giovedì 6 maggio 2021

Una società evoluta. - Beppe Grillo

 

“Le repubbliche e le società contemporanee si dichiarano fondate sul lavoro, presentando questo dato come naturale, certo e immutabile, sino a fare del diritto al lavoro il diritto per il cittadino di realizzare se stesso. Su questo mito dei tempi modernisi sono costruite ideologie e teorie, poi crollate di fronte alla crisi dell’occupazione delle società industriali avanzate. Si è cercata una soluzione nell’economia e nella creazione di posti di lavoro; ma il problema non è e non è mai stato soltanto economico, tecnico o politico,  il lavoro è necessariamente il fondamento delle società. Occorre una nuova riflessione critica, che tenga conto delle rappresentazioni che del lavoro si sono date nella storia, per chiarire una questione che mette in gioco la libertà degli individui e la sopravvivenza della moderna civiltà industriale.” Società senza lavoro: per una nuova filosofia dell’occupazione (Dominique Méda)


In che modo una ricorrenza dedicata al lavoro, che affonda le sue radici durante la rivoluzione industriale negli Stati Uniti d’America, può aiutarci a capire e cambiare qualcosa in più del lavoro di oggi?

Nel 1880 la questione era: “quanto tempo è giusto dedicare al lavoro?” Una faccenda di vita o di morte: stavano costituendosi i diritti di colui che metteva il suo tempo e la sua vita a disposizione di un imprenditore, il lavoratore. Senza il riconoscimento di quei diritti era soltanto schiavitù, le persone erano costrette a lavorare sino allo sfinimento senza alcun riguardo per la loro salute, le loro speranze e la loro sofferenza: le loro vite.

Mi chiedo, che cosa stiamo festeggiando oggi? Entro il 2025, l’automazione e la ricollocazione del lavoro tra uomini e macchine faranno perdere 85 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo nelle medie e grandi imprese in 15 settori e 26 economie. I ruoli in aree quali l’immissione dei dati, la contabilità e il supporto amministrativo sono sempre meno richiesti con la crescita dell’automazione e della digitalizzazione. Oggi, i lavoratori non hanno nulla da festeggiare, perché i loro diritti stanno subendo un attacco lento e progressivo. Non in nome dei padroni ma in nome della salvezza dell’economia finanziaria. Lavorare peggio e di più per tenere in piedi concezioni della società e del lavoro, che hanno lo stesso spessore culturale delle dicerie più becere.

Nel futuro le persone lavoreranno quando e quanto sarà vantaggioso per la loro, personale ed unica, produttività. Ed il Covid ci ha sbattuto la realtà in faccia. Molti credono che disporre del tempo del proprio lavoro sia una cosa da grandi scienziati, come Darwin, che difficilmente lavorava più di quattro ore al giorno, o di Poincare, che lavorava anche 2 ore a settimana. Si è portati così a pensare che persone come loro potevano permetterselo, mentre le persone comuni no.

E se la pandemia ha fatto qualcosa di buono, è stato quello di dimostrare che il lavoro non è qualcosa per cui vieni in ufficio, è qualcosa che fai, andando in contro alle esigenze personali di ognuno, dove al centro c’è soltanto l’uomo e non il mercato.

Dobbiamo solo avere più coraggio, perché siamo condizionati dall’idea che “tutti devono guadagnarsi da vivere”, tutti devono essere impegnati in una sorta di fatica perché devono giustificare il loro diritto di esistere.

In questi giorni ho ripreso in mano un libro del 2013, dell’attivista del movimento contro le disuguaglianze Occupy Wall Street, David Graeber: un saggio strepitoso in cui l’autore parte da questo assunto “Siate onesti: se il vostro lavoro non esistesse, quanti ne sentirebbero la mancanza? Qual è il contributo significativo che offre al mondo?” E’ questa la domanda che dobbiamo porci oggi. Una lettura che vi consiglio e che tutti i policy makers, i legislatori, gli amministratori e tutti coloro che “creano occupazione” dovrebbero avere sul comodino.

Il lavoro retribuito, e cioè legato alla produzione di qualcosa, non è più necessario una volta che si è raggiunto la capacità produttiva attuale. Abbiamo una capacità produttiva che è di gran lunga superiore alle nostre necessità. Per rispondere a questa crisi cosmica, per uscirne fuori, tutti cercano il lavoro. Ma siamo sicuri che il problema sia davvero il lavoro?

