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venerdì 14 gennaio 2022

La mail con la quale David Rossi annunciò il suicidio fu “creata dopo la sua morte”. - Biagio Chiariello

 

La misteriosa vicenda della morte di David Rossi, l’ex responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, si tinge ulteriormente di giallo. La mail nella quale il manager annunciava il suo suicidio fu "creata dopo la sua morte". A sottolinearlo è una relazione della Polizia postale che "mette in dubbio la prova chiave utilizzata per chiudere il caso come suicidio". Lo riporta L'Espresso, che cita il contenuto del documento degli investigatori.

David Rossi è morto la sera del 6 marzo 2013 dopo essere caduto da una finestra laterale della sede centrale di Mps in piazza Salimbeni. Secondo la polizia postale la mail incriminata, apparentemente inviata il 4 marzo 2013, è stata invece creata il 7 marzo. Il messaggio – “Stasera mi suicido, sul serio. Aiutatemi!!!” – è collocato all’interno di uno scambio di mail tra Rossi e l'ex ad del Monte dei Paschi, Fabrizio Viola, il quale davanti a magistrati ha riconosciuto tutta la corrispondenza letta quel giorno, tranne quella in cui Rossi avrebbe manifestato l'intenzione di togliersi la vita.

https://www.fanpage.it/attualita/la-mail-con-quale-david-rossi-annuncio-il-suicidio-fu-creata-dopo-la-morte/

mercoledì 24 febbraio 2021

Antonio Catricalà morto suicida. La Procura apre un'indagine.

 

Fu funzionario per Presidenza Consiglio e Garante Antitrust.

Antonio Catricalà, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed ex Garante dell'Antitrust, è stato trovato morto nella sua abitazione a Roma, nel quartiere Parioli.

Catricalà, secondo quanto si apprende da fonti investigative, si sarebbe suicidato sparandosi un colpo di pistola. Sul posto è presente la Polizia e la Scientifica. 

Catricalà aveva 69 anni, dal 2017 era presidente del cda della società Aeroporti di Roma e nei giorni scorsi era stato nominato presidente dell'Igi, l'Istituto grandi infrastrutture.

UN CIVIL SERVANT DAI MOLTI RUOLI - IL PROFILO

La Procura di Roma ha avviato un fascicolo di indagine in relazione al suicidio dell'ex Garante dell'Antitrust.

Il pm di turno Giovanni Battisti Bertolini si è recato in via Antonio Bertoloni nel quartiere Parioli.

IL SUO ULTIMO ARTICOLO.

L'Aula del Senato ha rispettato un minuto di silenzio, su invito della presidente Elisabetta Casellati, in memoria di Antonio Catricalà.

Casellati, al termine della commemorazione di Franco Marini, ha informato che "è venuto a mancare" l'ex sottosegretario, esprimendo "il cordoglio personale e dell'Assemblea" alla famiglia.

Molti i messaggi di cordoglio alla famiglia dell'ex presidente dell'Antitrust. "Grande amico, grande servitore dello Stato, Antonio Catricalà lascia un incolmabile vuoto in tutti quelli che lo hanno conosciuto e hanno avuto l'onore e il privilegio di lavorare con lui", scrive su Facebook il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, aggiungendo che "è un dolore fortissimo".

"Siamo sgomenti, sconvolti e addolorati per la morte di Antonio Catricalà. Fine giurista, uomo di Stato che ha saputo rappresentare le Istituzioni con disciplina e onore. Mancherà profondamente alla comunità politica di Forza Italia, mancherà all'Italia. Alla famiglia le più sentite condoglianze", scrive in una nota Giorgio Mule', deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/02/24/morto-suicida-lex-sottosegretario-antonio-catricala_418b5988-b48f-4e52-8375-aad11e792483.html

martedì 22 dicembre 2020

Padre videochiama la figlia di 6 anni e s’uccide. Era stato denunciato per maltrattamenti, moglie e figli allontanati grazie al codice rosso.

