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martedì 15 febbraio 2022

Querelatevi da soli. - Marco Travaglio

 











Della letterina di babbo Tiziano al figlio Matteo su “Carrai uomo falso” e la “Banda Bassotti (Bianchi, Bonifazi, Boschi) che hanno lucrato senza ritegno dalla posizione di accoliti tuoi”, si occupa da par suo Padellaro. Noi ci limitiamo a proporre di affiggerla in tutte le bacheche del Tribunale di Firenze, di cui la famiglia Renzi è fornitore ufficiale: per indagini e processi a carico e per le querele e le cause civili intentate a giornalisti. Che di solito vengono denunciati, e talvolta financo condannati, per aver detto o scritto un millesimo di quello che i membri del Giglio Magico si dicono a vicenda. È noto ormai che i peggiori nemici dei renziani sono quelli che li conoscono meglio: i renziani. Nel 2017 l’Innominabile trattava il povero genitore al telefono come un bugiardo matricolato su Consip: “Non voglio essere preso in giro… non puoi dire bugie o ‘non mi ricordo’… Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi (con l’ad di Consip Marroni, ndr), non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje… Non ti credo.. non è credibile che non ricordi di aver incontrato uno come Romeo… La verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro”; e definiva le accuse “una cosa molto seria”, per cui “andrai a processo” e “stai distruggendo un’esperienza” (la sua). E in pubblico definiva l’inchiesta Consip un complotto del pm deviato Woodcock, dei carabinieri golpisti del Noe e del “Falso quotidiano”.

Chi scrive ha perso due cause civili per aver accostato babbo Tiziano a una “bancarotta” (infatti è sotto processo con la moglie per bancarotta) e ipotizzato un conflitto d’interessi fra il padre che traffica su appalti Consip e il figlio premier che nomina i vertici Consip. Figurarsi se avessi detto “Banda Bassotti”. O ripetuto l’epiteto sessista usato da Bianchi in un appunto sulla Boschi e il suo sfogo contro l’Innominabile per i “2 milioni spesi per quel referendum del cazzo e i social, senza averli”. O i suoi smadonnamenti quando Matteo accollò alle casse (vuote) di Open un volo privato Ciampino-Washington per commemorare per 2 minuti l’incolpevole Bob Kennedy, noleggiando un jet Dessault Falcon 900 alla modica cifra di 134.900 euro. Bianchi: “134.900???! Ma ha perso la testa?”. Lotti: “Non ho parole. Io gli ho detto che senza copertura non si può”. In attesa che il Parlamento, nella settimana dei tre giovedì, approvi la legge contro le querele temerarie e distingua tra critiche e fatti falsi, facciamo così: o Renzi padre e figlio, Boschi, Bianchi, Bonifazi & C. ritirano le querele ai giornalisti che li hanno trattati molto meglio di quanto non si trattino loro e ci lasciano scrivere almeno quello che si dicono tra loro; oppure si querelano da soli.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/15/querelatevi-da-soli/6493793/

Altro che “Il fatto”: se ora lo dice pure lui… - Antonio Padellaro

 

Davanti al passaggio della lettera di Tiziano Renzi al figlio Matteo che definisce “Boschi, Bonifazi e Bianchi la Banda Bassotti che ha lucrato su di te senza ritegno” (per non parlare di Marco Carrai, “un uomo falso”) il primo, immediato pensiero è che se un giudizio del genere fosse stato pubblicato sul Fatto Quotidiano, lo statista di Rignano avrebbe preteso, a dir poco, il sequestro della testata, oltre al pignoramento del mobilio di casa. L’altra, inevitabile, riflessione è: se lo dice lui… Perché babbo Renzi, oltre ad aver conosciuto, e molto da vicino, le “cattive” compagnie del su figliolo non ignora certo le bassezze della politica, avendola a lungo frequentata sia pure in ambiti periferici. E, tuttavia, essere arrivato al punto di marchiare come “Banda Bassotti” il Giglio Tragico, significa che deve avere osservato, e molto da vicino, cose che noi umani neppure immaginiamo. Poiché la lettera (depositata dalla Procura di Firenze al processo per bancarotta) risale al 2017, proviamo a immaginare l’esistenza di altre missive riguardanti le successive tappe della, per così dire, mutazione renziana. Scritte con il medesimo linguaggio esplicito di un padre piuttosto preoccupato dalle frequentazioni del figlio. Dalla creazione di un partito finto come Italia Viva (dopo averne distrutto uno esistente). Fino agli stretti rapporti intrattenuti con l’autocrate saudita Mohammad bin Salman (accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Khashoggi). E alle ricche consulenze percepite da uno dei regimi più oscurantisti del pianeta, definito con entusiasmo dal percettore come la patria di un “nuovo Rinascimento”. Purtroppo stiamo galoppando troppo con la fantasia a giudicare dal passaggio della lettera dove Tiziano, nell’elogiare l’erede, considera “geniale” la “mossa di rimandare le dimissioni” da segretario del Pd. E qui ci soccorre il latinorum: qualis pater, talis filius. O no?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/15/altro-che-il-fatto-se-ora-lo-dice-pure-lui/6493813/?fbclid=IwAR0qt9r8Vmnfna_6-WY510fTXsobpeRrobfna6DdEQ1lyFmB3xTkJ-GG0n4

La lettera di Tiziano Renzi al figlio Matteo: “Bianchi, Bonifazi e Boschi la banda Bassotti, hanno lucrato su di te. Carrai uomo falso”.

 

La lettera è stata depositata dalla procura di Firenze nel processo che vede imputati i genitori dell'ex presidente del consiglio per la bancarotta di alcune cooperative. Risale al 2017, ai tempi in cui era deflagrata l'inchiesta Consip (per la quale Renzi senior è oggi a giudizio). Le polemiche politiche sul deposito dell'atto: ecco i motivi possibili.

Attacca Marco Carrai: “Non si deve mai più far vedere da me, uomo falso“. E poi la “banda bassotti“. A chi si riferisce? “BianchiBonifaziBoschi che hanno davvero lucrato senza ritegno dalla posizione di accoliti tuoi io sono stato quello che è passato per ladro prendendolo nel c.”. Si esprimeva in questo modo Tiziano Renzi, in una lettera indirizzata al figlio Matteo il 5 marzo del 2017, cioè esattamente due settimane dopo le dimissioni da segretario del Pd, successive a quelle da presidente del consiglio, dopo la sconfitta al referendum costituzionale.

La lettera è stata depositata dalla procura di Firenze nel processo che vede imputati i genitori di Renzi per la bancarotta di alcune cooperative. Sequestrata dalla Guardia di Finanza nell’ottobre del 2019 nel computer di Renzi senior, la missiva è stata oggetto di un’istanza della difesa, che chiedeva di non ammetterla agli atti del procedimento. Secondo gli avvocati del padre del leader d’Italia viva, infatti, il sequestro viola le guarentigie dei parlamentari di cui gode Renzi. Per il tribunale, però, al testo non sono applicabili le regole per i sequestri di corrispondenza ma “la disciplina ordinaria in materia di sequestro, con riferimento a lettere o pieghi non ancora avviati dal mittente al destinatario o già ricevuti da quest’ultimo, poiché tali oggetti non costituiscono corrispondenza, implicando tale nozione un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna del plico a terzi per il recapito”.

