro a Sutri, provincia di Viterbo, con lo scoccare della raccolta delle castagne. Irpa raduna un gruppo ristretto di professionisti, di nobile lignaggio o di prestigiose carriere, interi blocchi di facoltà di giurisprudenza, docenti ordinari a trent’anni, associati a dottorati appena conclusi, ragazzi svezzati a vent’anni nei ministeri, avvocati dalle parcelle dorate. Tutti uniti da un legame con Cassese o da una venerazione per Cassese, un mentore che ha costruito attorno a sé una classe dirigente, in prosa, un gruppo di potere e di lobby, che negli anni ha proliferato compatto nelle università Sapienza, Tor Vergata, Roma Tre, Luiss di Confindustria e negli apparati di governo di ogni colore politico. Gli allievi di Cassese di Irpa si assembrano spesso. Da uno, a caso, si diramano gli altri. Più che un gioco di ruolo, è un gioco di Stato. Stefano Battini collabora col professor Cassese dal ’91, è ordinario di Diritto amministrativo all’Università della Tuscia. Nel 2017 il governo Gentiloni l’ha nominato al vertice di Sna, la Scuola nazionale dell’amministrazione. Per una docenza in Sna (40.000 euro), Battini ha reclutato Lorenzo Casini, eclettico e brillante giurista, classe ’76, già presidente per un anno di Irpa e da settembre capo di gabinetto di Dario Franceschini, ministro dei Beni culturali, nonché prof di Diritto amministrativo alla Imt alti studi di Lucca.
il labirinto discepoli vista Quirinale
Battini e Casini, in quest’ordine, si palesano fra i prof del master interuniversitario – Sapienza, Tor Vergata, Roma Tre, Luiss più Sna – di secondo livello in diritto amministrativo chiamato Mida. Battini, Casini e poi Davide Colaccino, iscritto di Irpa e soprattutto direttore affari istituzionali di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). I soci di Irpa e i prof. di Mida sono sovrapponibili: pleonastico. Non solo Colaccino. Cdp in Irpa è ben rappresentata, o viceversa. Alessandro Tonetti, già vicecapo di gabinetto al Tesoro col ministro Padoan, è al vertice dell’ufficio legale di Cassa dal 31 marzo 2016. Un anno dopo Cassese è stato scomodato da Cdp per una consulenza legale in “merito alla posizione di Cassa e al suo Statuto” per 39.000 euro. Nel 2018 Susanna Screpanti è stata collocata agli “affari normativi e ai progetti speciali presso la direzione legale” di Cdp. Socia di Irpa, Screpanti è dottore di ricerca in diritto amministrativo a Roma Tre nel feudo del prof. Giulio Napolitano, figlio di Giorgio. Napolitano è stato presidente di Irpa prima di Casini e dopo l’avvocato Luisa Torchia. Nel 2018 Giulio ha ottenuto due incarichi legali da Cdp per un totale di 28.000 euro. Irpa in Consob, la commissione nazionale che vigila sul mercato borsistico, un tempo si fregiava del segretario generale Giulia Bertezzolo, decaduta il 29 marzo 2019 dopo le dimissioni del presidente Massimo Nava. In compenso, sempre nel 2019, il 20 febbraio, Napolitano è stato accolto in Consob nel comitato degli operatori e gli investitori. In Irpa il dibattito sulle concessioni autostradali sarà molto partecipato e si presume univoco. Cassese si è battuto sin da subito, dopo la tragedia del ponte Morandi, contro la revoca totale della concessione per Autostrade della famiglia Benetton. L’ha definita “sproporzionata”. Alcuni maliziosi hanno rievocato la sua esperienza nel cda di Autostrade. Di sicuro Cassese sarà in sintonia con l’amica giurista Torchia (Roma Tre), avvocato di Autostrade e in passato consigliere di Atlantia, la cassaforte dei Benetton. Sull’altro fronte, o almeno in una posizione di neutralità, in Irap c’è Lorenzo Saltari, che Danilo Toninelli, allora ministro dei Trasporti, indicò tra i membri della commissione tecnica per esaminare l’ipotesi di revoca della concessione. E in Irpa c’è anche Massimo Macrì, responsabile dei rapporti legali di Autostrade con il ministero dei Trasporti. A differenza di Macrì, Torchia e Saltari, Alberto Stancanelli, capo di gabinetto del ministro Paola De Micheli, successore di Toninelli, non è un socio di Irpa, ma a pieno titolo va considerato un allievo di Cassese. Ha trascorso vent’anni al suo fianco alla Sapienza. L’avvocato Torchia è stato il presidente più longevo di Irpa, sei anni, uno in più di Bernardo Giorgio Mattarella, figlio di Sergio, ordinario di dDiritto amministrativo a Siena. Mattarella è stato per un biennio capo del legislativo del ministero della Pubblica amministrazione con Marianna Madia. Quel periodo, che ha coinciso col renzismo, è stato l’ultimo di massimo splendore per il proselitismo di Cassese. Come se fosse tornato alla Funzione pubblica dopo l’anno da ministro nel governo Ciampi. Mattarella al legislativo, Pia Marconi alla guida del dipartimento, Elisa D’Alterio all’unità per la semplificazione: una colonna di Irpa al dicastero. Il governo giallorosa può vantare un altro socio di Irpa, però molto trasversale: Luigi Fiorentino, capo di gabinetto al ministero dell’Istruzione (mentre Saltari è al legislativo). Alla Presidenza del Consiglio ci sono i dirigenti Carlo Notarmuzi Chiara Lacava. Cassese e i suoi adepti vanno oltre Irpa. Tra gli allievi va annoverato Giacinto Della Cananea (Tor Vergata), che fu estensore del programma di governo dei 5 Stelle. L’esecutivo renziano ha rottamato l’Isfol con l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche (Inapp). Cassese apprezzò. Stefano Sacchi, il presidente, ne fu orgoglioso. Cassese fu presto coinvolto con un parere legale (25.000 euro) e con la presidenza del comitato editoriale della rivista (15.800) di Inapp. La modesta pecunia non c’entra. Le cose in Italia accadono con rigore scientifico. Se le fanno accadere Cassese e i suoi allievi.

mercoledì 1 aprile 2020

Inps, Conte: 'Problemi per hackeraggio del sistema'. 300mila domande in un giorno.