 

"Mi voleva ammazzare" aveva fatto mettere a verbale la donna al momento della denuncia per maltrattamenti. Lei con i suoi tre figli era stata trasferita in una comunità per vittime di violenza. L'uomo, che aveva diverse armi, si è suicidato con una pistola detenuta illegalmente. Ha lasciato un biglietto di offese contro la ex compagna.

Ha videochiamato la figlia di 6 anni e, quando la bambina ha risposto, si è portato la pistola alla testa e ha sparato, suicidandosi davanti a lei. È successo nella serata di domenica 20 dicembre a Ivrea in provincia di Torino. L’uomo di 53 anni, che era stato denunciato per maltrattamenti in famiglia, si è tolto la vita con una pistola detenuta illegalmente, dopo aver lasciato un biglietto sul tavolo in cui spiegava la ragione del suo gesto: vendicarsi della sua ex compagna, madre dei suoi tre figli. La donna, con i bambini, era stata trasferita in una comunità per vittime di violenza, dopo che circa un anno fa aveva denunciato l’uomo.

“Mi vuole ammazzare“, aveva fatto mettere a verbale la donna quando il 9 gennaio 2020 si era recata dai carabinieri per denunciarlo. Durante la perquisizione dell’abitazione, i militari avevano trovato delle armi, detenute legalmente dall’uomo: una pistola e un fucile ad aria compressa. Era scattato il “Codice rosso” e la donna e i figli erano stati allontanati da lui per proteggerli. Si erano trasferiti all’inizio dell’estate in una comunità.

Ma l’allontanamento non ha fermato le violenze: non più fisiche, data la lontananza, ma verbali e psicologiche, con minacce e insulti che il 53enne ha continuato a rivolgere alla donna. L’uomo aveva perso il lavoro e faceva il bibliotecario nella libreria del paese, impiego dal quale ricavava un piccolo sussidio. Domenica sera il gesto estremo, la decisione di colpire la figlia più piccola per colpire la donna, il biglietto pieno di accuse e insulti alla madre dei bambini. A dare l’allarme è stata una vicina che ha sentito il colpo, ma a nulla sono serviti i soccorsi. I carabinieri hanno sequestrato il biglietto e la pistola con cui si è tolto la vita, che, a differenza delle altre armi in suo possesso, non era registrata.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/22/videochiama-la-figlia-di-6-anni-e-si-suicida-era-stato-denunciato-per-maltrattamenti-moglie-e-figli-allontanati-grazie-al-codice-rosso/6044888/

giovedì 21 novembre 2019

Orrore nel centro di Palermo, si suicida lanciandosi dal balcone ex capo dei Gip, era indagato nell’inchiesta sulle talpe di Zamparini.



L’ex capo dell’ufficio del Gip di Palermo Cesare Vincenti si è suicidato lanciandosi dal balcone della sua abitazione, nella zona residenziale di via Sciuti.
Vincenti e il figlio Andrea, avvocato, erano indagati dal giugno scorso dalla Procura di Caltanissetta per corruzione e rivelazione di notizie riservate nell’ambito dell’indagine sulla presunta fuga di notizie relativa all’ex patron del Palermo Maurizio Zamparini che avrebbe appreso preventivamente della pendenza di una richiesta di custodia cautelare nei suoi confronti.

L’inchiesta sui Vincenti è una costola dell’indagine sull’ex patron del Palermo calcio Maurizio Zamparini e in particolare sulle talpe che avrebbero permesso al presidente rosa di prevenire alcune mosse degli investigatori.
Nell’ambito di questa indagine il 13 giugno scorso gli ufficiali del nucleo di polizia economico finanziaria si sono presentati davanti alla residenza di Cesare Vincenti, capo dei gip di Palermo notificandogli l’avviso come indagato nella vicenda per rivelazione di notizie riservate, corruzione e abuso d’ufficio.
Nel registro degli indagati compare anche il nome del figlio, l’avvocato Andrea Vincenti. Ma c’è anche il nome di un altro magistrato, è quello di Alida Marinuzzi del tribunale civile. Alla giudice viene contestato il reato di abuso d’ufficio. Secondo la Procura di Caltanissetta Marinuzzi avrebbe firmato un provvedimento su una vendita all’asta di un immobile pignorato che interessava al figlio di Vincenti.