Lo scritto, digitato su file, risale al 5 marzo del 2017, data dell’ultima modifica del documento. Nel febbraio di quell’anno Renzi si era dimesso da segretario del Pd ma solo con l’obiettivo di ricandidarsi alle primarie. Poi, nei primi giorni di marzo, deflagra l’inchiesta sulla Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione: per quella vicenda Tiziano Renzi è oggi a giudizio per traffico d’influenze. Risale a quel periodo – e precisamente al 2 marzo – l’ormai notatelefonata – intercettata – tra Matteo e Tiziano Renzi, che nei giorni successivi era stato convocato dai magistrati della procura di Roma: “Babbo devi dire tutta la verità ai magistrati… è una cosa molto seria”, diceva l’ex presidente del consiglio, intimando al genitore: “Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”.

“La banda bassotti Bianchi Bonifazi e Boschi”
Tre giorni dopo, invece, è la data alla quale risalgono le ultime modifiche della missiva depositata dalla procura. Una lettera in cui Renzi senior usa un tono risentito col figlio. “È dal tempo della provincia che non sono stato messo in condizione di fare un ragionamento completo con te. In questi anni ho avuto la netta percezione, anzi la certezza, di essere considerato un ostacolo e comunque un fastidio. Come sai gli ultimi colloqui erano conditi di rimproveri e di sfiducie preventive”, esordisce il genitore dell’ex segretario dei dem. Che poi attacca, a uno a uno, tutti i petali del cosiddetto Giglio magico: da Marco Carrai, l’imprenditore indagato nell’inchiesta su Open (definito “uomo falso”), alla “banda Bassotti”, come definisce Alberto Bianchi, il presidente della ex fondazione renziana, fino a parlamentari Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi. Evidentemente in quei giorni i rapporti tra i due Renzi sono tesi: “Riguardo il tuo auspicio che vada in pensione – scrive il figlio al padre – devo con forza affermare che in pensione, dopo una vita vissuta all’avventura, mi ci manda il buon Dio non te, una volta mi hai detto con cattiveria che cercavo visibilità, ti sbagliavi io volevo lavorare e lottare per recuperare un’immagine realistica e vera che poteva e doveva servire a te non a me. Io non ho niente da chiedere alla vita di più di ciò che ho”.

Renzi senior prosegue la sua missiva, con un tono che appare colmo di rancore, anche a causa dell’inchiesta Consip: “Questa vicenda mi ha tolto la capacità di relazione, tutti quelli che hanno avuto rapporti con me sono stati attenzionati solo per questo fatto, sono il Re Mida della merda, concimo tutti, stanno interrogando tutti, dipendenti e amici è folle, devo nascondermi senza aver fatto niente di male”. E ancora, continua il genitore all’ex premier: “Ora tu hai l’immunità, non esiste più il rischio che tramite me arrivino a te. Spero che inizi una nuova stagione di lotta per i valori che hanno animato la nostra vita”.

Nel pomeriggio la difesa di Tiziano si scaglia in una nota contro la diffusione della missiva: “Un uomo in difficoltà, che ‘vive nel terrore da un anno’, provato, indagato e perquisito, si sfoga in un file di insulti al figlio e agli amici più cari del figlio. Questo documento compare improvvisamente oggi a distanza di cinque anni dal momento in cui viene redatto ed è privo di qualsiasi valore penale. Ma viene ugualmente fatto circolare per tentare di alimentare sui media un processo che stenta in tribunale. L’ennesima conferma di un modus operandi degli inquirenti fiorentini che si commenta da solo e che in assenza di violazioni del codice penale si concentra sulle difficoltà di rapporto tra padre e figlio. Nel merito l’ennesima dimostrazione del fatto che Matteo Renzi non ha mai agevolato suo padre nelle sue attività professionali. Nel metodo l’ennesimo schiaffo alla civiltà giuridica, alla vita delle persone e alla privacy di una famiglia colpita da una pervicace campagna mediatica senza precedenti”.

Le polemiche politiche sul deposito dell’atto: ecco i motivi possibili.
Anche diversi esponenti politici hanno espresso solidarietà a Renzi, in particolare quelli di Italia Viva (da Ettore Rosato a Teresa Bellanova), ma anche il leader di Azione Carlo Calenda e il fondatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto. “Acquisire agli atti di un processo, e pubblicare la lettera di un padre a un figlio è un nuovo record di ignominia. Complimenti” scrive Calenda. “Sul caso Open ne abbiamo viste di tutti i colori, e per quanto mi riguarda ho sempre più dubbi – twitta Andrea Marcucci del Pd – La pubblicazione delle lettere private tra padre e figlio sui media va oggettivamente oltre. Il silenzio di molti su derive del genere preoccupa”. Per Alessia Morani, anche lei democratica, “si è superato ogni limite: che fine ha fatto lo Stato di diritto?”. Secondo Crosetto “nella lettera non c’è nulla di rilevante penalmente ma solo gossip e cioè il giudizio che Renzi padre dava di alcune persone. Chiaramente è stata allegata agli atti in modo da renderla pubblica”.

La Procura non ha spiegato pubblicamente perché quell’atto è stato depositato nel fascicolo del processo. Si può ipotizzare, però, che la valenza processuale sia legata tra le altre cose ai riferimenti che Tiziano Renzi fa a Mariano Massone, imprenditore ligure che era coindagato con i genitori dell’ex premier nel filone processuale di Genova e che nel frattempo ha patteggiato una pena a 6 mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta. “E’ una persona che a Genova ha accettato il patteggiamento senza lottare – scrive Tiziano Renzi – rinviando e traccheggiando come la legge gli avrebbe consentito, magari coinvolgendomi, sapendo che non aveva la condizionale. Io ho un debito di riconoscenza nei suoi confronti a prescindere”. Ma in quella lettera Renzi senior riferisce anche delle sue attività imprenditoriali. “Per l’azienda stiamo cercando di diversificare quando ci vediamo se credi ne parliamo – scrive – Per togliere i fari dall’azienda (o per tentare) ho trasformato l’azienda fatta per la Sicilia in azienda di solo food. Mi sono tolto dalla Eventi6 e mi sono nominato amministratore della Vip srl. La missione è esportare la qualità dei nostri prodotti all’estero. Ho preso due contatti con importatori a Miami ed a Toronto. C’è spazio. Ci sto lavorando”. E Tiziano Renzi è tra i 15 imputati del processo per bancarotta fraudolenta e fatturazioni false relativo a cooperative di servizi in affari con la società di famiglia, proprio la Eventi 6.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/14/la-lettera-di-tiziano-renzi-al-figlio-matteo-bianchi-bonifazi-e-boschi-la-banda-bassotti-hanno-lucrato-su-di-te-carrai-uomo-falso/6493251/

venerdì 14 gennaio 2022

La mail con la quale David Rossi annunciò il suicidio fu “creata dopo la sua morte”. - Biagio Chiariello

 

La misteriosa vicenda della morte di David Rossi, l’ex responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, si tinge ulteriormente di giallo. La mail nella quale il manager annunciava il suo suicidio fu "creata dopo la sua morte". A sottolinearlo è una relazione della Polizia postale che "mette in dubbio la prova chiave utilizzata per chiudere il caso come suicidio". Lo riporta L'Espresso, che cita il contenuto del documento degli investigatori.