Il logo dell'Inps © ANSA

Tridico: "Attacchi anche nei giorni scorsi, per il sussidio non c'è fretta, non ci sarà alcun ordine cronologico per l'evasione delle richieste".

All'Inps sono giunte 100 domande al secondo, con 300mila richieste ad oggi, e questo ha creato qualche problema. Lo ha detto, a quanto viene riferito, il premier Giuseppe Conte alle opposizioni riunite a Palazzo Chigi. Il premier avrebbe spiegato che c'è stato anche un hackeraggio del sistema.
La notizia è stata confermata all'ANSA anche dal presidente dell'Inps, Pasquale Tridico. "Abbiamo ricevuto nei giorni scorsi, e anche stamattina, violenti attacchi hacker. Questa mattina si sono sommati ai molti accessi, che hanno raggiunto le 300 domande al secondo, e il sito non ha retto. Per questo abbiamo ora sospeso il sito''. "Ovviamente nei giorni scorsi - ha aggiunto - abbiamo informato le autorità di sicurezza nazionale, polizia e ministri vigilanti".
Tridico ha fatto sapere che il sito dell'Inps sarà riaperto con orari diversi per chiedere le prestazioni per patronati e consulenti e per i cittadini. "Lo riapriremo dalle 8.00 alle 16.000 per patronati e consulenti e dalle 16.00 per i cittadini".
Il disguido sul sito dell'Inps con lo scambio di identità tra gli utenti "è una cosa gravissima che non deve succedere" e "sarà oggetto di verifica", ha spiegato la vicepresidente dell'Inps Maria Luisa Gnecchi sottolineando che il disguido è durato cinque minuti. Gnecchi ha detto comunque che nessuno perderà il sussidio e che se le risorse dovessero esaurirsi saranno rifinanziate. Nessuno, ha detto, "resterà senza bonus. Cerchiamo di collaborare".
Le dichiarazioni della Gnecchi sono arrivate dopo molteplici segnalazioni che riferivano di difficoltà nell'accedere al sito dell'Inps a causa dell'enorme quantità di richieste per l'indennità ai lavoratori autonomi che hanno dovuto interrompere la loro attività a causa dell'emergenza coronavirus.
"Questo data breach è un fatto gravissimo, siamo molto preoccupati", dice il Garante per la Privacy Antonello Soro. "Abbiamo immediatamente preso contatto con l'Inps - aggiunge Soro - e avvieremo i primi accertamenti per verificare se possa essersi trattato di un problema legato alla progettazione del sistema o se si tratti invece di una problematica di portata più ampia. Intanto è assolutamente urgente che l'Inps chiuda la falla e metta in sicurezza i dati".
"Dall'una di notte alle 8.30 circa, abbiamo ricevuto 300mila domande regolari - ha affermato il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico all'ANSA -. Adesso stiamo ricevendo 100 domande al secondo. Una cosa mai vista sui sistemi dell'Inps che stanno reggendo, sebbene gli intasamenti siano inevitabili con questi numeri". 
"Nessun click day - assicura il presidente dell'Inps - non ci sarà alcun ordine cronologico e le domande potranno essere inviate anche nei giorni successivi al primo aprile collegandosi al sito e cliccando sul banner dedicato". "Come abbiamo detto più volte - afferma Tridico - le domande possono essere fatte per tutto il periodo della crisi, anche perché il Governo sta varando un nuovo provvedimento sia per rifinanziare le attuali misure sia per altre".
Altre misure sono già attive, come il bonus babysitter e il congedo speciale covid, la procedura cig è attiva dalla scorsa settimana.
Su Twitter il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, dopo le notizie degli attacchi hacker ai siti dell'Inps e dello Spallanzani, ha scritto: "Alcune infrastrutture strategiche sono state sotto attacco di hacker. Bisogna subito convocare il Copasir per chiedere al Dis quale reazione è in atto. Questi sciacalli vanno fermati immediatamente". 
"Possiamo anche pensare che il sito Inps abbia subito un attacco hacker, circostanza che andrà valutata con gli accertamenti e con la velocità con cui le autorità competenti si muoveranno, ma è evidente che la procedura è stata messa in piedi in pochissimo tempo e forse non si è avuta la possibilità di testarla a sufficienza e renderla più sicura": è il parere di Gabriele Faggioli, presidente del Clusit, l'Associazione italiana per la Sicurezza Informatica. "Magari si sono unite diverse circostanze ma appena ho letto dei problemi degli utenti ho pensato ad un bug".
AGENZIA DELLE ENTRATE: Aiutare chi lavora in nero, ma no ai condoni. Lo dice a Circo Massimo, su Radio Capital, il direttore dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, spiegando che "mai come in questa fase è giusto dire che non si può lasciare nessuno indietro. Le fasce di popolazione che vivono ai margini vanno sostenute, e il governo sta cercando di introdurre le misure necessarie. Non è una questione fiscale ma una questione di equità". "Non è allo studio" invece, una nuova "pace fiscale", come quella proposta da Matteo Salvini.
INPS: La domanda per il bonus autonomi, secondo le istruzioni pubblicate dall'Inps in una circolare, potrà invece essere presentata sul sito Inps anche con il Pin semplificato che si può chiedere proprio per queste richieste. La ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo ha annunciato che con il decreto di aprile si rifinanzierà la misura per aprile e maggio ampliandone probabilmente l'importo. La ministra ha annunciato anche di star lavorando a un reddito di emergenza. Si guarda al reddito di cittadinanza e alla revisione di alcuni requisiti per ottenerlo legati al patrimonio immobiliare. La misura sarebbe temporanea. Ecco in sintesi cosa prevedono le regole sull'indennità e chi riguardano:
LAVORATORI INTERESSATI: sono interessati all'indennità di 600 euro i lavoratori autonomi (commercianti, artigiani e coltivatori diretti), i liberi professionisti non iscritti a casse di previdenza obbligatoria, i collaboratori coordinati e continuativi, i lavoratori stagionali e quelli dello spettacolo.
600 EURO A MARZO, VERSO AUMENTO PER APRILE E MAGGIO: l'indennità non contribuisce alla formazione del reddito e quindi non può essere tassata. Non dà luogo a contribuzione figurativa (come la cassa integrazione, anche in deroga).
DOMANDA ALL'INPS CON PIN SEMPLIFICATO: la domanda andrà fatta per via telematica con il Pin, lo Spid, la Carta nazionale dei servizi o la carta di identità elettronica. Chi non ha il Pin può chiedere un Pin semplificato accorciando i tempi di arrivo. In alternativa si può usare il Contact center o i patronati. L'accredito arriva sul conto corrente.
RISORSE PER QUASI TRE MILIARDI: per i collaboratori e i liberi professionisti titolari di partita Iva ci sono 203,4 milioni; per i commercianti, gli artigiani i coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni iscritti alla gestione speciale dei lavoratori autonomi lo stanziamento è di 2.160 milioni; per i lavoratori stagionali, del turismo e degli stabilimenti termali le risorse ammontano a 103,8 euro; per gli operai agricoli a tempo determinato lo stanziamento è di 396 milioni mentre per i lavoratori dello spettacolo lo stanziamento è di 48,6 milioni. Se si considerano le risorse per un mese potrebbero avere il bonus circa 4,8 milioni di lavoratori.
PER LAVORATORI SPETTACOLO LIMITE REDDITO: potranno chiedere l'indennità anche i lavoratori dello spettacolo purché abbiano versato nel 2019 almeno 30 contributi giornalieri e non abbiano avuto un reddito superiore a 50.000 euro. Questi lavoratori non devono essere titolari di rapporto di lavoro dipendente al 17 marzo per chiedere l'indennità.
INCOMPATIBILITA' E INCUMULABILITA': l'Inps ricorda che queste indennità non sono cumulabili e che sono incompatibili non solo con la pensione ma anche con il reddito di cittadinanza, la cosiddetta Ape sociale e con l'assegno ordinario di invalidità. L'indennità è invece cumulabile con la Naspi per i lavoratori dello spettacolo e per quelli stagionali. Il bonus è cumulabile anche con le erogazioni monetarie derivanti da borse lavoro, stage e tirocini.