Vincenti figlio, in quelle ore, si lasciò andare ad alcune dichiarazioni anche sulla vendita delle casa all’asta resa possibile, secondo le accuse mosse, grazie al presunto tentativo da parte del padre di fare pressione sul giudice Marinuzzi per agevolare la vendita. “Niente di illegittimo – aveva chiarito Vincenti -. Mia madre aveva individuato una casa in via Notarbartolo per mia sorella che doveva sposarsi. Ma su quella casa c’era un pignoramento in corso. Ci siamo allora fatti carico del necessario, c’era però bisogno della firma del giudice per chiudere la procedura esecutiva”.
La tragedia si è consumata in via Mario Rapisardi ed ha lasciato sotto shock residenti e passanti.
Secondo le testimonianze raccolte nell’immediatezza dei fatti il giudice soffriva di crisi depressive ma questo aspetto dovrà essere chiarito come tanti altri.
Cesare Vincenti era andato in pensione il 19 giugno scorso, così come previsto da tempo. Circa due settimane fa, come è prassi negli uffici giudiziari, Vincenti aveva organizzato una festa di commiato per il suo pensionamento al Palazzo di Giustizia.
Alla cerimonia aveva partecipato però solo il personale amministrativo del suo ufficio; l’unico magistrato presente aveva spiegato che i colleghi non avevano potuto prendere parte perché già impegnati.

https://www.blogsicilia.it/palermo/orrore-nel-centro-di-palermo-si-toglie-la-vita-ex-capo-dei-gip/506609/#j338uRoZxFCt7yjh.99

mercoledì 2 ottobre 2019

Roma, 13enne giù dal balcone. I pm indagano per istigazione al suicidio. Ipotesi bullismo.

Roma, 13enne giù dal balcone. I pm indagano per istigazione al suicidio. Ipotesi bullismo

Inchiesta del procuratore aggiunto Monteleone sul caso della ragazzina morta domenica sera nella zona di Valle Aurelia dopo essere caduta dal nono piano. Polizia al lavoro su telefonino e pc per verificare alcuni messaggi ricevuti.
Dietro la decisione di togliersi la vita ad appena 13 anni lanciandosi dal nono piano di un condominio a Roma, potrebbe nascondersi una storia di bullismo e vessazioni. E’ il sospetto della Procura di Roma che sulla vicenda, avvenuta nel tardo pomeriggio di domenica nella zona di Valle Aurelia, hanno avviato una indagine ipotizzando il reato di istigazione al suicidio. Al momento il procedimento, coordinato dal procuratore aggiunto Maria Monteleone, è contro ignoti ma gli inquirenti hanno avviato una attività istruttoria ad ampio raggio per cercare di accertare il contesto in cui si è consumata la fine tragica della ragazzina. “E’ cresciuta in una famiglia in cui i genitori stavano attraversando un momento di crisi, come accade spesso – spiega chi indaga all’Ansa – ma dall’analisi del suo cellulare potrebbe emergere una realtà diversa”. Il riferimento è ai tanti messaggi trovati su un social network frequentato dalla minorenne in cui emergono insulti, frasi offensive. Parole cariche di odio scritte da utenti “anonimi” che prendono pesantemente di mira la 13enne. Qualche amica avrebbe però tentato anche di difenderla, schierandosi con lei, scrivendo messaggi pubblici di solidarietà e invitando i bulli a desistere, a farla finita. Ma quei comportamenti vessatori dei cyberbulli non sarebbero finiti e avrebbero potuto indurre la ragazza, secondo l’ipotesi dei pm, a farla finita.
I magistrati hanno affidato le indagini agli agenti del commissariato Aurelio che analizzeranno il telefonino e il pc della ragazza per cercare di risalire all’autore o agli autori dei messaggi e, parallelamente, proseguiranno nelle audizioni di parenti e amici al fine di delineare il “vissuto” della giovane.
La storia della ragazzina di Valle Aurelia non è l’unico episodio di questo tipo su cui sono al lavoro i pm di Roma del pool dei reati contro la persona. Verifiche infatti sono state disposte per il caso legato al tentato suicidio di una bimba di 10 anni avvenuto alcuni giorni fa. Il fatto risale al 25 settembre e la tragedia è stata evitata grazie all’intervento di due agenti della Direzione Centrale della Polizia Criminale che attratte da un capannello di persone che guardavano verso l’alto e dalle urla di aiuto di un’anziana donna, hanno subito capito la gravità della situazione. Entrate nell’appartamento e hanno afferrato la bimba evitando che si lanciasse nel vuoto.
Io non so quale sia stata la vera causa del folle gesto, ma temo fortemente per questa generazione che oserei chiamare "di cristallo". A questi ragazzi, che vivono di tecnologia, manca l'istruzione per l'uso, manca la capacità di reazione, manca la stima di se stessi, hanno costante bisogno di consenso, senza il quale non si sentono gratificati. Manca, forse, l'appoggio morale, una presenza stabile. La nostra è una società malata, priva di contenuti, dedita al consumo, all'apparire, all'estetica.
E non per colpa dei nuclei familiari o, quantomeno, non tutta, molta colpa è da attribuire alla società che costringe i nuclei a ritmi stressanti e frustranti nei quali c'è poco tempo da dedicare nel dovuto. C.

