Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 18 dicembre 2011
Case, affitti e bollette: ecco i rincari del 2012. - di Marco Ventimiglia
Che il portafoglio degli italiani sia destinato a restringersi ulteriormente, ormai lo hanno capito un po’ tutti. Ma adesso cominciano ad arrivare i conteggi più esatti relativi all’impatto della manovra, ed i dolori si fanno più avvertibili. Bollette, tasse sulla casa e costo degli affitti: i rincari non lasceranno scampo, tanto da generare subito un forte impatto psicologico che condizionerà l’approccio all’imminente Natale, con la prevista riduzione delle spese per i regali e dei viaggi turistici.
AI LIVELLI MASSIMI EUROPEI
Iniziamo dalle tariffe elettriche, oggetto di ben poco incoraggianti previsioni effettuate da Nomisma energia: dal primo gennaio sono attese ad una crescita del 4,8%, con un aumento di 0,8 centesimi al chilowattora. Un incremento che per una famiglia "tipo" (2.400 chilowattora consumati in un anno e 3 kw di potenza impegnata) si tradurranno in un aumento di 21,5 euro su base annua. Per il gas, invece, è atteso un aumento del 2,7%. Vale a dire 2,3 centesimi almetro cubo che, per la stessa famiglia tipo (1.400 metri cubi di metano consumati in un anno), comporteranno un aggravio di quasi 32 euro annui. Tirando le somme, l’ennesima stangata che in assenza di correttivi comporterà un aggravio famigliare superiore ai 53euro.
«A spingere i nuovi rincari - spiega l’esperto tariffario di Nomisma, Davide Tabarelli - giocano le quotazioni del greggio schizzate negli ultimi mesi ai record di 110 dollari al barile,mai maggiori costi legati alle fonti rinnovabili e ai prezzi di trasmissione. Dopo la stangata sui prezzi della benzina, che l’hanno spinta nei distributori italiani ai massimi d’Europa, arriva un’altra batosta con le tariffe di luce e gas, a conferma che l’Energia è il bene più tartassato per i consumatori finali».
Dalle bollette alla casa, la musica non cambia, anche se questa volta la rilevazione condotta dalla Cgia di Mestre si è soffermata sugli effetti per le attività imprenditoriali. Nel 2012 l’introduzione dell’Imu comporterà un aumento medio delle imposte a carico delle attività economiche pari a 1.159 euro. L’Imu, è bene ricordarlo, a partire dal 2012 graverà sulle prime case, assorbirà l’Ici e l’Irpef sui redditi fondiari delle seconde case e sostituirà l’Ici sugli immobili strumentali (vale a dire i negozi commerciali, i laboratori artigianali, gli uffici e i capannoni industriali). Alla luce di questo cambiamento legislativo, la Cgia ha dunque calcolato gli effetti della nuova tassazione per le imprese proprietarie degli immobili dove vengono svolte le attività imprenditoriali, il tutto ipotizzando un’aliquota del 7,6 per mille oltre che tenendo conto della rivalutazione delle rendite catastali.
ANCHE GLI AFFITTI
Ma l’applicazione dell’Imu rischia anche di far salire il costo degli affitti, che in fase di rinnovo dei contratti potrebbero passare da concordati a liberi con un aumento stimato tra il 20 e il 30%. Lo rileva uno studio del Dipartimento ambiente e territorio della Cgil. Per le seconde case, infatti, i Comuni potranno applicare una maggiorazione all’aliquota base e non c’è distinzione tra appartamento affittato a canone libero o concordato: la tassazione aumenta comunque. Per questo, secondo l’indagine, «è presumibile che in fase di rinnovo i contratti concordati (circa 600mila secondo le stime della Cgil) diventeranno liberi, senza limite di canone e con un aumento stimato tra il 20 e il30%».
In questo modo per un alloggio medio di circa 80 mq in zona semicentrale a Milano, dove con un contratto concordato si riusciva a far applicare un canone di circa 950 euro, in fase di rinnovo, con il passaggio a un canone libero, la cifra salirebbe a circa 1.400 euro. A Roma, per la stessa tipologia di immobile, si potrà passare da 900 a 1.300 e a Napoli da 700 a mille.
http://www.unita.it/economia/case-affitti-e-bollette-ecco-i-rincari-del-2012-1.363726
Quei quattromila finti poveri che non pagano asili e atenei. - di Fiorenza Sarzanini
Una famiglia controllata su tre imbroglia e ottiene sconti.
