Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 8 settembre 2011
Così è se vi pare (parafrasando la frase di un grande della letteratura italiana)
In un paese in cui vige la Democrazia che significa "governo del popolo", un ministro dovrebbe rappresentare l'essenza, la parte migliore della rappresentanza dei cittadini, in quanto eletto dai cittadini e prescelto tra gli altri eletti. Dovrebbe, pertanto, garantire il buon funzionamento del suo ministero tenendo sempre a mente che rappresenta il popolo e, pertanto, deve provvedere al suo benessere. In Italia così non è. Un ministro non è scelto dal popolo, ma dal PdC in base alle sue doti trasformistiche e se dimostra abnegazione ai suoi dictat.
Qui, in Italia, funziona così, non siamo ad Atene.
Se poi aggiungiamo che un rappresentante del popolo, il sindacalista, raffrontabile al tribuno della plebe romano, anziché battersi per ottenere maggiori diritti per i cittadini, li cede....... che dire, di democrazia non ne abbiamo affatto.
Eppure il primo articolo della Costituzione recita: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro".
Mi sa che dobbiamo ricominciare tutto daccapo. Abbiamo sbagliato tutto.
Navi militari italiane regalate a Panama. Gli strani affari di Lavitola con Finmeccanica. - di Vittorio Malagutti
L'omaggio infilato nel decreto di rifinanziamento delle missioni all'estero, dopo una visita di Berlusconi nel paese centroamericano. Le pressioni del giornalista sull'ammiraglio Picchio
Silvio Berlusconi e il presidente di Panama,Ricardo Martinelli? Due amiconi, come no? Una volta, a Milano, Berlusconi chiese al collega di procuragli “qualche attrattiva locale” quando si fosse recato in visita dalle parti del Canale. E Martinelli, un miliardario (ramo supermercati) di origini toscane, appena può, non manca mai di rendere omaggio a quel simpaticone del premier italiano. Poi però c’è anche quell’altro italiano,Valter Lavitola, Valterino per gli amici, professione commerciante di pesce con la passione dei traffici internazionali. Lavitola è di casa a Palazzo Grazioli, ma va alla grande anche a Panama. Frequenta le stanze del potere, conosce il presidente Martinelli. Sarà un caso, e forse non c’è rapporto di parentela, ma il presidente dell’associazione degli italiani a Panama si chiama Arnolfo La Vitola.
Il gioco è fatto, allora. Parte la giostra degli affari. Tutto ruota attorno alla visita di Berlusconi a Panama del 30 giugno dell’anno scorso. È la prima volta che un capo di governo italiano mette piede da quelle parti. Martinelli, però, nel settembre 2009, due mesi dopo l’elezione a presidente, si era già scapicollato in Italia dall’amico Silvio. Così tocca ricambiare. Tra una cerimonia e l’altra si mettono le basi di un grande appalto che di lì a poco finirà in mani italiane. Tre aziende del gruppo Finmeccanica (Agusta Westland, Selex Sistemi e Telespazio) si aggiudicano una commessa da oltre 230 milioni di dollari (165 milioni di euro). Lavitola gioca la partita da protagonista. E ci mancherebbe. Ormai è diventato un fidato consigliere di Berlusconi. Con Martinelli non ci sono problemi. E perfino Finmeccanica gli ha fatto un contratto di consulenza. Da pagarsi sul conto di una società creata dalle parti di Panama, secondo quanto si capisce dalle intercettazioni telefoniche allegate dai pm di Napoli nella richiesta di arresto di Gianpaolo Tarantini e dello stesso Lavitola, al momento latitante.
Questo però è soltanto il primo atto di una vicenda più complessa. Berlusconi, come noto, è persona generosa. E Martinelli è un grande amico, un altro imprenditore costretto a bere l’amaro calice della politica. Detto, fatto: è pronto un bel regalo con destinazione Panama. Il governo decide di donare al Paese centroamericano ben sei navi da guerra, sei pattugliatori in forze alla Guardia costiera italiana. Ricapitoliamo: Finmeccanica aumenta il fatturato con la commessa siglata grazie anche ai buoni uffici di Lavitola. E a stretto giro di posta lo Stato italiano, cioè noi contribuenti, spedisce dall’altra parte dell’Oceano un gradito pacco dono sotto forma di navi. Tra altro il regalo berlusconiano vale almeno una cinquantina di milioni.
