Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 17 novembre 2010
Fini e Bersani, la lista dei bolliti
di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano, 17 novembre 2010
PIER LUIGI BERSANI
La sinistra è l’idea che, se guardi il mondo con gli occhi dei più deboli, puoi fare davvero un mondo migliore per tutti (non vediamo l’ora di imbarcare Luca Cordero di Montezemolo e il banchiere Alessandro Profumo). Abbiamo la più bella Costituzione del mondo (infatti, con la Bicamerale del compagno Massimo, facemmo di tutto per riscriverne più di metà con Berlusconi). Ci sono beni che non si possono affidare al mercato: salute, istruzione e sicurezza (l’acqua invece no: quella si
GIANFRANCO FINI
Essere di destra vuol dire innanzitutto amare l’Italia (è per amore che le abbiamo regalato per 16 anni uno come Berlusconi). Apprezziamo imprese e famiglie che danno lavoro agl’immigrati onesti, i cui figli domani saranno italiani (vedi legge Bossi-Fini). Destra vuol dire senso dello Stato, etica pubblica, cultura dei doveri (non faccio per vantarmi, ma le leggi sul falso in bilancio, Cirami, Cirielli, Schifani, Alfano ecc. le abbiamo votate tutte). Lo Stato deve spendere bene il denaro
Guardian su B: “Come può essere ancora al potere”
Il quotidiano britannico attacca frontalmente il premier e riassume le ultime vicende in cui è rimasto coinvolto. Da Noemi a Ruby
“Come può quest’uomo essere ancora al potere?”. A tutta pagina c’è una foto di Silvio Berlusconi, composto e serissimo. La cover story dell’inserto quotidiano del Guardian, G2, picchia duro sul presidente del consiglio italiano, i suoi scandali, le sue gaffe, la sua incapacità di mettere il bene del Paese al primo posto. Nello stesso giorno anche il settimanale americanoNewsweek dedica la copertina al nostro premier e titola: “Berlusconi e il problema ragazze”. All’interno un reportage che viene riassunto così: “La sua cultura dell’harem sta minando l’economia italiana e il suo governo”.
Due stoccate in pieno petto. Che vanno ad aggiungersi al coro unanime della stampa internazionale. Ma il Guardian stavolta ci va pesante. Seguendo le orme dell’ormai celebre copertina dell’Economist del 2001 dove B. era definito “unfit to lead”, inadatto a governare. Quasi dieci anni dopo il concetto è lo stesso. L’autore del reportage, Tobias Jones, è una vecchia conoscenza del premier. Quando si era permesso di criticare il berlusconismo nel libro Il cuore oscuro dell’Italia, uno dei magazine di casa Mondadori lo aveva screditato con un ampio pezzo definendolo il “Pinocchio inglese”. Ma il Pinocchio non ha mollato la presa.
Per i lettori del Guardian riassume tutti i recenti scandali che hanno visto B. protagonista: dal casoMills al presunto coinvolgimento con la mafia, da Noemi Letizia al bunga bunga fino ai festini a base di droga. “Che altro potrà fare Berlusconi per essere cacciato? – si domanda Jones – Nella maggior parte dei Paesi solo uno di questi numerosi scandali sarebbe stato sufficiente a ucciderlo politicamente”. “Adesso il problema non è più politico o giudiziario, ma psichiatrico”, avrebbe commentato un membro dell’opposizione che vuole rimanere anonimo. Secondo il giornalista inglese il problema è che molti italiani invidiano e ammirano il premier per il suo successo con le donne, “sempre che si possa parlare di successo quando paghi 10.000 euro per un amplesso”, commenta.
Ma per lo scrittore l’atteggiamento sta finalmente cambiando: “Gli italiani sono molto meno puritani di noi quando si parla di sesso, ma sanno riconoscere l’ipocrisia – osserva – Per esempio recentemente il governo ha annunciato che la prostituzione sulle strade diventerà illegale. E’ come se un preside alcolizzato dicesse ai suoi alunni che non possono bere Coca Cola”. La descrizione poco lusinghiera del premier continua: “Gli italiani ammirano lo stile, ma il primo ministro viene ormai percepito come un pomicione, un malfermo e vecchio bigotto “, critica Jones. “Durante una visita all’Aquila, dopo il terremoto, ha chiesto a un assessore: ‘Posso palpare un po’ la signora?’ Questo spiega come lui davvero creda al droit de seigneur, un rito medievale secondo il quale il signore doveva avere il primo assaggio delle vergini del suo regno”. E mentre l’Italia è in rovine (vedi Pompei), continua il Guardian, l’unica cosa cui pensa B. sono le donne. “Ha trasformato il suo Paese in una barzelletta”, è il commento lapidario. Purtroppo condiviso un po’ da tutta la stampa britannica, sia di destra che di sinistra.