lunedì 16 dicembre 2019

Incassavano la pensione di persone morte, 37 denunciati.

Incassavano la pensione di persone morte, 37 denunciati

Danno 3mln a Inps,in un caso preso per 23 anni indennizzo guerra.


Hanno preso per anni la pensione di parenti morti. In un caso per ben 23 anni un figlio ha incassato quella di guerra di un genitore morto. Per questo 37 persone sono state denunciate all'autorità giudiziaria dai finanzieri del Comando Provinciale di Roma: continuando a percepire mensilmente, dopo il decesso degli aventi diritto, la pensione, l'assegno sociale, l'indennità di accompagnamento o la pensione "di guerra", a seconda dei casi, avrebbero causato un danno di 3 milioni per le casse dell'Inps e del ministero dell'Economia e delle Finanze.
Il Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza, dopo aver acquisito dall'Inps e dal Ministero dell'Economia i nominativi di titolari di pensione, aveva avviato il loro monitoraggio "a tappeto", incrociando tali informazioni con quelle contenute nelle banche dati disponibili, al fine di verificare l'eventuale decesso dell'avente diritto e possibili casi di percezione dell'emolumento da parte di terze persone.
In seguito agli approfondimenti eseguiti "sul campo", le Fiamme Gialle, avvalendosi della collaborazione delle sedi locali dell'istituto di previdenza e della Ragioneria Territoriale dello Stato di Roma, hanno scoperto i 37 casi di indebita percezione di prestazioni previdenziali e assistenziali, denunciando i responsabili, a vario titolo, per i reati di indebita percezione di erogazioni pubbliche a seguito di dichiarazioni mendaci e di truffa aggravata ai danni dello Stato.
In numerosi casi, l'autorità Giudiziaria ha disposto il sequestro delle somme giacenti sui conti correnti, fino a concorrenza del credito vantato, mentre l'Inps e la Ragioneria Territoriale dello Stato hanno subito sospeso l'erogazione dei trattamenti. Spiccano, tra le altre, le posizioni di una donna deceduta nel 1991, la cui nipote, fino al 2017, si era appropriata illecitamente di oltre 300.000 euro, nonché di un professionista che non aveva comunicato la morte del genitore avvenuta nel 1993 continuando fino al 2016 ad incassare dal ministero dell'Economia e delle Finanze la pensione "di guerra" del padre per oltre 267.000 euro.

http://www.ansa.it/lazio/notizie/2019/12/14/incassavano-pensione-di-persone-morte_0bfb5694-2f07-4f3f-8b09-641c898dfc40.html