David Rossi è morto la sera del 6 marzo 2013 dopo essere caduto da una finestra laterale della sede centrale di Mps in piazza Salimbeni. Secondo la polizia postale la mail incriminata, apparentemente inviata il 4 marzo 2013, è stata invece creata il 7 marzo. Il messaggio – “Stasera mi suicido, sul serio. Aiutatemi!!!” – è collocato all’interno di uno scambio di mail tra Rossi e l'ex ad del Monte dei Paschi, Fabrizio Viola, il quale davanti a magistrati ha riconosciuto tutta la corrispondenza letta quel giorno, tranne quella in cui Rossi avrebbe manifestato l'intenzione di togliersi la vita.

https://www.fanpage.it/attualita/la-mail-con-quale-david-rossi-annuncio-il-suicidio-fu-creata-dopo-la-morte/

domenica 13 giugno 2021

𝗟𝗔 𝗠𝗜𝗔 𝗟𝗘𝗧𝗧𝗘𝗥𝗔 𝗣𝗨𝗕𝗕𝗟𝗜𝗖𝗔𝗧𝗔 𝗢𝗚𝗚𝗜 𝗦𝗨𝗟 “𝗥𝗘𝗦𝗧𝗢 𝗗𝗘𝗟 𝗖𝗔𝗥𝗟𝗜𝗡𝗢”. - Giuseppe Conte

 

Gentile Direttore,
il prossimo autunno anche la città di Bologna sarà chiamata ad eleggere il suo nuovo sindaco. Come è noto, il Movimento 5 Stelle sta vivendo un importante processo di rilancio e di rinnovamento, che io ho l’onore di guidare, ma questo non ci ha impedito di lavorare sino ad oggi con impegno e passione per arrivare preparati a questo appuntamento elettorale.
L’entusiasmo e l’energia che animano questa fase di rilancio del Movimento 5 Stelle ci hanno guidato anche nel percorso che ci ha portato alla costruzione a Bologna di un progetto per un campo largo insieme alle forze progressiste, sulla base di un modello che stiamo sperimentando anche in altre città che andranno al voto, come Napoli, o nelle regionali in Calabria.
Sono fortemente convinto che a Bologna ci siano le condizioni migliori per sviluppare questo laboratorio politico basato sul dialogo e la collaborazione fra M5S, PD, la lista Coraggiosa e le altre civiche che hanno aderito a questo progetto. Il terreno è fertile e i tempi sono maturi.
Il raggiungimento di questo obiettivo, la realizzazione di questo progetto devono essere garantiti da un candidato credibile, che sposi questo percorso con convinzione, passione, nel solo ed esclusivo interesse dei cittadini bolognesi. Questo candidato è Matteo Lepore del Partito Democratico, che il Movimento 5 Stelle sostiene convintamente.
Oggi l’errore da non fare è indebolire questo percorso fra PD e M5S bolognesi, che grazie agli esponenti locali si presenta già in uno stato avanzato. Lo dico anche a chi oggi nutre perplessità su questo percorso: è stato fatto un grande lavoro di avvicinamento e di confronto su importanti temi che hanno posto le basi per una solida coalizione.
Gli effetti della pandemia e della crisi economica si sentono forti anche a Bologna. Noi abbiamo il dovere e la responsabilità di dare ascolto alle sofferenze e alle paure di larghe fasce di popolazione, di farcene carico, a partire dai più deboli, dalle famiglie, fino al tessuto produttivo che da sempre anima e fa prosperare quest’area del Paese. Non possiamo commettere l’errore di lasciare che tali istanze vengano solo apparentemente intercettate da forze politiche di destra che mostrano di avere soluzioni semplici, sempre a portata di mano anche di fronte a sfide particolarmente complesse. Abbiamo il dovere di parlare chiaro a tutti i cittadini e non dobbiamo nascondere il fatto che alcuni processi riformatori richiedono tempo. Quel che possiamo garantire è la nostra lucida determinazione, la nostra perseveranza a realizzare anche i più incisivi e complessi processi trasformativi, in modo da rendere le nostre città - dal centro ai quartieri più distanti - più sicure, più verdi, in breve “più a misura d’uomo”.
Ci sono lavori e battaglie comuni da portare avanti insieme, sapendo che alcuni elementi ci distinguono dal PD e dalle altre forze politiche di sinistra, ma la sfida in un momento così difficile anche a livello internazionale deve essere quella di rimettere al centro la persona e la responsabilità per garantire un futuro migliore ai bolognesi, riconoscendo più diritti a partire dalla sfera del lavoro, e perseguendo maggiore equità in modo da garantire a tutti condizioni di maggiore benessere, nel segno della sostenibilità e dell’equità.
Il Movimento, dal canto suo, si presenterà mettendo in campo i suoi principi fondamentali, che non cambiano ma anzi si rafforzano: etica pubblica, legalità e lotta alle mafie, tutela ambientale, innovazione, trasparenza, partecipazione dei cittadini.
Per la città di Bologna, da sempre crocevia nel Paese dal punto di vista geografico, politico e culturale, oggi è necessario fare uno sforzo dal punto di vista ambientale per migliorare la qualità dell'aria e la salute delle persone, dal punto di vista sociale e di diritti sul lavoro, nella lotta alle mafie che hanno pesantemente infiltrato un territorio ricco come quello emiliano, nella innovazione tecnologica al servizio del cittadino per garantirgli semplificazione burocratica e servizi efficienti.
Con tutto il Movimento di Bologna, a partire da Max Bugani e Silvia Piccinini fino a tutti i nostri attivisti che si impegnano quotidianamente sul territorio, vogliamo costruire qualcosa di importante. Vogliamo dare un contributo positivo all’intera Emilia-Romagna e anche per questo ci aspettiamo appoggio, dal PD e dalle altre forze di sinistra, per confermare il sindaco uscente di Cattolica, Mariano Gennari, che ha dato un’ottima prova di sé nella capacità amministrativa. Questa è la strada giusta da percorrere tutti insieme, convintamente.
Giuseppe Conte
FB

martedì 6 aprile 2021

La mia lettera al direttore Massimo Giannini pubblicata questa mattina su "La Stampa" . - Giuseppe Conte

 

"Gentile Direttore,

da alcune settimane sono impegnato nel compito di rifondare il Movimento 5 Stelle, in modo da rilanciarne la carica innovativa e renderlo pienamente idoneo a interpretare una nuova stagione politica. Anche per questa ragione sto evitando di rilasciare dichiarazioni e di intervenire nell’attualità politica. Ritengo prioritario preparare al meglio una nuova agenda politica, da condividere con la massima ampiezza, che sappia esprimere un progetto di società rispondente ai bisogni più urgenti dei cittadini, ma fortemente proiettata su un modello di sviluppo che coinvolga anche le generazioni future. Ma sono costretto a intervenire per correggere alcune falsità riportate nel lungo editoriale, che Lei ha offerto ai lettori del suo giornale il giorno di Pasqua, dedicato ai vecchi e ai nuovi scenari di politica estera del nostro Paese, con particolare riguardo al conflitto libico, dal titolo “Italia e Libia. Un atlante occidentale”.

Non posso tacere perché queste notizie false, essendo attinenti alla politica estera perseguita dall’Italia negli ultimi anni, non riguardano solo la mia persona, ma anche un buon numero di nostri professionisti, della filiera diplomatica e dell’intelligence, che hanno condiviso gli sforzi e profuso grande impegno in questa direzione.

Non entro, peraltro, nel merito delle varie considerazioni da Lei formulate. Sono sue, opinabili valutazioni. Non Le scrivo per aprire una discussione sui complessi scenari di geo-politica. Ma trovo palesemente fuorviante riassumere tutte le iniziative di politica estera poste in essere dai due governi da me presieduti con l’immagine di un’“Italietta che finalmente si risveglia dalla sbornia nichilista, sovranista e anti-occidentale di questi ultimi tre anni”.