Ancora più sorprendenti, però, sono le modalità con cui il gentile omaggio all’amico Martinelli viene presentato in Parlamento. Come segnalato dal giornale online Linkiesta, la cessione dei sei pattugliatori è stata infatti inserita in due successivi decreti per il rifinanziamento delle missioni militari all’estero. A febbraio di quest’anno è passato il primo pacchetto di quattro navi. E in agosto, un mese fa, è arrivato il decreto per le altre due. Queste ultime erano state promesse in permuta al gruppo pubblico Fincantieri come parziale pagamento di una commessa per complessivi 125 milioni. In pratica il governo si era a suo tempo impegnato a pagare in natura una parte del prezzo per due imbarcazioni costruite dai cantieri navali di Stato. E invece no. Marcia indietro. Le navi vanno a Panama. Fincantieri verrà pagata cash.
Resta da capire che cosa c’entrino le missioni militari all’estero con Panama e i buoni rapporti con Martinelli. Di sicuro l’attivissimo Lavitola, tra una telefonata a Gianpi Tarantini e un’altra a Berlusconi, trovava il tempo di occuparsi anche degli affari della Marina. Nelle carte dell’inchiesta di Napoli, infatti, spunta anche una telefonata tra il nostro uomo a Panama, alias Valterino, e l’ammiraglio di squadra Alessandro Picchio, consigliere militare di Berlusconi. Da quello che si capisce, Lavitola chiama Picchio proprio per avere notizie sul provvedimento per le due navi da spedire a Panama. L’ammiraglio si schermisce, prende tempo, accampa qualche scusa. “Sto aspettando – dice – di vedere la bozza (del decreto, ndr) che ancora non è stata pubblicata”. Lavitola insiste, implacabile. “Comunque lei non mi può far sapere se per caso insorgono problemi nel prossimo preconsiglio?”, chiede l’amico personale di Berlusconi al militare in sevizio a Palazzo Chigi. Alla fine Picchio sbotta: “Se uno insiste troppo si crea l’effetto contrario”, dice al suo interlocutore, al quale, comunque, non manca di garantire il suo interessamento.
La telefonata porta la data del 27 maggio. Alla fine il decreto per il rifinanziamento delle missioni militari all’estero verrà approvato dal Consiglio dei ministri il 7 luglio successivo. Il via libera definitivo dalla Camera, con voto unanime di maggioranza e opposizione (Idv esclusa) arriva il 2 agosto. In tempi di crisi nera per il bilancio pubblico anche le spese per le missioni militari vengono tagliate per 120 milioni. Ma il governo riesce comunque a trovare 17 milioni per rimborsare Fincantieri. L’amico Martinelli, da Panama, sarà contento.
Da Il Fatto Quotidiano dell’8 settembre 2011
Il gioco è fatto, allora. Parte la giostra degli affari. Tutto ruota attorno alla visita di Berlusconi a Panama del 30 giugno dell’anno scorso. È la prima volta che un capo di governo italiano mette piede da quelle parti. Martinelli, però, nel settembre 2009, due mesi dopo l’elezione a presidente, si era già scapicollato in Italia dall’amico Silvio. Così tocca ricambiare. Tra una cerimonia e l’altra si mettono le basi di un grande appalto che di lì a poco finirà in mani italiane. Tre aziende del gruppo Finmeccanica (Agusta Westland, Selex Sistemi e Telespazio) si aggiudicano una commessa da oltre 230 milioni di dollari (165 milioni di euro). Lavitola gioca la partita da protagonista. E ci mancherebbe. Ormai è diventato un fidato consigliere di Berlusconi. Con Martinelli non ci sono problemi. E perfino Finmeccanica gli ha fatto un contratto di consulenza. Da pagarsi sul conto di una società creata dalle parti di Panama, secondo quanto si capisce dalle intercettazioni telefoniche allegate dai pm di Napoli nella richiesta di arresto di Gianpaolo Tarantini e dello stesso Lavitola, al momento latitante.