domenica 30 giugno 2019

Orfini & C., statisti alla marinara. - Daniele Ranieri

Orfini & C., statisti alla marinara

Crocieristi - I dem sulla nave Ong dimenticano i campi libici e le politiche dei loro governi.
Il caldo gioca brutti scherzi: da due giorni ci sembra di vedere alcuni parlamentari del Pd a bordo della Sea Watch 3. Il miraggio è allucinante: Delrio in mocassino Capalbio-moda mare senza calzini sistema un materasso di fortuna sul ponte di prua mentre Orfini aggiorna il diario di bordo su Twitter e Davide Faraone si spara una ridda di selfie – con Delrio, con Giuditta Pini, con Riccardo Magi, con la capitana Rackete – rendendoli virali con gli hashtag di tendenza.
Orfini, nella sua fantozzianamente tragica mancanza di physique du rôle (pelle bianco-latte, asciugamano sulla spalla e cuffia in testa), ha un principio di ustione sul naso ma obbedisce a un dovere più grande della legge: “26 giugno, ore 22:31: Sono arrivato a Lampedusa. Quella luce gialla che vedete in foto è la #SeaWatch”. “27 giugno, ore 16:04: Siamo su un gommone.
Proviamo ad avvicinarci alla #SeaWatch”. “Ore 16:22: Siamo sulla #SeaWatch”, eccetera.
Chiamatelo Ismaele. Alle 19:28 la foto di uno splendido tramonto che potrebbe essere pure di Camogli o Ibiza accompagna le lancinanti parole di condanna: “I migranti sono in condizioni di sofferenza psicologica indescrivibile. Crudeltà, non c’ è altro modo per definire il comportamento del governo”.
Dev’ essere sempre il caldo, perché la indubbia crudeltà del governo attuale consiste nel tenere sulle barche delle Ong persone che avrebbero potuto benissimo restarsene al fresco nei campi di prigionia libici dove il governo Gentiloni, grazie al ministro Minniti, aveva profumatamente pagato le milizie indigene per trattenerle con tutti i comfort.
I meravigliosi selfie sul mare obnubilano la memoria: nel giugno di due anni fa, era Minniti che minacciava di chiudere i porti (minaccia che Delrio si fece in quattro per smentire, attenuare, ritirare), cosa che Salvini ha potuto fare perché non ha l’ organo della moralità che invece i piddini ogni tanto si scoprono sviluppatissimo. E fu Renzi – che oggi, mentre i suoi si imbarcano per l’ operazione Lampedusa, posta foto delle Dolomiti dall’ aereo che lo scarrozza per il mondo a impollinare gli altri Paesi del suo formidabile know how – a dire: “Si è fatto bene a bloccare gli sbarchi. C’ è un limite massimo di persone che puoi accogliere.
Aiutiamoli davvero a casa loro” (Festa dell’ Unità, Bologna, 1/9/17) e a vergare sull’ indimenticabile Avanti: “Vorrei che ci liberassimo da una sorta di senso di colpa. Noi non abbiamo il dovere morale di accogliere in Italia tutte le persone che stanno peggio. Se ciò avvenisse sarebbe un disastro etico, politico, sociale e alla fine anche economico”.
Ecco allora la delegazione marinara del Pd che solca le acque territoriali per raggiungere la nave con sopra i migranti, ai quali mancava solo questa, di disgrazia. Ma lasciando stare Orfini e Faraone, che di Renzi sono stati la proiezione ortogonale e prona, come può Delrio, persona seria, non notare lo stridore tra l’ aver sostenuto acriticamente quelle politiche ieri e il portare oggi soccorso a persone che hanno subito fame e violenze nei centri di detenzione libici, prevedibile eterogenesi dei fini del memorandum d’ intesa del 2017 tra Minniti e al-Sarraj?
Speriamo almeno si mangi bene, a bordo: non vorremmo che i delicati stomacucci dei digiunatori a staffetta ne avessero a soffrire. Vabbè che Orfini ormai è praticamente un lupo di mare, dopo esser salito a gennaio sulla Sea Watch al largo di Siracusa, dato l’ inspiegabile insuccesso della protesta del Pd intitolata “Non siamo pesci”.
Stavolta non c’ è con loro la Prestigiacomo, ministra di B. e memento vivente della Bossi-Fini e del decreto Maroni che creò il reato di favoreggiamento all’ immigrazione clandestina tuttora vigente, chissà per colpa di chi. Quale cultura di umanità e accoglienza possono vantare, oggi, i nostri statisti alla marinara? È come se Schettino facesse il testimonial della Costa Crociere.
SEA WATCH, DITO PUNTATO CONTRO DELRIO E PD: “VERGOGNATEVI”, NELLA NOTTE L’AFFRONTO ALL’ITALIA
(liberoquotidiano.it) – “Fossi in loro mi vergognerei”. Matteo Salvini ne ha anche per Graziano Delrio, Matteo Orfini e Davide Faraone, i tre parlamentari del Pd saliti a bordo della Sea Watch che hanno contribuito ad alimentare la “guerra politica” tra la ong tedesca e il governo italiano sulla pelle di 40 migranti tenuti sulla nave per oltre due settimane con un solo obiettivo, farli sbarcare in Italia e in nessun altro porto.
“Si sarebbe potuto intervenire prima”, hanno spiegato i dem scesi nella notte a Lampedusa, insieme ai migranti, dopo il blitz della capitana Carola Rackete. “Erano a bordo di una nave privata straniera che ha infranto tutte le leggi italiane – ha ricordato a Delrio e compagni il ministro dell’Interno, intervistato dal Gr1 Rai -. Tra l’altro stanotte la capitana ha anche messo a rischio la vita degli agenti delle forze dell’ordine”. Il riferimento è allo speronamento di una motovedetta della Guardia di Finanza che tentava di impedire l’attracco della Sea Watch al molo.
“Solidarietà alle donne e agli uomini delle Forze dell’Ordine e della Guardia di Finanza in particolare – ha poi commentato in una nota lo stesso Salvini -, visto che poche ore fa hanno rischiato la vita per la scelta criminale della SeaWatch. Da giorni stanno difendendo la legalità e i confini italiani, costretti agli straordinari da una nave pirata e da alcuni parlamentari di sinistra (tra cui un ex ministro) che anziché stare con le Forze dell’Ordine e con l’Italia hanno scelto di schierarsi con una ong tedesca che ha schiacciato una motovedetta delle Fiamme Gialle. I nostri finanzieri erano in grave difficoltà ma i parlamentari di sinistra applaudivano la capitana della Sea Watch”.

giovedì 16 novembre 2017

Il «whistleblowing» è legge: tutelato il dipendente che segnala illeciti.