Sono rimasto colpito dall’incipit del Suo editoriale. Con un accorto espediente retorico ha messo in relazione tre notizie: la prima vera, la seconda e la terza completamente false.

La prima notizia, vera, è che “Dopodomani [oggi per chi legge, n.d.r.] Mario Draghi volerà in Libia”. Questa notizia è seguita da un suo commento, pienamente legittimo: “è una missione cruciale, non solo per la difesa del nostro interesse nazionale, ma in parte anche per la ridefinizione del nuovo Ordine Mondiale, la riaffermazione dei valori dell’Occidente, la ricostruzione del ruolo dell’Europa”.

Subito dopo ci sono due notizie false, che non riguardano solo me personalmente quanto la politica estera perseguita dall’Italia. Queste due falsità sono precedute da un suo commento molto malevolo: “Le ultime pezze a colori improvvisate da Giuseppe Conte nel Corno d’Africa e nella Penisola Arabica hanno portato più malefici che benefici”.

La prima falsità: “I due incontri ad Abu Dhabi con Mohammed bin Zayed, tra il novembre 2018 e il marzo 2019, furono talmente inutili sul dossier libico che lo sceicco emiratino diede ordine ai suoi diplomatici di non organizzargli mai più altri colloqui con l’Avvocato del Popolo”.

La seconda falsità: “Il blitz a Bengasi del 17 dicembre 2020, organizzato come uno spot di bassa propaganda solo per riportare a casa i pescatori mazaresi previa photo-opportunity con Haftar, è stato ancora più imbarazzante”.

La prima notizia è smentita dal fatto che dopo le date che Lei ricorda ho avuto ulteriori colloqui con lo sceicco Mohammed bin Zayed, che hanno confermato non solo l’eccellente rapporto personale instaurato, ma anche le ottime relazioni tra i nostri due Paesi. Mi permetta poi di sottolineare che la sua falsità suona davvero ingenua: in pratica ha tentato di convincere i Suoi lettori che lo sceicco emiratino avrebbe informato solo lei che non avrebbe più accettato colloqui con il sottoscritto, quando invece abbiamo sempre operato, anche a tutti i livelli della filiera diplomatica e di intelligence, nella reciproca consapevolezza che i nostri rapporti fossero molto buoni.

La seconda falsità è non meno sorprendente, in quanto già all’epoca dei fatti chiarii che volai in Libia non per piacere, ma perché fu l’unica condizione per ottenere il rilascio dei diciotto pescatori. L’ho fatto. Lo rifarei. Dopo un lungo negoziato e dopo avere respinto altre richieste che giudicai non accoglibili, atterrai all’aeroporto di Bengasi, dove Haftar mi accolse e firmò in mia presenza il decreto di liberazione dei diciotto pescatori. Quanto alla photo opportunity, caro Direttore, la informo che ho ricevuto più volte Haftar a Roma, anche nel pieno di quest’ultimo conflitto libico. Aggiungo che non troverà in giro nessuna mia foto con i pescatori: a loro e a tutti i cittadini di Mazara ho mandato un saluto a distanza. Ho evitato di incontrarli proprio per non dare adito a speculazioni inopportune. Ma vedo che con Lei questa premura, ancora a distanza di tempo, non è servita.

Concludo. Ci auguriamo tutti che il viaggio del premier Mario Draghi in Libia possa rivelarsi utile. Il dossier libico rimane strategico per gli interessi italiani ed europei ed è estremamente rilevante negli equilibri geo-politici mondiali. Non credo che nessuno abbia difficoltà ad aderire al suo auspicio che questa possa essere la svolta che l’intero mondo occidentale attende da anni.Ma non serve e non vale a rafforzare questi auspici la denigrazione di chi è venuto prima.

Gentile Direttore, Lei e l’intero gruppo editoriale a cui il Suo giornale fa riferimento avete abbracciato convintamente una causa. Ora, non dico che debba fidarsi di me. Ma dia retta almeno a un raffinato stratega quale Talleyrand, che ai suoi collaboratori raccomandava sempre: “𝘚𝘶𝘳𝘵𝘰𝘶𝘵 𝘱𝘢𝘴 𝘵𝘳𝘰𝘱 𝘥𝘦 𝘻𝘦̀𝘭𝘦” (“Soprattutto non troppo zelo”). Quando si eccede in fervore si rischia di servire male la causa.

Cordialmente,
Giuseppe Conte" (FB)

domenica 6 dicembre 2020

Che faccio, compro?. - Marco Travaglio

 

Dopo le ultime performance sui vaccini antinfluenzali, più introvabili della pietra filosofale, si pensava che Giulio Gallera avesse definitivamente scalzato Attilio Fontana nell’ambìto ruolo di capocomico del duo “I Nuovi Legnanesi”. Invece, con una zampata da grande guitto, lo sgovernatore ha scavalcato l’assessore proprio sul finale, ricacciandolo al rango di spalla. La sua lettera ai quattro pm che l’hanno indagato per frode in pubbliche forniture per la commessa dei camici, affidata senza gara dalla sua Regione alla ditta di suo cognato, si inscrive nella nobile tradizione di quella di Totò e Peppino alla malafemmina e di Benigni e Troisi a Savonarola. Titolo: “Che faccio, compro?”. Trama, semplice e travolgente: il presidente leghista, dopo averlo negato per mesi, si accorge finalmente che il “modello Lombardia” non riesce neppure a vaccinare dall’influenza medici, infermieri e i malati cronici over 80: “Regione Lombardia si trova, ancora una volta, al centro di un problema emergenziale relativo al vaccino antinfluenzale”, la cui “reperibilità è, come è noto, assai problematica”. Ma, anziché guardarsi allo specchio e sputarsi solennemente in un occhio per manifesta incapacità, magari invitando alla cerimonia anche Gallera, se ne lagna con gli “Ill.mi Magistrati”, che non c’entrano una mazza. E – dopo aver tentato invano di far importare dei vaccini indiani da un dentista di Bolzano (non autorizzato) tramite un intermediario turco con gli auspici di un conoscente cinese – li informa di aver finalmente trovato “un fornitore” addirittura “autorizzato: l’importatore svizzero Unifarma”, che ne ha “350 mila dosi”. Un po’ pochine, per 10 milioni di abitanti, ma meglio di niente. Solo che, essendo dicembre con l’epidemia influenzale in pieno corso (infatti tutti si vaccinano a ottobre-novembre), non c’è tempo per bandire una gara (altrimenti il vaccino arriva per quella dell’anno prossimo): bisogna “addivenire all’acquisto a trattativa privata”, prima che “i suddetti vaccini spariscano dal mercato”. E qui, anziché prendersela con chi non ci ha pensato a luglio-agosto (come si fa ogni anno dalla notte dei tempi), cioè con se stesso e la spalla, scarica tutto sui dirigenti della centrale acquisti regionale Aria Spa, indagati con lui per i camici del cognato, che “si rifiutano di procedere all’acquisto, salvo che il Presidente Fontana ottenga l’autorizzazione della Procura della Repubblica (!)”. Il punto esclamativo è suo, ma pure nostro. Lui ovviamente è “lungi dal chiedere, seppur implicitamente, salvacondotti o autorizzazioni che appaiono indebite”, però li chiede. E “si assume la responsabilità” dell’acquisto.