lunedì 19 settembre 2016

Tragedia a Serravalle: senza lavoro, padre di 4 figli si impicca.

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Senza lavoro, con la cassa integrazione terminata, ha scelto di mettere fini alla sua vita legandosi un cappio al collo e lasciandosi andare. La tragedia, l’ennesima della disperazione causata da una crisi che non ne vuol sapere di terminare, si è consumata questa mattina a Serravalle di Chienti.
Fabrizio Cerreti, di circa 55 anni, padre di quattro figli, si è impiccato intorno alle 11 nella sua abitazione in pieno centro, a due passi dall’ufficio postale. Una situazione di grande disagio (putroppo ormai comune a tanti italiani) , culminata nel peggiore dei modi, nella scelta di farla finita per sempre.

sabato 20 aprile 2013

Non voleva licenziare nessuno, si uccide di notte gettandosi nel laghetto della villa. - Romano Zaghet


Firmino Santarossa e la sede della sua azienda a Prata di Pordenone


Telecamere hanno ripreso gli ultimi minuti di vita di Santarossa. Previsti un centinaio di licenziamenti, fabbriche chiuse per lutto.

PORDENONE - Un centinaio di dipendenti da mandare a casa, magari anche l’anziano operaio con il quale era solito scambiare quattro chiacchiere o quello che aveva visto crescere in un paese dove ci si conosce tutti. Un pensiero fisso che era diventato un fardello troppo pesante da portare, soprattutto per un imprenditore "vecchio stampo" come Fermo (Firmino) Santarossa.

Ha deciso di togliersi la vita gettandosi nel laghetto del grande giardino che circonda la villa di via Oderzo a Prata di Pordenone. Senza testimoni, senza lasciare un biglietto, senza disturbare nessuno. A trovare il corpo ormai senza vita è stata la moglie Graziella Bianchin, che si era addormentata col marito accanto. Dalle telecamere esterne della villa sono state registrate le immagini dell’imprenditore di 73 anni che esce di casa dal balcone della camera intorno alle 4 del mattino per dirigersi verso il laghetto, recintato con una rete alta un’ottantina di centimetri. 

Il dolore che non trova parole, la telefonata ai carabinieri di Prata e la notizia che si diffonde in un batter d’occhio nel paese dove dagli anni Settanta Firmino Santarossa, assieme al fratello Mario, ha mosso i primi passi nel mondo dell’imprenditoria per poi dare vita a un colosso che dà lavoro a circa seicento persone, che con l’indotto arrivano a mille.