Via libera definitivo della Camera dei deputati con 357 voti (contrari Fi e Di con 46 voti; 15 gli astenuti) alla legge che introduce in Italia il cosiddetto whistleblowing, vale a dire la segnalazione di attività illecite nell'amministrazione pubblica o in aziende private, da parte del dipendente che ne sia venuto a conoscenza per ragioni di lavoro. La norma che si compone di tre articoli mira soprattutto alla tutela dei lavoratori.
Pubblica amministrazione. L'articolo 1 modifica l'articolo 54-bis del Testo unico del pubblico impiego (Dlgs n. 165 del 2001), introdotto dalla legge Severino che aveva già accordato un prima forma di tutela per il segnalante, prevedendo un vero e proprio sistema di garanzie per il dipendente. La nuova disciplina stabilisce, anzitutto, che colui il quale - nell'interesse dell'integrità della Pa - segnali al responsabile della prevenzione della corruzione dell'ente (di norma un dirigente amministrativo; negli enti locali il segretario) o all'Autorità nazionale anticorruzione o ancora all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile le condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto di lavoro, non possa essere - per motivi collegati alla segnalazione - soggetto a sanzioni, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto a altre misure organizzative che abbiano un effetto negativo sulle condizioni di lavoro.
L'eventuale adozione di misure discriminatorie va comunicata dall'interessato o dai sindacati all'Anac che a sua volta ne dà comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica e agli altri organismi di garanzia. In questi casi l’Anac può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del responsabile da 5.000 a 30.000 euro, fermi restando gli altri profili di responsabilità. Inoltre, l’Anac applica la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro a carico del responsabile che non svolga le attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute. La misura della sanzione tiene conto delle dimensioni dell'amministrazione.
Spetta poi all'amministrazione l’onere di provare che le misure discriminatorie o ritorsive adottate nei confronti del segnalante sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione. Gli atti discriminatori o ritorsivi adottati dall'amministrazione o dall'ente comunque sono nulli. Il segnalante licenziato ha diritto alla reintegra nel posto di lavoro e al risarcimento del danno. Le tutele invece non sono garantite nel caso in cui, anche con sentenza di primo grado, sia stata accertata la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque reati commessi con la denuncia del medesimo segnalante ovvero la sua responsabilità civile, nei casi di dolo o colpa grave.
Il settore privato 
L'articolo 2 estende al settore privato la tutela del dipendente o collaboratore che segnali illeciti o violazioni relative al modello di organizzazione e gestione dell'ente di cui sia venuto a conoscenza per ragioni del suo ufficio. La disposizione dunque modifica l'articolo 6 del Dlgs 231 del 2001 sulla “Responsabilità amministrativa degli enti”, con riguardo ai modelli di organizzazione e di gestione dell'ente idonei a prevenire reati. In particolare, sono aggiunti all'articolo 6 tre nuovi commi. Il comma 2-bis, relativo ai requisiti dei modelli di organizzazione e gestione dell'ente prevede uno o più canali che, a tutela dell'integrità dell'ente, consentano a coloro che a qualsiasi titolo rappresentino o dirigano l'ente, segnalazioni circostanziate di condotte costituenti reati o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Tali canali debbono garantire la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione, e la modalità informatica è uno strumento necessario, e non eventuale, del canale a tutela della riservatezza dell'identità del segnalante.
Inoltre si chiarisce che le segnalazioni devono fondarsi su elementi di fatto che siano “precisi e concordanti”.
I modelli di organizzazione devono prevedere sanzioni disciplinari nei confronti di chi violi le misure di tutela del segnalante. Mentre si è previsto l'obbligo di sanzionare chi effettua, con dolo o colpa grave, segnalazioni che si rivelino infondate. 
Il comma 2-ter prevede che l'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti segnalanti possa essere oggetto di denuncia all'ispettorato Nazionale del Lavoro. Il comma 2-quater sancisce la nullità del licenziamento ritorsivo o discriminatorio del segnalante. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni o qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. Come nel settore pubblico è onere del datore di lavoro dimostrare che l'adozione di tali misure siano estranee alla segnalazione mossa dal dipendente.
La rivelazione del segreto 
L'articolo 3, introdotto nel corso dell'esame al Senato, con riguardo alle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nel settore pubblico o privato, introduce come giusta causa di rivelazione del segreto d'ufficio, professionale (art. 622 c.p.), scientifico e industriale, nonché di violazione dell'obbligo di fedeltà all'imprenditore, il perseguimento, da parte del dipendente pubblico o privato che segnali illeciti, dell'interesse all'integrità delle amministrazioni (sia pubbliche che private) nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni. La giusta causa opera dunque come scriminante, nel presupposto che vi sia un interesse preminente (in tal caso l'interesse all'integrità delle amministrazioni) che impone o consente tale rivelazione.
Costituisce invece violazione dell'obbligo di segreto la rivelazione con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell'eliminazione dell'illecito. In questi casi non trova dunque più applicazione la giusta causa e sussiste la fattispecie di reato a tutela del segreto.

giovedì 13 luglio 2017

Ocse: pubblica amministrazione «anziana» e dirigenti strapagati. - Giuliana Licini



Non solo debito record, ma anche dipendenti attempati, dirigenti strapagati e una diffusa insoddisfazione dei cittadini. Nel rapporto «Government at a Glance», l'Ocse mette sotto la lente l'amministrazione pubblica dei Paesi membri e lo «sguardo» spesso si posa inclemente sugli squilibri italiani, noti e meno noti. Non mancano, d'altro canto, i progressi e le aree di distinzione. L'Italia, ad esempio, è seconda solo alla Germania nell'Ocse per indipendenza delle autorità di regolamentazione dei principali settori di rete. Sui conti pubblici - rileva lo studio - il deficit dell'Italia è migliorato, passando dal 5,3% del 2009 al 2,7% nel 2015, migliore del 2,8% medio Ocse, ma a causa della duplice recessione il debito resta molto elevato, avendo raggiunto nel 2015 il 157,5% del Pil - in base alle definizioni Ocse - contro una media del 112% ed è il terzo peggiore dell'area, dopo Giappone e Grecia. Il pagamento degli interessi sul debito è stato pari al 4% del Pil nel 2015, inferiore solo al 4,2% portoghese.
L'Ocse riconosce, peraltro, che l'Italia per contenere la spesa ha messo in atto nel 2008-2016 ben sei spending reviews, che hanno aiutato il Governo a navigare attraverso la stretta ai conti pubblici. La spesa pubblica nel 2015 è stata pari al 50,5% del Pil contro il 40,9% Ocse ed è stata assorbita per il 42,6% dalla protezione sociale contro il 32,6% medio Ocse. Ai servizi pubblici generali è andato il 16,6% contro il 13,2% Ocse, mentre all'istruzione è stato destinato il 7,9% sotto la media Ocse che è del 12,6% e alla sanità il 14,1% contro il 18,7%. Nel welfare il 64,3% della spesa va alle pensioni contro il 53,5% Ocse. Agli investimenti pubblici è andato solo il 2,1% del Pil nel 2016, in calo dal 2,3% del 2015, contro una media Ocse del 3,2%. L'Italia resta in ritardo sulla spesa tramite appalti pubblici, che riguarda solo il 20,5% del totale della spesa contro il 29% Ocse. Le entrate pubbliche sono salite al 47,1% del Pil nel 2016 dal 45,2% del 2007 e per il 63% derivano dalla tassazione (media Ocse 59% nel 2015). Passando alla forza lavoro pubblica, il rapporto sottolinea che l'Italia ha la più alta quota tra i Paesi industrializzati di dipendenti statali ultra-55enni, con il 45% contro il 24% medio e la minore proporzione (2%) di giovani tra i 18-34 anni che lavorano per il Governo centrale. Questo - sottolinea il rapporto - richiede è un'attenta pianificazione della forza lavoro in modo da assicurare che il pensionamento massiccio dei dipendenti non porti a una perdita di memoria istituzionale e non incida sulla qualità dei servizi pubblici.