Però la scarica sui pm, che con l’inchiesta sui camici gli han paralizzato l’Aria Spa. E domanda senza domandarlo: “Che faccio, compro?”, anzi, “addivengo all’acquisto?”. Come se sapesse che ciò che sta per fare è illegale, visto che le commesse senza gara sono giustificate per l’emergenza Covid (ma per quelle c’è il commissario Arcuri) e non per quelle di routine, tipo i vaccini antinfluenzali, che si fanno da sempre con la mano sinistra e che la sua Regione è riuscita a cannare in toto, con 12 gare deserte o riuscite con esiti tragicomici (dosi pagate ora 5 euro, ora 27). Senza contare che il parallelo fra camici del cognato e vaccini non regge: a meno che, dietro il fornitore svizzero, si nasconda un altro parente, tipo un cugino, un nipote, una zia; o che anche stavolta vengano fuori conti milionari in Svizzera, trust alle Bahamas, scudi fiscali. Pur ammirati dal sense of humour, ci permettiamo di aggiungere alle sue un paio di domande. Risulta che Fontana sia avvocato: ma nei suoi studi di giurisprudenza, salvo che si siano svolti al Cepu o per corrispondenza alla scuola Radio Elettra o coi punti della Miralanza, ha mai saputo di indagati che avvertono i pm che stanno per riviolare la legge? In quale Codice, fuori da Paperopoli e Topolinia, è prevista questa prassi, volgarmente detta “mettere le mani avanti” o “pararsi il culo”? E se, come traspare dai punti esclamativi, essa pare bizzarra pure a lei, perché l’ha seguita? Davvero si aspettava che i pm rispondessero alla letterina a Babbo Natale se non per dire che non sono affari loro?

Le possibili risposte alternative erano solo due: “Faccia pure, presidente, che sarà mai la legge vigente: ma proprio perché è lei, e che non si ripeta più”; oppure “Non si azzardi, sennò finisce dentro”. La seconda sarebbe uno splendido alibi per scaricare sulle solite toghe rosse le colpe della sua incapacità. La prima sarebbe un’amnistia preventiva ad personam e farebbe schiattare d’invidia B.. Il quale, a saperlo, si sarebbe risparmiato un mare di guai passando la vita a scrivere letterine alle Procure su un modulo prestampato con la casella dei reati in bianco: “Che faccio, ingaggio Mangano o deludo Dell’Utri?”, “Che faccio, chiamo la Questura per la nipote di Mubarak o lascio stare?”, “Che faccio, frodo il fisco o pago le tasse?”, “Che faccio, falsifico i bilanci o ci metto tutto?”, “Che faccio, compro la sentenza Mondadori o dico a Previti di farsi un giro?”, “Che faccio, corrompo Mills e le Olgettine o li lascio parlare?”, “Che faccio, bonifico 23 miliardi a Craxi o pago in natura?”, “Che faccio, compro i senatori o li lascio a Prodi?”, “Che faccio, bungabunga o astinenza?”, “Punto, punto e virgola, due punti. Massì, abbondiamo! Abbondantis abbondandum”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/06/che-faccio-compro/6028097/

Lombardia “no vax”, per Fontana la colpa è della magistratura. - Andrea Sparaciari

 

La lettera - Surreale missiva spedita ai pm.

Non era mai successo che un presidente di Regione scrivesse ai magistrati – gli stessi che lo stanno indagando per frode in pubbliche forniture – dichiarandosi pronto ad assumersi “in prima persona” tutte le responsabilità derivanti da una procedura di acquisto senza gara, perché i suoi funzionari si rifiutano di procedere senza “l’autorizzazione della Procura”. Attilio Fontana il 2 dicembre ha voluto stabilire il precedente. In quella data, come riportato dal Corriere, i suoi legali hanno inviato alla Procura di Milano una missiva nella quale spiegavano che, vista l’emergenza dovuta alla mancanza di vaccini antinfluenzali, la difficoltà di reperirli sul mercato, le gare andate deserte, l’Agenzia regionale per gli acquisti (Aria) si apprestava ad aprire una trattativa privata con la svizzera Unifarma per 300 mila dosi, aggiungendo che, poiché “il timore di intraprendere iniziative o decisioni suscettibili del vaglio di legittimità da parte della Magistratura, paralizza di fatto l’opera dei funzionari”, Fontana “lungi dal richiedere salvacondotti”, avrebbe comunque proceduto all’acquisto, “assumendosene la responsabilità”.

Un concetto ribadito ieri dal presidente: “Per esigenze di tempestività in una situazione complicatissima per il mercato dei vaccini, si trattava di acquistarne un quantitativo a trattativa privata superando l’obbligo della gara pubblica. Ho quindi voluto rappresentare questo paradosso ai pm per rassicurare Aria sulle eventuali responsabilità”, ha fatto sapere.

Scontata la risposta della Procura. L’aggiunto Romanelli in serata ha sottolineato come “le forniture pubbliche sono di responsabilità esclusiva della pubblica amministrazione. La Procura non ha alcun ruolo. Non è la magistratura che blocca l’azione amministrativa”. La Procura “si limita a considerazioni generali” e “la magistratura ha il ruolo di verifica della legalità in relazione all’eventuale commissione di reati”. Tradotto: voi fate ciò che dovete, noi interverremo se ci sarà qualcosa di non chiaro.

Ma dalle parti di Aria c’è tutto tranne tranquillità. Del resto è la stessa agenzia che aveva accordato alla società Dama, di proprietà della moglie e del cognato di Fontana, l’affidamento senza gara da 513 mila euro per i camici. Un appalto cui sono seguite le indagini su Fontana e famiglia e le dimissioni del dg di Aria, Filippo Bongiovanni (anche lui indagato). Tuttavia Aria ha continuato a lavorare. Il 3 dicembre (il giorno dopo la lettera ai pm), l’Agenzia ha chiuso un affidamento per 150 mila dosi di vaccino. Pur ancora da assegnare ufficialmente, a vincere la 13esima gara dell’anno, aperta il 30/11 e chiusa il 4/12, è stata la Solstar Italia Srl, che ha piazzato 120 mila dosi di Influvac Tetra a 17,85 euro l’una e 30 mila di Fluquadri a 18,90. Incasso totale: 2.709.000 euro.

Al di là delle gare, una cosa è chiara: se la Lombardia il 6 dicembre si ritrova senza vaccini – ne mancano almeno 700 mila –, la responsabilità è di Aria, la società voluta dall’assessore al Bilancio, il leghista Davide Caparini. “Aria è una maxi aggregazione di tre società pubbliche (Infrastrutture Lombarde, Lombardia informatica e Arca) che doveva migliorare le performance. Invece è un mostro senza guida che ha combinato il pasticcio dei camici, ritardato l’acquisizione dei dpi, gestito l’operazione delle mascherine pannolino, fallito sui vaccini”, dice il Pd, Bussolati. Tranchant, l’M5s, Fumagalli: “Fontana non può pensare di cavarsela solo assumendosi le responsabilità dei disastri di Aria. Aveva il dovere politico di sostituirne il Cda quando a luglio abbiamo chiesto la revoca del ‘board’ e chiesto al Tribunale di Milano di nominare un commissario giudiziale”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/06/lombardia-no-vax-per-fontana-la-colpa-e-della-magistratura/6028100/

mercoledì 15 luglio 2020

Lettera di Di Maio al Fatto Quotidiano: “Letta, Draghi, Mion: è lavoro, parlo con chi non la pensa come me”. - Luigi Di Maio

Lettera di Di Maio al Fatto Quotidiano: “Letta, Draghi, Mion: è lavoro, parlo con chi non la pensa come me”