ROMA - Ricchi nella realtà, poveri per lo Stato. E proprio grazie a questa finta indigenza migliaia di italiani sono riusciti a ottenere benefici per i figli - dagli asili nido gratuiti alle agevolazioni sulle tasse universitarie - per i parenti anziani con i servizi sanitari a domicilio. Ma anche riduzioni sulle bollette di luce e gas. Su circa 14.000 famiglie controllate nei primi 10 mesi di quest'anno, quasi 4.000 avevano illecitamente dichiarato di essere sotto la soglia minima fissata dalla legge. Vuol dire, una su tre. È uno dei dati più eclatanti che emerge dal rapporto annuale della Guardia di Finanza sugli sprechi della spesa pubblica. Si tratta del bilancio di un'attività diventata strategica nel momento in cui si cerca di risanare i conti dello Stato. A leggere i resoconti appare evidente come tra i settori in sofferenza nei quali si deve intervenire con urgenza effettuando un monitoraggio costante anche da parte delle stesse autorità di controllo, c'è quello della Sanità. Ma la cifra più eclatante continua a rimanere quella legata al danno erariale provocato dai dipendenti statali che commettono abusi, falsi o accettano mazzette: da gennaio a ottobre 2011 ha abbondantemente superato un miliardo e 700mila, sono ben 3.736 persone denunciate alla Corte dei Conti.
Nel complesso, le azioni illecite e le verifiche inesistenti nella spesa pubblica causano ogni anno un mancato introito di circa tre miliardi di euro. In totale negli ultimi tre anni gli sprechi hanno superato la cifra record di dieci miliardi di euro. E infatti nella relazione si evidenzia come «il contrasto alle frodi, che da un punto di vista ragionieristico pesa quanto e forse più di quello delle entrate fiscali, oggi traspare in maniera ancor più evidente in ragione del perdurante momento di crisi e degli impegni politici assunti dall'Italia nei confronti della comunità internazionale, i quali impongono che le risorse disponibili siano spese sino all'ultimo euro per sostenere l'economia e le classi più deboli, eliminando sprechi, inefficienze e, nei casi più gravi, distrazioni di fondi pubblici che rappresentano un ostacolo alla crescita del Paese». Una considerazione che trova fondamento anche nelle sempre più frequenti frodi comunitarie che hanno causato, soltanto nel 2011, una perdita di oltre 120 milioni di euro che sale fino a 700 milioni di euro calcolando gli «aiuti indebitamente percepiti da privati e imprese» negli ultimi tre anni.
Finti ricoveri e pazienti deceduti: «Il controllo della spesa sanitaria - sottolineano gli analisti delle Fiamme Gialle - stante la sua particolare importanza nell'ambito del bilancio pubblico e le sue dinamiche di crescita rappresenta una delle priorità inderogabili per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica». La realtà appare però ben lontana dal raggiungimento di questo obiettivo se si calcola che nei primi dieci mesi di quest'anno sono stati effettuati 1.507 controlli e sono finite sotto inchiesta 1.866 persone. La perdita calcolata per lo Stato è pari a 274 milioni di euro, addirittura il triplo di quanto era stato accertato nel 2009. E proprio in questo settore si sbizzarrisce la fantasia dei pazienti, ma soprattutto quella degli operatori: medici, infermieri e responsabili delle strutture.
La violazione più frequente riguarda l'autocertificazione di cittadini che attestano un falso Isee (l'indicatore della situazione economica equivalente) e ottengono prestazioni mediche totalmente esenti da ticket. Ma la «voce» che provoca il maggior danno al bilancio dello Stato riguarda i ricoveri: perché ci sono alcuni medici e paramedici che certificano di aver effettuato prestazioni in day hospital anziché in ambulatorio e altri - in servizio presso le cliniche convenzionate - che attestano di essere arrivati attraverso il pronto soccorso in modo da ottenere il rimborso delle spese dal servizio sanitario nazionale che altrimenti non sarebbe previsto. E poi ci sono i dottori «di base» che fanno risultare in cura pazienti che in realtà sono morti o si sono trasferiti all'estero e in questo modo continuano a percepire il compenso. Per avere un'idea dell'incidenza basta calcolare che le ispezioni condotte nel 2008 e nel 2009 hanno consentito di scoprire 67.000 «fantasmi» e denunciare 347 medici che avevano percepito illegalmente 22 milioni e mezzo di euro. «La necessità di pervenire al risanamento dei conti pubblici - evidenziano gli analisti delle Fiamme Gialle - impone un'oculata attività di contenimento e razionalizzazione della spesa, accompagnata da una mirata azione di controllo finalizzata all'individuazione delle condotte negligenti o illecite che, consentendo sprechi, diseconomie o inefficienze possono rappresentare una variabile sensibile nelle funzioni di crescita delle uscite di bilancio».