I dipendenti pubblici, per altro, sono il 13,6% dell'occupazione totale in Italia, contro il 18% medio Ocse. I livelli di retribuzione sono più elevati rispetto alla media soprattutto nelle posizioni più elevate: i senior manager tricolori, cioè i più alti dirigenti della Pa, nel 2015 avevano un compenso annuo lordo di 395.400 dollari, il più alto dell'Ocse dopo l'Australia, a fronte di una media di 231.500 dollari. Anche per le mansioni di segreteria la P.a italiana è più generosa della media Ocse, mentre lesina sui compensi dei professionisti, cioè i dipendenti pubblici con competenze tecniche specifiche (67.900 dollari contro 88.700). Quasi biblici rispetto ai parametri internazionali i tempi della giustizia: oltre 2 anni e mezzo per le cause amministrative (solo in Grecia sono più lunghi) contro i 4 mesi della Svezia. 

Da ultimo, il grado di soddisfazione dei cittadini nei confronti dei servizi pubblici: anche in questo caso l'Italia si ritrova in coda. Nel 2016 solo il 49% degli interpellati nei sondaggi si dichiarava soddisfatto dei servizi sanitari. Il dato, che relega l'Italia al sestultimo posto nell'Ocse, è in calo dal 56% del 2007 e si confronta con il 70% medio Ocse. Tra scuole senza materiale didattico (secondo peggior caso dell'Ocse), test di apprendimento deludenti, istituti poco accoglienti e insegnanti poco collaborativi secondo gli studenti (e in coda per salario secondo il confronto internazionale), la Penisola è quintultima per soddisfazione nel sistema scolastico con il 55% contro il 67% Ocse

Penultimo posto, poi, per la fiducia nel sistema giudiziario, apprezzato solo dal 24% dei cittadini contro il 55% Ocse. Nel complesso, la fiducia nel governo nazionale, già scarsa nel 2007 (30%), nel 2015 è scesa al 24%. E' più bassa solo in Cile e in Grecia.

rapporto «Government at a Glance»

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2017-07-13/ocse-pubblica-amministrazione-anziana-e-dirigenti-strapagati--102934.shtml?uuid=AEK1KiwB

sabato 4 febbraio 2017

Cgia, sprechi ed inefficienze nella P.A. costano 16 miliardi l'anno.

Un dipendente ministeriale varca i tornelli © ANSA


Da migliore gestione patrimonio, aiuti e detrazioni altri 16mld.

Tra gli sprechi nella sanità, le misure di contrasto alla povertà percepite da famiglie abbienti e la quota di spesa pubblica indebita denunciata dalla Guardia di Finanza, l'Ufficio studi della Cgia ha stimato in 16 miliardi di euro all'anno le uscite che la pubblica amministrazione italiana potrebbe risparmiare se funzionasse meglio. Se, inoltre, si potesse quantificare anche la spesa riconducibile ai falsi invalidi, a quella riferita a chi percepisce deduzioni fiscali non dovute o alla cattiva gestione del patrimonio immobiliare, molto probabilmente lo Stato potrebbe risparmiare, per la Cgia, altrettanti milioni di euro.
Una montagna, quella degli sprechi della Pa, che, secondo la Cgia, assume una dimensione ancor più preoccupante se si tiene conto dei dati forniti dal Fondo monetario internazionale. Se la Pa, rileva la Cgia, avesse in tutta Italia la stessa qualità nella scuola, nei trasporti, nella sanità, nella giustizia, che ha nei migliori territori del Paese, il Pil aumenterebbe di 2 punti (oltre 30 mld/anno di euro).  
"Dopo aver approvato in fretta e furia una legge di Bilancio molto generosa sul fronte delle uscite - dice il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - ora, dopo la richiesta da parte dell'Ue di correggere i nostri conti pubblici per 3,4 miliardi, il Governo decide di recuperarli agendo soprattutto sul fronte delle entrate. Non sarebbe il caso, invece, di intervenire in misura più aggressiva nei confronti della spesa pubblica improduttiva che risulta avere ancora dimensioni molto preoccupanti?" Pur riconoscendo gli sforzi fatti dagli ultimi esecutivi sul fronte della spending review, la Cgia continua a ritenere che sarebbe sbagliato recuperare una buona parte dello 0,2% di taglio del deficit/Pil richiestoci da Bruxelles aumentando, ad esempio, le accise sui carburanti.
"Ricordo - conclude il segretario della Cgia Renato Mason - che l'80 per cento circa delle merci italiane viaggia su gomma. E' vero che grazie al rimborso delle accise gli autotrasportatori, solo quelli con mezzi sopra i 35 quintali, possono recuperare una parte degli aumenti fiscali che subiscono alla pompa. Tuttavia, nel caso scattassero gli incrementi di accisa, potrebbero verificarsi dei rincari dei prodotti che troviamo sugli scaffali dei negozi e dei supermercati del tutto ingiustificati, penalizzando soprattutto le famiglie a basso reddito". Rammentando che la nostra spesa pubblica annua ammonta a 830 miliardi di euro circa, i 3,4 miliardi di correzione del deficit richiestoci incide per lo 0,4%: un'inezia che auspichiamo possa essere risolta attraverso una contrazione degli sprechi e degli sperperi presenti nella nostra Pa". 

lunedì 22 febbraio 2016

Pubblica amministrazione, crescono i consulenti esterni, boom della spesa +60%.

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Cresce, anzi si impenna, la spesa per i consulenti esterni nella pubblica amministrazione.