Di Maio risponde al “Fatto”.
Gentile Direttore, la seguente perché da qualche giorno ho notato che sta facendo notizia la mia agenda di appuntamenti, con ricostruzioni fuorvianti che con dispiacere ho letto – in parte – anche dalla sua penna.
Sia ben chiaro, la stampa fa il proprio mestiere. Diceva qualcuno che il dovere dei giornalisti fosse quello di “girare la penna nella piaga”. E quindi il mio non vuole essere un attacco a chi dà le notizie. Come prima cosa voglio dire che confermo gli incontri che ho avuto e personalmente da Ministro degli Esteri credo proprio che ne avrò tanti altri. Perché da quando sono Ministro ho sempre tenuto un contatto diretto con membri di maggioranza e opposizione, come ho sempre tenuto incontri con coloro che rappresentavano e rappresentano istituzioni internazionali e nazionali. Ognuna di queste persone si rivela preziosa per uno scambio di opinioni, soprattutto quando finiamo a discutere con forza perché non la pensiamo allo stesso modo.
Ciò che sta diventando insopportabile invece è il livello di retropensiero che in questi giorni si cela dietro ad ognuno dei miei incontri. Come ad esempio l’ipotesi che sarebbe stato il mio staff a far trapelare la notizia. I giornalisti che hanno firmato gli articoli e i loro direttori possono facilmente testimoniare il contrario.
Sia con l’ex presidente della Bce Mario Draghi, sia con Gianni Letta non ci eravamo mai incontrati prima e il tutto rientra in un sano e tradizionale spirito dialogante. Nella fattispecie, peraltro, come lei ben sa, l’Italia si appresta ad affrontare una delle più importanti partite mai giocate sui tavoli europei e la Farnesina lavora in prima linea sul negoziato Ue.
In questa cornice, e in virtù del particolare momento che stiamo attraversando, non trovo sconvolgente che io veda l’ex presidente della Banca Centrale Europea, visto anche il ruolo svolto dall’Eurotower negli ultimi anni a sostegno della zona euro. Per quanto riguarda il dottor Letta, invece, smentisco categoricamente i contenuti riportati nel retroscena pubblicato su La Stampa. D’altronde, Direttore, lei stesso nel suo editoriale ha parlato di numerose “chiacchiere politichesi dei retroscenisti”…
Riguardo ad Autostrade, colgo l’occasione per riferirle che corrisponde al vero anche il mio incontro con il manager Gianni Mion, al quale ho ribadito la posizione espressa dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, secondo cui “le autostrade non possono più essere gestite dalla famiglia Benetton”. Posizione, questa, che non viene espressa o improvvisata oggi, ma che io per primo ho portato sui tavoli governativi e in Parlamento.
Nell’ambito dell’esperienza di governo, io per primo, infatti, ho combattuto contro la famiglia Benetton. Io per primo sono finito nel mirino della speculazione mediatica per portare avanti una battaglia che nessun altro aveva il coraggio di intraprendere. Sono stato accusato di aver fatto crollare il titolo in borsa di Atlantia, il M5S è stato deriso e colpito solo per aver difeso un principio fondamentale che, dopo la tragica morte di 43 persone, a nostro avviso equivale al senso di giustizia.
L’encefalogramma, mi permetta, non è stato piatto. E lo dimostra anche la mia uscita pubblica in serata sui miei profili social a supporto delle parole del Presidente Conte. Ho forse peccato per non essermi palesato prima delle 21? Me ne dispiaccio, ma ero a Trieste con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al rientro ho effettuato un punto sull’incontro tenuto ieri pomeriggio con il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh, e il giorno prima ero a Bruxelles per un mini vertice a 4 con i colleghi Le Drian, Mass e l’Alto rappresentante Borrell sempre sulla Libia. Insomma, possiamo dire che non ci si annoia mai.
Infine, e concludo, lei ha anche scritto che io due anni fa mi giocai la premiership per non stringere la mano pubblicamente a Silvio Berlusconi. Devo ringraziarla, perché indirettamente mi riconosce lo sforzo di aver contribuito a costruire due governi. Le confesso tuttavia che la mia rinuncia fu motivata dalla convinzione che non sono i volti a cambiare un Paese, bensì i fatti e le idee (ed è per questo motivo che per ben due volte ho rinunciato al ruolo di premier e una terza a quello di vicepremier). Non le so dire se oggi ci stiamo riuscendo. Le posso dire però che stiamo facendo il massimo e qualche risultato, me lo conceda, a casa lo abbiamo portato.

giovedì 26 marzo 2020

Giuseppe Conte - Lettera al Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.

L'immagine può contenere: una o più persone, persone sedute, vestito elegante e spazio al chiuso

L'emergenza che stiamo vivendo non conosce confini. È uno shock senza precedenti che richiede misure eccezionali di reazione, necessarie non solo a contenere la diffusione del contagio, ma anche ad arginare gli effetti negativi prodotti sul tessuto socio-economico. A livello europeo c’è necessità di uniformare le prassi sanitarie e di aumentare lo scambio di informazioni, soprattutto adesso, nella fase più acuta dell'epidemia. La risposta europea, anche sul piano economico-finanziario, deve essere poderosa, coesa, tempestiva. Per perseguire queste finalità ho scritto una lettera al Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, insieme ai leader di Belgio, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia e Spagna.

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Caro Presidente, caro Charles

la pandemia del Coronavirus è uno shock senza precedenti e richiede misure eccezionali per contenere la diffusione del contagio all’interno dei confini nazionali e tra Paesi, per rafforzare i nostri sistemi sanitari, per salvaguardare la produzione e la distribuzione di beni e servizi essenziali e, non ultimo, per limitare gli effetti negativi che lo shock produce sulle economie europee.

Tutti i Paesi europei hanno adottato o stanno adottando misure per contenere la diffusione del virus. Il loro successo dipenderà dalla sincronizzazione, dall’estensione e dal coordinamento con cui i vari Governi attueranno le misure sanitarie di contenimento.

Abbiamo bisogno di allineare le prassi adottate in tutta Europa, basandoci su esperienze pregresse di successo, sulle analisi degli esperti, sul complessivo scambio di informazioni. È necessario ora, nella fase più acuta dell’epidemia. Il coordinamento che tu hai avviato, con Ursula von der Leyen, nelle video-conferenze tra i leader è d’aiuto in tal senso.

Sarà necessario anche in futuro, quando potremo ridurre gradualmente le severe misure adottate oggi, evitando sia un ritorno eccessivamente rapido alla normalità sia il contagio di ritorno da altri Paesi. Dobbiamo chiedere alla Commissione europea di elaborare linee guida condivise, una base comune per la raccolta e la condivisione di informazioni mediche ed epidemiologiche, e una strategia per affrontare nel prossimo futuro lo sviluppo non sincronizzato della pandemia.

Mentre attuiamo misure socio-economiche senza precedenti, che impongono un rallentamento dell’attività economica mai sperimentato prima, abbiamo comunque bisogno di garantire la produzione e la distribuzione di beni e servizi essenziali, e la libera circolazione di dispositivi medici vitali all’interno dell’UE. Preservare il funzionamento del mercato unico è fondamentale per fornire a tutti i cittadini europei la migliore assistenza possibile e la più ampia garanzia che non ci saranno carenze di alcun tipo.