Asili nido e assegni sociali: assegno per chi ha almeno tre figli minori, assegno di maternità, asilo nido, mensa scolastica, libri, borse di studio, sconti sulle tasse universitarie e una serie di servizi di assistenza agli anziani o ai malati come le cure a domicilio: sono le agevolazioni previste per i nuclei familiari a basso reddito. Peccato che ad usufruirne siano spesso ricchi professionisti che presentano dichiarazioni poco superiori allo zero. I numeri contenuti nel dossier della Finanza forniscono il quadro della situazione. Si scopre così che «nel triennio 2007/2009 ci sono stati 41.000 interventi che hanno portato alla denuncia di 12.256 soggetti per falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche». L'esborso per lo Stato è stato di ben quattro milioni di euro. Boom di richieste anche per gli ultimi due anni con un totale di circa 9.000 persone scoperte e un danno che supera i tre milioni di euro. Il record di denunce è stato in Toscana con 683 segnalazioni alla magistratura, poi il Lazio con 567 illeciti accertati.
Truffe e raggiri sono stati scoperti in tutta Italia pure per il cosiddetto «assegno sociale» destinato a chi ha più di 65 anni e un reddito inferiore ai 6.000 euro annui. «È stato riscontrato - sottolineano i finanzieri - che molti cittadini extracomunitari hanno perfezionato la pratica di erogazione e poi sono rientrati nel Paese di origine facendo così venir meno il requisito della residenza nello Stato italiano necessario per continuare a ottenere il sostegno che, in tal modo, si tramutava in una "pensione d'oro" considerato il differente costo della vita rispetto all'Italia». Anche molti nostri connazionali hanno il sussidio: «Emigrati in Argentina che hanno fatto rientro in Italia e vi hanno soggiornato il tempo necessario a vedersi riconoscere l'assegno, poi sono nuovamente espatriati. I controlli sono appena iniziati, il risultato è sorprendente: 571 illeciti scoperti con un esborso di ben 11 milioni di euro, vuol dire un guadagno illecito che per ogni abusivo è stato di 20mila euro.
Lo scempio della Giustizia nell’Italia di Berlusconi. - di Andrea Camilleri.
Per gentile concessione dell'editore Melampo pubblichiamo la prefazione di Andrea Camilleri che apre "Assalto alla Giustizia" di Giancarlo Caselli, in questi giorni in libreria. Il volume verrà presentato dall'autore il 14 dicembre a Milano insieme a Umberto Ambrosoli e Nando dalla Chiesa (ore 21, Spazio Melampo, via Carlo Tenca 7).
Per quanto mi ci metta d’impegno, non riesco nemmeno lontanamente a immaginare la faccia che farebbero i grandi filosofi che nel corso dei secoli hanno discettato, discusso, litigato, sul grande tema della Giustizia, su cosa sia e su come si applichi, nel confrontare le loro convinte, sofferte affermazioni con quelle proclamate oggi, in Italia, dai banchi del Governo e del Parlamento, col pronto supporto di ben stipendiati pennivendoli e volenterosi azzeccagarbugli.
Scriveva per esempio Aristotele: “poiché il trasgressore della legge è ingiusto mentre chi si conforma alla legge è giusto, è evidente che tutto ciò che è conforme alla legge è in qualche modo giusto, infatti le cose stabilite dal potere legislativo sono conformi alla legge e diciamo che ciascuna di esse è giusta”.
Non poteva neanche lontanamente sospettare, mentre scriveva quelle parole, che sarebbe ahimè venuto un giorno nel quale sarebbe stato concesso a un abituale, sistematico, trasgressore della legge il potere di far emanare leggi del tutto ingiuste e perciò conformi non a un’idea assoluta di Legge ma a una riduzione, a un declassamento della legge ad uso e consumo personale.
E che dire di Hume per il quale il fine e l’utilità della Giustizia consistevano soprattutto nel “procurare la felicità e la sicurezza di tutti conservando l’ordine sociale?”.