Secondo la relazione presentata dal ministro della PA, Marianna Madia, la spesa per i collaboratori esterni a cui sono affidati gli incarichi nelle pubbliche amministrazioni è cresciuta del 61,32% in un anno.   L'ammontare dei compensi erogati, è passato da 738 milioni a 1,190 miliardi, in controtendenza con la diminuzione della spesa degli anni precedenti. Un incremento che sta a evidenziare come la spending review e la macchina statale camminino su due binari diversi. Secondo i dati arrivati dalle amministrazioni pubbliche in collaborazione con l'Anagrafe delle prestazioni, per il monitoraggio e la trasparenza della spesa pubblica, si è registrato un record di compensi alla voce "Regioni e autonomie locali": +113,28% sul 2013. Seguono a ruota i comparti Ricerca (+56,17%), Scuola (+55,20%), Università (+45,66%), Sanità (+33,19%) e gli organi centrali dello Stato, l'incremento è stato del 32,11%. 

http://economia.ilmessaggero.it/flashnews/pubblica_amministrazione_crescono_consulenti_esterni_boom_spesa_60-1567617.html

lunedì 11 gennaio 2016

Cgia: "Il malfunzionamento della P.A. è più dannoso dell'evasione fiscale"

Cgia: "Il malfunzionamento della P.A. è più dannoso dell'evasione fiscale"


L'associazione di Mestre fa i conti: l'inefficienza del settore pubblico ci costa circa 200 miliardi all'anno, i furbetti del Fisco tra 90 e 120 miliardi. A Roma tornano i furbetti del cartellino: sospesi in nove.


 - "L'inefficienza della Pubblica amministrazione danneggia l'economia italiana più dell'evasione fiscale". Lo rileva la Cgia di Mestre. Calcolatrice alla mano, l'impatto economico del malfunzionamento della P.A. si attesta intorno ai 200 miliardi di euro. Mentre il mancato gettito riconducibile all'evasione sottrae alle casse dello Stato tra i 90 e i 120 miliardi di euro.

Entrando nel dettaglio, l'associazione veneta suddivide in sei aree l'impatto economico dell'inefficienza del settore pubblico: i debiti della P.A. nei confronti dei fornitori ammontano a 70 miliardi di euro; il deficit logistico-infrastrutturale penalizza il nostro sistema economico per un importo di 42 miliardi di euro l'anno; il peso della burocrazia grava sulle piccole e medie imprese per un importo di 31 miliardi di euro l’anno; sono 24 i miliardi di euro di spesa pubblica in eccesso che non ci consentono di ridurre la nostra pressione fiscale in media Ue; gli sprechi e la corruzione presenti nella Sanità ci costano 23,6 miliardi di euro l’anno; la lentezza della nostra giustizia civile costa al sistema Paese 16 miliardi di euro l’anno.

"E' verosimile ritenere che se recuperassimo una buona parte dei soldi evasi al Fisco la nostra macchina pubblica funzionerebbe meglio e costerebbe meno - afferma il coordinatore della Cgia, Paolo Zabeo -. Analogamente, è altrettanto plausibile ipotizzare che se si riuscisse a tagliare sensibilmente la spesa pubblica, permettendo così la riduzione di pari importo anche del peso fiscale, molto probabilmente l'evasione sarebbe più contenuta, visto che molti esperti sostengono che la fedeltà fiscale di un Paese è direttamente proporzionale al livello di pressione fiscale a cui sono sottoposti i propri contribuenti".

"Secondo una recentissima analisi elaborata da due economisti italiani occupati presso la Direzione Generale Affari Economici e Finanziari dell'Ue, per diminuire in misura strutturale il carico fiscale italiano e allinearlo alla media dei Paesi dell'area dell'euro sarebbe necessario ridurre la spesa pubblica di almeno 24 miliardi di euro. Un obiettivo che, alla luce dei tagli di spesa previsti dalle ultime leggi di Stabilità, non ci sembra raggiungibile in tempi ragionevolmente brevi", conclude Zabeo.

mercoledì 5 agosto 2015

Pa, ok definitivo alla riforma. Ecco i punti principali.

Il ministro Madia © ANSA


Dalla riforma delle forze di polizia ai concorsi, alla trasparenza.

Via libera definitivo al ddl di riforma della Pubblica Amministrazione. L'Aula del Senato ha infatti approvato la delega sulla P.A, con 145 voti a favore. I contrari sono invece stati 97 e nessun astenuto. La riforma è stata "salvata" dalle opposizioni, che hanno garantito il numero legale al Senato, che era di 150 voti. I sì infatti sono stati 145 e sono stati i 97 "no" a consentire che il provvedimento venisse approvato. Se i contrari non avessero votato, infatti, la riforma oggi non sarebbe passata. "Un altro tassello: approvata la riforma della P.A., #lavoltabuona. Un abbraccio agli amici gufi". Così il presidente del Consiglio Matteo Renzi commenta via Twitter l'approvazione in via definitiva della riforma.
Ecco i principali capitoli della riforma:
LICENZIAMENTI FACILI. Quando scatta un'azione disciplinare non si potrà più concludere tutto con un nulla di fatto, la pratica dovrà essere portata a termine senza escludere il licenziamento. Quanto alla diatriba sull'articolo 18, la reintegra resterebbe.
- NUMERO UNICO PER EMERGENZE. Basterà chiamare il 112 per chiedere aiuto in ogni circostanza. L'idea e' quella di realizzare centrali in ambito regionale che, raccogliendo la richiesta, siano in grado di smistarla al servizio interessato.
- UN SOLO LIBRETTO PER AUTO. Si apre al trasferimento del Pubblico registro automobilistico (Pra), retto dall'Aci, al ministero dei Trasporti, a cui fa capo la Motorizzazione. Si va infatti verso un'unica banca dati per la circolazione e la proprietà, con un solo libretto.
- CONCORSI, SUPERATO VOTO MINIMO LAUREA. Non ci sarà più una soglia sotto la quale si è fuori dalle selezioni pubbliche. L'obiettivo è dare più importanza alla valutazione in sede di concorso. Nelle prove non mancherà mai un test sull'inglese.
BOLLETTE ELETTRONICHE DA PAGARE CON SMS. I pagamenti verso la P.A, come bollette e multe, potranno avvenire anche ricorrendo al credito telefonico (ricaricabili o abbonamenti) purché si tratti di micro-somme (presumibilmente sotto 50euro). Il versamento potrà quindi essere eseguito con un semplice sms.
- SCOMPARE FORESTALE, RIORDINO FORZE. Il ddl pone le basi per l'assorbimento della Forestale in un'altra forza (con tutta probabilità i Carabinieri), così da portare i corpi da 5 a 4. Si prevede inoltre un riordino di tutte le forze.
- STRETTA SU DIRIGENZA. Anche i capi diventano licenziabili se valutati negativamente. Ma pur di non essere mandati potranno optare per il dimensionamento. Gli incarichi non saranno più a vita (4+2 anni) e scatta la revoca in caso di condanna della Corte dei Conti. A proposito è stato aggiunto un intero articolo dedicato al processo contabile.