Siamo pertanto impegnati a tenere i nostri confini interni aperti al necessario scambio di beni, di informazioni e agli spostamenti essenziali dei nostri cittadini, in particolare quelli dei lavoratori transfrontalieri. Abbiamo anche bisogno di assicurare che le principali catene di valore possano funzionare appieno all’interno dei confini dell’UE e che nessuna produzione strategica sia preda di acquisizioni ostili in questa fase di difficoltà economica. I nostri sforzi saranno prioritariamente indirizzati a garantire la produzione e la distribuzione delle attrezzature mediche e dei dispositivi di protezione fondamentali, per renderli disponibili, a prezzi accessibili e in maniera tempestiva a chi ne ha maggiore necessità.

Le misure straordinarie che stiamo adottando per contenere il virus hanno ricadute negative sulle nostre economie nel breve termine. Abbiamo pertanto bisogno di intraprendere azioni straordinarie che limitino i danni economici e ci preparino a compiere i passi successivi. Questa crisi globale richiede una risposta coordinata a livello europeo. La BCE ha annunciato lo scorso giovedì 19 marzo una serie di misure senza precedenti che, unitamente alle decisioni prese la settimana prima, sosterranno l’Euro e argineranno le tensioni finanziarie.

La Commissione europea ha anche annunciato un’ampia serie di azioni per assicurare che le misure fiscali che gli Stati membri devono adottare non siano ostacolate dalle regole del Patto di Stabilità e Crescita e dalla normativa sugli aiuti di Stato. Inoltre, la Commissione e la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) hanno annunciato un pacchetto di politiche che consentiranno agli Stati membri di utilizzare tutte le risorse disponibili del bilancio dell’UE e di beneficiare degli strumenti della BEI per combattere l’epidemia e le sue conseguenze.

Gli Stati membri dovranno fare la loro parte e garantire che il minor numero possibile di persone perda il proprio lavoro a causa della temporanea chiusura di interi settori dell’economia, che il minor numero di imprese fallisca, che la liquidità continui a giungere all’economia e che le banche continuino a concedere prestiti nonostante i ritardi nei pagamenti e l’aumento della rischiosità. Tutto questo richiede risorse senza precedenti e un approccio regolamentare che protegga il lavoro e la stabilità finanziaria.

Gli strumenti di politica monetaria della BCE dovranno pertanto essere affiancati da decisioni di politica fiscale di analoga audacia, come quelle che abbiamo iniziato ad assumere, col sostegno di messaggi chiari e risoluti da parte nostra, come leader nel Consiglio Europeo.

Dobbiamo riconoscere la gravità della situazione e la necessità di una ulteriore reazione per rafforzare le nostre economie oggi, al fine di metterle nelle migliori condizioni per una rapida ripartenza domani. Questo richiede l’attivazione di tutti i comuni strumenti fiscali a sostegno degli sforzi nazionali e a garanzia della solidarietà finanziaria, specialmente nell’Eurozona.

In particolare, dobbiamo lavorare su uno strumento di debito comune emesso da una Istituzione dell’UE per raccogliere risorse sul mercato sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati Membri, garantendo in questo modo il finanziamento stabile e a lungo termine delle politiche utili a contrastare i danni causati da questa pandemia.

Vi sono valide ragioni per sostenere tale strumento comune, poichè stiamo tutti affrontando uno shock simmetrico esogeno, di cui non è responsabile alcun Paese, ma le cui conseguenze negative gravano su tutti. E dobbiamo rendere conto collettivamente di una risposta europea efficace ed unita. Questo strumento di debito comune dovrà essere di dimensioni sufficienti e a lunga scadenza, per essere pienamente efficace e per evitare rischi di rifinanziamento ora come nel futuro.

I fondi raccolti saranno destinati a finanziare, in tutti gli Stati Membri, i necessari investimenti nei sistemi sanitari e le politiche temporanee volte a proteggere le nostre economie e il nostro modello sociale.

Con lo stesso spirito di efficienza e solidarietà, potremo esplorare altri strumenti all’interno del bilancio UE, come un fondo specifico per spese legate alla lotta al Coronavirus, almeno per gli anni 2020 e 2021, al di là di quelli già annunciati dalla Commissione.

Dando un chiaro messaggio di voler affrontare tutti assieme questo shock unico, rafforzeremmo l’Unione Economica e Monetaria e, soprattutto, invieremmo un fortissimo segnale ai nostri cittadini circa la cooperazione determinata e risoluta con la quale l’Unione Europea è impegnata a fornire una risposta efficace ed unitaria.

Abbiamo inoltre bisogno di preparare assieme “il giorno dopo” e riflettere sul modo in cui organizziamo le nostre economie attraverso i nostri confini, le catene di valore globale, i settori strategici, i sistemi sanitari, gli investimenti comuni e i progetti europei.

Se vogliamo che l’Europa di domani sia all’altezza delle sue storiche aspirazioni, dobbiamo agire oggi e preparare il nostro futuro comune. Apriamo pertanto il dibattito ora e andiamo avanti, senza esitazione.

Firmato da:

Sophie Wilmès, Primo Ministro del Belgio
Emmanuel Macron, Presidente della Repubblica francese
Kyriakos Mitsotakis, Primo Ministro della Grecia
Leo Varadkar, Primo Ministro di Irlanda
Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei Ministri italiano
Xavier Bettel, Primo Ministro del Lussemburgo
António Costa, Primo Ministro del Portogallo
Janez Janša , Primo Ministro della Slovenia
Pedro Sánchez, Primo Ministro della Spagna


https://www.facebook.com/GiuseppeConte64/photos/a.389411158207522/880923039056329/?type=3&theater

mercoledì 25 marzo 2020

Lettera di Conte e di altri 8 leader Ue
per chiedere i Coronabond contro la crisi

Il premier Giuseppe Conte © EPA

La lettera, in vista del vertice europeo di domani, è firmata da Spagna, Francia, Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio, Lussemburgo e Italia.

Nove leader europei, tra i quali il premier Giuseppe Conte e il presidente francese Emmanuel Macron, hanno firmato una lettera congiunta per chiedere, in vista del vertice europeo di domani, la creazione dei 'Coronabond' per fronteggiare la crisi economica dovuta alla pandemia. La lettera è firmata da Spagna, Francia, Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio, Lussemburgo e Italia. Lo conferma Palazzo Chigi.
"Dobbiamo riconoscere - scrivono i leader - la gravità della situazione e la necessità di un'ulteriore reazione per rafforzare le nostre economie oggi, al fine di metterle nelle migliori condizioni per una rapida ripartenza domani. Questo richiede l'attivazione di tutti i comuni strumenti fiscali a sostegno degli sforzi nazionali e a garanzia della solidarietà finanziaria, specialmente nell'Eurozona. In particolare, dobbiamo lavorare su uno strumento di debito comune emesso da una Istituzione dell'Ue per raccogliere risorse sul mercato sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati Membri, garantendo in questo modo il finanziamento stabile e a lungo termine delle politiche utili a contrastare i danni causati da questa pandemia". Secondo i nove leader, "vi sono valide ragioni per sostenere tale strumento comune, poiché stiamo tutti affrontando uno shock simmetrico esogeno, di cui non è responsabile alcun Paese, ma le cui conseguenze negative gravano su tutti. E dobbiamo rendere conto collettivamente di una risposta europea efficace ed unita. Questo strumento di debito comune dovrà essere di dimensioni sufficienti e a lunga scadenza, per essere pienamente efficace e per evitare rischi di rifinanziamento ora come nel futuro".
   Per quanto riguarda le risorse da mettere in campo nella lettera si sottolinea che "i fondi raccolti saranno destinati a finanziare, in tutti gli Stati Membri, i necessari investimenti nei sistemi sanitari e le politiche temporanee volte a proteggere le nostre economie e il nostro modello sociale". Ma i leader suggeriscono anche che "con lo stesso spirito di efficienza e solidarietà, potremo esplorare altri strumenti all'interno del bilancio Ue, come un fondo specifico per spese legate alla lotta al Coronavirus, almeno per gli anni 2020 e 2021, al di là di quelli già annunciati dalla Commissione. Dando un chiaro messaggio di voler affrontare tutti assieme questo shock unico, rafforzeremmo l'Unione Economica e Monetaria e, soprattutto, invieremmo un fortissimo segnale ai nostri cittadini circa la cooperazione determinata e risoluta con la quale l'Unione Europea è impegnata a fornire una risposta efficace ed unitaria".
La presidente della Bce Christine Lagarde, nella videoconferenza dell'Eurogruppo di ieri, ha spinto i ministri a considerare la creazione di Coronabond sotto forma di 'una tantum', per aiutare l'economia della zona euro. Secondo quanto si apprende da fonti Ue, per Lagarde l'utilizzo delle Enhanced Conditions Credit Line (ECCL) del Mes è solo un passo iniziale, mentre bisognerebbe esplorare ulteriormente i Coronabond, non a tempo indeterminato, ma legati soltanto a questa emergenza.