Ma Jones riserva qualche strale anche per l’opposizione “notoriamente divisa e debole”. Prodi, D’Alema, Amato, Rutelli Fassino, Veltroni, Bersani: non sono riusciti a liberarsi di B. “Mi dispiace dirlo, ma la sinistra è abbastanza patetica”, è il verdetto finale. Povera Italia, dunque. Per ilGuardian ci sono solo due vie per strappare a B. la poltrona: “La sua morte o una programmatica deberlusconizzazione che faccia tornare il Paese alla realtà dopo 20 anni di lavaggio del cervello. La prima, credo, è più probabile della seconda”.
di Deborah Ameri
Due stoccate in pieno petto. Che vanno ad aggiungersi al coro unanime della stampa internazionale. Ma il Guardian stavolta ci va pesante. Seguendo le orme dell’ormai celebre copertina dell’Economist del 2001 dove B. era definito “unfit to lead”, inadatto a governare. Quasi dieci anni dopo il concetto è lo stesso. L’autore del reportage, Tobias Jones, è una vecchia conoscenza del premier. Quando si era permesso di criticare il berlusconismo nel libro Il cuore oscuro dell’Italia, uno dei magazine di casa Mondadori lo aveva screditato con un ampio pezzo definendolo il “Pinocchio inglese”. Ma il Pinocchio non ha mollato la presa.
Per i lettori del Guardian riassume tutti i recenti scandali che hanno visto B. protagonista: dal casoMills al presunto coinvolgimento con la mafia, da Noemi Letizia al bunga bunga fino ai festini a base di droga. “Che altro potrà fare Berlusconi per essere cacciato? – si domanda Jones – Nella maggior parte dei Paesi solo uno di questi numerosi scandali sarebbe stato sufficiente a ucciderlo politicamente”. “Adesso il problema non è più politico o giudiziario, ma psichiatrico”, avrebbe commentato un membro dell’opposizione che vuole rimanere anonimo. Secondo il giornalista inglese il problema è che molti italiani invidiano e ammirano il premier per il suo successo con le donne, “sempre che si possa parlare di successo quando paghi 10.000 euro per un amplesso”, commenta.
Ma per lo scrittore l’atteggiamento sta finalmente cambiando: “Gli italiani sono molto meno puritani di noi quando si parla di sesso, ma sanno riconoscere l’ipocrisia – osserva – Per esempio recentemente il governo ha annunciato che la prostituzione sulle strade diventerà illegale. E’ come se un preside alcolizzato dicesse ai suoi alunni che non possono bere Coca Cola”. La descrizione poco lusinghiera del premier continua: “Gli italiani ammirano lo stile, ma il primo ministro viene ormai percepito come un pomicione, un malfermo e vecchio bigotto “, critica Jones. “Durante una visita all’Aquila, dopo il terremoto, ha chiesto a un assessore: ‘Posso palpare un po’ la signora?’ Questo spiega come lui davvero creda al droit de seigneur, un rito medievale secondo il quale il signore doveva avere il primo assaggio delle vergini del suo regno”. E mentre l’Italia è in rovine (vedi Pompei), continua il Guardian, l’unica cosa cui pensa B. sono le donne. “Ha trasformato il suo Paese in una barzelletta”, è il commento lapidario. Purtroppo condiviso un po’ da tutta la stampa britannica, sia di destra che di sinistra.
Ma Jones riserva qualche strale anche per l’opposizione “notoriamente divisa e debole”. Prodi, D’Alema, Amato, Rutelli Fassino, Veltroni, Bersani: non sono riusciti a liberarsi di B. “Mi dispiace dirlo, ma la sinistra è abbastanza patetica”, è il verdetto finale. Povera Italia, dunque. Per ilGuardian ci sono solo due vie per strappare a B. la poltrona: “La sua morte o una programmatica deberlusconizzazione che faccia tornare il Paese alla realtà dopo 20 anni di lavaggio del cervello. La prima, credo, è più probabile della seconda”.
di Deborah Ameri
Agcom, Romani boccia gli emendamenti di Fli: Autorithy troppo imparziale
Il ministro dello sviluppo economico contro le modifiche richieste di Futuro e libertà che recepiscono le direttive europee
Nella legge infatti i due parlamentari vogliono inserire quattro righe che sembrano fatte apposta per evitare il ripetersi di un Trani-gate: le pressioni del presidente del consiglio su uno dei componenti dell’Autorithy (Giancarlo Innocenzi) per censurare un programma sgradito (Annozero). Tanto che in uno degli emendamenti è scritto che dev’essere “garantito il rafforzamento dell’indipendenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, anche garantendo che i componenti dell’organo collegiale, nominati tra persone di notoria indipendenza, non sollecitino né accettino istruzioni da alcun altro organismo nell’esercizio dei propri compiti, nonché prevedendo che questi possano essere sollevati dall’incarico solo se non rispettino le condizioni prescritte per l’esercizio delle loro funzioni”.