Non avrebbe creduto ai suoi occhi vedendo che da noi, nel nostro Parlamento, nel nostro Senato, si cerca quotidianamente di stravolgere la Giustizia per procurare felicità e sicurezza ad un uomo solo senza preoccuparsi di mettere a repentaglio se non l’intero ordine sociale per lo meno il normale svolgimento della Giustizia per tutti gli altri cittadini.
In ogni nazione progredita è del tutto pacifica l’affermazione che la Giustizia sia “il primo requisito delle istituzioni sociali, così come la verità lo è dei sistemi di pensiero”.
In Italia, dall’avvento al potere di Berlusconi, si è tentato in tutti i modi di limitarne le funzioni o addirittura di disconoscerne il valore di primo requisito.
Mai, nei 150 anni della nostra Storia, c’era stata una così violenta, distruttiva, totalizzante, vera e propria guerra alla Giustizia mossa su molteplici fronti e adoperando tutti i mezzi leciti e soprattutto illeciti, dalle frecciate quotidiane della calunnia, del dileggio, dello scherno, alle mine antiuomo delle dissennate proposte di leggi tendenti sostanzialmente all’assoggettamento della Giustizia alla politica, o meglio, all’interesse politico di una sola persona.
Aver permesso a Berlusconi, imprenditore e concessionario dello Stato, di far politica quando non avrebbe per legge potuto ha creato la gigantesca anomalia del mai risolto conflitto d’interesse. Il che gli ha permesso di tornare ad arricchirsi, a riprendersi dallo stato estremamente critico in cui la sua azienda si era venuta a trovare prima della sua “discesa in campo”, avvenuta, son parole sue, per allontanare dall’Italia il pericolo comunista.
Essendo tra l’altro, al momento attuale, anche plurimputato in diversi procedimenti che spaziano dalla corruzione in atti pubblici alla corruzione di minorenne, ha tentato, in parte riuscendoci, di far decadere alcuni processi con leggi ad personam votate da un Parlamento del quale fanno parte, oltre a ex impiegati e funzionari delle sue aziende, anche gli innumerevoli suoi avvocati difensori che quelle leggi ispirano.
Si è venuta così a creare una seconda nuova, gigantesca anomalia tutta italiana: che un plurimputato si proponga di fare una riforma della Giustizia!
Il tutto mentre i suoi processi sono in corso. Così da poterli vanificare con una qualche leggina retroattiva.
Sarebbe come se ai vecchi tempi il gangster Al Capone, divenuto inaspettatamente presidente degli Usa, saputo che correva il rischio di andare a finire in galera per tasse evase, si fosse ripromesso di fare la riforma del sistema fiscale statunitense.
Di questo doloroso, e pericolosissimo, e infame scempio della Giustizia parla con rigore e passione, con lucidità e intelligenza, Gian Carlo Caselli in questo suo importante volume che efficacemente s’intitola "Assalto alla giustizia".
Il volume si compone di nove capitoli che spaziano dalla continua ricerca d’impunità da parte del potere, ai tentativi di una cosiddetta riforma della Giustizia (processo breve, processo lungo, tempi di prescrizione, ecc.), dalle strategie di delegittimazione della Magistratura a quelle volte a minarne l’indipendenza e via via fino alle posizioni, certamente non così ferme come avrebbero dovuto essere, assunte dai partiti che compongono lo schieramento di centrosinistra.
Indipendente e limpido come magistrato, Caselli lo è anche come autore, non ha occhio di riguardo per nessuno, non fa sconti, la posta in gioco è troppo alta per concedere spazio a esitazioni e cedimenti.
Uno dei meriti, tra i tanti, di questo libro è la sua lampante chiarezza.
Caselli scrive per farsi capire dal lettore comune, le sue argomentazioni, i suoi rilievi, i suoi propositi, sono sempre espressi in modo diretto, lineare, sicché le sue parole possono essere comprese appieno anche da chi non è del mestiere.
Infatti questi scritti non sono dovuti a un giornalista, ma a un uomo di Legge che si è sempre trovato in primissima linea a combattere terrorismo e mafia, e si è in ogni occasione dimostrato un ottimo e coraggioso capitano di lungo corso, facendo sempre approdare le sue indagini dove si erano proposte d’arrivare, senza che si disperdessero in mare, andassero sugli scogli, o, peggio, gettassero l’ancora nel porto delle nebbie.
Dalle pagine di questo libro emerge in tutta evidenza un impegno così vibrante e appassionato che quasi trascende l’oggetto stesso del contendere per assurgere a una sorta di manuale di comportamento civile.
