martedì 6 aprile 2021

Enrico “il tiepido” non riesce ancora a derenzizzare il Pd. - Andrea Scanzi

 

Come si sta comportando Enrico Letta da segretario del Pd? È presto per dare un giudizio definitivo, ma è abbastanza per farsi già un’idea. Così come la sua scelta giustificava applausi e perplessità, anche le sue prime mosse risultano ambivalenti.

Letta ha scelto Provenzano come vicesegretario del Pd, mossa dichiaratamente di sinistra e antirenziana. Bene. Ma ha dovuto subito bilanciare questo azzardo (per lui) con una seconda vicesegretaria ben meno divisiva come Tinagli. Il nuovo (?) segretario del Pd ha poi incontrato in rapida successione Conte, Fratoianni e Di Maio. Ovvero tre figure che puntano dritte verso quel “campo progressista” (cit. Bersani) che significherebbe chiudere per sempre con Renzi e con un’idea di centrosinistra poco sinistra e molto centro (tendente a destra). Tutti e tre si sono detti soddisfatti dell’incontro con Letta. Fin qui le cose buone.

Poi però ci sono le perplessità. Una delle prime è ciò che Michela Murgia ha giustamente chiamato “pink washing”, ovvero imporre due donne come capogruppo a Camera e Senato. Un maquillage imposto dall’alto e risolto alla maniera piddina: ovvero Marcucci che si oppone mestamente, per poi indicare un nome femminile (Malpezzi) che vuol dire ancora renzismo. E dunque nulla sposta in termini politici.

Enrico Letta, prima vittima illustre di quella tendenza allegramente traditrice di Renzi, sta facendo per ora pochissimo per attuare quella derenzizzazione totale di cui il Pd, per essere credibile e dunque votabile, ha bisogno come il pane. Il Partito democratico risulta ancora una forza oltremodo balcanizzata, devastata dalle correnti e atavicamente sorda a un rinnovamento reale. Per meglio dire: incapace di andare oltre quel “conservatorismo” genetico che da ormai dieci anni lo porta ad accettare qualsiasi governo “per senso dello Stato”: Monti, Alfano, Berlusconi, Renzi, Gentiloni, Conte, Salvini, Draghi. Praticamente tutti. Con buona pace di un’identità personale che ai più, infatti, sfugge. Certo il buon Enrico non poteva fare miracoli in poche settimane, ma ha ragione Cacciari quando afferma deluso che non si è ancora minimamente capito quale idea di partito abbia in testa Letta.

Vi è poi un aspetto che risulta forse il più fastidioso, ovvero una sorta di spocchia che non dovrebbe attecchire in una figura seria e sobria come Letta. È naturale, per quanto fastidioso, che Letta come Zingaretti attacchino – con toni davvero eccessivi – Virginia Raggi. Il Pd ha il suo (buon) candidato a Roma, Gualtieri, ed è da sempre convinto che Raggi incarni il Maligno. Bah. Romano Prodi insegna però come le alleanze su scala locale siano totalmente diverse da quelle su scala nazionale, e dunque scannarsi su Roma non vuol certo dire non poter unirsi alle prossime elezioni politiche. Il punto è un altro, e lo ha ben sottolineato due giorni fa su queste pagine Barbara Spinelli: mentre i 5 Stelle provano a “rifondarsi” con Conte, il Pd appare tiepido. Statico. E con un’aria insopportabile di superiorità morale (de che?). Lo stesso Letta ha detto che spetterà a Conte trasformare il M5S in una forza non identica al Pd, ma meritevole di dialogare col Pd. Ecco, qui è bene intendersi: se è innegabile che il M5S debba cambiare e maturare, è altrettanto acclarato che Letta (o chi per lui) dovrà attuare una rifondazione analogamente “brutale”. Detta ancora più dritta: se il M5S dovrà meritare di allearsi col Pd, anche il Pd dovrà meritare di allearsi con il M5S. E il Pd attuale, con troppi Marcucci e Malpezzi in prima fila, non può certo dare lezioni di bellezza e democrazia agli altri.