La morte arriva anche in fabbrica e ferma tutto: chiudono per lutto gli stabilimenti del gruppo Santarossa a Prata, Caneva e Mansuè, in provincia di Treviso che producono cucine, soggiorni, camere da letto, antine e arredamenti per navi. Un gruppo che, come tanti altri in questo momento difficile, sta accusando qualche problema. Proprio queste difficoltà da tempo preoccupavano molto Firmino. 

Ma la situazione di difficoltà del gruppo Santarossa - a detta anche del sindacato -, vista la solidità della società presenta tutte le caratteristiche per essere gestita senza ripercussioni occupazionali drammatiche. Il colosso di Prata è certamente coinvolto in un rallentamento produttivo, ma la situazione è decisamente migliore rispetto a molte altre aziende del distretto mobiliero. Ma quella riorganizzazione - legata anche a una tensione finanziaria sulla filiera dei pagamenti da parte di alcuni clienti - che dovrebbe riguardare meno di un centinaio di addetti non era stata accettata dal vecchio timoniere dell’impresa.

La famiglia si è chiusa nel dolore. Da Unindustria arrivano le parole del presidente Michelangelo Agrusti: «Siamo consapevoli che la situazione dell’economia provinciale è di una gravità inaudita. È il momento di rafforzare le prospettive di rilancio e salvaguardia dei posti di lavoro».

mercoledì 19 dicembre 2012

CALVI SI SUICIDO' ?