Appena smetteremo di produrre in sovrabbondanza; appena penseremo con impegno al nostro pianeta; appena si formerà nelle persone un’idea su quanto sia importante esistere ed essere nel mondo; appena gli individui potranno svilupparsi in modo libero; appena metteremo in atto soluzioni capaci di ridistribuire la ricchezza e di superare le disuguaglianze create dal nostro modello economico, potremo dire di vivere in una società evoluta… e sarà davvero una gioia festeggiare quel giorno.

ILBlogdiBeppeGrillo

Omicidio Cerciello Rega, ergastolo per i due americani. - Giacomo Galanti

 

Accolta la richiesta dell'accusa. Giudici in camera di consiglio per 13 ore.


Condanna all’ergastolo per gli americani Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth per l’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega e il ferimento del collega Andrea Varriale. Lo ha deciso la prima corte d’assise di Roma dopo una camera di consiglio di 13 ore. 

La vicenda. È successo tutto in poche ore nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2019. E la storia è subito apparsa ingarbugliata. O comunque non chiara. Proprio sulla non chiarezza di alcuni elementi si è giocata la sfida tra l’accusa e la difesa dei due ragazzi americani. Ci sono versioni che cambiano a seconda di chi le racconta. Testimoni oculari dati per certi e che invece non ci sono. E se ci sono stavano dormendo. Le pistole d’ordinanza dimenticate in caserma insieme al tesserino di riconoscimento. Gazzelle dei carabinieri pronte a partire in aiuto dei due colleghi, ma di cui la centrale non sa nulla. Varriale, il collega di Cerciello, che chiede aiuto scambiando gli americani per due magrebini. Per non parlare del video girato in caserma sempre dallo stesso Varriale con uno dei ragazzi bendato e legato a una sedia che ha fatto il giro del mondo. O la della presunta manomissione delle traduzioni delle intercettazioni dei due imputati.

Il caso è arrivato davanti ai giudici in tempi record, solo dopo sette mesi dal delitto. La difesa dei due americani è stata chiara: hanno aggredito Cerciello e Varriale, in abiti civili, senza sapere che fossero carabinieri. Al contrario li hanno scambiati per uomini mandati da Sergio Brugiatelli. Un tizio con precedenti che poche ore prima dell’omicidio, nel quartiere di Trastevere, si è offerto come intermediario per trovare un po’ di droga ai due giovani. Così mette gli americani in contatto con un pusher, Italo Pompei, che invece di un grammo di coca gli rifila della tachipirina. I due, dopo essersi accorti della “sòla”, rubano lo zaino di Brugiatelli e gli telefonano per fissare un appuntamento: se rivuole indietro la refurtiva dovrà portare 100 euro e un po’ di droga. Ma a quell’incontro si presentano Cerciello e Varriale, chiamati in aiuto da Brugiatelli. I due militari vengono aggrediti. Il primo muore dissanguato colpito da undici coltellate, l’altro, in stato di choc, chiama i soccorsi.

Nella sua arringa, il difensore di Elder, l’avvocato Renato Borzone ha sottolineato come “le omissioni e le menzogne da parte di alcuni carabinieri hanno confuso l’accertamento della verità”. E soprattutto, secondo il legale, a mentire è stato Varriale, quella sera aggredito insieme a Cerciello. Varriale è stato infatti indagato dalla Procura militare per il reato di “violata consegna” in quanto si era presentato senza arma all’appuntamento, mentre i militari sono obbligati a portare al seguito l’arma d’ordinanza quando sono in servizio, anche se in borghese, come quella notte. Ed è emerso il tentativo dello stesso carabiniere di accordarsi con un collega per dimostrare che aveva lo stesso la pistola. Qui si inserisce la versione di Varriale data a processo, quando afferma di aver mostrato il tesserino e di essersi qualificato come carabiniere insieme a Cerciello. Per l’avvocato, che contesta il fatto che i due militari si siano qualificati, “Varriale aveva tutto l’interesse personale a dire in aula che ha mostrato il tesserino ai due americani altrimenti avrebbe potuto essere accusato di un altro reato dinanzi al Tribunale militare”.