IlFattoQuotidiano

Il terzo tragico Fantozzi. - Marco Travaglio


È vero che il nostro è uno sporco mestiere e che le notizie si danno tutte. Però Repubblica poteva risparmiarci, almeno nel giorno di Pasqua, lo straziante grido di dolore di Antonella Camerana, “villeggiante a Portofino” e ivi “prigioniera in casa”, dopo una rocambolesca “fuga dalla tristezza” di Milano. Immaginare quel viaggio di stenti dalle favelas di via Montenapoleone alle bidonville di Portofino, dove la povera senzatetto “ha raggiunto il borgo ben prima dei divieti” con mezzi di fortuna, forse su un carro bestiame o nel cassone di un camion, ci ha funestato la letizia tipica del dì di festa. Neanche un’anima pia che l’accogliesse al suo arrivo in piazzetta, poi. Per fortuna, giunta nel nuovo lazzaretto, la sventurata ha trovato un po’ di conforto sulle pagine di Rep che, quando si tratta di soccorrere i bisognosi, non si tira mai indietro. Il cronista Massimo Minnella s’è preso cura di lei, cercando di alleviarne la solitudine: “Si è sentita ben accolta quando è arrivata?”, le domanda premuroso. E lei: “E chi mai potrebbe accogliermi? Qui non si vede nessuno, c’è il deserto”. Ma dove sono la Caritas, Sant’Egidio, i servizi sociali? E il reddito di cittadinanza, d’emergenza, d’urgenza? Niente. Non resta che rovistare nei cassonetti a caccia di un tozzo di pane raffermo. Dalla baracca di latta, la sventurata in lacrime nota “una calma innaturale”. “Una piazzetta spettrale, come non era mai accaduto prima”, rincara il cronista. Tant’è che alla fine è lei a rincuorare lui: “Ma è pur sempre Portofino, c’è il mare e poi c’è la natura”. “Ma non è certo come le altre volte”, osserva lui. Lei torna a incupirsi: “Esattamente così. Mi piace molto di più la Portofino normale, amo la gente, i bar aperti… Questo vuoto è molto deprimente. Mi alzo e non vado nemmeno in piazzetta. Non l’ho mai vista così, è incredibile, non me l’aspettavo”. Già: “a Milano tutto chiuso” e pure a Portofino, chi l’avrebbe mai detto. “Prigioniera” nello slum vista mare, la signora non ha neppure i soldi per comprare un giornale, o una tv, o una radiolina a transistor che l’avvertisse della terza ondata di Covid. Un supplizio.

Ieri, dopo aver trascorso il giorno di Pasqua a struggerci per la sua triste sorte, abbiamo appreso dal web ciò che Rep s’era scordata di dirci: la “prigioniera” è la contessa Antonella Carnelli De Micheli Camerana, seconda moglie del defunto conte Carlo Camerana (pronipote di Giovanni Agnelli fondatore della Fiat e cugino primo di Gianni, Umberto &C.) nonché azionista di Exor-Fca (ergo di Rep), che parla dalla sua villa a Portofino, forse in attesa di rimpiazzare la parigrado Pia Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare nel varo della nuova nave Repubblica: “Ri-ri-vadi, contessa! Ma un po’ più a destra!”.

IlFattoQuotidiano

La mia lettera al direttore Massimo Giannini pubblicata questa mattina su "La Stampa" . - Giuseppe Conte

 

"Gentile Direttore,

da alcune settimane sono impegnato nel compito di rifondare il Movimento 5 Stelle, in modo da rilanciarne la carica innovativa e renderlo pienamente idoneo a interpretare una nuova stagione politica. Anche per questa ragione sto evitando di rilasciare dichiarazioni e di intervenire nell’attualità politica. Ritengo prioritario preparare al meglio una nuova agenda politica, da condividere con la massima ampiezza, che sappia esprimere un progetto di società rispondente ai bisogni più urgenti dei cittadini, ma fortemente proiettata su un modello di sviluppo che coinvolga anche le generazioni future. Ma sono costretto a intervenire per correggere alcune falsità riportate nel lungo editoriale, che Lei ha offerto ai lettori del suo giornale il giorno di Pasqua, dedicato ai vecchi e ai nuovi scenari di politica estera del nostro Paese, con particolare riguardo al conflitto libico, dal titolo “Italia e Libia. Un atlante occidentale”.

Non posso tacere perché queste notizie false, essendo attinenti alla politica estera perseguita dall’Italia negli ultimi anni, non riguardano solo la mia persona, ma anche un buon numero di nostri professionisti, della filiera diplomatica e dell’intelligence, che hanno condiviso gli sforzi e profuso grande impegno in questa direzione.

Non entro, peraltro, nel merito delle varie considerazioni da Lei formulate. Sono sue, opinabili valutazioni. Non Le scrivo per aprire una discussione sui complessi scenari di geo-politica. Ma trovo palesemente fuorviante riassumere tutte le iniziative di politica estera poste in essere dai due governi da me presieduti con l’immagine di un’“Italietta che finalmente si risveglia dalla sbornia nichilista, sovranista e anti-occidentale di questi ultimi tre anni”.