- TUTTI I DIRIGENTI IN UN UNICO BACINO. E' previsto un solo ruolo (seppure diviso su tre livelli: statale, regionale, locale) senza più distinzione tra prima e seconda fascia. Si va verso una quota unica (intorno al 10%) per l'accesso di esterni. La figura del segretario comunale è superata.

- SU ASSENZE CON POTERI A INPS. Niente più finti malati. Per centrare l'obiettivo le funzioni di controllo e le relative risorse passano dalle Asl all'Inps. Vengono poi posti dei paletti per il precariato. C'è anche un passaggio per favorire la staffetta generazionale, ma a costo zero. Nasce la Consulta per l'integrazione dei lavoratori disabili.

- MAGLIE PIU' LARGHE PER PENSIONATI P.A. Il tetto di un anno vale solo per i ruoli direttivi. Le altre cariche sono comunque consentite, ma resta il vincolo della gratuità.

- SCURE SU PARTECIPATE. Verranno ridotte e si prevede un numero massimo di 'rossi' dopo cui c'è la liquidazione, possibile anche il al commissariamento. Si prevede il dimezzamento delle camere di commercio.

- SFORBICIATA SU PREFETTURE. Si va verso un taglio netto che potrebbe portare anche a un dimezzamento, quel che ne rimarrà andrà a finire nell'Ufficio territoriale dello Stato, punto di contatto unico tra P.A. periferica e cittadini. Si farà piazza pulita degli uffici doppioni tra ministeri e Authority. si tratta di interventi di Spending Review che si ritrovano anche nella riduzione alla spesa per intercettazioni.

- PRATICHE DIMEZZATE PER GRANDI OPERE. Un 'taglia burocrazia', al fine di semplificare ed accelerare, fino al dimezzamento dei tempi, le operazioni in caso di rilevanti insediamenti produttivi, opere di interesse generale. Scatta la possibilità di attribuire poteri sostituitivi al premier.

- SILENZIO ASSENSO TRA AMMINISTRAZIONI. In caso di contese tra amministrazioni centrali su nulla osta e altri concerti sarà il premier a decidere, dopo un passaggio in Cdm. E' fissato anche un tetto per ottenere il sì: massimo 30 giorni, che diventano 90 in materia di ambiente, cultura e sanità. Sulla stessa linea le misure per sbloccare la conferenza dei servizi.

- GHIGLIOTTINA SUI DECRETI. Una forbice che mira a sbrogliare la matassa di rinvii a provvedimenti attuativi. Tutto passa per una delega al Governo, chiamato a fare una cernita sugli ultimi tre anni (esclusi i dlgs).

- POTERI A PALAZZO CHIGI. Verranno precisate le funzioni di palazzo Chigi per il mantenimento dell'unità di indirizzo. Un rafforzamento della collegialità che si ritrova anche nelle nomine di competenza, in modo che le scelte passino per il Cdm. La delega riguarda pure la definizione delle competenze in materia di vigilanza sulle agenzie fiscali (come le Entrate).

- UNO STATUTO E UN NUOVO CAPO PER P.A. DIGITALE. Arriva la 'carta della cittadinanza digitale', con il Governo delegato a definire il livello minimo di qualità dei servizi online. A guidare la svolta digitale ci penserà un dirigente ad hoc.

- FREEDOM OF INFORMATION ACT ITALIANO. Tutti avranno il diritto di accedere, anche via web, a documenti e dati della P.A. Si spalancano gli archivi pubblici, ma restano dei limiti.

giovedì 19 marzo 2015

PA e furbetti: 4,2 milioni di raccomandati e 800mila 'regalini' per sveltire le pratiche.




I dati di una ricerca svolta dal Censis sul rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione.
Roma, 19 marzo 2015 - 
Più di quattro milioni di italiani sono ricorsi ad una raccomandazione per ottenere un'autorizzazione o accelerare una pratica. E 800mila hanno fatto un "regalino" a dirigenti pubblici per avere in cambio un favore
Sono alcuni dati emersi da una ricerca realizzata dal Censis. L'Istituto ha fatto luce sulla percezione che della pubblica amministrazione hanno i cittadini. Il risultato è sconfortante. Per il 50,5% degli italiani la pubblica amministrazione funziona male (il dato sale al 59% al Sud) e solo per meno dell'1% funziona molto bene. Per il 63,5% non è cambiata e per il 21,5% è addirittura peggiorata. Per farla funzionare meglio gli italiani chiedono il pugno di ferro per corrotti e fannulloni: il 45,3% vorrebbe regole più severe e licenziamenti nel pubblico impiego. Il 34,7% vorrebbe l'assunzione di dirigenti giovani, dinamici e capaci di organizzare meglio le cose. Il 22,1% chiede che i dipendenti pubblici siano licenziabili come quelli che lavorano nel privato e il 19,3% vuole che i più meritevoli vengano pagati meglio.
A parole tutti bravi, verrebbe da dire. "Intanto però - continua il Censis - per ottenere autorizzazioni e accelerare pratiche restano le solite maniere: dalla raccomandazione al regalino. Per ottenere un'autorizzazione o accelerare una pratica nella pubblica amministrazione 4,2 milioni di italiani hanno fatto ricorso a una raccomandazione o all'aiuto di un parente, amico, conoscente. All'inefficienza della pubblica amministrazione gli italiani si adattano secondo una doppia morale. Sono quasi 800.000 le persone che hanno fatto un qualche tipo di regalo a dirigenti e dipendenti pubblici per avere in cambio un favore. Un altro sintomo delle difficoltà di rapporto dei cittadini con la pubblica amministrazione è il ricorso a soggetti di intermediazione (Caf, patronati, ecc.) per relazionarsi con gli uffici pubblici: nell'ultimo anno lo hanno fatto 3,3 milioni di italiani".