D’altro canto, Elder, autore materiale del delitto, è stato definito imputabile dai periti nominati dal Tribunale, i professori Stefano Ferracuti e Vittorio Fineschi, perché “capace di intendere o di volere al momento del fatto”. Anche se, sempre secondo la la perizia, il giovane californiano “presenta un disturbo di personalità borderline-antisociale di gravità medio elevata, una storia di abuso di sostanze (in particolare Thc) e un possibile disturbo post-traumatico da stress”. Nelle sue dichiarazioni spontanee a processo ha raccontato così quella notte: “In un attimo si sono girati e si sono avventati su di noi senza dire una parola, senza qualificarsi. L’uomo più grande, era una montagna, mi ha buttato per terra e ha messo tutto il suo peso su di me. Ho provato panico e ho pensato volesse uccidermi”. E ha aggiunto: “In America i poliziotti si comportano in maniera diversa, si identificano e tirano fuori le armi. Non ho mai pensato che uno spacciatore potesse chiamare la polizia, questo non accade in America”.

Huffpost

Come cambiano i colori nelle regioni: la Puglia verso il giallo, in arancione solo Valle d’Aosta e Sicilia. Sardegna in bilico. - Andrea Gagliardi

 

Puglia verso il giallo. Insieme probabilmente a Basilicata e Calabria. Valle d’Aosta di nuovo arancione, insieme alla Sicilia. Sardegna in bilico. È questo il quadro attuale in vista del monitoraggio di venerdì 7 maggio che vedrà quasi tutta la cartina geografica colorarsi di giallo (ristoranti e bar con tavoli all'aperto a pranzo e a cena; ingresso consentito in cinema, teatri e musei sia pure con capienza limitata, spostamenti liberi verso altre regioni gialle). Va monitorato l'indice Rt (indice di velocità del contagio) dopo il leggero rialzo (0.85) registrato la scorsa settimana. La stima non sarà ancora influenzata dalle parziali riaperture del 26 aprile

Valle d’Aosta torna arancione.

La Valle d'Aosta resterà in lockdown solo una settimana. Finita in fascia rossa dal 3 maggio a causa di un numero di nuovi casi settimanali oltre la soglia critica di 250 contagi settimanali ogni 100mila abitanti (265), ha visto l’incidenza ridursi velocemente (siamo a 204). E può contare su un Rt sotto 1 e un sistema ospedaliero non particolarmente sotto pressione. Di qui il ritorno in arancione a partire da lunedì 10 maggio. Resta arancione la Sicilia. La settimana scorsa infatti aveva l'intervallo inferiore dell'Rt a 1,02 e un rischio moderato. Per tornare in giallo deve aspettare almeno due settimane con l'Rt sotto 1 o il rischio basso.

Puglia verso il giallo.

La Puglia è diventata arancione il 26 aprile. E già da due settimana ha numeri da zona gialla. Il tasso di occupazione di posti letto in terapia intensiva di pazienti Covid (34%) resta sopra la soglia critica del 30 per cento. Ma il trend è positivo e la zona gialla a portata di mano. «La situazione continua a migliorare - conferma l’assessore regionale alla Sanità Pierluigi Lopalco - abbiamo un Rt calcolato da noi inferiore a 1, tassi di occupazione dei posti letto in miglioramento, non ci sono focolai in ospedali e Rsa». Dvrebbero essere promosse nella fascia con minori restrizioni anche Basilicata Calabria.

Sardegna in bilico.

In bilico la Sardegna, uscita lunedì 3 maggio dal lockdown e passata in fascia arancione. Probabile un quadro da zona gialla (sarebbe il secondo consecutivo), ma starà alla cabina di regia decidere se lasciarla un’altra settimana in arancione o «promuoverla» subito.

La normativa di riferimento.

Come si arriva alla «promozione» in giallo? Ricapitoliamo le regole in vigore, che non sono state modificate dal nuovo decreto anti Covid che disciplina le riaperture. Sono obbligatori «quattordici giorni in un livello di rischio o scenario inferiore a quello che ha determinato le misure restrittive. E i parametri da rispettare sono: Rt (l'indice che misura la velocità del contagio) sotto 1 e «rischio complessivo» basso o moderato. Un indicatore quest'ultimo risultato del calcolo di 21 parametri, dalla comparsa dei nuovi focolai al tasso di occupazione di ospedali e terapie intensive. Non sono obbligatorie due settimane in fascia arancione per poter essere «promossi». Ne può bastare anche una. La decisione spetta alla cabina di regia del ministero della Salute.