Questo però è soltanto il primo atto di una vicenda più complessa. Berlusconi, come noto, è persona generosa. E Martinelli è un grande amico, un altro imprenditore costretto a bere l’amaro calice della politica. Detto, fatto: è pronto un bel regalo con destinazione Panama. Il governo decide di donare al Paese centroamericano ben sei navi da guerra, sei pattugliatori in forze alla Guardia costiera italiana. Ricapitoliamo: Finmeccanica aumenta il fatturato con la commessa siglata grazie anche ai buoni uffici di Lavitola. E a stretto giro di posta lo Stato italiano, cioè noi contribuenti, spedisce dall’altra parte dell’Oceano un gradito pacco dono sotto forma di navi. Tra altro il regalo berlusconiano vale almeno una cinquantina di milioni.
Ancora più sorprendenti, però, sono le modalità con cui il gentile omaggio all’amico Martinelli viene presentato in Parlamento. Come segnalato dal giornale online Linkiesta, la cessione dei sei pattugliatori è stata infatti inserita in due successivi decreti per il rifinanziamento delle missioni militari all’estero. A febbraio di quest’anno è passato il primo pacchetto di quattro navi. E in agosto, un mese fa, è arrivato il decreto per le altre due. Queste ultime erano state promesse in permuta al gruppo pubblico Fincantieri come parziale pagamento di una commessa per complessivi 125 milioni. In pratica il governo si era a suo tempo impegnato a pagare in natura una parte del prezzo per due imbarcazioni costruite dai cantieri navali di Stato. E invece no. Marcia indietro. Le navi vanno a Panama. Fincantieri verrà pagata cash.
Resta da capire che cosa c’entrino le missioni militari all’estero con Panama e i buoni rapporti con Martinelli. Di sicuro l’attivissimo Lavitola, tra una telefonata a Gianpi Tarantini e un’altra a Berlusconi, trovava il tempo di occuparsi anche degli affari della Marina. Nelle carte dell’inchiesta di Napoli, infatti, spunta anche una telefonata tra il nostro uomo a Panama, alias Valterino, e l’ammiraglio di squadra Alessandro Picchio, consigliere militare di Berlusconi. Da quello che si capisce, Lavitola chiama Picchio proprio per avere notizie sul provvedimento per le due navi da spedire a Panama. L’ammiraglio si schermisce, prende tempo, accampa qualche scusa. “Sto aspettando – dice – di vedere la bozza (del decreto, ndr) che ancora non è stata pubblicata”. Lavitola insiste, implacabile. “Comunque lei non mi può far sapere se per caso insorgono problemi nel prossimo preconsiglio?”, chiede l’amico personale di Berlusconi al militare in sevizio a Palazzo Chigi. Alla fine Picchio sbotta: “Se uno insiste troppo si crea l’effetto contrario”, dice al suo interlocutore, al quale, comunque, non manca di garantire il suo interessamento.
La telefonata porta la data del 27 maggio. Alla fine il decreto per il rifinanziamento delle missioni militari all’estero verrà approvato dal Consiglio dei ministri il 7 luglio successivo. Il via libera definitivo dalla Camera, con voto unanime di maggioranza e opposizione (Idv esclusa) arriva il 2 agosto. In tempi di crisi nera per il bilancio pubblico anche le spese per le missioni militari vengono tagliate per 120 milioni. Ma il governo riesce comunque a trovare 17 milioni per rimborsare Fincantieri. L’amico Martinelli, da Panama, sarà contento.
Da Il Fatto Quotidiano dell’8 settembre 2011
E B. disse a Lavitola: 'Non tornare'. - di Lirio Abbate
Il faccendiere chiamò il premier dalla Bulgaria dopo la fuga di notizie e chiese: mi presento ai giudici? "No, resta all'estero". Ecco l'ultima telefonata tra i due prima della latitanza.
Il faccendiere Valter Lavitola suda freddo, non tanto per il caldo di Sofia in cui si trova il 24 agosto, ma per le notizie che apprende dai siti Web che rilanciano lo scoop di "Panorama", il settimanale della Mondadori.