Londra - Roberto Calvi fu "suicidato". Queste, in sintesi, le conclusioni dei periti incaricati dal giudice per le indagini preliminari di Roma Otello Lupacchini di indagare sulla misteriosa morte a Londra del presidente del Banco Ambrosiano. La perizia fu disposta nel 1998 nell'ambito del procedimento pendente a carico di Flavio Carboni, Ernesto Diotallevi e Pippo Calò, e fu affidata a un collegio di esperti composto da professori di diverse università. Il compito era quello di stabilire esattamente le circostanze della scomparsa del banchiere che fu al centro di controverse vicende finanziarie.
Ovvio che dopo la perizia dei professoroni non si è saputo nulla tanto che nel 2002 il cadavere di Calvi fu riesumato per confermare esattamente quello che si era detto.
L'inchiesta smentisce nuovamente l'ipotesi del suicido, ma non ci voleva una inchiesta per capire che Calvi non si era suicidato, o per lo meno non si era suicidato impiccandosi. Basta osservare la foto per comprendere che non si evincono le classiche contratture dell'impiccagione. Impiccandosi si muore con i piedi dritti nel tentativo di toccare terra e successivamente perche' il corpo si rilassa, dopo essere deceduti, e i piedi, non toccando il suolo, vanno verso il basso dritti, quindi quando il corpo si irrigidisce dobbiamo trovarli in quella posizione. I piedi di Calvi invece sono posizionati normalmente, uno, l'altro e' dritto ma non nella posizione dovuta cosi' come le braccia, segno evidente che Calvi e bastava osservare il cadavere, è stato ucciso altrove e poi impiccato.
Questo lo sottolineo per tutti coloro che continuano a dubitare che esistono i servizi segreti, la mafia, e tutto il resto, abbiamo avuto numerosi Presidenti che hanno detto che la mafia non è mai esistita e che non credono nelle fitte trame, da Andreotti, a Berlusconi e di recente Mario Monti che ha messo in dubbio l'esistenza della massoneria, cosa che storicamente e' confermata.
Aggiungo che la casa di Calvi, ispezionata giorni dopo il ritrovamento, era piena zeppa di medicinali, dai barbiturici ad altro, quindi se intendeva suicidarsi non sarebbe andato a finire sotto un ponte con il fiume in piena, anche se e' vero che chi intende suicidarsi non e' calcoli bene dove e come e quando.
Ma le stesse conclusioni dell'inchiesta, smentiscono l'ipotesi del suicidio e sostengono invece la tesi dell'omicidio, che si sarebbe consumato in un cantiere situato sulla sponda del Tamigi distante circa cento metri dal ponte londinese dove Calvi fu trovato impiccato. Cantiere che poi risulto' appartenere ad un noto mafioso Il corpo del banchiere, insomma, sarebbe stato condotto sotto il Blackfriars Bridge e lì fu inscenato il falso suicidio.
Ma analizziamo la perizia :
Dalle analisi radiografiche sul cadavere di Calvi, risultano assenti lesioni ossee nel tratto cervicale, assai probabili in caso di morte per impiccagione con una corda lunga abbastanza da consentire al corpo uno sbalzo di un metro e mezzo. E dunque un micidiale contraccolpo. Inoltre, il fatto che manchino tracce di fuoriuscita di aria dall'albero respiratorio dimostrerebbe che la lesione sul collo nella parte corrispondente alla tiroide si verificò quando Calvi era già morto.
In poche parole quando si muore per impiccagione, non si muore per asfissia … decisamente si muore perche' la caduta fa stringere la corda al collo che lo spezza... successivamente si smette di respirare e si lasciano tracce evidenti. In questo caso non ci sono, ne' il collo ' spezzato ne' tracce della fuoriuscita d'aria.
Ma c'è di più. Dalle analisi micromorfologiche, microchimiche e di distribuzione topografica delle lesioni delle unghie, i periti concludono che le mani di Roberto Calvi non toccarono direttamente nessuno dei mattoni che furono poi trovati nelle tasche del suo vestito.
Mattoni che secondo le prime indagini risultate ufficiali per anni, sarebbero serviti a Calvi per rimanere immerso nel fiume e che lui, sempre secondo i periti di allora si era messo in tasca per pesare di piu' anche in merito all'intenzione di suicidarsi impiccandosi. Le tasche dove erano stati inseriti i mattoni risultarono strappate, cio' vuol dire che chi ha messo quei mattoni li ha inseriti con forza, tanto da lacerare in parte le tasche della giacca.
Analoghe analisi dimostrano che il banchiere non toccò alcuna parte dell'impalcatura che si trovava sotto il ponte dei Frati Neri. Cosa che sarebbe stata invece necessaria per arrampicarsi.
Da ricordare che l'impalcatura era stata verniciata da poco, quindi per salirci sopra tale vernice doveva essere presente sia nelle mani che sotto le scarpe, cosa mai trovata. Come presente sulle mani e sulle scarpe doveva esserci del residuo di ferro. Niente.
Infine, le mani del presidente dell'Ambrosiano, prima della morte, sono state coinvolte "passivamente in movimenti bruschi, ripetuti e violenti", che si sarebbero svolti in un "contesto ambientale diverso" da quello nel quale è stato trovato il cadavere. Questo ambiente, essendo caratterizzato dalla presenza di sostanze generalmente usate nell'edilizia, potrebbe quindi corrispondere, secondo i periti nominati dal giudice Lupacchini, alla discarica edile situata a cento metri dal Blackfriars Bridge.
Ci sono anche dei lividi sui polsi e delle lesioni non accidentali che fanno sostenere la tesi che Calvi fu trattenuto violentemente ed ucciso, con altro metodo di soffocamento.
La dimostrazione starebbe nelle lesioni provocate da "corpi duri" alle mani di Calvi. In questo caso è stata riscontrata la presenza di materiale eterogeneo con il quale le dita mani sono venute in contatto. Tra queste il magnesio, presente nelle pietre verdi, o serpentine, utilizzate come pietre ornamentali nell'edilizia.
Tutti elementi che dunque, secondo i periti, tendono ad escludere che il presidente del Banco Ambrosiano, morto il 18 giugno del 1982, abbia voluto uccidersi. E che invece dimostrerebbero la tesi opposta. Vale a dire un assassinio che fu poi mascherato da suicidio per impiccagione.
Questo per far comprendere a tutti che i servizi segreti deviati in Italia sono una presenza e che Calvi aveva giocato sporco con il danaro del Vaticano e di tante altre persone che al vaticano stesso lo avevano girato, e se il cantiere dove sarebbe stato ucciso Calvi era di proprieta' mafiosa si puo' comprendere chi lo ha ucciso, c'e' anche da dire che mafia di allora non si muoveva in merito ad un tale eclatante assassinio senza aver ricevuto ordini e coperture.
B.K