Sarò ancora più chiaro. Questo libro è sì una difesa della Magistratura e della Giustizia, ma non scade mai, in nessun momento, nel pro domo mea.
Caselli soprattutto reagisce in nome della sua dignità d’uomo e di magistrato, e di tutti quelli che come lui, pur non avendolo mai né voluto né desiderato, si trovano oggi a dover difendere la traballante diligenza della Giustizia dall’assalto dei fuori legge.
© Melampo editore
http://temi.repubblica.it/micromega-online/lo-scempio-della-giustizia-nellitalia-di-berlusconi/
Il debito pubblico? Lo spendaccione è Berlusconi.
Tutti addosso alla Prima Repubblica, che ha accumulato il debito pubblico che ha fatto sprofondare l'Italia nella crisi: è stato il mantra degli ultimi vent'anni, una modo facile di scaricare le responsabilità su chi ha governato l'Italia dal 1946 al 1992, ben cinquanta governi in 46 anni.
Adesso però spunta su YouTube un video in cui il giornalista Oscar Giannino (GUARDA IL VIDEO), ex economista del Foglio, poi di Libero e ora al Sole 24 Ore (non un simpatizzante della Fiom, per intenderci) ricostruisce - numeri alla mano - l'escalation del debito sovrano italiano, che ha fatto precipitare il nostro Paese nella crisi.
Emergono dati interessanti.
Dal 1946 al 1992, la Prima Repubblica ha accumulato un debito pubblico pari a circa 6-700 miliardi di euro. Tutto il restante, ossia i 1300 miliardi di euro che hanno portato il debito pubblico italiano a quasi 2 milioni di miliardi di euro, lo ha fatto la Seconda Repubblica, e in ordine i governi Berlusconi, Amato, Ciampi, D'Alema e Prodi.
Secondo i calcoli di Giannino, dunque, mentre la Prima Repubblica accumulava una media giornaliera di 47,5 milioni di euro di debito al giorno, la Seconda è arrivata a oltre 200 milioni di euro al giorno, quasi quintuplicando la cifra.
E' ancora più divertente sentir uscire dalla bocca di Giannino i raffronti tra governi di centrodestra e centrosinistra.
In assoluto, il record di debito pubblico accumulato da un governo sono stati i 330 milioni al giorno accumulati dal governo Berlusconi I. Che nell'ultimo governo non è sceso di molto: 207 milioni di euro al giorno di debito.
Molto, anzi moltissimo se si pensa alla campagna contro la spesa pubblica su cui il governo Berlusconi ha fatto campagna per vent'anni. E se si pensa che "quelli della spesa pubblica", ossia "i comunisti", hanno invece portato avanti un percorso molto più virtuoso: con Prodi il debito pubblico è aumentato di circa 96 milioni di euro al giorno (ricordate: governo Berlusconi I = 330 milioni al giorno!), con D'Alema è arrivato addirittura a 76 milioni di euro al giorno.
Non c'era bisogno che ce lo dicesse Oscar Giannino che Berlusconi non ha comunque portato a casa neanche una delle riforme su cui ha fatto campagna, vinto e governato l'Italia. Ma, certo, fa effetto sentire 12 minuti di numeri e calcoli così precisi e cristallini, che confermano il dato finale: al netto degli scandali, Berlusconi ha affondato l'economia italiana.
http://www.unita.it/economia/il-debito-e-di-berlusconi-lo-spendaccione-1.363818
La Finanza perquisisce il Comune di Torino.
TORINO 14 dic (Però Torino) - Perquisizione della Finanza ieri pomeriggio negli uffici del Comune di Torino. Motivo: il noto concorso per assumere 21 nuovi dirigenti (concorso vinto perlopiù da portaborse della maggioranza) sul quale sta indagando il sostituto procuratore Cesare Parodi.
Si tratta di una vicenda annosa e il concorso è già stato annullato dal Tar, che lo ha cassato su tutta la linea, salvo la composizione della commissione esaminatrice.Comico fu, allora, il comunicato stampa del Comune. Ora proseguono le indagini penali, che tra l'altro hanno portato all'iscrizione nel registro degli indagati di due dirigenti municipali, Maria Pia Re (l'accusa per lei è falso in atto pubblico) e Franca Poma (favoreggiamento).
Il direttore generale del Comune Cesare Vaciago (nella foto, circa 34mila euro lordi di stipendio mensile), ha voluto sottolineare ai giornalisti di "non essere indagato in prima persona per la vicenda". In ogni caso Vaciago confida "nell'operato della magistratura".
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