Ha appena scoperto che contro di lui c'è un'inchiesta pesantissima della procura di Napoli: lo accusano di estorsione nei confronti del presidente del Consiglio. E quell'articolo è pieno di dettagli giudiziari: ci sono particolari sulle intercettazioni dei dialoghi tra lui e Giampaolo Tarantini, il Giampi che nel 2008 portava prostitute e amiche a casa del Cavaliere. Nell'indagine è coinvolta anche la moglie di Giampi, Angela Devenuto, che gli amici più intimi chiamano "Ninni" o "Nicla".
La donna ha una relazione con Lavitola nata tra i fornelli di casa del faccendiere, mentre lui le cucinava il coniglio. Oggi Lavitola è diventato lepre in fuga per il mondo, mentre i coniugi Tarantini sono stati arrestati. E la sua latitanza è cominciata, forse per coincidenza, dopo aver parlato al telefono proprio il 24 agosto scorso con Silvio Berlusconi, che già in quel momento sembra essere a conoscenza - come lo erano i giornalisti del settimanale mondadoriano - del lavoro riservato dei pm napoletani e della richiesta di arresto che avevano presentato al gip Amelia Primavera.
Il faccendiere è a Sofia per concludere affari per conto di Finmeccanica ma si rende subito conto del pericolo. Per questo si attacca al telefono e comincia a comporre ripetutamente il numero di Marinella Brambilla, la storica assistente personale del premier. Dall'inchiesta emerge come la Brambilla conosca perfettamente lo stretto rapporto che lega Lavitola al Cavaliere. La donna spiega che "lui" è impegnatissimo tra crisi economica e turbolenze politiche: non può rispondere. Lavitola dalla Bulgaria però insiste e, preso dall'ansia per le notizie che rimbalzano su tutti i media, continua a chiamare. E dopo vari tentativi, gli passano al telefono Silvio Berlusconi.
Il premier si mostra calmo, la voce è serena: rassicura Lavitola, spiega che tutto sarà chiarito e gli dice di "stare tranquillo". A quel punto - come se fosse un'anticipazione della sua autodifesa - gli espone quella che sarà la linea: la stessa in parte pubblicata alcuni giorni dopo sullo stesso settimanale autore dello scoop sull'inchiesta. Berlusconi ricorda a Lavitola che attraverso lui ha "aiutato una persona e una famiglia con bambini che si trovava e si trova in gravissime difficoltà economiche". E sottolinea: "Non ho nulla di cui pentirmi, non ho fatto nulla di illecito".
Valter LavitolaDa Sofia Lavitola sembra comprendere: capisce quale è la linea difensiva e concorda su questi punti. Appare però sconfortato e in qualche modo anche dispiaciuto per le intercettazioni. E' rammaricato per essere stato registrato mentre parlava con il premier. Lavitola, a quanto sembra, aveva assicurato a Berlusconi che le utenze panamensi usate per i loro dialoghi telefonici erano a prova di intercettazione e quindi sicure. Ma così con è stato. La Digos di Napoli è riuscita a captarle tutte su delega dei pm Piscitelli, Woodcock e Curcio. Il premier anche in questo caso mantiene un tono di voce calmo e risponde a Lavitola in modo sarcastico: "Te lo avevo detto che ci avrebbero intercettati".
A quel punto il faccendiere è "giudiziariamente" con le spalle al muro, e chiede consiglio al premier: "Che devo fare? Torno e chiarisco tutto?". Berlusconi risponde: "Resta dove sei". Il messaggio è chiaro, non richiede commenti. Già pochi mesi fa Lavitola si era rifugiato a Panama dopo avere saputo dell'arresto di Luigi Bisignani per l'inchiesta sulla P4: lui stesso ammette, parlando con la moglie di Tarantini, di avere responsabilità penali in questa storia collegata a Finmeccanica. E anche dopo la telefonata con Berlusconi i piani di viaggio dell'ex direttore dell'"Avanti" cambiano improvvisamente. Organizza la fuga, cercando la meta più ostica per la giustizia italiana: il Brasile. Lui aveva già in tasca un biglietto per Roma, destinato a non essere usato perché compra di corsa un volo per il Paese sudamericano scelto per trascorrere la latitanza.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/e-b-disse-a-lavitola-non-tornare/2160098
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