Gli emendamenti, qualche settimana fa, erano stati inviati per conoscenza al ministero delloSviluppo economico per avere un parere prima della votazione in commissione. E il ministroPaolo Romani ha detto no. “Il fatto si commenta da solo – dice Saia – e secondo me ha molto a che vedere con i trascorsi professionali di Romani”.
Così l’iter in commissione Politiche europee è in salita. “Vogliono mantenere lo status quo tutto a vantaggio di Mediaset”, sostiene Saia.
Insomma un’Autorithy veramente indipendente che fissi delle regole uguali per tutti, aziende del premier comprese, è un’opzione che il governo non vuole prendere neanche in considerazione. “Dovrebbe essere scandaloso – prosegue Saia – ma si è persa pure la decenza di trovare delle giustificazioni a situazioni di questo tipo”.
Come sostiene Germontani, “l’indipendenza dell’agenzia passa per l’autonomia dei suoi membri. E’ per questo – continua la senatrice – che abbiamo deciso di presentare gli emendamenti che sanciscono come i candidati commissari debbano essere persone notoriamente indipendenti e refrattarie all’interferenza di terzi”. Secondo l’esponente futurista sia nei criteri attuali sia nella legge di recepimento delle indicazioni europee, c’era più di una lacuna da colmare.
Eppure solo qualche giorno fa dalle telecamere di Report, il presidente dell’Agcom CorradoCalabrò diceva che “un’autorità se non è indipendente non ha senso di esistere”. Peccato però che l’Autorità sia un cimitero degli elefanti, diretta emanazione del Palazzo. I suoi componenti provengono dalla politica e sono nominati in proporzione al peso che i vari partiti hanno in Parlamento. In tutto i commissari sono otto e vengono eletti per metà dalla Camera e per metà dal Senato (quattro dalla maggioranza e quattro dall’opposizione), mentre il presidente è proposto direttamente dal presidente del Consiglio.
L’esempio più clamoroso è anche il più recente. A settembre il Senato doveva nominare il sostituto di Innocenzi che si era dimesso a fine luglio dopo lo scandalo delle intercettazioni dell’inchiesta Rai-Agcom e la scelta è caduta su Antonio Martusciello. Ex dirigente di Publitalia 80, la concessionaria del gruppo Fininvest, nel 1994 ha fondato la sezione napoletana di Forza Italia ed è entrato in Parlamento per non uscirne più. Nel 2001 è diventato sottosegretario all’Ambiente e nel 2004 è stato promosso viceministro per i Beni culturali. Nel silenzio imbarazzante delle opposizioni, l’unica voce che si è alzata contro la nomina di Martusciello è quella di Sky Italia. In una lettera aperta, il top manager Tom Mockridge ha sottolineato come, dopo il caso Innocenzi (ex dirigente Fininvest), “caduto perché all’interno dell’Autorità si muoveva contro Michele Santoro su mandato del premier, la scelta del suo sostituto sarebbe dovuta maturare in totale discontinuità con il passato”.
Oltre a Martusciello anche gli altri esponenti dell’Autorità di garanzia sono diretta emanazione della politica. Enzo Savarese, ex deputato di An, già dirigente di Alitalia è in quota Pdl; Stefano Mannoni, costituzionalista e collaboratore del Foglio di Giuliano Ferrara è espressione della Lega Nord; Gianluigi Magri, specialista di medicina interna è l’uomo dell’Udc; Roberto Napoli è un ex senatore dell’Udeur; Nicola D’Angelo, magistrato amministrativo, già capo di gabinetto del ministro Maccanico e poi capo dell’ufficio legislativo di Fassino alla Giustizia, rappresenta il Pd (area ex Ds); Michele Lauria, è un ex senatore della Margherita; Sebastiano Sortino, direttore generale della Federazione editori di giornali è considerato un prodiano.
Se è vero che l’indipendenza è condizione necessaria per arginare gli appetiti delle imprese e le ingerenze della politica, la composizione dell’Autorità, così com’è oggi, appare tutto fuorché imparziale.
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