IlSole24Ore

Babbi&nipoti. - Marco Travaglio

 

Immaginate che accadrebbe se un programma Rai affermasse quanto segue: l’Innominabile ha incontrato l’agente segreto e caporeparto del Dis Marco Mancini nella piazzola di un autogrill l’antivigilia di Natale, subito dopo aver chiesto in tv al premier Conte di mollare la delega ai Servizi. Tutti strillerebbero: falso, vergogna, calunnia, complotto, fuori le prove! Invece, di quell’incontro, Report ha mostrato le immagini, riprese col cellulare da un’insegnante che attendeva il padre dinanzi all’autogrill. L’Innominabile non ha smentito (come avrebbe potuto?). Ma, anziché spiegare che ci facesse in un posto così con un tipo così (che aspirava a una promozione nei Servizi, malgrado si fosse salvato grazie al segreto di Stato dai processi per il sequestro Abu Omar e per i dossieraggi Telecom), tira fuori calunnie da dossier farlocchi contro Report, insinua complotti dietro l’insegnante che l’ha filmato e – gran finale – dice che Mancini doveva regalargli dei “babbi” al cioccolato. Che però purtroppo nelle immagini non si vedono. Del resto l’hanno capito tutti: i babbi fanno il paio con la nipote di Mubarak del suo spirito guida. Ci può credere solo chi ci deve o ci vuole credere. Specie se non ha una reputazione da perdere o da difendere. Invece fingono di crederci quasi tutti. I meglio giornaloni nascondono la notizia. O la trattano da gossip. O si esercitano nella vecchia arte di guardare il dito anziché la luna. Cioè non il fatto, gravissimo, documentato dal video. Ma il video: cosa ci sarà dietro, perché mai trasmetterlo. E pretendono spiegazioni non dal politico e dallo spione, ma dal programma che li ha smascherati.

La stampa umoristica, tipo il Riformatorio, parla di “macelleria Report”, “agguato della Rai a Renzi: roba da America latina anni 70” (e perché non 60 o 80?). Aldo Grasso, sul Corriere, si indigna perché Report ha trasmesso il video di due personaggi pubblici in un luogo pubblico ed è “perplesso per il servizio in sé, che mescola molte cose, non tutte pertinenti” (fortuna che a Report la pertinenza non la decide lui, sennò il programma chiuderebbe per mancanza di servizi). Poi, gran finale, accusa Fedez di “non rispettare la privacy” divulgando la telefonata con la vicedirettrice di Rai3 (personaggio pubblico) che tenta di censurarlo. Ovviamente, se Fedez si fosse limitato a raccontare la tentata censura, tutti avrebbero strillato (come ancora fa quel comico naturale del direttore Di Mare): falso, vergogna, calunnia, complotto, fuori le prove! Ma, siccome purtroppo l’audio c’è, parlano del fatto che ci sia anziché del suo contenuto. Quindi, per concludere, sì: l’Innominabile s’è visto con Mancini per i babbi e Ruby era veramente la nipote di Mubarak.

ILFQ

Il complotto di Travaglio e Gomez all’Autogrill. - L. Giar.

 

Cari lettori, ci hanno scoperto. Siamo costretti a confessare perché ieri Repubblica ha pubblicato un’anticipazione della tesi difensiva del direttore di Rai3 Franco Di Mare, il quale sostiene che “la famosa telefonata registrata da Fedez era una trappola orchestrata con l’ausilio di Marco Travaglio e Peter Gomez”. Ebbene, tutto vero. L’idea di un complotto contro Di Mare è nata nel parcheggio dell’Autogrill Tortona Nord, dove il nostro direttore ha incontrato Gomez in gran segreto proprio mentre Fedez li raggiungeva carico di prelibati dolcetti romagnoli. Fedez lamentava una ormai insopportabile monotonia dei palinsesti di Rai3, di cui l’artista è fedele spettatore. A quel punto Travaglio si è illuminato: “Perché non scrivere un monologo sul ddl Zan, sperare che vogliano censurarlo, farsi dire che è un testo inopportuno, registrare tutto, metterlo sui social e poi sputtanare la Lega sul palco?” “Potrebbe funzionare – si è inserito Gomez –, ma Di Mare è un osso duro, ci becca di sicuro”. E infatti oggi, guarda caso, scopriamo che un presunto passante ha filmato l’incontro all’Autogrill e poi lo ha inviato a Di Mare. Ma noi non molliamo: appuntamento a Medesano Est per una rustichella e per decidere le prossime mosse.

ILFQ