Sono rimasto colpito dall’incipit del Suo editoriale. Con un accorto espediente retorico ha messo in relazione tre notizie: la prima vera, la seconda e la terza completamente false.

La prima notizia, vera, è che “Dopodomani [oggi per chi legge, n.d.r.] Mario Draghi volerà in Libia”. Questa notizia è seguita da un suo commento, pienamente legittimo: “è una missione cruciale, non solo per la difesa del nostro interesse nazionale, ma in parte anche per la ridefinizione del nuovo Ordine Mondiale, la riaffermazione dei valori dell’Occidente, la ricostruzione del ruolo dell’Europa”.

Subito dopo ci sono due notizie false, che non riguardano solo me personalmente quanto la politica estera perseguita dall’Italia. Queste due falsità sono precedute da un suo commento molto malevolo: “Le ultime pezze a colori improvvisate da Giuseppe Conte nel Corno d’Africa e nella Penisola Arabica hanno portato più malefici che benefici”.

La prima falsità: “I due incontri ad Abu Dhabi con Mohammed bin Zayed, tra il novembre 2018 e il marzo 2019, furono talmente inutili sul dossier libico che lo sceicco emiratino diede ordine ai suoi diplomatici di non organizzargli mai più altri colloqui con l’Avvocato del Popolo”.

La seconda falsità: “Il blitz a Bengasi del 17 dicembre 2020, organizzato come uno spot di bassa propaganda solo per riportare a casa i pescatori mazaresi previa photo-opportunity con Haftar, è stato ancora più imbarazzante”.

La prima notizia è smentita dal fatto che dopo le date che Lei ricorda ho avuto ulteriori colloqui con lo sceicco Mohammed bin Zayed, che hanno confermato non solo l’eccellente rapporto personale instaurato, ma anche le ottime relazioni tra i nostri due Paesi. Mi permetta poi di sottolineare che la sua falsità suona davvero ingenua: in pratica ha tentato di convincere i Suoi lettori che lo sceicco emiratino avrebbe informato solo lei che non avrebbe più accettato colloqui con il sottoscritto, quando invece abbiamo sempre operato, anche a tutti i livelli della filiera diplomatica e di intelligence, nella reciproca consapevolezza che i nostri rapporti fossero molto buoni.

La seconda falsità è non meno sorprendente, in quanto già all’epoca dei fatti chiarii che volai in Libia non per piacere, ma perché fu l’unica condizione per ottenere il rilascio dei diciotto pescatori. L’ho fatto. Lo rifarei. Dopo un lungo negoziato e dopo avere respinto altre richieste che giudicai non accoglibili, atterrai all’aeroporto di Bengasi, dove Haftar mi accolse e firmò in mia presenza il decreto di liberazione dei diciotto pescatori. Quanto alla photo opportunity, caro Direttore, la informo che ho ricevuto più volte Haftar a Roma, anche nel pieno di quest’ultimo conflitto libico. Aggiungo che non troverà in giro nessuna mia foto con i pescatori: a loro e a tutti i cittadini di Mazara ho mandato un saluto a distanza. Ho evitato di incontrarli proprio per non dare adito a speculazioni inopportune. Ma vedo che con Lei questa premura, ancora a distanza di tempo, non è servita.

Concludo. Ci auguriamo tutti che il viaggio del premier Mario Draghi in Libia possa rivelarsi utile. Il dossier libico rimane strategico per gli interessi italiani ed europei ed è estremamente rilevante negli equilibri geo-politici mondiali. Non credo che nessuno abbia difficoltà ad aderire al suo auspicio che questa possa essere la svolta che l’intero mondo occidentale attende da anni.Ma non serve e non vale a rafforzare questi auspici la denigrazione di chi è venuto prima.

Gentile Direttore, Lei e l’intero gruppo editoriale a cui il Suo giornale fa riferimento avete abbracciato convintamente una causa. Ora, non dico che debba fidarsi di me. Ma dia retta almeno a un raffinato stratega quale Talleyrand, che ai suoi collaboratori raccomandava sempre: “𝘚𝘶𝘳𝘵𝘰𝘶𝘵 𝘱𝘢𝘴 𝘵𝘳𝘰𝘱 𝘥𝘦 𝘻𝘦̀𝘭𝘦” (“Soprattutto non troppo zelo”). Quando si eccede in fervore si rischia di servire male la causa.

Cordialmente,
Giuseppe Conte" (FB)