giovedì 15 agosto 2019

Gentile Ministro dell’Interno, caro Matteo,

Risultati immagini per conte salvini

ti scrivo questa lettera aperta perché il caso della nave Open Arms domina ormai le prime pagine dei giornali e perché sono costretto a constatare che anche la corrispondenza d’ufficio tra la Presidenza del Consiglio e il Viminale viene poi riportata sui giornali e allora tanto vale renderla pubblica all’origine, per migliore trasparenza anche nei confronti dei cittadini.
Ti ho scritto ier l’altro una comunicazione formale, con la quale, dopo avere richiamato vari riferimenti normativi e la giurisprudenza in materia, ti ho invitato, letteralmente, “nel rispetto della normativa in vigore, ad adottare con urgenza i necessari provvedimenti per assicurare assistenza e tutela ai minori presenti nell’imbarcazione”.
Con mia enorme sorpresa, ieri hai riassunto questa mia posizione attribuendomi, genericamente, la volontà di far sbarcare i migranti a bordo.
Comprendo la tua fedele e ossessiva concentrazione nell’affrontare il tema dell’immigrazione riducendolo alla formula “porti chiusi”. Sei un leader politico e sei legittimamente proteso a incrementare costantemente i tuoi consensi. Ma parlare come Ministro dell’Interno e alterare una chiara posizione del tuo Presidente del Consiglio, scritta nero su bianco, è questione diversa.
È un chiaro esempio di sleale collaborazione, l’ennesima a dire il vero, che non posso accettare.
Come ho sempre pubblicamente rappresentato, il tema dell’immigrazione è un tema complesso. Va affrontato con una politica di ampio respiro, come ho provato a fare sin dal primo Consiglio Europeo al quale ho partecipato, a fine giugno 2018, evitando di lasciarci schiacciare dai singoli casi emergenziali.
Da subito ho elaborato una piattaforma politica fondata su sei premesse e dieci obiettivi, in modo da inserire tutte le singole iniziative in questa prospettiva strategica, sempre costantemente ispirata alla tutela dei diritti fondamentali e, in particolare, della dignità della persona e alla protezione dei nostri interessi nazionali, sovente compromessi nella gestione del fenomeno migratorio.
Ho personalmente contribuito a perseguire questo nuovo indirizzo politico, di maggiore rigore rispetto al passato, al fine di contrastare più efficacemente l’immigrazione illegale e la moderna e disumana “tratta dei disperati”, alimentata dalle organizzazioni criminali.
Ho viaggiato in lungo e in largo in Africa e nel Medio Oriente per incrementare la cooperazione nei Paesi di origine e nei Paesi di transito, dove si concentrano le rotte dei migranti.
Abbiamo sempre lavorato intensamente, coinvolgendo anche il Ministro Moavero, per rendere più efficace il meccanismo dei rimpatri per i migranti che non hanno diritto ad alcuna protezione.
Mi batterò sino all’ultimo giorno perché si affermi un meccanismo europeo, da applicare in via pressoché automatica, per operare una redistribuzione che veda tutti i Paesi dell’Unione pienamente coinvolti, in modo da evitare che i Paesi di primo sbarco, come l’Italia, siano abbandonati a se stessi.
Pur in attesa che si attui questo meccanismo europeo, sono sempre personalmente intervenuto, con gli altri Paesi europei, per pretendere e ottenere una redistribuzione dei migranti che sono sbarcati nei nostri porti. E a questo proposito dobbiamo dare atto che sia la Commissione europea sia alcuni leader europei ci hanno sempre teso la mano per sbloccare situazioni emergenziali.
Questo è il momento di insistere in direzione di una soluzione sempre più europea, altrimenti l’Italia si ritroverà completamente isolata in una situazione che diventerà, nuovamente, via via sempre più ingestibile. La nuova Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, nei colloqui sin qui avuti, mi è sembrata molto determinata a percorrere questa strada e a darci una mano risolutiva.
In definitiva, se davvero vogliamo proteggere i nostri “interessi nazionali”, non possiamo limitarci a esibire posizioni di assoluta intransigenza. Abbiamo chilometri di coste e siamo a una manciata di ore di navigazione dall’Africa e dal Medio Oriente. Da ultimo tu stesso hai constatato come è difficile contrastare i quotidiani, minuti sbarchi clandestini.
Non possiamo agire da soli. Dobbiamo continuare a insistere in Europa, come peraltro hai fatto Tu, di recente a Helsinki. E’ questa la direzione giusta.
E poi non oscuriamo quello che abbiamo fatto di buono. Se mai rammarichiamoci per quello che ci riproponevamo di ottenere e ancora non abbiamo ottenuto.
Un ultimo aggiornamento sulla vicenda Open Arms.
Francia, Germania, Romania, Portogallo, Spagna e Lussemburgo mi hanno appena comunicato di essere disponibili a redistribuire i migranti. Ancora una volta, i miei omologhi europei ci tendono la mano.
Siamo ormai agli sgoccioli di questa nostra esperienza di governo. Abbiamo lavorato fianco a fianco per molti mesi e ho sempre cercato di trasmetterti i valori della dignità del ruolo che ricopriamo e la sensibilità per le istituzioni che rappresentiamo.
La tua foga politica e l’ansia di comunicare, tuttavia, ti hanno indotto spesso a operare “slabbrature istituzionali”, che a tratti sono diventati veri e propri “strappi istituzionali”.
Per queste ragioni mi sono ritrovato costretto a intervenire varie volte - l’ho fatto perlopiù riservatamente - non per l’ansia di contrappormi politicamente alle tue iniziative, ma per la necessità di rivendicare l’applicazione del principio di “leale collaborazione”, che è fondamentale per il buon funzionamento delle istituzioni pubbliche.
Il consenso politico a cui ogni leader politico aspira si nutre della fiducia degli elettori. Ma se non alimentiamo la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche si crea un cortocircuito e alla fine prevalgono rabbia e disaffezione. Dobbiamo tutti operare per riconoscere piena dignità alle istituzioni che rappresentiamo, nel segno della leale collaborazione.
Hai alle spalle e davanti una lunga carriera politica. Molti l’associano al potere. Io l’associo a una enorme responsabilità.
Buon ferragosto,
Giuseppe Conte